La norma nazionale di cui al D. Lgs. 3 aprile 2006, N. 152 e s.m.i. (cd Testo Unico Ambientale o TUA), all’art. 113, comma 1, prevede che le Regioni, ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, disciplinino ed attuino:
a) le forme di controllo degli scarichi costituiti da acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate (adibite, cioè, a raccogliere ed a convogliare, esclusivamente, acque meteoriche di dilavamento, provenienti da agglomerato), in quanto, ai sensi dell’art. 74, comma 1, lettera i), del citato decreto legislativo, sono definite acque reflue urbane ossia acque di scarico (lettera gg) e sottoposte, pertanto, alle prescrizioni di cui al successivo art. 124, c. 1, che contempla, per l’appunto, la preventiva autorizzazione allo scarico.
b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni di acque meteoriche di dilavamento (diverse, cioè, dagli scarichi), effettuate tramite altre condotte separate (diverse, cioè, dalle reti fognarie separate c.s.), siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l’eventuale autorizzazione (a. all’immissione).
Per quanto espresso dalla norma nazionale, pertanto, quello riportato alla summenzionata lettera a), è l’unico caso in cui le acque meteoriche di dilavamento sono soggette alla disciplina degli scarichi; il c. 2 dell’art. 113 dispone, infatti, che all’infuori di quanto disciplinato ai sensi del comma 1 “le acque meteoriche non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto”.
Sempre le Regioni possono disciplinare “… i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività ivi svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici” (art. 113, c. 3).
Anche in tal caso la norma nazionale intende significare che le acque di cui alla prima frazione di una precipitazione piovosa (cd acque di prima pioggia) e di lavaggio, pur se contaminate da sostanze pericolose ovvero inquinanti e, comunque, estranee al ciclo produttivo, proprio dell’attività economica svolta sulle superfici impermeabili scoperte, da esse dilavate, siano acque da non ricondurre alla nozione di scarico.
Tale concetto normativo è stato confermato ossia chiarito dalla pronuncia del Consiglio di Stato, con Sentenza N. 7618/2009, secondo la quale le immissioni costituite dalle acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia, rimangono distinte dalle acque reflue industriali, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche se sottoposte a preventivo trattamento di depurazione, in quanto la circostanza dirimente, ai fini della qualificazione normativa di acque di scarico, risiede nella circostanza che le acque siano immesse nel “ciclo produttivo” in conseguenza dell’iniziativa umana, ascrivibile all’attività economica, e non “incidentalmente”.
Il comma 4 del decreto, infine, ammette gli scarichi e le immissioni, così disciplinate dalle regioni, in qualsiasi corpo ricettore esclusa l’immissione diretta nel corpo ricettore costituito dalle acque sotterranee.
Lexambiente 15.01.2025
ACQUE METEORICHE DI DILAVAMENTO ED ACQUE DI PRIMA PIOGGIA
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Luigi FANIZZI
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