Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Consiglio di Stato Sez. VI n. 1984 del 29 febbraio 2024
Urbanistica.Caratteristiche della ristrutturazione edilizia
Integrano gli estremi della ristrutturazione edilizia gli accorpamenti e i frazionamenti delle unità immobiliari e gli interventi che alterino l’originaria consistenza fisica dell’immobile con l’inserimento di nuovi impianti e la modifica di distribuzione dei volumi, mentre la manutenzione straordinaria e il risanamento conservativo presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della sua superficie. Al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio, consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo complessivo. I molteplici interventi eseguiti non vanno considerati, dunque, in maniera frazionata. La ristrutturazione edilizia deve essere distinta dagli interventi di restauro e risanamento conservativo, atteso che mentre la ristrutturazione può condurre ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, il restauro e il risanamento conservativo non possono mai portare a ridetto organismo in tutto o in parte diverso dal preesistente, avendo sempre la finalità di conservare l’organismo edilizio, ovvero di assicurare la funzionalità (cfr. art. 31, lett. c) della L. n. 457 del 1978, traslato testualmente nell’art. 3, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001). Ne deriva che si è in presenza di un restauro e risanamento conservativo qualora l’intervento sia funzionale alla conservazione dell’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità, nel rispetto dei suoi elementi tipologici (in specie, architettonici e funzionali, suscettibili di consentire la qualificazione dell’organismo in base alle tipologie edilizie), formali (tali da contraddistinguere il manufatto, configurandone l’immagine caratteristica) e strutturali (concernenti la composizione della struttura dell’organismo edilizio). Gli interventi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l’originaria consistenza fisica dell’immobile e comportino l’inserimento di nuovi impianti e la modifica e la ridistribuzione dei volumi, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro conservativo, ma rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia.
Cass. Sez. III n. 11389 del 19 marzo 2024 (UP 14 dic 2023)
Pres. Ramacci Est. Aceto Ric. Oddo ed altri
Urbanistica.Lottizzazione e prosecuzione del giudizio nonostante la maturazione della prescrizione
La prosecuzione del giudizio nonostante la maturazione della prescrizione prima dell’accertamento del reato non costituisce motivo di nullità della sentenza né della confisca con essa disposta (Sez. U, Perroni non ha mai affermato questo principio, né ha mai affermato che la confisca accede necessariamente ad una sentenza di condanna). Ciò che deve essere verificato è esclusivamente se, alla data di maturazione della prescrizione, tenuto conto degli atti interruttivi e dei periodi di sospensione, il reato era stato accertato in tutte le sue componenti, oggettive e soggettive. La verifica ha natura fattuale ed è censurabile in sede legittimità nei limiti previsti dagli artt. 606 e 609 cod. proc. pen.; in quanto accertamento di fatto esso non può essere devoluto per la prima volta in sede di legittimità.
La nuova direttiva ecoreati: un primo sguardo generale
di Gianfranco AMENDOLA
TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 518 del 27 febbraio 2024
Urbanistica. Silenzio assenso e conformità intervento alla normativa urbanistica
La conformità dell’intervento alla normativa urbanistica non costituisce condizione necessaria ai fini della formazione del silenzio-assenso. La conformità dell’intervento alla normativa urbanistico edilizia costituisce requisito di validità del titolo tacito formatosi con il silenzio-assenso e non requisito di perfezionamento della fattispecie: il titolo edilizio si forma quindi per il solo decorso del tempo salva la possibilità per l’amministrazione, qualora accerti che l’intervento non sia conforme, di intervenire esercitando il potere di autotutela. Si precisa che, diversamente opinando, la norma che prevede la formazione del silenzio-assenso sarebbe di scarsa utilità per colui che, dopo aver proposto la domanda di rilascio del permesso di costruire, non riceva alcuna risposta dall’amministrazione posto che quest’ultima potrebbe sempre intervenire senza oneri e vincoli procedimentali, disconoscendo in qualunque tempo gli effetti della domanda stessa. A supporto di questa conclusione va anche richiamato l’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990 (introdotto dal decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020), nella parte in cui afferma che “Le determinazioni relative […] agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli […] 20, comma 1, [...] sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall'articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni”. Questa norma, precisando che l’amministrazione può intervenire in autotutela per annullare il titolo tacito illegittimo, ammette infatti che il silenzio-assenso possa formarsi anche quando la domanda non sia conforme alla vigente normativa (mentre la soluzione opposta, che esclude che sulla domanda riguardante un intervento non conforme possa formarsi il silenzio-assenso, sottrae questa fattispecie alla disciplina della annullabilità).
TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 510 del 26 febbraio 2024
Urbanistica.Fascia di rispetto acque pubbliche e sanatoria
L’art. 96 comma 1 lettera f) del R.D. n. 523/1904 stabilisce che sono “vietati in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese i seguenti:…f) le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline, a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento di terreno e di metri dieci per le fabbriche e per gli scavi”. La norma include, sotto la dizione onnicomprensiva “fabbriche e scavi” gli interventi edilizi che comportino alterazioni o modificazioni dello stato dei luoghi della fascia di rispetto. Il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d’acqua ha carattere legale, assoluto ed inderogabile, essendo finalizzato “ad assicurare non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche il libero deflusso delle stesse, garantendo le operazioni di ripulitura e manutenzione ed impedendo le esondazioni delle acque. Il divieto si applica anche ai casi in cui il corpo idrico sia stato coperto, poiché tale circostanza non fa venir meno le ragioni di tutela che presiedono al vincolo di inedificabilità assoluta operante nella fascia di rispetto di legge, atteso che, a parte il caso che possano o meno essere riportati in qualsiasi momento allo stato precedente, anche per tali corsi d’acqua occorre consentire uno spazio di manovra, nel caso di necessarie attività di manutenzione e ripulitura delle condutture. Da tali presupposti discendono conseguenze rilevanti anche sul piano della sanabilità delle opere e delle modalità per pervenire alla loro regolarizzazione, poiché l’amministrazione non può perfezionare la pratica di sanatoria se non ha consapevolezza dello lo stato legittimo del fabbricato – cioè se e in che termini sia stata originariamente autorizzata l’edificazione in fascia di rispetto – e, soprattutto, se non è stata acquisita l’autorizzazione dell’ente competente alla tutela del vincolo idraulico.
Cass. Sez. III n. 10247 del 12 marzo 2024 (CC 29 feb 2024)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Servitur
Ambiente in genere.Occupazione suolo demaniale
Per accertare la sussistenza del reato cui all’art. 1161 cod. nav., quando l’imputato invochi la liceità dell’occupazione di suolo demaniale in forza di provvedimenti concessori ottenuti, il giudice penale ben può affermare l’arbitrarietà della condotta ritenendo l’illegittimità dei provvedimenti amministrativi, essendo a ciò impedito soltanto quando la legittimità dell’atto sia stata affermata da una sentenza irrevocabile del giudice amministrativo. Tale preclusione non si estende ai profili di illegittimità, fatti valere in sede penale, che non siano stati dedotti ed effettivamente decisi in quella amministrativa. Quest’operazione, peraltro, non comporta la disapplicazione dell’atto illegittimo nel senso di cui all’art. 5 l. 20 marzo 1865, n. 2248, All. E (legge abolitrice del contenzioso amministrativo, di seguito, l.a.c.a.).
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