Cass. Sez. III n. 36905 del 14 settembre 2015 (Up 18 giu 2015)
Pres. Squassoni Est. Aceto Ric. Maroni
Aria. Odori e accertamento intensità delle emissioni
Laddove, trattandosi di odori, manchi la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l'intensità delle emissioni, il giudizio sull'esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni dei testi, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come i vicini, o particolarmente qualificate, come gli agenti di polizia e gli organi di controllo della USL. Ove risulti l'intollerabilità, non rileva, al fine di escludere l'elemento soggettivo del reato, l'eventuale adozione di tecnologie dirette a limitare le emissioni, essendo evidente che non sono state idonee o sufficienti ad eliminare l'evento che la normativa intende evitare e sanziona. Quel che conta è che le testimonianze non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito da dichiaranti medesimi.
RITENUTO IN FATTO
1.11 sig. Lucio Maroni ricorre per l'annullamento della sentenza del 13/12/2013 del Tribunale di Bergamo che l'ha condannato alla pena di 2000,00 euro di ammenda per il reato di cui all'art. 674, cod. pen. perché, quale legale rappresentante della società «G.T.M. S.p.a.», nell'esercizio dell'attività di produzione di compost di qualità, provocava, nei casi non consentiti dalla legge e comunque oltre i limiti della tollerabilità, esalazioni maleodoranti atte a molestare gli abitanti delle zone limitrofe. Fatto commesso in Ghisalba, da giugno 2011 all'aprile 2013.
1.1. Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b), inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 674 cod. pen. e deduce, al riguardo, che le emissioni provenivano da un impianto di compostaggio munito di tutte le necessarie autorizzazioni.
1.2. Con il secondo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b), inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 844 cod. civ. e omessa motivazione in ordine ai criteri adottati nel valutare il superamento del limite della "normale tollerabilità" delle emissioni odorigene.
Deduce, al riguardo, che alcun accenno è stato fatto in sentenza in ordine ai criteri che ai sensi dell'art. 844 cod. civ. rendono lecite le emissioni nel fondo finitimo. Lamenta che l'affermazione della sua responsabilità si fonda sulle percezioni olfattive, e dunque su valutazioni inevitabilmente soggettive, imprecise, generiche e contrastanti dei pochi e più accaniti testimoni che sono stati sentiti sul punto. Alcun accenno è stato fatto in ordine alla preesistenza dell'impianto rispetto al quartiere del Comune di Martinengo nel quale maggiormente è stato avvertito il fenomeno olfattivo, nè agli accertamenti, sempre con esito negativo, dell'ASL, dell'ARPA, della Provincia e degli altri Comuni interessati (tema quest'ultimo che viene ripreso con il successivo motivo).
1.3.Con il terzo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova in ordine alla sussistenza, oltre ogni ragionevole dubbio, dell'elemento soggettivo del reato.
Riprendendo i temi difensivi trattati con il secondo motivo, il ricorrente lamenta che il Tribunale ha del tutto sottovalutato le testimonianze difensive, apoditticamente bollate come compiacenti o accondiscendenti o incapaci di percepire la molestia dell'odore, pur trattandosi di persone che vivevano o comunque operavano nei pressi dell'insediamento. Sicchè, senza nemmeno coltivare il dubbio, il Tribunale ha ritenuto senz'altro più credibili le testimonianze rese da chi si trovava ad oltre un chilometro di distanza dall'impianto, nonostante gli esiti negativi degli accertamenti tecnici già indicati in sede di illustrazione del terzo motivo, l'assenza di un nesso causale tra le emissioni odorigene dell'impianto e le segnalazioni di disturbo provenienti dagli abitanti (nesso escluso dalla CT della difesa acquisita al fascicolo del dibattimento), la mancanza di denunzie provenienti dagli abitanti del Comune ove ha sede lo stabilimento e dallo stesso medico competente.
Anche l'indagine sull'elemento psicologico è carente perchè egli aveva comunque programmato la realizzazione di un capannone per impedire la propagazione delle emissioni, affrontando un oneroso investimento di circa 4 milioni di Euro.
1.4.Con l'ultimo motivo eccepisce, ai sensi ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), violazione di legge e omessa/contraddittoria motivazione in ordine al riconoscimento del vincolo della continuazione ex art. 81 cod. pen. nella determinazione del quantum della pena e del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62-bis cod. pen..
Lamenta, al riguardo, che il Tribunale ha negato la natura permanente del reato ritenendolo consumato attraverso una pluralità di condotte ripetute nel tempo, in contrasto con quanto prevede il capo di imputazione (che colloca la condotta in un indefinito arco di tempo che va dal 2011 in poi). Peraltro, prosegue, l'omessa individuazione delle singole specifiche condotte lede il diritto dell'imputato di difendersi dalle relative accuse.
Del tutto erronea è in ogni caso la decuplicazione della pena base, in pieno contrasto con quanto prevede l'art. 81 cod. pen..
Il Tribunale, inoltre, ha contraddittoriamente escluso la concorrenza di circostanze attenuanti generiche in considerazione di un suo inesistente precedente specifico (nemmeno contestato) e benchè abbia ritenuto di applicare una pena pecuniaria laddove il decreto penale di condanna prevedeva quella detentiva (ancorchè sostituita).
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. E' fondato, per quanto di ragione, l'ultimo motivo di ricorso, non lo sono tutti gli altri.
3. I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente.
3.1. L'imputato risponde del reato di cui all'art. 674 cod. pen., in relazione alle molestie olfattive provenienti dall'impianto di compostaggio.
3.2. Trattandosi di molestie olfattive e non delle emissioni di cui alla seconda parte della norma, non rileva il fatto che l'impianto fosse autorizzato, nè il dedotto rispetto dei limiti di emissione, nè il criterio discretivo della "normale tollerabilità" di cui all'art. 844 c.c..
3.3.Costituisce, infatti, principio consolidato di questa Suprema Corte (che va qui ribadito) che la contravvenzione di cui all'art. 674 cod. pen. è reato di pericolo, configurabile in presenza anche di "molestie olfattive" promananti da impianto munito di autorizzazione, in quanto non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione del criterio della "stretta tollerabilità" quale parametro di legalità dell'emissione, attesa l'inidoneità ad approntare una protezione adeguata all'ambiente ed alla salute umana di quello della "normale tollerabilità", previsto dall'art. 844 cod. civ. (Sez. 3, n. 2475 del 09/10/2007, Alghisi, Rv. 238447, alla cui ampia e articolata motivazione si rimanda; nello stesso senso cfr. anche Sez. 3, n. 11556 del 21/02/2006, Davito, Rv. 233565; Sez. 3, n. 19898 del 21/04/2005, Pandolfini, Rv. 231651).
3.4.Come ricordato dalla Corte Costituzionale, l'art. 844 cod. civ. (cui l'imputato fa ampio riferimento nel fondare le proprie censure) è norma destinata a risolvere il conflitto tra proprietari di fondi vicini per le influenze negative derivanti da attività svolte nei rispettivi fondi. Si comprende quindi che il criterio della normale tollerabilità in essa accolto vada riferito esclusivamente al contenuto del diritto di proprietà e non possa essere utilizzato per giudicare della liceità di immissioni che rechino pregiudizio anche alla salute umana o all'integrità dell'ambiente naturale, alla cui tutela è rivolto in via immediata tutto un altro ordine di norme di natura repressiva e preventiva: basti menzionare il t.u. delle leggi sanitarie di cui al R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e la L. 31 dicembre 1962, n. 1860, sull'impiego pacifico della energia nucleare nonchè, con particolare riferimento agli inquinamenti atmosferici, la L. 13 luglio 1966, n. 615. Resta salva in ogni caso l'applicabilità del principio generale di cui all'art. 2043 c.c. (Sent. n. 247 del 10 luglio 1974, citata anche da Sez. 3, n. 2475 del 2007, cit.).
3.5.La natura del reato (di pericolo concreto) e il diverso criterio di valutazione della tollerabilità delle emissioni olfattive, comporta che sia sufficiente l'apprezzamento diretto delle conseguenze moleste da parte anche solo di alcune persone, dalla cui testimonianza il giudice può logicamente trarre elementi per ritenere l'oggettiva sussistenza del reato, a prescindere dal fatto che tutte le persone siano state interessate o meno dallo stesso fenomeno o che alcune non l'abbiano percepito affatto. Nè è necessario un accertamento tecnico.
3.6.Questa Corte ha già spiegato che laddove trattandosi di odori manchi la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l'intensità delle emissioni, il giudizio sull'esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni dei testi, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come i vicini, o particolarmente qualificate, come gli agenti di polizia e gli organi di controllo della USL. Ove risulti l'intollerabilità, non rileva, al fine di escludere l'elemento soggettivo del reato, l'eventuale adozione di tecnologie dirette a limitare le emissioni, essendo evidente che non sono state idonee o sufficienti ad eliminare l'evento che la normativa intende evitare e sanziona (così, Sez. 1, n. 407 del 14/12/1999, Rv. 215147; nello stesso senso anche Sez. 1, n. 13083 del 19/02/2003, Attisano, Rv. 223801; Sez. 1, n. 26782 del 01/04/2003, Tornati, Rv. 225000). Quel che conta è che le testimonianze non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito da dichiaranti medesimi (Sez. 1, n. 5215 del 07/04/1995, Silvestre, Rv. 201195; Sez. 1, n. 7042 del 27/05/1996, Fontana, Rv. 205324; Sez. 1, n. 739 del 04/12/1997, Tilli, Rv. 209451; Sez. 3, n. 6141 del 30/01/1998, Labita, Rv. 210959; Sez. 3, n. 12019 del 10/02/2015, Pippi, Rv. 262711).
3.7.Nel caso di specie, lo svolgimento all'aria aperta dell'attività di compostaggio, posta in essere a distanza di poco più di un chilometro dall'abitato, fornisce di ragionevole sostrato oggettivo la percezione degli odori molesti da parte di chi ha testimoniato in tal senso.
3.8.La successiva realizzazione del capannone di copertura, cui ha fatto seguito l'incontestata attenuazione del fenomeno, concorre a rendere non manifestamente illogiche le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale.
3.9.La sentenza da conto della testimonianza di varie persone (compreso il Commissario Aggiunto della Polizia Provinciale, pubblico ufficiale la cui terzietà il ricorrente non contesta) che hanno riferito in modo chiaro e preciso circa la natura degli odori molesti, la loro persistenza e insopportabilità, la loro chiara riferibilità all'impianto di che trattasi, le numerose denunce dei cittadini. Il Tribunale da altresì conto delle dichiarazioni rese dai testimoni addotti dalla difesa e della CT da quest'ultima prodotta circa l'inesistenza del concreto pericolo di diffusione degli odori verso l'abitato del Comune di Martinengo in considerazione dei venti che spirano in senso contrario.
3.10. Il Giudice qualifica come conniventi o compiacenti le testimonianze difensive ma da atto che anche il Commissario Aggiunto della Polizia Municipale di Ghisalba (testimone della difesa) aveva riferito che dopo la realizzazione del capannone non aveva più ricevuto nemmeno denunce informali (tema che si salda con l'attenuazione del fenomeno percepita anche dai testimoni dell'accusa). Gli altri testimoni della difesa avevano riferito di odori provenienti dall'insediamento, definendoli come "normali".
Questo continuo richiamo alla "normalità" degli odori (che sottende un giudizio esso sì di natura soggettiva) cozza con quanto già affermato circa il diverso criterio di giudizio che deve presiedere alla valutazione di sussistenza del reato per il quale si procede, nè si pone in logico contrasto con il fatto che un elevato numero di altre persone fosse concretamente esposta a esalazioni nauseabonde, tanto più che per farle cessare l'imputato ha ammesso di aver investito una somma considerevole.
3.11. Il Giudice peraltro ha escluso, sulla base di un giudizio di fatto non contestato, che i risultati della CT della difesa potessero applicarsi al caso in esame sulla decisiva considerazione che le rilevazioni anemologiche non erano state effettuate nella zona ma in base a modelli non applicabili alla concreta realtà. Nè possono avere rilevanza, per escludere la positiva sussistenza del reato e la responsabilità dell'imputato, elementi fattuali estranei al testo della sentenza impugnata, direttamente quanto inammissibilmente sottoposti alla diretta valutazione del Collegio, quali fatti negativi, mancate denunzie, ecc. ecc. 3.12. Dunque tutte le censure che riguardano la materiale sussistenza del reato e la colpevolezza dell'imputato sono infondate.
4. E' fondato, per quanto di ragione, l'ultimo motivo di ricorso.
4.1.Il Collegio non entra nel merito delle scelte in base alle quali il Tribunale ha ritenuto di escludere la sussistenza di circostanze attenuanti.
4.2.Il Tribunale da atto della persistenza della condotta (protrattasi dal giugno 2011 all'aprile 2013) e del precedente specifico dell'imputato (che questi contesta), ma anche dell'assenza di elementi positivi valutabili a tal fine.
4.3. Non ha rilevanza l'omessa contestazione della recidiva, giuridicamente possibile solo tra delitti (art. 99 cod. pen.); conta l'apprezzamento posto in essere dal Tribunale per la cui insindacabilità è esaustiva la considerazione anche solo della gravità oggettiva della condotta, parametrata alla durata temporale, all'intensità del fenomeno e alla sua dimensione.
4.4. Nè, per l'assoluta autonomia che la distingue, la coerenza della decisione del Tribunale in materia sanzionatoria può essere valutata alla stregua del diverso trattamento riservato con il decreto penale di condanna emesso da altro Giudice.
4.5. E'fondata invece l'eccezione relativa al trattamento sanzionatorio.
4.6. Il reato di cui all'art. 674 cod. pen., ha di regola carattere istantaneo, e solo eventualmente permanente. La permanenza va ravvisata quando le illegittime emissioni siano connesse, come nel caso di specie, all'esercizio di attività economiche e legate al ciclo produttivo (Sez. 1, n. 9356 del 05/06/1985, Ferrofino, Rv. 170759; Sez. 1, n. 3162 del 10/11/1988, Mazzoni, Rv. 180652; Sez. 1, n. 2598 del 13/11/1997, Garbo, Rv. 209960).
4.7. Ancor più chiaramente Sez. 1, n. 9293 del 10/08/1995, Zanforlini, Rv. 202403, ha affermato che la contravvenzione prevista e punita dall'art. 674 cod. pen., quando abbia per oggetto l'illegittima emissione di gas, di vapori, di fumi atti ad offendere o imbrattare o molestare le persone, connessa all'esercizio di attività economiche e legata al ciclo produttivo, assume il carattere della permanenza, non potendosi ravvisare la consumazione di definiti episodi in ogni singola emissione di durata temporale non sempre individuabile (nello stesso senso anche Sez. 5, n. 41137 del 15710/2001, Pisciteli, Rv. 220054; cfr. altresì Sez. 3, n. 19637 del 27/01/2012, Ghidini, Rv. 252890, secondo cui il carattere continuativo del reato di getto pericoloso di cose, che ha natura permanente, non si identifica con la ripetitività giornaliera delle emissioni moleste, essendo sufficiente che esse si protraggano, senza interruzioni di rilevante entità, per un apprezzabile lasso di tempo a cagione della duratura condotta colpevole del soggetto agente).
4.8. Correttamente, pertanto, il Pubblico Ministero ha contestato la consumazione del reato in forma aperta, altrettanto correttamente il Giudice all'esito del dibattimento ha individuato il termine finale della condotta ((OMISSIS)) senza con ciò violare l'obbligo di correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza.
4.9. In disparte l'abnorme aumento della pena base, quel che il Tribunale non avrebbe potuto fare era ritenere la pluralità delle condotte (e quindi la continuazione) sol perchè le emissioni non erano state continue in quanto condizionate dalle fasi di produzione e dal variare della situazione atmosferica (pressione, venti, pioggia) pur essendo state ricorrenti e nell'ampio arco di tempo anche costanti.
4.10. Questo concetto di "continuità" non è in linea con l'insegnamento di questa Corte perchè non equivale, come detto, a "costanza" delle emissioni, ma all'unica causa che le produce che rende unica la condotta ed il relativo atteggiamento psicologico.
4.11. Ne consegue che, ferma restando l'irrevocabile accertamento della responsabilità penale dell'imputato, la sentenza deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio al Tribunale di Bergamo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Bergamo, limitatamente al regime sanzionatorio. Rigetta, nel resto, il ricorso.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2015.