atena60 ha scritto: ... inquadrato sotto una certa luce ben orientata, tutto, ma veramente tutto, fa brodo per fare indignazione e spettacolo).
Nel documentario di Pasolini del 1965 sulla Legge Merlin, ruolo della donna, sessualità e divorzio, ci sono contributi anche di Moravia e Musatti, la durata è 89 minuti, durante i quali gli argomenti in discussione risultano molto chiari allo spettatore, le tesi opposte sono esposte dai protagonisti (in questo caso sono i cittadini intervistati, tra cui operai, prostitute, ragazzi, anziani e persone provenienti da diversi ruoli/estrazioni sociali ed esprimono posizioni "opposte/contrastanti"). Nel documentario sono presenti piccole "autocensure" poiché alcuni termini come "preservativo" erano vietati al cinema e in TV, ma al termine della visione degli 89 minuti emerge una fotografia incredibilmente reale del nostro Paese e delle relative tesi contrapposte. Ovviamente l'esigenza di racchiudere il complesso tema trattato in 89 minuti ha imposto molta sintesi: il risultato è un raro esempio di buon giornalismo di inchiesta, considerata da molti anche una vera opera d'arte.
Ogni puntata di Report ha una durata di palinsesto di quasi 120 minuti ed i mezzi tecnici di oggi dopo ca. 50 anni da allora, sono straordinariamente superiori: anzi il sistema organizzativo di Report è "celebrato" come segue:
l metodo organizzativo di Report non ha nessun modello di riferimento nei Network nazionali. Una nuova forma di produzione che utilizza in parte i mezzi interni (nell'edizione e progettazione del programma) e in parte quelli esterni (la realizzazione delle inchieste) scavalcando la forma dell'appalto, pur mantenendone le caratteristiche. Una razionalizzazione del lavoro che rende l'intero programma economicamente competitivo. La caratteristica di Report è quindi a tutti gli effetti una produzione interna ridotta al minimo: 6 persone di redazione che fanno da supporto e da tramite fra gli autori, che realizzano le puntate, e l'Azienda, in tutti gli aspetti burocratici e di controllo sulla qualità dei contenuti. Gli autori sono freelance che autoproducono la loro inchiesta (cioè la realizzano con la loro videocamera, si pagano le spese, la montano nel loro luogo di residenza), con la costante supervisione dell'autore della trasmissione, e infine la vendono alla Rai; senza che in mezzo ci sia l'intermediazione di una società. L'abbattimento dei costi e la libertà di azione dei videogiornalisti permette di lavorare anche 3 o 4 mesi su ogni singola inchiesta.
Insomma "freelance che auto-producono la loro inchiesta", senza mediatori, con vendita diretta, dal "produttore" al "consumatore": ma la stragrande maggioranza dei telespettatori è abituata (forse erroneamente) a considerare le informazioni trasmesse della TV di "qualità superiore" rispetto alle informazioni ad esempio trasmesse da molti "freelance" in Internet, forse perché le informazioni in TV sarebbero "diffuse a tutti", quelle in Internet sarebbero "diffuse a chi le cerca"...
Secondo me per l'approfondimento di temi specifici non sono più sufficienti 120 minuti in TV che ormai sembrano contenitori di trasmissioni di "intrattenimento" giornalistico, più di "inchieste" giornalistiche. Non so se è il caso di rimpiangere la sintesi e l'equilibrio di Enzo Biagi, ma ritengo che piattaforme di discussione aperte come Lexambiente, che raccolgono diverse competenze di qualità così elevata, sono strumenti di informazione per certi versi molto superiori della TV.
Avete già impostato Lexambiente.it su Feedly (o analogo) ?