TAR Veneto Sez. III n.780 del 13 luglio 2016
Rifiuti.Trattamento delle acque di falda

Dispone l’articolo 243 comma tre decreto legislativo 152\06 che le acque inquinate emunte devono essere direttamente trattate presso idonei impianti depurativi esistenti nello stabilimento industriale senza essere sottoposte a precedenti trattamenti; confligge dunque con tale previsione la richiesta secondo la quale le acque devono rispettare prima dell’immissione nel depuratore biologico i limiti di immissione in pubblica fognatura, giustificata dalla considerazione che altrimenti si potrebbe avere una diluizione delle acque.


N. 00780/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01647/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1647 del 2015, proposto da:
Reckitt Benckiser Italia Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Mangialardi, con domicilio eletto presso Roberto Barbalich in Venezia, Dorsoduro, 2453/F;

contro

Regione Veneto, rappresentato e difeso dagli avv. Cristina Zampieri, Emanuele Mio, Ezio Zanon, con domicilio eletto presso Ezio Zanon in Venezia, Regione Veneto - Cannaregio, 23; Provincia di Venezia, Ora Città Metropolitana di Venezia, Comune di Mira, Ora Città Metropolitana di Venezia, rappresentati e difesi dagli avv. Roberta Brusegan, Katia Maretto, Giuseppe Roberto Chiaia, con domicilio eletto presso Roberta Brusegan in Mestre Venezia, Via Forte Marghera 191; Arpav - Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto;

per l'annullamento

per l'annullamento del decreto della Regione Veneto n. 69 del 24 settembre 2015;del verbale della Conferenza di Servizi decisoria, relativo alla seduta del 15 settembre 2015;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Veneto e di Provincia di Venezia, Ora Città Metropolitana di Venezia e di Comune di Mira, Ora Città Metropolitana di Venezia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 marzo 2016 il dott. Riccardo Savoia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe la società ricorrente chiede l’annullamento del decreto numero 69 del 24 settembre 2015 con il quale la regione Veneto, sulla base degli esiti della conferenza di servizi decisoria del 15 settembre 2015, ha preso atto delle prime risultanze della sperimentazione pilota in corso presso lo stabilimento di Mira, finalizzata a valutare la resa di abbattimento degli inquinanti organici e inorganici presenti nelle acque di falda attraverso un processo di trattamento biologico, nonché del verbale della conferenza di servizi decisoria medesima, laddove ha imposto le seguenti prescrizioni alla società:

1) di indicare, nel rapporto conclusivo della sperimentazione pilota, la percentuale di abbattimento per tutti i contaminanti presenti in falda e il loro confronto con i dati di letteratura citati;

2) Le acque provenienti dai sistemi di piezometro 1 e piezometro 4 devono rispettare, prima dell’immissione nell’impianto di trattamento biologico delle acque di processo e di falda, i limiti di legge. A tal fine la ditta deve considerare ogni concentrazione determinata da campionamenti puntuali delle acque di falda e non solamente il valore medio delle serie storiche.

Dopo la rinuncia alla domanda cautelare, costituite le amministrazioni resistenti con memorie puntualmente controdedotte, all’odierna udienza, dopo discussione la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato.

Va anzitutto respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo per appartenere la causa al Tribunale superiore delle acque pubbliche, in quanto oggetto diretto del procedimento è quello di un progetto di bonifica del sito inquinato, solo indirettamente coinvolgendo il regime delle acque pubbliche, riguardando in parte il trattamento delle acque di falda.

Quanto al merito delle prescrizioni, e ricordato che valutazioni ulteriori da sottoporre a una nuova conferenza di servizi rendono prive di attuale lesività altre determinazioni dell’amministrazione, quelle contestate in ricorso appaiono effettivamente illegittimamente poste.

La prima riguarda la percentuale di abbattimento che, ad avviso della ricorrente, non sarebbe utilmente accertabile.

La difesa dell’amministrazione metropolitana tende a ridurre la portata della prescrizione osservando che, trattandosi di una sperimentazione, la ditta deve semplicemente dimostrarne l’efficienza, garantendo un’effettiva riduzione delle sostanze inquinanti scaricate in corpo ricettore, al fine di evitare il mero trasferimento della contaminazione presente nelle acque sotterranee ai corpi idrici superficiali, oppure la semplice diluizione di matrici inquinate di sostanze classificate come pericolose.

Ma osserva la ricorrente che i dati sperimentali utilizzati per il calcolo delle rese di abbattimento non consentono una attendibilità del valore calcolato, visto che per esempio la concentrazione degli inquinanti rilevata nelle acque prelevate dal Naviglio Brenta in ingresso allo stabilimento – e per tale ragione la plausibilità dell’eccezione di difetto di giurisdizione, ritenuta infondata -è soggetta a sensibili variazioni, non essendo poi note né la portata né la composizione delle acque piovane ricadenti sul suolo industriale.

Dunque la prima prescrizione risulta concretamente inattuabile, violandosi per tale modo la disposizione di cui all’articolo 242, comma otto del decreto legislativo numero 152 del 2006 nella parte in cui richiede che i criteri per gli interventi di bonifiche ripristino ambientale o di messa in sicurezza operativa devono basarsi sulle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili.

Anche la seconda prescrizione e’ viziata.

Dispone l’articolo 243 comma tre stesso decreto legislativo che le acque inquinate emunte devono essere direttamente trattate presso idonei impianti depurativi esistenti nello stabilimento industriale senza essere sottoposte a precedenti trattamenti; confligge dunque con tale previsione la richiesta secondo la quale le acque devono rispettare prima dell’immissione nel depuratore biologico i limiti di immissione in pubblica fognatura, giustificata dalla considerazione che altrimenti si potrebbe avere una diluizione delle acque.

Il che deve essere escluso perché non è consentito il rispetto dei valori limiti di emissione grazie alla diluizione, ma ciò nel caso in cui le acque occorrenti siano prelevate esclusivamente a tale scopo, mentre nel depuratore della società ricorrente vi sono bensì acque ma prelevate per l’attività produttiva. (confronta articolo 101, comma cinque del decreto legislativo citato).

Il ricorso deve dunque essere accolto, mentre data la particolarità della questione può essere disposta la compensazione integrale delle spese di giudizio tra le parti costituite, salva la rifusione alla ricorrente del contributo unificato a carico delle resistenti in parti uguali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati secondo quanto in motivazione.

Spese compensate, salva la rifusione alla ricorrente del contributo unificato a carico delle resistenti in parti uguali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:

Oria Settesoldi, Presidente

Riccardo Savoia, Consigliere, Estensore

Giovanni Ricchiuto, Referendario

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
         
         
         
         
         

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/07/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)