Consiglio di Stato Sez. III n.1069 del 5 febbraio 2021
Elettrosmog.Installazione impianto e avviso di avvio del procedimento di autorizzazione

Non vi è alcun onere di comunicare l’avviso di avvio del procedimento ai soggetti abitanti nelle aree circostanti l’area interessata dalla realizzazione di un impianto. Similmente a quanto si verifica per il procedimento di rilascio del permesso di costruire, nessuna norma speciale prevede l’obbligo dell’amministrazione di dare avviso ad altri della pendenza del procedimento di rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di una stazione radio base, né tale obbligo discende dall’art. 7, l. n. 241 del 1990, in considerazione dell’impossibilità di determinare i soggetti che potrebbero ricevere nocumento dall’accoglimento dell’istanza

Pubblicato il 05/02/2021

N. 01069/2021REG.PROV.COLL.

N. 02328/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2328 del 2014, proposto dai signori Daniele Straniero e Maria Grazia Antonini, entrambi rappresentati e difesi dagli avvocati Antonino Galletti e Luigia Carla Germani, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato Antonino Galletti in Roma, p.le Don G. Minzoni, n. 9,

contro

- il Comune di Agrate Conturbia, in persona del Sindaco in carica pro tempore, non costituitosi in giudizio;
- l’Agenzia Regionale Protezione Ambiente (A.R.P.A.) – Piemonte, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio;

nei confronti

della società Vodafone Italia S.p.a. (già Vodafone Omnitel B.V.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Sica e Paolo Borghi, elettivamente domiciliata presso la Segreteria della Sezione Terza del Consiglio di Stato in Roma Piazza Capo di Ferro, n. 13,

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Piemonte (Sezione I), n. 876 del 12 luglio 2012, resa inter partes, concernente l’installazione di una stazione radiobase.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della società Vodafone Italia S.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2020 il consigliere Giovanni Sabbato (l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, decreto legge 28 del 30 aprile 2020 e dell’art. 25, comma 2, del decreto legge 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. 41 del 2012, proposto innanzi al T.a.r. per il Piemonte, i signori Maria Grazia Antonini e Daniele Straniero avevano chiesto l’annullamento dell’autorizzazione, rilasciata dal Comune di Agrate Conturbia alla società Vodafone Omnitel B.V. alla installazione, nei pressi della propria abitazione, di un impianto per teleradiocomunicazioni costituito da un basamento in cemento armato di circa 40 mq., una torre di circa 30 metri ed antenne aventi circa 3-4 metri di altezza, il tutto completato da fari per l’illuminazione, impianto di condizionamento per il raffreddamento delle centraline, recinzione metallica ed altri accessori.

2. A sostegno dell’impugnativa i ricorrenti avevano articolato varie censure tra le quali il contrasto dell’intervento con la disciplina urbanistica, la mancata considerazione della rilevanza ambientale dei luoghi, la mancanza di valutazione ambientale e la superfluità dell’impianto in considerazione della presenza di un altro nei pressi dello stesso.

3. Costituitesi l’Amministrazione comunale e la Vodafone Omnitel B.V., quest’ultima nella veste di controinteressata, il T.a.r. adìto (Sezione I), dopo aver disposto verificazione con ordinanza del 2 marzo 2012, ha così deciso il gravame al suo esame:

- ha ritenuto di soprassedere all’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla società resistente, stante l’infondatezza del ricorso;

- ha respinto il ricorso;

- ha compensato le spese di lite ad esclusione di quelle relative alla verificazione poste in capo alla parte ricorrente.

4. In particolare, il giudice di prime cure ha ravvisato la completezza della documentazione allegata all’istanza ed ha evidenziato che “all’interno dell’area indagata non si è potuto appurare la presenza di un altro impianto di telefonia radiomobile”;

- ha, altresì, riscontrato il mancato superamento dei limiti previsti per i valori di campo elettromagnetico e di densità di potenza, la non soggezione a valutazione di impatto ambientale dell’impianto di cui trattasi e la corretta rappresentazione, in sede di istanza, del tracciato delle condutture ENEL nonché della modificazione della strada di accesso al sito;

- ha escluso la violazione del principio di precauzione in considerazione delle “misure di prevenzione che si compendiano nella individuazione dei limiti di esposizione alle emissioni elettromagnetiche”, nonché la violazione del principio di partecipazione procedimentale, non risultando necessario coinvolgere i ricorrenti nel procedimento innescato dalla domanda di autorizzazione;

- ha escluso la necessità della conferenza di servizi ed ha infine ritenuto che la censura relativa alla già esistente copertura di rete nella zona non è assistita da adeguato riscontro probatorio.

5. Avverso tale pronuncia i signori Straniero e Antonini hanno interposto appello, notificato il 4 marzo 2014 e depositato il 21 marzo 2014, lamentando, attraverso nove motivi di gravame (pagine 3-36) coi quali vengono riproposti i motivi di primo grado siccome ritenuti non adeguatamente scrutinati, quanto di seguito sintetizzato:

I) il T.a.r. sarebbe incorso in errore nel ritenere esaustiva la documentazione allegata all’istanza di realizzazione dell’impianto, presentata da Vodafone, in quanto essa è nella realtà lacunosa e rappresentativa in modo infedele dello stato dei luoghi, ad esempio per quanto attiene alla vicinanza dell’abitazione degli appellanti dal sito e alla presenza delle condutture ENEL nelle vicinanze;

II) il T.a.r. avrebbe errato anche nel ritenere insussistente la dedotta violazione del principio di precauzione, in quanto si è limitato ad effettuare valutazioni astratte che non tengono conto dell’esigenza di adottare misure in concreto per ridurre il più possibile l’esposizione alle fonti di emissione elettromagnetica anche tenendo conto dell’inquinamento già presente sull’area, fermo restando che tutte le prove di campo sono state fatte con preavviso a Vodafone così da vanificare quell’ “effetto sorpresa” che è necessario per l’attendibilità dei rilevamenti;

III) il T.a.r. avrebbe errato anche nel respingere la censura del difetto di partecipazione procedimentale, peraltro incorrendo in una motivazione sul punto contraddittoria, non potendosi disconoscere l’esigenza di coinvolgere gli appellanti nel procedimento che ha comportato il rilascio della contestata autorizzazione anche al fine di accedere ad una adeguata ponderazione degli interessi in gioco;

IV) il T.a.r. non si sarebbe avveduto che il Comune ha rilasciato il provvedimento autorizzativo sulla base di informazioni erronee, ad esempio per quanto attiene alle distanze e agli spazi destinati ad ospitare persone per periodi di tempo prolungati, strumentalmente emesse dalla Vodafone per conseguire l’autorizzazione pur in presenza del superamento dei valori di campo consentiti; inoltre la verificazione non avrebbe risposto ai quesiti posti dal T.a.r. sull’inquinamento luminoso e rumoroso (per il generatore a motore diesel), nonché rispetto all'inquinamento da idrocarburi per fumi generati dal generatore, oltre che per i “percolamenti” di idrocarburi nel suolo;

V) il T.a.r. non avrebbe considerato il difetto di prova circa la pubblica utilità dell’impianto, la mancata indicazione nell’istanza dei dati afferenti alla descrizione del territorio circostante e la inesatta rappresentazione dello stato dei luoghi;

VI) il T.a.r. avrebbe erroneamente respinto la censura relativa alla mancata comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento, da ritenere quantomai necessaria in considerazione della vicinanza dell’abitazione rispetto all’impianto e del pregiudizio che può derivare dalla sua realizzazione, già solo per il fatto che la necessità di sottrarsi alle radiazioni elettromagnetiche pregiudica la facoltà di sviluppare in elevazione la volumetria in ampliamento come consentita dal PRG; così pure il T.a.r. non avrebbe considerato il difetto di comparazione degli interessi sottesi alla vicenda, ivi compreso quello di ascrizione comunale in considerazione della presenza in zona di numerosi immobili di proprietà dell’ente;

VII) T.a.r. avrebbe mancato di pronunciarsi sull’eccezione sollevata dai ricorrenti, circa le conseguenze, la condotta e le valutazioni che avrebbe dovuto seguire la P.A. resistente alla luce della inesistenza, per mancata attuazione, del c.d. “catasto delle sorgenti fisse e mobili di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”; così pure il Tar non si sarebbe pronunciato sulla censura relativa alla mancata indicazione da parte della Vodafone degli elementi necessari per rilevare lo stato di copertura già esistente ed il livello dei campi già generati;

VIII) il T.a.r. non avrebbe considerato che i ricorrenti hanno comprovato che l’area su cui insiste la loro abitazione risulta essere già adeguatamente coperta e potenziata dal segnale Vodafone, con la conseguente inutilità della nuovo impianto in progetto;

IX) la sentenza sarebbe erronea anche per avere il T.a.r. conferito l’incarico di verificatore all’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (A.R.P.A.) che è da ritenere un organo privo dei requisiti di imparzialità richiesti dall’art. 19 del c.p.a., e comunque il T.a.r. non avrebbe tenuto conto dei risultati stessi della verificazione laddove, in particolare, ha accertato che l’abitazione degli appellanti si trova a meno di 100 mt. dall’area di sedime dell’impianto.

6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e quindi l’annullamento degli atti con il medesimo impugnati.

7. In data 28 aprile 2014 la società Vodafone Omnitel B.V. si è costituita in giudizio con memoria di controdeduzioni al fine di riproporre l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse, in considerazione dell’elevata distanza dell’abitazione degli appellanti dall’impianto, e per controdedurre nel senso della infondatezza di tutti i rilievi articolati, così concludendo per la declaratoria di inammissibilità o comunque per il rigetto dell’appello.

8. In data 7 marzo 2020 parte appellata, nella nuova veste societaria di Vodafone Italia S.p.a., ha depositato memoria, insistendo per le anzidette conclusioni ed evidenziando, tra l’altro, che nessuna norma impone la previa la dimostrazione della necessità dell’impianto di nuova realizzazione a fini di copertura della zona così come nessuna norma dell’ordinamento prevede una precisa distanza dalle abitazioni.

9. La causa, chiamata per la discussione alla udienza pubblica svoltasi con modalità telematica dell’11 dicembre 2020, è stata ivi trattenuta in decisione.

10. L’appello è infondato.

10.1 Parte appellante insiste per l’inammissibilità del ricorso di prime cure per difetto d’interesse (avuto riguardo alla notevole distanza dell’abitazione dei ricorrenti dove peraltro non hanno mai fissato la propria residenza), ma l’infondatezza del gravame consente di prescindere dalla disamina di tale eccezione.

10.2 Col primo e quinto mezzo, suscettibili per il loro tenore di trattazione congiunta, parte appellante avversa il capo della sentenza impugnata, con il quale il T.a.r. ha disatteso le censure afferenti al preteso difetto di istruttoria, evidenziando che la rappresentazione dello stato dei luoghi negli atti allegati alla domanda di installazione dell’impianto radiobase sarebbe infedele o comunque erronea sia perché è descritta una distanza degli edifici, pari a circa 80 metri invece degli oltre 100 dichiarati da Vodafone, inferiore a quella reale sia perché non sarebbe stata evidenziata la presenza di altri ripetitori nella zona sia, infine, perché non sarebbe stato specificato nell’istanza autorizzatoria che le condutture ENEL avrebbe dovuto passare per circa 80 metri per il terreno di proprietà degli odierni appellanti.

Orbene, la censura non risulta fondata sia in considerazione delle risultanze istruttorie acquisite agli atti del giudizio di prime cure mercé la disposta verificazione, che non ha evidenziato la presenza nell’area circostante di altri impianti, sia per la irrilevanza delle circostanze fattuali rappresentate dagli appellanti. La censura, infatti, postula, come più volte precisato in appello, che l’autorizzazione non sarebbe stata rilasciata se lo stato dei luoghi descritto agli atti della pratica fosse stato esattamente conforme a quello reale, quando invece le circostanze fattuali non avrebbero avuto portata ostativa al rilascio dell’autorizzazione e pertanto risultano ininfluenti ai fini dell’esito della domanda. Va infatti rilevato che non è in discussione né la violazione di una distanza minima dalle abitazioni che sarebbe prevista dalla normativa di settore né l’incidenza nelle prerogative proprietarie di soggetti terzi, liberi di assentire o meno il transito di condutture sotterranee nell’area di pertinenza. Questo Consiglio ha avuto modo di rilevare, infatti, che “non si può pretendere di localizzare gli impianti radio base per la telefonia mobile ad una determinata distanza dal confine di proprietà” (cfr. sentenza, sez. VI, 6 settembre 2010, n. 6473). Per giunta, la distanza dall’abitazione degli appellanti in misura inferiore a quella rappresentata negli atti allegati alla richiesta di autorizzazione è da considerare irrilevante anche alla luce di quanto osservato dall’A.R.P.A., secondo cui “tale differenza, che rientra nell’incertezza strumentale e cartografica, non può avere significative conseguenze sulla stima dei livelli di campo elettromagnetico nelle aree accessibili circostanti l’impianto” (cfr. relazione A.R.P.A., pagina 7).

10.3 Infondati sono anche il secondo e quarto mezzo, anch’essi suscettibili per il loro tenore di trattazione congiunta, col quale si lamenta la violazione del principio generale di precauzione, nell’ottica della minimizzazione dell’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche anche in considerazione di quelle già prodotte da altri impianti.

Il rilievo è infondato in quanto, una volta accertato, come nel caso di specie, “il rispetto dei limiti stabiliti dalla normativa statale, non residua spazio alcuno che consenta all’ente locale di stabilire livelli di esposizione diversi da quelli fissati dalla normativa nazionale e di perseguire finalità radioprotezionistiche sottratte alla sua competenza” (Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2019, n. 2475). Anche per quanto riguarda il lamentato inquinamento acustico e luminoso prodotto dall’impianto, non emergono elementi dai quali desumere la loro effettiva entità ma nemmeno la loro carica ostativa all’autorizzabilità dell’impianto secondo la disciplina di settore. Peraltro è questione estranea alla giurisdizione del GA, sia perché si discorre di immissioni eventualmente intollerabili, per i quali trova applicazione la disciplina civilistica di cui all’art. 844 c.c., sia perché emergerebbe un possibile danno alla salute. Di recente, la Corte in sede regolatrice, ha infatti stabilito che la giurisdizione a decidere su immissioni da attività industriale autorizzata, nocive alla salute, spetta al giudice ordinario e non al giudice amministrativo sul presupposto che il diritto fondamentale alla salute limita l’esercizio dei pubblici poteri essendo la Pubblica amministrazione priva del cosiddetto potere di affievolimento (Cassazione civile, sez. un., 23 aprile 2020, n. 8092).

Parte appellante lamenta, altresì, che l’impianto doveva seguire il procedimento ordinario per conseguire l’autorizzazione e non quello agevolato previsto per le opere di urbanizzazione primaria, stante la sua dislocazione lontana dal centro abitato. Premesso che tale circostanza è rimasta indimostrata, essendo stata sottoposta ad istruttoria solo la distanza dell’impianto dall’abitazione degli appellati, vi è che l’assimilazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria delle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, tra cui sono ricomprese le stazioni radio base, è su base normativa (art. 86 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259) e quindi prescinde in sé dalla sua esatta ubicazione rispetto agli insediamenti abitativi.

10.4 Infondati sono il terzo ed il sesto mezzo, suscettibili per il loro tenore di trattazione congiunta, coi quali si lamenta il mancato coinvolgimento degli appellanti nell’iter procedimentale innescato dalla domanda di autorizzazione, in quanto non vi è alcun onere di comunicare l’avviso di avvio del procedimento ai soggetti abitanti nelle aree circostanti l’area interessata dalla realizzazione dell’impianto. Questo Consiglio di Stato (sentenza, sez. VI, 28 febbraio 2006, n. 889) ha infatti avuto modo di osservare che “similmente a quanto si verifica per il procedimento di rilascio del permesso di costruire, nessuna norma speciale prevede l’obbligo dell’amministrazione di dare avviso ad altri della pendenza del procedimento di rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di una stazione radio base, né tale obbligo discende dall’art. 7, l. n. 241 del 1990, in considerazione dell’impossibilità di determinare i soggetti che potrebbero ricevere nocumento dall’accoglimento dell’istanza”. Non va peraltro trascurato, venendo al caso di specie, che gli appellanti risultano essere proprietari di un’abitazione posta nel raggio di 85 mt. dall’erigenda stazione radio base e pertanto essa non si trova nelle immediate vicinanze così da palesarsi una posizione di controinteresse di immediata evidenza.

Gli appellanti lamentano, altresì, che il Comune non ha provveduto, come da indicazioni dell’ente provinciale, ad elaborare un piano di distribuzione degli impianti sul territorio; nemmeno tale deduzione può reputarsi fondata, in quanto tale preliminare adempimento è al più giustificato da ragioni di opportunità ma non di necessità. Trattasi infatti di un potere di pianificazione urbanistica che serve a prevedere la localizzazione delle antenne in determinati ambiti, tale che comunque sia assicurata una capillare ed effettiva distribuzione del servizio mediante uniforme copertura, con idoneo segnale, di tutte le zone del territorio comunale. Ne consegue che non costituisce un passaggio obbligato ed indefettibile in grado di inficiare la legittimità di ciascuna singola autorizzazione in caso di sua mancanza.

10.4.1 Nemmeno sono fondate le ulteriori deduzioni sollevate col motivo in esame, sia per quanto attiene al preteso impedimento alla realizzazione della volumetria consentita dal PRG sia alla mancata considerazione degli interessi in gioco:

- non la prima, in quanto, in disparte la distanza significativa dell’abitazione dall’area di sedime, non ricorre alcuna tangibile esigenza di sottrarsi alle radiazioni elettromagnetiche prodotte dall’impianto, atteso che queste rientrano abbondantemente nei limiti di legge;

- non la seconda, in quanto la piattaforma valutativa sulla quale si fonda l’esercizio del potere autorizzatorio non comprende gli interessi di varia natura ai quali l’appellante genericamente si riferisce, tanto più che questi non ha legittimazione a lamentare l’incidenza su posizioni giuridico-materiali di ascrizione dello stesso Ente che ha rilasciato il titolo.

10.5 Infondato è anche il settimo mezzo, col quale si lamenta che l’Amministrazione avrebbe dovuto pretendere da Vodafone e, se del caso richiedendolo anche ad altri operatori, lo stato di copertura già esistente e il livello di campi già generati dalle stazioni esistenti, in quanto all’esito degli accertamenti preliminari e di quelli svolti in sede istruttoria, nel corso del giudizio di prime cure, è emerso in maniera, peraltro evidente, che i valori rilevati rientrano nei limiti di legge.

10.6 Valgono le considerazioni di cui sopra a denotare l’infondatezza dell’ottavo motivo d’appello, col quale si torna a denunciare la preesistente copertura della zona.

10.7 Infondato è anche il nono (ed ultimo) di gravame, col quale si lamenta la irritualità delle operazioni di verificazione anche per il difetto di legittimazione del verificatore, in quanto:

- è l’A.R.P.A., secondo un’espressa previsione normativa (art. 14 della legge quadro 22 febbraio 2001, n. 36) ad essere chiamata ad effettuare gli accertamenti in materia, organo peraltro individuato dal T.a.r. con ordinanza cautelare non impugnata;

- il contraddittorio per l’espletamento delle operazioni di verificazione (svoltesi ad impianto spento ed acceso) era previsto dalla stessa inoppugnata ordinanza e comunque è indimostrato che la mancanza dell’effetto sorpresa abbia influito ed in che modo sull’esito degli accertamenti;

- ciò che rileva, in definitiva, è che “da tutti gli accertamenti strumentali effettuati in loco nel corso di due sopralluoghi dell’11 aprile 2012 e del 23 aprile 2012 è emerso che i livelli di campo elettrico nelle aree accessibili alla popolazione, dove è possibile una permanenza prolungata per più di quattro ore, sono sempre al di sotto di 1 V/m […]. Tutti i rilievi strumentali effettuati secondo le norme tecniche CEI 211-7 e CEI 211-10, indicano che il campo elettrico a radiofrequenza emesso dall’impianto Vodafone e rilevato in tutte le aree a permanenza prolungata è sempre ampiamente inferiore al valore di attenzione di 6 V/m prescritto dal D.P.C.M. 08.07.2003” (cfr. relazione A.R.P.A. pagine 16 e 17).

11. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

12. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo il criterio della soccombenza, sono liquidate nella misura stabilita in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (n.r.g. 2328/2014), lo respinge.

Condanna gli appellanti, in solido, alla rifusione, in favore della società Vodafone Italia S.p.a., delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%) se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato, con sede in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 11 dicembre 2020, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:

Sergio Santoro, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore

Antonella Manzione, Consigliere