New Page 2

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI DECRETO 7 aprile 2006
Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui
all'articolo 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152.
GU n. 109 del 12-5-2006 - Suppl. Ordinario n.120

New Page 1

IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE FORESTALI

di concerto con

I MINISTRI DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO, DELLE
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI, DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE E DELLA SALUTE

Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, recante
disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e successive
modifiche ed in particolare l'art. 38 che prevede l'emanazione di un
decreto ministeriale che definisce criteri e norme tecniche generali
sulla base dei quali le regioni disciplinano le attivita' di
utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento nonche' delle
acque reflue;
Visto il Regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio sul sostegno
allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di
orientamento e di garanzia (FEAOG); come modificato dal Reg. (CE)
1783/03 del Consiglio;
Visto il Regolamento (CE) n. 817/2004 recante disposizioni di
applicazione del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio sul
sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di
orientamento e di garanzia (FEAOG);
Considerato che quanto disciplinato nel presente decreto concerne
l'intero ciclo (produzione, raccolta, stoccaggio, fermentazione e
maturazione, trasporto e spandimento) dell'utilizzazione agronomica
degli effluenti di allevamento e delle acque reflue di cui all'art.
38 del decreto legislativo n. 152 del 1999;
Visto il decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997 ed in
particolare l'art. 8 che disciplina le esclusioni dal campo di
applicazione del predetto decreto;
Visto il Regolamento CE 1774/2002 recante norme sanitarie relative
ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano ed
in particolare l'art. 7, comma 6, che per lo stallatico trasportato
tra due punti situati nella stessa azienda agricola o tra aziende
agricole e utenti situati nell'ambito del territorio nazionale,
consente di non applicare le disposizioni concernenti la raccolta, il
trasporto ed il magazzinaggio di cui al medesimo articolo;
Visto l'Accordo 1° luglio 2004 tra il Ministro della salute, il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, il Ministro per
le politiche agricole e forestali, le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 172
del 24 luglio 2004, che da' indicazioni applicative sulla gestione
sanitaria dello stallatico;
Ritenuto di procedere alla definizione dei criteri e norme tecniche
generali, cosi' come previsto dall'art. 38 del decreto legislativo n.
152 del 1999 al fine di consentire alle regioni di adottare gli atti
disciplinari di propria competenza;
Acquisita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nella
seduta del 15 dicembre 2005 sullo schema di provvedimento.
Decreta:

Titolo I
Ambito di applicazione

Art. 1.
Ambito di applicazione
1. Il presente decreto stabilisce, in applicazione dell'art. 38 del
decreto legislativo n. 152 dell'11 maggio 1999 e successive modifiche
e integrazioni, i criteri e le norme tecniche generali per la
disciplina, da parte delle regioni, delle attivita' di utilizzazione
agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue
provenienti dalle aziende di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b)
e c) del decreto legislativo n. 152/1999 e da piccole aziende
agroalimentari.
2. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 18 sulle aree
sensibili, 19 sulle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e
21 sulla disciplina delle aree di salvaguardia delle acque
superficiali e sotterranee destinate al consumo umano del decreto
legislativo n. 152/1999 e dal decreto legislativo n. 59 del
18 febbraio 2005 per gli impianti di allevamento intensivo di cui al
punto 6.6 del relativo allegato I.
3. Ai sensi dell'art. 38, comma 2, del decreto legislativo n. 152
del 1999, le regioni disciplinano le attivita' di utilizzazione
agronomica di cui al comma 1 entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto sulla base dei criteri e delle
norme tecniche generali in esso contenuti garantendo la tutela dei
corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il
raggiungimento o il mantenimento dei relativi obiettivi di qualita'.
Restano ferme per le zone vulnerabili le scadenze temporali di cui
all'art. 19 del decreto legislativo n. 152 del 1999.
4. L'utilizzazione agronomica dello stallatico effettuata ai sensi
del presente decreto, non necessita del documento commerciale,
dell'autorizzazione sanitaria, dell'identificazione specifica, del
riconoscimento degli impianti di immagazzinaggio di cui all'art. 7
del Regolamento CE 1774/2002.
5. Resta fermo quanto previsto dal Regolamento CE 1774/2002, art.
5, comma 1, lettera a).

Titolo II
Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale
dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento.
Capo I
Definizioni

Art. 2.
Definizioni
1. Ferme restando le definizioni di cui all'art. 2 ed all'allegato
1 punto 1 del decreto legislativo n. 152 del 1999 e sue modifiche e
integrazioni, ai fini del presente decreto si definisce:
a) «consistenza dell'allevamento»: il numero di capi mediamente
presenti nell'allevamento;
b) «stallatico»: ai sensi del Regolamento CE 1774/2002 e sue
modificazioni, gli escrementi e/o l'urina di animali di allevamento,
con o senza lettiera, o il guano, non trattati o trattati;
c) «effluenti di allevamento palabili/non palabili»: miscele di
stallatico e/o residui alimentari e/o perdite di abbeverata e/o acque
di veicolazione delle deiezioni e/o materiali lignocellulosici
utilizzati come lettiera in grado/non in grado, se disposti in cumulo
su platea, di mantenere la forma geometrica ad essi conferita;
d) «liquami»: effluenti di allevamento non palabili. Sono
assimilati ai liquami, se provenienti dall'attivita' di allevamento:
1) i liquidi di sgrondo di materiali palabili in fase di
stoccaggio;
2) i liquidi di sgrondo di accumuli di letame;
3) le deiezioni di avicoli e cunicoli non mescolate a lettiera;
4) le frazioni non palabili, da destinare all'utilizzazione
agronomica, derivanti da trattamenti di effluenti zootecnici di cui
all'allegato I, tabella 3;
5) i liquidi di sgrondo dei foraggi insilati.
Le acque di lavaggio di strutture, attrezzature ed impianti
zootecnici, se mescolate ai liquami definiti alla presente lettera e
qualora destinate ad utilizzo agronomico, sono da considerare come
liquami; qualora non siano mescolate ai liquami, tali acque sono
assoggettate alle disposizioni di cui al Titolo III.
e) «letami»: effluenti di allevamento palabili, provenienti da
allevamenti che impiegano la lettiera; sono assimilati ai letami, se
provenienti dall'attivita' di allevamento:
1) le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli;
2) le deiezioni di avicunicoli anche non mescolate a lettiera
rese palabili da processi di disidratazione naturali o artificiali
che hanno luogo sia all'interno, sia all'esterno dei ricoveri;
3) le frazioni palabili, da destinare all'utilizzazione
agronomica, risultanti da trattamenti di effluenti zootecnici di cui
all'allegato I, tabella 3;
4) i letami, i liquami e/o i materiali ad essi assimilati,
sottoposti a trattamento di disidratazione e/o compostaggio;
f) «stoccaggio»: deposito di effluenti di cui agli articoli 7 e 8
e delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 28,
comma 7, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 152/1999 e da
piccole aziende agroalimentari, cosi' come previsto dagli articoli 13
e 14 del presente decreto;
g) «accumuli di letami»: depositi temporanei di letami idonei
all'impiego, effettuati in prossimita' e/o sui terreni destinati
all'utilizzazione, cosi' come previsto dall'art. 7, comma 5 del
presente decreto;
h) «trattamento»: qualsiasi operazione, compreso lo stoccaggio,
atta a modificare le caratteristiche degli effluenti di allevamento,
al fine di migliorare la loro utilizzazione agronomica e contribuire
a ridurre i rischi igienico-sanitari;
i) «destinatario»: il soggetto che riceve gli effluenti sui
terreni che detiene a titolo d'uso per l'utilizzazione agronomica;
l) «fertirrigazione»: l'applicazione al suolo effettuata mediante
l'abbinamento dell'adacquamento con la fertilizzazione, attraverso
l'addizione controllata alle acque irrigue di quote di liquame;
m) «allevamenti di piccole dimensioni»: allevamenti con
produzione di azoto al campo per anno inferiore a 3000 Kg;
n) «area aziendale omogenea»: porzione della superficie aziendale
uniforme per caratteristiche quali ad esempio quelle dei suoli,
avvicendamenti colturali, tecniche colturali, rese colturali, dati
meteorologici e livello di vulnerabilita' individuato dalla
cartografia regionale delle zone vulnerabili ai nitrati;
o) «codice di buona pratica agricola» (CBPA): il codice di cui al
decreto 19 aprile 1999 del Ministro per le politiche agricole,
pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999;
p) «allevamenti, aziende e contenitori di stoccaggio esistenti»:
ai fini dell'utilizzazione agronomica di cui al presente decreto si
intendono quelli in esercizio alla data di entrata in vigore dello
stesso.

Capo II
Criteri generali di utilizzazione agronomica e divieti

Art. 3.
Criteri generali di utilizzazione
1. L'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento
disciplinata dal presente decreto e' esclusa ai sensi dell'art. 8,
comma 1, del decreto legislativo n. 22 del 1997 dal campo di
applicazione del medesimo decreto legislativo.
2. L'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e'
finalizzata al recupero delle sostanze nutritive ed ammendanti
contenute negli stessi effluenti.
3. L'utilizzazione agronomica e' consentita purche' siano
garantiti:
a) la tutela dei corpi idrici e, per gli stessi, il non
pregiudizio del raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui
agli articoli 4 e successivi del decreto legislativo n. 152/1999;
b) la produzione, da parte degli effluenti, di un effetto
concimante e/o ammendante sul suolo e l'adeguatezza della quantita'
di azoto efficiente applicata e dei tempi di distribuzione ai
fabbisogni delle colture;
c) il rispetto delle norme igienico-sanitarie, di tutela
ambientale ed urbanistiche.
4. Fatte salve le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 152
del 1999 e di cui al Titolo V del presente decreto, l'applicazione
del CBPA, in via cautelativa, e' raccomandata anche nelle zone non
vulnerabili.
5. Le regioni, nell'ambito di strategie di gestione integrata degli
effluenti, promuovono l'adozione di modalita' di allevamento e di
alimentazione degli animali finalizzate a contenere, gia' nella fase
di produzione, le escrezioni di azoto.

Art. 4.
Divieti di utilizzazione dei letami
1. L'utilizzo dei letami e' vietato almeno nelle seguenti
situazioni:
a) sulle superfici non interessate dall'attivita' agricola, fatta
eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le aree
soggette a recupero e ripristino ambientale;
b) nei boschi, ad esclusione degli effluenti rilasciati dagli
animali nell'allevamento brado;
c) entro 5 metri di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua,
fatte salve disposizioni diverse che le regioni possono prevedere in
ragione di particolari condizioni locali;
d) per le acque marino-costiere e quelle lacuali entro 5 metri di
distanza dall'inizio dell'arenile;
e) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante,
con frane in atto e terreni saturi d'acqua, fatta eccezione per i
terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione.
f) in tutte le situazioni in cui l'autorita' competente provvede
ad emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in
ordine alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive
per gli animali, per l'uomo e per la difesa dei corpi idrici.
2. Le regioni prevedono ulteriori divieti o periodi dell'anno in
cui e' vietato l'utilizzo dei letami in relazione a particolari
condizioni locali, agli andamenti climatici sfavorevoli, ai ritmi di
assorbimento delle colture praticate, nonche' ai principi contenuti
nel CBPA ed agli indirizzi delle Autorita' di Bacino nazionali ed
interregionali.
3. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere c) e d), non si
applicano ai canali artificiali ad esclusivo utilizzo di una o piu'
aziende, purche' non connessi ai corpi idrici naturali, ed ai canali
arginati.

Art. 5.
Divieti di utilizzazione dei liquami
1. L'utilizzo dei liquami, oltre che nei casi previsti all'art. 4,
comma 1, lettere a), b), e) ed f) e' vietato almeno nelle seguenti
situazioni e periodi:
a) su terreni con pendenza media superiore al 10%, salvo deroghe
previste dalla disciplina regionale in ragione di particolari
situazioni locali o in presenza di sistemazioni idraulico-agrarie,
concesse anche sulla base delle migliori tecniche di spandimento
disponibili;
b) entro 10 metri dalle sponde dei corsi d'acqua, fatte salve
disposizioni diverse che le regioni possono prevedere in ragione di
particolari condizioni locali, a condizione che siano individuate
azioni o prescrizioni tecniche quali quelle di cui all'art. 23,
comma 3, atte ad eliminare il rischio di inquinamento delle acque
causato dagli stessi liquami;
c) per le acque marino-costiere e quelle lacuali entro 10 metri
di distanza dall'inizio dell'arenile;
d) in prossimita' di strade e di centri abitati, a distanze
definite dalla disciplina regionale, a meno che i liquami siano
distribuiti con tecniche atte a limitare l'emissione di odori
sgradevoli o vengano immediatamente interrati;
e) nei casi in cui i liquami possano venire a diretto contatto
con i prodotti destinati al consumo umano;
f) in orticoltura, a coltura presente, nonche' su colture da
frutto, a meno che il sistema di distribuzione non consenta di
salvaguardare integralmente la parte aerea delle piante;
g) dopo l'impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o
giardini pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o
destinate in genere ad uso pubblico;
h) su colture foraggiere nelle tre settimane precedenti lo
sfalcio del foraggio o il pascolamento;
2. Le regioni prevedono ulteriori divieti o i periodi dell'anno in
cui e' vietato l'utilizzo dei liquami, in relazione a particolari
condizioni locali, agli andamenti climatici sfavorevoli, ai ritmi di
assorbimento delle colture praticate, nonche' ai principi contenuti
nel CBPA ed agli indirizzi delle Autorita' di Bacino nazionali ed
interregionali.
3. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere b) e c), non si
applicano ai canali artificiali ad esclusivo utilizzo di una o piu'
aziende, purche' non connessi ai corpi idrici naturali, ed ai canali
arginati.

Capo III
Trattamenti e contenitori di stoccaggio

Art. 6.
Criteri generali
1. I trattamenti degli effluenti di allevamento e le modalita' di
stoccaggio sono finalizzati, oltre che a contribuire alla messa in
sicurezza igienico sanitaria, a garantire la protezione dell'ambiente
e la corretta gestione agronomica degli effluenti stessi, rendendoli
disponibili all'utilizzo nei periodi piu' idonei sotto il profilo
agronomico e nelle condizioni adatte per l'utilizzazione. Nella
tabella 3 dell'allegato I al presente decreto e' riportato l'elenco
dei trattamenti indicativi funzionali a tale scopo; rendimenti
diversi da quelli riportati nella citata tabella dovranno essere
giustificati secondo le modalita' precisate al punto 3 dell'allegato
IV parte A. I trattamenti non devono comportare l'addizione agli
effluenti di sostanze potenzialmente dannose per il suolo, le
colture, gli animali e l'uomo per la loro natura e/o concentrazione.
2. Gli effluenti destinati all'utilizzazione agronomica devono
essere raccolti in contenitori per lo stoccaggio dimensionati secondo
le esigenze colturali e di capacita' sufficiente a contenere gli
effluenti prodotti nei periodi in cui l'impiego agricolo e' limitato
o impedito da motivazioni agronomiche, climatiche o normative, e tali
da garantire almeno le capacita' di stoccaggio indicate al comma 2
dell'art. 7 ed ai commi 6 e 7 dell'art. 8.

Art. 7.
Caratteristiche dello stoccaggio e dell'accumulo
dei materiali palabili
1. Lo stoccaggio dei materiali palabili deve avvenire su platea
impermeabilizzata, fatto salvo quanto precisato al successivo
comma 4, avente una portanza sufficiente a reggere, senza cedimenti o
lesioni, il peso del materiale accumulato e dei mezzi utilizzati per
la movimentazione. In considerazione della consistenza palabile dei
materiali, la platea di stoccaggio deve essere munita di idoneo
cordolo o di muro perimetrale, con almeno un'apertura per l'accesso
dei mezzi meccanici per la completa asportazione del materiale e deve
essere dotata di adeguata pendenza per il convogliamento verso
appositi sistemi di raccolta e stoccaggio dei liquidi di sgrondo e/o
delle eventuali acque di lavaggio della platea.
2. Fatti salvi specifici provvedimenti in materia
igienico-sanitaria, la capacita' di stoccaggio, calcolata in rapporto
alla consistenza di allevamento stabulato ed al periodo in cui il
bestiame non e' al pascolo, non deve essere inferiore al volume di
materiale palabile prodotto in 90 giorni. Per il dimensionamento
della platea di stoccaggio dei materiali palabili, qualora non
sussistano esigenze particolari di una piu' analitica determinazione
dei volumi stoccati, si fa riferimento alla tabella 1 dell'allegato
I. Per gli allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90
giorni le lettiere possono essere stoccate al termine del ciclo
produttivo sottoforma di cumuli in campo, fatte salve diverse
disposizioni delle autorita' sanitarie. Le regioni dettano specifiche
disposizioni per il volume di stoccaggio degli allevamenti di piccole
dimensioni, tenendo conto della densita' degli allevamenti presenti
nel territorio preso in considerazione e dei periodi in cui il
bestiame e' al pascolo.
3. Il calcolo della superficie della platea di stoccaggio dei
materiali palabili deve essere funzionale al tipo di materiale
stoccato; in relazione ai volumi di effluente per le diverse
tipologie di allevamento di cui alla tabella 1, allegato I al
presente decreto, si riportano di seguito, per i diversi materiali
palabili, valori indicativi, per i quali dividere il volume di
stoccaggio espresso in m3 al fine di ottenere la superficie in m2
della platea:
a) 2 per il letame;
b) 2 per le lettiere esauste degli allevamenti cunicoli;
c) 2 per le lettiere esauste degli allevamenti avicoli;
d) fino a 2,5 per le deiezioni di avicunicoli rese palabili da
processi di disidratazione;
e) 1,5 per le frazioni palabili risultanti da trattamento termico
e/o meccanico di liquami;
f) 1 per fanghi palabili di supero da trattamento aerobico e/o
anaerobico di liquami da destinare all'utilizzo agronomico;
g) 1,5 per letami e/o materiali ad essi assimilati sottoposti a
processi di compostaggio;
h) 3,5 per i prodotti palabili, come la pollina delle galline
ovaiole allevate in batterie con sistemi di pre-essiccazione
ottimizzati, aventi un contenuto di sostanza secca superiore al 65%.
Per tali materiali lo stoccaggio puo' avvenire anche in strutture di
contenimento coperte, aperte o chiuse senza limiti di altezza.
4. Sono considerate utili, ai fini del calcolo della capacita' di
stoccaggio, le superfici della lettiera permanente, purche' alla base
siano impermeabilizzate secondo le indicazioni del comma 1, nonche',
nel caso delle galline ovaiole e dei riproduttori, fatte salve
diverse disposizioni delle autorita' sanitarie, le cosiddette «fosse
profonde» dei ricoveri a due piani e le fosse sottostanti i pavimenti
fessurati (posatoi) nell'allevamento a terra. Per le lettiere
permanenti il calcolo del volume stoccato fa riferimento ad altezze
massime della lettiera di 0,60 m nel caso dei bovini, di 0,15 m per
gli avicoli, 0,30 m per le altre specie.
5. Fatta salva la disposizione di cui al comma 2 per gli
allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90 giorni,
l'accumulo su suolo agricolo di letami e di lettiere esauste di
allevamenti avicunicoli, esclusi gli altri materiali assimilati,
definiti all'art. 2, comma 1, lettera e), e' ammesso solo dopo uno
stoccaggio di almeno 90 giorni; tale accumulo puo' essere praticato
ai soli fini della utilizzazione agronomica sui terreni circostanti
ed in quantitativi non superiori al fabbisogno di letame dei
medesimi. La normativa regionale detta prescrizioni in ordine alle
modalita' di effettuazione, gestione e durata degli accumuli e dello
stoccaggio delle lettiere di cui al comma 2 necessarie a garantire
una buona aerazione della massa, il drenaggio del percolato prima del
trasferimento in campo, nonche' la presenza di adeguate distanze dai
corpi idrici, abitazioni e strade. E' opportuno che la collocazione
dell'accumulo non sia ammessa a distanze inferiori a 20 metri dai
corpi idrici e non sia ripetuto nello stesso luogo per piu' di una
stagione agraria.
6. I liquidi di sgrondo dei materiali palabili vengono assimilati,
per quanto riguarda il periodo di stoccaggio, ai materiali non
palabili come trattati ai commi 6 e 7 dell'art. 8.

Art. 8.
Caratteristiche e dimensionamento dei contenitori
per lo stoccaggio dei materiali non palabili
1. Gli stoccaggi degli effluenti non palabili devono essere
realizzati in modo da poter accogliere anche le acque di lavaggio
delle strutture, degli impianti e delle attrezzature zootecniche,
fatta eccezione per le trattrici agricole, quando queste acque
vengano destinate all'utilizzazione agronomica. Alla produzione
complessiva di liquami da stoccare deve essere sommato il volume
delle acque meteoriche, convogliate nei contenitori dello stoccaggio
da superfici scoperte impermeabilizzate interessate dalla presenza di
effluenti zootecnici. Le norme riguardanti lo stoccaggio devono
prevedere l'esclusione, attraverso opportune deviazioni, delle acque
bianche provenienti da tetti e tettoie nonche' le acque di prima
pioggia provenienti da aree non connesse all'allevamento. Le
dimensioni dei contenitori non dotati di copertura atta ad
allontanare l'acqua piovana devono tenere conto delle precipitazioni
medie e di un franco minimo di sicurezza di 10 centimetri.
2. Il fondo e le pareti dei contenitori devono essere adeguatamente
impermeabilizzati mediante materiale naturale od artificiale al fine
di evitare percolazioni o dispersioni degli effluenti stessi
all'esterno.
3. Nel caso dei contenitori in terra, qualora i terreni su cui sono
costruiti abbiano un coefficiente di permeabilita' K10-7 cm/s, il
fondo e le pareti dei contenitori devono essere impermeabilizzati con
manto artificiale o naturale posto su un adeguato strato di argilla
di riporto, nonche' dotati, attorno al piede esterno dell'argine, di
un fosso di guardia perimetrale adeguatamente dimensionato e isolato
idraulicamente dalla normale rete scolante. Le regioni possono
prevedere ulteriori prescrizioni in merito alla copertura dei
contenitori anche al fine di limitare le emissioni di odori.
4. Nel caso di costruzione di nuovi contenitori di stoccaggio, al
fine di indurre un piu' alto livello di stabilizzazione dei liquami,
deve essere previsto, per le aziende in cui venga prodotto un
quantitativo di oltre 6000 Kg di azoto/anno, il frazionamento del
loro volume di stoccaggio in almeno due contenitori. Il prelievo a
fini agronomici deve avvenire dal bacino contenente liquame stoccato
da piu' tempo. Nel caso di costruzione di nuovi contenitori di
stoccaggio sono da incentivare strutture con sistemi di
allontanamento delle acque meteoriche.
5. Il dimensionamento dei contenitori di stoccaggio deve essere
tale da evitare rischi di cedimenti strutturali e garantire la
possibilita' di omogeneizzazione del liquame.
6. La capacita' di stoccaggio, calcolata in rapporto alla
consistenza di allevamento stabulato ed al periodo in cui il bestiame
non e' al pascolo, non deve essere inferiore al volume di materiale
non palabile prodotto in:
a) 90 giorni per gli allevamenti di bovini da latte, bufalini,
equini e ovicaprini in aziende con terreni caratterizzati da assetti
colturali che prevedono la presenza di prati di media o lunga durata
e cereali autunno-vernini. In assenza di tali caratteristiche, le
regioni prescrivono un volume di stoccaggio non inferiore a quello
del liquame prodotto nel periodo di cui alla lettera b);
b) 120 giorni per gli allevamenti diversi da quelli di cui alla
lettera a).
Per il dimensionamento, qualora non sussistano esigenze particolari
di una piu' analitica determinazione dei volumi stoccati, si fa
riferimento alla tabella 1 dell'allegato I.
7. Le regioni dettano specifiche disposizioni per il volume degli
stoccaggi degli allevamenti di piccole dimensioni, tenendo conto
della densita' degli allevamenti presenti nel territorio preso in
considerazione e dei periodi in cui il bestiame e' al pascolo.
8. Per i nuovi allevamenti e per gli ampliamenti di quelli
esistenti non sono considerate utili al calcolo dei volumi di
stoccaggio le fosse sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati.
9. Evietata la nuova localizzazione dei contenitori di stoccaggio
degli effluenti nelle zone ad alto rischio di esondazione, cosi' come
individuate dalle Autorita' competenti sulla base della normativa
vigente.

Capo IV
Modalita' di utilizzazione agronomica

Art. 9.
Tecniche di gestione della distribuzione degli effluenti
1. La scelta delle tecniche di distribuzione deve tenere conto:
a) delle caratteristiche idrogeologiche e geomorfologiche del
sito;
b) delle caratteristiche pedologiche e condizioni del suolo;
c) del tipo di effluente;
d) delle colture praticate e della loro fase vegetativa.
2. Le tecniche di distribuzione devono assicurare:
a) il contenimento della formazione e diffusione, per deriva, di
aerosol verso aree non interessate da attivita' agricola, comprese le
abitazioni isolate e le vie pubbliche di traffico veicolare;
b) fatti salvi i casi di distribuzione in copertura, l'effettiva
incorporazione nel suolo dei liquami e loro assimilati
simultaneamente allo spandimento ovvero entro un periodo di tempo
successivo idoneo a ridurre le perdite di ammoniaca per
volatilizzazione, il rischio di ruscellamento, la lisciviazione e la
formazione di odori sgradevoli;
c) l'elevata utilizzazione degli elementi nutritivi;
d) l'uniformita' di applicazione dell'effluente;
e) la prevenzione della percolazione dei nutrienti nei corpi
idrici sotterranei.
3. La fertirrigazione deve essere realizzata, ai fini del massimo
contenimento della lisciviazione dei nitrati al di sotto delle radici
e dei rischi di ruscellamento di composti azotati, attraverso una
valutazione dell'umidita' del suolo, privilegiando decisamente i
metodi a maggiore efficienza, come previsto dal CBPA.
4. In particolare, nei suoli soggetti a forte erosione, nel caso di
utilizzazione agronomica degli effluenti al di fuori del periodo di
durata della coltura principale, deve essere garantita una copertura
dei suoli tramite vegetazione spontanea, colture intercalari o
colture di copertura o, in alternativa, altre pratiche colturali atte
a ridurre la lisciviazione dei nitrati come previsto dal CBPA.

Art. 10.
Dosi di applicazione
1. Nelle zone non vulnerabili da nitrati la quantita' di azoto
totale al campo apportato da effluenti di allevamento non deve
superare il valore di 340 kg per ettaro e per anno, inteso come
quantitativo medio aziendale; tale quantita', da distribuire e
frazionare in base ai fabbisogni delle colture, al loro ritmo di
assorbimento, ai precedenti colturali, e' calcolata sulla base dei
valori della tabella 2 dell'allegato I o, in alternativa, di altri
valori determinati secondo le procedure di calcolo o di misura citate
nell'allegato stesso, ed e' comprensiva degli effluenti depositati
dagli animali stessi quando sono tenuti al pascolo. Per le diverse
coltivazioni si deve fare riferimento al fabbisogno complessivo di
azoto indicato nella Tabella 1 allegata al CBPA, ovvero a
disposizioni regionali di maggiore cautela che tengono conto dei
progressi tecnico-scientifici.
2. Al fine di tutelare l'ambiente dall'inquinamento arrecabile
anche da altri fertilizzanti, in attuazione del CBPA e dei Piani di
tutela delle acque, le regioni elaborano programmi per promuovere
l'adozione di tecniche atte a razionalizzare l'utilizzazione dei
concimi minerali e di altre sostanze fertilizzanti, per prevenire
l'esubero e l'accumulo al suolo degli elementi nutritivi.

Titolo III
Norme tecniche generali per la disciplina regionale
dell'utilizzazione agronomica delle acque reflue
provenienti dalle aziende di cui all'articolo 28, comma 7,
lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 152/1999
e da piccole aziende agroalimentari.
Capo I
Norme tecniche per l'utilizzazione agronomica
delle acque reflue provenienti dalle aziende
di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b) e c)
del decreto legislativo n. 152 del 1999.

Art. 11.
Criteri generali di utilizzazione
1. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue provenienti dalle
aziende di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b) e c), del decreto
legislativo n. 152/1999 e' finalizzata al recupero dell'acqua e/o
delle sostanze nutritive ed ammendanti contenute nelle stesse.
2. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue di cui al comma 1
e' consentita purche' siano garantiti:
a) la tutela dei corpi idrici e, per gli stessi, il non
pregiudizio del raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui
agli articoli 4 e successivi del decreto legislativo n. 152/1999;
b) l'effetto concimante e/o ammendante e/o irriguo sul suolo e la
commisurazione della quantita' di azoto efficiente e di acqua
applicata ai fabbisogni quantitativi e temporali delle colture;
c) l'esclusione delle acque derivanti dal lavaggio degli spazi
esterni non connessi al ciclo produttivo;
d) l'esclusione, per il settore vitivinicolo, delle acque
derivanti da processi enologici speciali come ferrocianurazione e
desolforazione dei mosti muti, produzione di mosti concentrati e
mosti concentrati rettificati;
e) l'esclusione, per il settore lattiero-caseario, nelle aziende
che trasformano un quantitativo di latte superiore a 100.000 litri
all'anno del siero di latte, del latticello, della scotta e delle
acque di processo delle paste filate;
f) il rispetto delle norme igienico-sanitarie, di tutela
ambientale ed urbanistiche.
3. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue di cui al comma 1,
contenenti sostanze naturali non pericolose e disciplinata dal
presente decreto e' esclusa, ai sensi dell'art. 8, comma 1, del
decreto legislativo n. 22 del 1997, dal campo di applicazione del
medesimo decreto legislativo.
4. Per le acque reflue disciplinate dal presente decreto si possono
prevedere forme di utilizzazione di indirizzo agronomico diverse da
quelle sino ad ora considerate, quali la veicolazione di prodotti
fitosanitari o fertilizzanti.

Art. 12.
Divieti di utilizzazione
1. Alle acque reflue si applicano le disposizioni di cui all'art.
5.

Art. 13.
Generalita' sui trattamenti
1. Per l'ubicazione dei contenitori di stoccaggio e di trattamento
delle acque reflue devono essere esaminate le condizioni locali di
accettabilita' per i manufatti adibiti allo stoccaggio in relazione
ai seguenti parametri:
a) distanza dai centri abitati;
b) fascia di rispetto da strade, autostrade, ferrovie e confini
di proprieta'.
2. I contenitori ove avvengono lo stoccaggio ed il trattamento
delle acque reflue devono essere a tenuta idraulica, per evitare
percolazioni o dispersioni degli effluenti stessi all'esterno.

Art. 14.
Stoccaggio delle acque reflue
1. Le regioni prevedono l'esclusione, attraverso opportune
deviazioni, delle acque di prima pioggia provenienti da aree a
rischio di dilavamento di sostanze che creano pregiudizio per il
raggiungimento degli obiettivi di qualita' dei corpi idrici.
2. Per le caratteristiche dello stoccaggio delle acque reflue si fa
riferimento a quanto previsto per gli effluenti zootecnici non
palabili ai commi 1, 2, 3, 4, 5 e 9 dell'art. 8.
3. I contenitori di stoccaggio delle acque reflue possono essere
ubicati anche al di fuori della azienda che le utilizza ai fini
agronomici, purche' sia garantita la non miscelazione con altre
tipologie di acque reflue, con effluenti zootecnici o con rifiuti.
4. Le regioni definiscono la durata degli stoccaggi in
considerazione del volume di acque reflue prodotte in rapporto al
fabbisogno idrico delle colture e alla durata della stagione irrigua,
prevedendo un periodo minimo di stoccaggio pari a 90 giorni.
5. Le acque reflue destinate all'utilizzazione agronomica devono
essere raccolte in contenitori per lo stoccaggio dimensionati secondo
le esigenze colturali e di capacita' sufficiente in relazione ai
periodi in cui l'impiego agricolo e' limitato o impedito da
motivazioni agronomiche, climatiche o normative, nonche' tali da
garantire le capacita' minime di stoccaggio individuate in base ai
criteri di cui al comma 4.

Art. 15.
Tecniche di distribuzione
1. Per le tecniche di distribuzione si fa riferimento a quanto
previsto riguardo agli effluenti di allevamento all'art. 9.

Art. 16.
Dosi di applicazione
1. Le dosi, non superiori ad un terzo del fabbisogno irriguo delle
colture e indicate nella comunicazione di cui all'art. 18, e le
epoche di distribuzione delle acque reflue devono essere finalizzate
a massimizzare l'efficienza dell'acqua e dell'azoto in funzione del
fabbisogno delle colture, cosi' come definito all'art. 10 ed alla
lettera b) del comma 2 dell'art. 11.
2. Fermo restando quanto previsto dal CBPA, le regioni definiscono
i criteri di utilizzazione irrigua e fertirrigua delle acque reflue
in rapporto alle colture ed ai bilanci idrici locali, al fine di
limitare le perdite dal sistema suolo-pianta e fissano ulteriori
limitazioni o divieti all'utilizzo dei reflui qualora si verifichino
particolari condizioni di incompatibilita' del suolo a ricevere gli
stessi (elevata salinita', eccessiva drenabilita' del suolo, ecc.).

Capo II
Disciplina dell'utilizzazione agronomica delle acque reflue
provenienti da piccole aziende agroalimentari.

Art. 17.
Individuazione delle piccole aziende agroalimentari
1. E' ammessa l'utilizzazione agronomica delle acque reflue,
qualora contenenti sostanze naturali non pericolose, provenienti
dalle piccole aziende agroalimentari appartenenti ai settori
lattiero-caseario, vitivinicolo e ortofrutticolo che producono
quantitativi di acque reflue non superiori a 4000 m3/anno e
quantitativi di azoto, contenuti in dette acque a monte della fase di
stoccaggio, non superiori a 1000 kg/anno.
2. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue provenienti dalle
aziende di cui al comma 1 e' soggetta a comunicazione che e'
disciplinata dalle regioni nel rispetto dell'art. 18, comma 1,
lettere b) e c) e comma 2 e contiene almeno le informazioni di cui
all'Allegato IV, Parte B, lettere a), b) e d). L'utilizzazione
agronomica delle medesime acque reflue e' soggetta alle disposizioni
di cui agli articoli 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 20.
3. Le regioni possono promuovere lo spandimento delle acque reflue
provenienti da aziende agroalimentari diverse da quelle di cui al
comma 1, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto
legislativo n. 22 del 1997 e delle norme tecniche di cui al Titolo
III, capo I.

Titolo IV
Criteri per la disciplina delle comunicazioni e del trasporto
degli effluenti zootecinici e delle acque reflue
di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b) e c)
del decreto legislativo n. 152 del 1999.

Art. 18.
Disciplina della comunicazione
1. La comunicazione e' disciplinata dalle regioni nel rispetto di
quanto segue:
a) i contenuti sono conformi almeno a quanto riportato
nell'allegato IV al presente decreto;
b) la comunicazione deve pervenire alle autorita' competenti
almeno 30 giorni prima dell'inizio dell'attivita';
c) i tempi di validita' della comunicazione sono non superiori ai
5 anni successivi alla data di presentazione, fermo restando
l'obbligo dell'interessato di segnalare tempestivamente le eventuali
modifiche riguardanti la tipologia, la quantita' e le caratteristiche
degli effluenti e delle acque reflue, nonche' i terreni destinati
all'applicazione.
2. Le regioni individuano nel legale rappresentante dell'azienda
che produce e intende utilizzare gli effluenti zootecnici e le acque
reflue di cui al presente Titolo il soggetto tenuto alla
comunicazione di cui al comma 1.
3. Qualora le fasi di produzione, trattamento, stoccaggio e
spandimento di effluenti siano suddivise fra piu' soggetti, al fine
di adottare specifiche forme di controllo per ciascuna delle predette
fasi, le regioni disciplinano la forma di comunicazione per i diversi
soggetti interessati, in funzione delle specifiche attivita', ferme
restando le disposizioni di cui al comma 1.
4. La domanda di autorizzazione prevista per gli impianti di
allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell'allegato I del decreto
legislativo 59/2005 deve tener conto degli obblighi derivanti dalla
disciplina regionale attuativa del presente decreto.
5. Le aziende che producono e/o utilizzano in un anno un
quantitativo non superiore a 3000 kg di azoto al campo da effluenti
zootecnici sono esonerate dall'obbligo di effettuare la comunicazione
di cui al comma 1. Per tali tipologie di aziende, le regioni,
comunque, definiscono i casi in cui l'esonero non si applica in
ragione di fattori locali quali l'elevato carico zootecnico
territoriale.

Art. 19.
Piano di utilizzazione agronomica
1. Ai fini di una corretta utilizzazione agronomica degli effluenti
e di un accurato bilanciamento degli elementi fertilizzanti, in
funzione soprattutto delle caratteristiche del suolo e delle
asportazioni prevedibili, e' previsto per le aziende di cui al
decreto legislativo 59/2005 nonche' per gli allevamenti bovini con
piu' di 500 UBA (Unita' di Bestiame Adulto), determinati
conformemente alla tabella 4 dell'allegato I, l'obbligo di
predisporre un Piano di Utilizzazione Agronomica conforme
all'Allegato V parte A.

Art. 20.
Trasporto
1. La normativa regionale definisce gli adempimenti concernenti il
trasporto, necessari a garantire un adeguato controllo sulla
movimentazione degli effluenti e delle acque reflue di cui al
presente Titolo, prevedendo una documentazione di accompagnamento
contenente almeno le seguenti informazioni:
a) gli estremi identificativi dell'azienda da cui origina il
materiale trasportato e del legale rappresentante della stessa;
b) la natura e la quantita' degli effluenti e/o delle acque
reflue trasportate;
c) l'identificazione del mezzo di trasporto;
d) gli estremi identificativi dell'azienda destinataria e del
legale rappresentante della stessa;
e) gli estremi della comunicazione redatta dal legale
rappresentante dell'azienda da cui origina il materiale trasportato
ai sensi dell'art. 18.
2. Le regioni stabiliscono inoltre i tempi di conservazione della
documentazione di cui al comma 1, nonche' le forme di semplificazione
della documentazione da utilizzarsi nel caso di trasporto effettuato
tra terreni in uso alla stessa azienda da cui origina il materiale
trasportato ovvero nel caso di aziende con allevamenti di piccole
dimensioni con produzione di azoto non superiore a 6000 Kg
azoto/anno.

Art. 20-bis
Misure di sostegno per gli imprenditori agricoli
e periodi di adeguamento
1. Le regioni, ai sensi dell'art. 5, paragrafo 3 e dell'art. 26,
paragrafo 1 del Reg. (CE) 1257/99 come modificato dal Reg. (CE)
1783/03 e successive normative relative alla programmazione dello
sviluppo rurale, favoriscono nei rispettivi documenti di
programmazione regionale sullo sviluppo rurale approvati dalla
Commissione Europea, azioni volte al sostegno di investimenti nelle
aziende agricole e nelle piccole aziende di trasformazione, come
definite dall'art. 28, paragrafo 1 del Reg. (CE) 817/04, realizzati
allo scopo di conformarsi alle nuove norme minime introdotte dalla
normativa regionale attuativa dell'art. 38 del decreto legislativo
152/99 e del presente decreto. A norma dell'art. 1 e dell'art. 28
paragrafo 2 del Reg. (CE) 817/04 le aziende agricole e le piccole
aziende di trasformazione ove previsto nei predetti documenti di
programmazione regionali, possono beneficiare di una proroga per
conformarsi alle prescrizioni previste dalla predetta normativa
regionale, a condizione che tale periodo sia necessario per risolvere
i problemi specifici inerenti alla osservanza delle stesse. Tale
proroga non puo' essere superiore ai trentasei mesi a partire dalla
data dalla quale le prescrizioni previste diventano obbligatorie per
le aziende agricole e per le piccole aziende di trasformazione.

Titolo V
Utilizzazione agronomica in zone vulnerabili da nitrati

Art. 21.
Disposizioni generali
1. Nelle zone designate vulnerabili da nitrati di origine agricola,
l'utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, delle acque
reflue di cui al presente decreto e dei concimi azotati e ammendanti
organici di cui alla legge 748 del 1984 e' soggetta alle disposizioni
di cui al presente Titolo V, volte in particolare a:
a) proteggere e risanare le zone vulnerabili dall'inquinamento
provocato da nitrati di origine agricola;
b) limitare l'applicazione al suolo dei fertilizzanti azotati
sulla base dell'equilibrio tra il fabbisogno prevedibile di azoto
delle colture e l'apporto alle colture di azoto proveniente dal suolo
e dalla fertilizzazione, in coerenza anche con il CBPA di cui
all'art. 19 del decreto legislativo n. 152 del 1999;
c) promuovere strategie di gestione integrata degli effluenti
zootecnici per il riequilibrio del rapporto agricoltura-ambiente tra
cui l'adozione di modalita' di allevamento e di alimentazione degli
animali finalizzate a contenere, gia' nella fase di produzione, le
escrezioni di azoto.
2. Al fine di accrescere le conoscenze attuali sulle strategie di
riduzione delle escrezioni e di altri possibili inquinanti durante la
fase di allevamento degli animali, sui trattamenti degli effluenti e
sulla fertilizzazione bilanciata delle colture e di favorire la loro
diffusione, le regioni prevedono azioni di informazione e di supporto
alle aziende agricole, nonche' promuovono attivita' di ricerca e di
sperimentazione a scala locale, coerenti con le iniziative
comunitarie e nazionali.
3. I programmi di azione di cui all'art. 19, comma 6 del decreto
legislativo n. 152 del 1999 devono essere conformi alle disposizioni
di cui al presente Titolo che integra l'Allegato 7 parte AIV dello
stesso decreto.
4. Oltre alle disposizioni di cui al Programma d'azione per le zone
vulnerabili, le regioni favoriscono, in particolare nelle zone
vulnerabili ove necessitano azioni rafforzative, l'applicazione delle
misure agroambientali dei Piani di Sviluppo Rurale di cui
all'allegato II del presente decreto, volte al ripristino del
corretto equilibrio tra la produzione agricola e l'ambiente.
5. Le regioni, a norma degli articoli 21-bis, 21-ter e 21-quater
del Reg. (CE) 1783/03, al fine di promuovere una piu' rapida
applicazione delle disposizioni cogenti del Programma di azione per
le zone vulnerabili ed il loro rispetto da parte degli agricoltori,
possono attivare nell'ambito della programmazione comunitaria e
nazionale dello Sviluppo Rurale specifiche misure di sostegno
temporaneo, finalizzate alla copertura parziale delle perdite di
reddito e/o dei costi aggiuntivi derivanti dall'applicazione di tali
disposizioni nonche' idonee azioni di sostegno degli agricoltori a
fronte dei costi relativi a servizi di consulenza aziendale
finalizzati all'applicazione delle prescrizioni tecniche di cui ai
programmi d'azione.

Art. 22.
Divieti di utilizzazione dei letami e dei concimi azotati e
ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984
1. L'utilizzo agronomico del letame e dei materiali ad esso
assimilati, nonche' dei concimi azotati e ammendanti organici di cui
alla legge 748 del 1984 e' vietato almeno entro:
- 5 m di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali
individuati dalle regioni come non significativi;
- 10 m di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali
significativi;
- 25 m di distanza dall'inizio dell'arenile per le acque lacuali,
marino-costiere e di transizione, nonche' dai corpi idrici ricadenti
nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del
2 febbraio 1971.
2. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'art. 4, comma 1,
lettere a), b), e) e f).
3. Nelle fasce di divieto di cui al comma 1, ove tecnicamente
possibile, e' obbligatoria una copertura vegetale permanente anche
spontanea ed e' raccomandata la costituzione di siepi e/o di altre
superfici boscate. In particolari aree caratterizzate da situazioni
di aridita' tali da determinare la perdita della copertura vegetale
permanente, le regioni individuano diverse misure atte a contrastare
il trasporto dei nutrienti verso i corpi idrici.
4. L'utilizzo dei concimi azotati e ammendanti organici di cui alla
legge 748 del 1984 e' vietato sui terreni gelati, saturi d'acqua o
innevati e nelle 24 ore precedenti l'intervento irriguo, nel caso di
irrigazione a scorrimento per i concimi non interrati.
5. Le regioni, in ragione di particolari condizioni locali,
individuano i diversi limiti di pendenza oltre i quali e' vietato
l'utilizzo di letami e materiali assimilati, nonche' dei concimi
azotati e ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984, ovvero
le pratiche agronomiche atte a contrastare il trasporto di nutrienti,
in particolare nel caso di suolo non coperto da vegetazione o di
colture che non assicurano la copertura completa del suolo,
obbligando comunque le aziende ad adottare almeno le pratiche
agronomiche contenute nel CBPA. Devono altresi' essere presi in
considerazione i limiti di lavorabilita' del suolo, tenuto conto di
adeguate sistemazioni idraulico-agrarie e di modalita' di spandimento
atte a contrastare il ruscellamento.
6. Le disposizioni di cui al comma 1, non si applicano ai canali
artificiali ad esclusivo utilizzo di una o piu' aziende, purche' non
connessi ai corpi idrici naturali, ed ai canali arginati.

Art. 23.
Divieti di utilizzazione dei liquami
1. L'utilizzo di liquami e dei materiali ad essi assimilati,
nonche' dei fanghi derivanti da trattamenti di depurazione di cui al
decreto legislativo n. 99 del 1992 e' vietato almeno entro:
- 10 m di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali;
- 30 m di distanza dall'inizio dell'arenile per le acque lacuali,
marino-costiere e di transizione, nonche' dai corpi idrici ricadenti
nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del
2 febbraio 1971.
2. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'art. 4, comma 1,
lettere a), b), e) ed f) e all'art. 5, comma 1,
lettere d), e), f), g) ed h).
3. Nelle fasce di divieto di cui al comma 1, ove tecnicamente
possibile, e' obbligatoria una copertura vegetale permanente anche
spontanea ed e' raccomandata la costituzione di siepi e/o di altre
superfici boscate. In particolari aree caratterizzate da situazioni
di aridita' tali da determinare la perdita della copertura vegetale
permanente, le regioni individuano diverse misure atte a contrastare
il trasporto dei nutrienti verso i corpi idrici.
4. L'utilizzo di liquami e' vietato su terreni con pendenza media,
riferita ad un'area aziendale omogenea, superiore al 10%, che puo'
essere incrementata, comunque non oltre il 20%, in presenza di
sistemazioni idraulico-agrarie, sulla base delle migliori tecniche di
spandimento riportate nel CBPA e nel rispetto di prescrizioni
regionali volte ad evitare il ruscellamento e l'erosione, tra le
quali le seguenti:
a) dosi di liquami frazionate in piu' applicazioni;
b) iniezione diretta nel suolo o spandimento superficiale a bassa
pressione con interramento entro le 12 ore sui seminativi in
prearatura;
c) iniezione diretta, ove tecnicamente possibile, o spandimento a
raso sulle colture prative;
d) spandimento a raso in bande o superficiale a bassa pressione
in copertura su colture cerealicole o di secondo raccolto.
L'adozione di tali prescrizioni deve essere riportata con adeguato
dettaglio all'interno dei programmi di azione regionali.
5. In particolari aree caratterizzate da condizioni geomorfologiche
e pedologiche sfavorevoli, le regioni possono individuare limiti di
pendenza piu' elevati di quelli stabiliti al comma 4 in presenza di
sistemazioni idraulico-agrarie, sulla base delle migliori tecniche di
spandimento riportate nel CBPA e purche' siano garantiti:
a) il rispetto delle prescrizioni di cui alle lettere a), b), c)
e d) del comma 4;
b) il non superamento di un apporto complessivo di azoto di 210
kg per ettaro per anno, inteso come quantitativo medio aziendale ed
ottenuto sommando i contributi da effluenti di allevamento, comunque
non superiori a 170 kg di azoto, ed i contributi da concimi azotati e
ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984.
6. Le disposizioni di cui al comma 1, non si applicano ai canali
artificiali ad esclusivo utilizzo di una o piu' aziende, purche' non
connessi ai corpi idrici naturali, ed ai canali arginati.

Art. 24.
Caratteristiche dello stoccaggio
1. Per le caratteristiche e il dimensionamento dei contenitori per
lo stoccaggio dei materiali palabili e non palabili si applicano le
disposizioni di cui al comma 1 dell'art. 6, ai commi 1, 2, 3, e 4
dell'art. 7 e ai commi 2, 3, 4, 5, 7 e 9 dell'art. 8.
2. Per le deiezioni degli avicunicoli essiccate con processo rapido
a tenori di sostanza secca superiori al 65%, la capacita' di
stoccaggio non deve essere inferiore al volume di materiale prodotto
in 120 giorni. Per i contenitori esistenti l'adeguamento deve
avvenire entro 5 anni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto.
3. Valgono altresi' le disposizioni del comma 1 dell'art. 8 ad
eccezione del secondo periodo del medesimo comma cosi' sostituito:
«Alla produzione complessiva di liquami da stoccare deve essere
sommato il volume delle acque meteoriche, convogliate nei contenitori
dello stoccaggio da superfici scoperte interessate dalla presenza di
effluenti zootecnici».
4. Per gli allevamenti di bovini da latte, bufalini, equini e
ovicaprini in aziende con terreni caratterizzati da assetti colturali
che prevedono la presenza di pascoli o prati di media o lunga durata
e cereali autunno-vernini i contenitori per lo stoccaggio dei liquami
e dei materiali ad essi assimilati devono avere un volume non
inferiore a quello del liquame prodotto in allevamenti stabulati in:
a) 120 giorni nell'Italia centro settentrionale (Valle d'Aosta,
Piemonte, Lombardia, Province di Bolzano e di Trento, Friuli Venezia
Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Marche, Abruzzo,
Umbria, Lazio), fatta eccezione per i contenitori esistenti che
devono essere adeguati entro 5 anni dall'entrata in vigore del
presente decreto;
b) 90 giorni nell'Italia meridionale (Campania, Molise, Puglia,
Calabria, Basilicata, Sardegna, Sicilia);
5. In assenza degli assetti colturali di cui al comma 4 ed in
presenza di tipologie di allevamento diverse da quelle del medesimo
comma 4, le regioni prescrivono un volume di stoccaggio non inferiore
a quello del liquame prodotto nei seguenti periodi:
a) 180 giorni nell'Italia settentrionale (Valle d'Aosta,
Piemonte, Lombardia, Province di Bolzano e di Trento, Friuli Venezia
Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Liguria);
b) 150 giorni in tutte le altre regioni.
6. Per i nuovi allevamenti e per gli ampliamenti di quelli
esistenti non sono considerate utili al calcolo dei volumi di
stoccaggio le fosse sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati.
7. Per le caratteristiche e il dimensionamento dei contenitori per
lo stoccaggio delle acque reflue di cui al presente decreto si
applicano le disposizioni di cui all'art. 14.
8. I liquidi di sgrondo dei materiali palabili vengono assimilati,
per quanto riguarda il periodo di stoccaggio, ai materiali non
palabili come trattati ai commi 4 e 5 nel presente articolo.

Art. 25.
Accumulo temporaneo di letami
1. L'accumulo temporaneo di letami e di lettiere esauste di
allevamenti avicunicoli, esclusi gli altri materiali assimilati,
definiti dall'art. 2 comma 1 lettera e) e' praticato ai soli fini
della utilizzazione agronomica e deve avvenire sui terreni utilizzati
per lo spandimento. La quantita' di letame accumulato deve essere
funzionale alle esigenze colturali degli appezzamenti di suolo.
2. L'accumulo non e' ammesso a distanza inferiore a 5 m dalle
scoline, a 30 m dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali, ed a 40
m dalle sponde dei laghi, dall'inizio dell'arenile per le acque
marino-costiere e di transizione, nonche' delle zone umide
individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971.
3. L'accumulo temporaneo di cui al comma 1 e' ammesso su suolo
agricolo solo dopo uno stoccaggio di almeno 90 giorni e per un
periodo non superiore a tre mesi. L'accumulo non puo' essere ripetuto
nello stesso luogo nell'ambito di una stessa annata agraria. Per le
lettiere degli allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90
giorni valgono le disposizioni di cui al comma 2 dell'art. 7.
4. Gli accumuli devono essere di forma e dimensioni tali da
garantire una buona aerazione della massa e, al fine di non generare
liquidi di sgrondo, devono essere adottate le misure necessarie per
effettuare il drenaggio completo del percolato prima del
trasferimento in campo ed evitare infiltrazioni di acque meteoriche,
oltre a prevedere un'idonea impermeabilizzazione del suolo.

Art. 26.
Modalita' di utilizzazione agronomica e dosi di applicazione
1. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1, lettera i) dell'art. 5,
lo spandimento degli effluenti zootecnici e delle acque reflue di cui
al presente decreto, nonche' dei concimi azotati e degli ammendanti
organici di cui alla legge 748 del 1984 e' vietato nella stagione
autunno-invernale, di norma dal 1° novembre fino alla fine di
febbraio, ed in particolare sono previsti i seguenti periodi minimi
di divieto:
a) 90 giorni per i concimi azotati e gli ammendanti organici di
cui alla legge 748 del 1984, per i letami e i materiali ad essi
assimilati ad eccezione delle deiezioni degli avicunicoli essiccate
con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65% per
le quali vale il periodo di divieto di 120 giorni. Per le aziende
esistenti il divieto di 120 giorni si applica a decorrere dalla data
di adeguamento dei contenitori di cui all'art. 24, comma 2;
b) per liquami e materiali ad essi assimilati e per le acque
reflue, fatta salva la disposizione di cui al comma 5, il divieto ha
la durata di: 90 giorni nei terreni con prati, cereali
autunno-vernini, colture ortive, arboree con inerbimento permanente;
120 giorni