In Veneto da qui al 2050 si potrà consumare dai 1530 ai 1795 ettari all'anno: tutto come previsto da una legge intitolata "Norme per il contenimento del consumo di suolo" che è entrata in vigore sotto un silenzio politico e mediatico inspiegabile. Ai 1130 ettari consumati dal Veneto nel corso del 2017 (ultimo rapporto Ispra), che in larghissima parte non vengono conteggiati come consumo di suolo perché rientrano nelle svariate e innumerevoli deroghe della legge "mangiasuolo" veneta, vanno aggiunti i consentiti 400 ettari all'anno (da qui al 2050) di suolo naturale da consumare (che possono salire a 665 con una semplice delibera di giunta nella verifica quinquennale della legge). I 1130 ettari corrispondono agli 11,3 chilometri quadrati di suolo fertile spariti in Veneto nel corso del 2017: oltre un quinto delle trasformazioni registrate a livello nazionale (52 chilometri quadrati). La superficie complessiva del suolo consumato in Italia è pari a 23062 chilometri quadrati e quindi al 7,65% di quella totale del paese, ma alcune regioni superano abbondantemente il 10%, come la Lombardia (12,99%) e il Veneto (12,35%). I dati dell'Ispra non lasciano scampo: l'unica soluzione vera, oggi, è "l'arresto immediato del consumo di suolo". In Veneto la popolazione va informata, coinvolta, se necessario chiamata alla mobilitazione, per difendere una risorsa non rinnovabile, la cui perdita costante è un po' come un rilascio lento di un "gas antiecologico" che compromette per sempre il territorio presente e futuro. Si promuovono referendum, si fanno accesi dibattiti tra fazioni, si riempiono le piazze per rinsaldare l'orgoglio di partito, riempiamole anche per dire "Stop al consumo di suolo", "Stop alle monocolture intensive con pesticidi" (figlie anche della contrazione delle superfici agricole), "Stop ad un modello di sviluppo, intellettualmente povero, distruttivo e contro natura, basato sul consumo di suolo".
Schiavon Dante, un angelo del suolo
Contro il declino economico e ambinentale del Veneto
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