Corte Costituzionale sent. 259 del 22 luglio 2004
giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Toscana 4 aprile 2003, n. 19 (Disposizioni in materia di tutela della fascia costiera e di inquinamento delle acque. Modifica alla legge regionale 1 dicembre 1998, n. 88), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 6 giugno 2003, depositato in cancelleria il 16 giugno 2003 ed iscritto al n. 51 del registro ricorsi 2003.
SENTENZA N. 259
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
* Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
* Valerio ONIDA Giudice
* Carlo MEZZANOTTE "
* Fernanda CONTRI "
* Guido NEPPI MODONA "
* Piero Alberto CAPOTOSTI "
* Annibale MARINI "
* Franco BILE "
* Giovanni Maria FLICK "
* Ugo DE SIERVO "
* Romano VACCARELLA "
* Alfio FINOCCHIARO "
* Alfonso QUARANTA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Toscana 4 aprile 2003, n. 19 (Disposizioni in materia di tutela della fascia costiera e di inquinamento delle acque. Modifica alla legge regionale 1 dicembre 1998, n. 88), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 6 giugno 2003, depositato in cancelleria il 16 giugno 2003 ed iscritto al n. 51 del registro ricorsi 2003.
Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;
udito nell’udienza pubblica dell’11 maggio 2004 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
uditi l’avvocato dello Stato Anna Caputi Iambrenghi per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana.
Ritenuto in fatto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in via principale, della legge della Regione Toscana 4 aprile 2003, n. 19 (Disposizioni in materia di tutela della fascia costiera e di inquinamento delle acque. Modifica alla legge regionale 1 dicembre 1998, n. 88), modificativa dell’art. 20, comma 2, della legge regionale 1° dicembre 1998, n. 88, chiedendone la dichiarazione di illegittimità costituzionale, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione; il ricorrente lamenta che tale legge abbia attribuito alle Province la competenza in materia di autorizzazioni – previste dall’art. 35 del d. lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole) – relative all’immissione in mare di alcuni materiali, che non rientrerebbero tra quelle riconosciute alla competenza regionale.
La recente legge 31 luglio 2002, n. 179 (Disposizioni in materia ambientale), all’articolo 21, individua nella Regione l’autorità competente per il rilascio delle autorizzazioni, consentite solo quando le immissioni in mare siano finalizzate al ripascimento e provengano da casse di colmata, vasche di raccolta o comunque da strutture poste in ambito costiero, prevedendo specifiche procedure in caso di impiego di materiali provenienti dai fondali marini.
Le norme regionali impugnate, attribuendo alle Province le funzioni relative alle autorizzazioni all’immersione in mare da generiche strutture ubicate in ambito costiero, peraltro anche relativamente ad ulteriori materiali, sarebbero andate oltre quanto il citato art. 21 della legge n. 179 del 2002 riconosce in ordine alla competenza al rilascio delle previste autorizzazioni.
In particolare, le funzioni relative alla concessione di autorizzazioni relative all’immersione di materiali, anche da navi o aeromobili, sono oggi esercitate dal Ministro dell’ambiente.
Le norme regionali impugnate costituirebbero una elusione del sistema delle autorizzazioni delineato dalla normativa statale, che lascia alle Regioni solo la competenza sulle autorizzazioni relative ad opere di ripascimento, e sarebbero invasive della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, stante la necessità di individuare standard uniformi di tutela.
2.– Nel giudizio si è costituita la Regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta regionale, che ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile e infondata.
In una memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Regione Toscana sostiene che non sarebbe stata invasa la competenza statale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, perché la legge regionale avrebbe trasferito alle Province funzioni già attribuite dallo Stato alla competenza regionale.
In particolare, l’art. 35 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, non individua l’Amministrazione competente a rilasciare l’autorizzazione per l’immissione in mare.
Detta competenza va individuata in base al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che, all’art. 80, comma 1, lettera s), riserva allo Stato unicamente l’autorizzazione agli scarichi nelle acque del mare da parte di navi e aeromobili, trasferendo alle Regioni le restanti competenze.
In base al riparto di competenze stabilito dal decreto legislativo n. 112 del 1998, sono regionali le competenze attinenti all’immersione in mare, ove ammissibile, di sostanze diverse dagli scarichi, come inerti, materiali geologici inorganici e manufatti, che, essendo materiali destinati al riutilizzo, non costituiscono scarico.
In questo contesto è intervenuto l’art. 21 della legge n. 179 del 2002, con il quale viene completato il trasferimento alle Regioni delle competenze autorizzatorie anche in relazione a materiali provenienti da escavo di fondali marini, salmastri o di terreni litoranei emersi che scarichino in casse di colmata, vasche di raccolta, strutture di contenimento in ambito costiero.
In conclusione, in base al quadro delle norme sopra citate, la riserva statale opererebbe solo con riguardo ai materiali di escavo di fondali marini, salmastri o di terreni litoranei emersi se scaricati in mare o se provenienti da navi o aeromobili; le altre competenze sarebbero regionali.
Legittimamente quindi la Regione Toscana, mediante la legge regionale impugnata dallo Stato, avrebbe trasferito alle Province le funzioni di rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 35 del d.lgs. 152 del 1999, in quanto si tratta di competenze non riservate allo Stato dall’art. 80 del d.lgs. 112 del 1998, e perciò non sussisterebbe alcuna invasione della competenza statale.
Del resto, aggiunge la Regione Toscana, in occasione del ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Liguria avverso una circolare ministeriale che attribuiva la competenza dello Stato a consentire l’immersione in mare di materiali di escavo e di inerti, l’Avvocatura generale dello Stato ha concordato con la Regione ricorrente circa la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 21 della legge n. 179 del 2002, che ha chiaramente individuato nella Regione l’autorità competente al rilascio delle autorizzazioni previste dall’art. 35, comma 2, del d.lgs. 152 del 1999, in materia di ripascimento delle zone costiere e di immersione in mare di materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi (sentenza della Corte costituzionale n. 114 del 2003, che conclude per l’inammissibilità della questione per sopravvenuto difetto di interesse).
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato ricorso in via principale nei confronti della legge della Regione Toscana 4 aprile 2003, n. 19 (Disposizioni in materia di tutela della fascia costiera e di inquinamento delle acque. Modifica alla legge regionale 1 dicembre 1998, n. 88), modificativa dell’art. 20, comma 2, della legge regionale 1° dicembre 1998, n. 88, chiedendo che la stessa sia dichiarata costituzionalmente illegittima, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in quanto invasiva della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, stante la necessità da parte dello Stato di individuare standard uniformi di tutela dell’ambiente marino e della fascia costiera.
2. –La questione è infondata.
Secondo l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e dei beni culturali.
Tuttavia questa Corte ha precisato che non tutti gli ambiti specificati nel secondo comma dell’art. 117 possono, in quanto tali, configurarsi come "materie" in senso stretto, poiché, in alcuni casi, si tratta più esattamente di competenze del legislatore statale idonee ad investire una pluralità di materie, ed ha escluso la configurabilità di una "materia" riconducibile in senso tecnico in via esclusiva alla "tutela dell’ambiente", qualificando l’ambiente come "valore" costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia "trasversale", in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che possono ben essere regionali, spettando allo Stato il compito di fissare standard di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale (sentenze n. 96 del 2003 e n. 407 del 2002).
Nel settore della tutela dell’ambiente la competenza esclusiva dello Stato non è incompatibile con interventi specifici del legislatore regionale che si attengano alle proprie competenze.
L’art. 35 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), prevede, "al fine della tutela dell’ambiente marino", che per determinate attività consistenti nell’immersione in mare da determinati luoghi (navi, aeromobili, spiagge, lagune o altro) e per determinati materiali (materiali di scavo, inerti, o altro) è necessaria un’autorizzazione. Tale norma non individua, salvo qualche eccezione, l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione, né indica quali siano i criteri mediante i quali verificare la compatibilità ambientale dell’attività soggetta ad autorizzazione.
Per alcune delle attività per le quali l’art. 35 prevede la necessità di una autorizzazione, è intervenuto l’art. 21 della legge 31 luglio 2002, n. 179 (Disposizioni in materia ambientale), secondo cui "per gli interventi di ripascimento della fascia costiera, nonché di immersione di materiali di escavo di fondali marini, o salmastri o di terreni litoranei emersi all’interno di casse di colmata, di vasche di raccolta o comunque di strutture di contenimento poste in ambito costiero, l’autorità competente per l’istruttoria e il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 35, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, è la Regione, nel rispetto dei criteri stabiliti dal medesimo articolo 35".
La norma regionale impugnata attribuisce alle Province la competenza al rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 35 del decreto legislativo n. 152 del 1999 e successive modifiche relative alle seguenti attività: "a) immersione in mare da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, dei seguenti materiali: 1. materiali di escavo di fondali marini, o salmastri, o di terreni litoranei emersi; 2. inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità ambientale e l’innocuità; b) immersione in casse di colmata, vasche di raccolta o comunque di strutture di contenimento poste in ambito costiero dei materiali di cui alla lettera a); c) interventi di ripascimento della fascia costiera; d) movimentazione di fondali marini connessa alla posa in mare di cavi e condotte non avente carattere internazionale".
Dal confronto fra la norma regionale impugnata e l’art. 21 della legge n. 179 del 2002 emerge che la prima è sostanzialmente riproduttiva della seconda, con l’eccezione delle previsioni di cui alle lettere a) e d).
La prima previsione non presenta alcun carattere di novità dovendosi ritenere meramente esplicativa di quelle attività che il richiamato art. 21 della legge n. 179 del 2002 ha attribuito alla competenza delle Regioni.
Per quanto attiene poi a quella di cui alla lettera d), è da rilevare che già l’art. 35, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 1999 aveva devoluto tale movimentazione alla autorizzazione regionale.
Pertanto, poiché la competenza a rilasciare le autorizzazioni per lo svolgimento delle attività previste dalla legge impugnata spetta alla Regione, la delega da quest’ultima alle Province del relativo potere autorizzatorio non è illegittima in quanto non risulta lesiva di alcun principio costituzionale ed, anzi, è coerente con il principio di sussidiarietà.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Toscana 4 aprile 2003, n. 19 (Disposizioni in materia di tutela della fascia costiera e di inquinamento delle acque. Modifica alla legge regionale 1 dicembre 1998, n. 88), sollevata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2004.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2004