TAR Emilia Romagna (PR), Sez. I, n. 164, del 19 maggio 2014.
Caccia e animali Legittimità revoca licenza porto di fucile ad uso caccia per smarrimento del proprio fucile

E’ legittima la revoca della licenza di porto di fucile per aver smarrito dopo una battuta di caccia il proprio fucile sul ciglio di una strada. Il Questore nel provvedimento di revoca rileva una marcata negligenza ed imperizia nella custodia delle armi da parte del ricorrente che, perdendo o comunque dimenticando il proprio fucile ha dimostrato una grave superficialità comportamentale, evidenziando inoltre, l’inopportunità di consentire la presenza di armi in un contesto familiare asseritamente compromesso da sindromi ansiose e crisi di panico. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00164/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00146/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 146 del 2012, proposto da: 
……., rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Soncini e Alfredo Bassi, con domicilio eletto presso il primo in Parma, Stradello di Piazzale Boito, 1;

contro

Questura di Reggio Emilia, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stat presso cui è domiciliata in Bologna, via Guido Reni 4;

per l'annullamento

del decreto del Questore di Reggio Emilia in data ….. di revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia n. … rilasciata il… agosto 2007.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Questura di Reggio Emilia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa Laura Marzano;

Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2014, i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe il sig. ……., titolare di licenza di porto di fucile per uso caccia, ha impugnato il decreto del Questore di Reggio Emilia in data ………….. di revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia n. …… rilasciata il …..

Tale provvedimento è stato assunto a seguito di un episodio, occorso in data … 2011, in cui il ricorrente, dopo una battuta di caccia, alle ore 10,20 del mattino aveva smarrito il proprio fucile, poi ritrovato dai Carabinieri di Reggio Emilia sul ciglio di una strada in località Sesso e restituitogli alle ore 20,00.

Per tale episodio il ricorrente è stato denunciato all’autorità giudiziaria.

In ricorso l’atto è stato censurato per difetto di motivazione non avendo la Questura considerato essersi trattato di una distrazione accidentale, causata da una telefonata della moglie del ricorrente, affetta da una sindrome ansiosa.

Il ricorrente, infatti, avvedutosi dello smarrimento si sarebbe dapprima recato sul luogo della dimenticanza per recuperare l’arma e, non avendola trovata, si sarebbe attivato subito per denunciare lo smarrimento dell’arma.

L’amministrazione si è costituita in giudizio difendendo la legittimità del proprio operato e chiedendo la reiezione del ricorso.

In vista della trattazione del merito il ricorrente ha depositato note conclusive e documenti.

All’udienza pubblica del 15 maggio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è infondato.

In ordine all’unico vizio dedotto, il difetto di motivazione, il Collegio rileva quanto segue.

Nel provvedimento impugnato il Questore rileva “una marcata negligenza ed imperizia nella custodia delle armi da parte del Castagnetti che, perdendo o comunque dimenticando il proprio fucile ha dimostrato una grave superficialità comportamentale”.

Aggiunge il Questore “che l’aver lasciato un fucile sul ciglio della strada per soccorrere le moglie induce a ritenere che il …… non possieda la freddezza, l’autocontrollo e la capacità di gestione delle situazioni di emergenza sufficiente a garantire la necessaria affidabilità richiesta in tutti i titolari di porto d’armi” e che “le presunte e supposte crisi di panico non sono state documentate dal punto di vista medico, pertanto o sono lievi e irrilevanti – e in tal caso l’allarme suscitato ha prodotto una reazione esagerata – oppure, se per frequenza e gravità fossero da considerare ‘importanti’ indurrebbero a ritenere inopportuna la presenza di armi in un simile contesto”.

La revoca di licenza di porto d’armi configura, anche laddove, come nel caso di specie, sia stato adottato anche il provvedimento di divieto di detenzione delle armi, un potere di valutazione discrezionale che va esercitato sia con riguardo primario all'interesse pubblico all'incolumità dei cittadini e alla prevenzione del pericolo che può derivare dall'eventuale uso delle armi, sia con riguardo alla condotta e all'affidamento che il soggetto può dare in ordine alla possibilità di abuso delle stesse (cfr. ex multis: T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 11 dicembre 2013, n. 2417).

Con la conseguenza che le autorizzazioni di polizia possono essere revocate a chi non sia più ritenuto dall'Amministrazione di pubblica sicurezza in possesso dell'affidabilità necessaria per poter escludere il pericolo che possa abusare del titolo.

Nel caso di specie la Questura ha ampiamente motivato il proprio giudizio di inaffidabilità osservando la negligenza nel prendersi cura dell’arma, tanto da smarrirla per strada dopo una battuta di caccia nonché, a confutazione delle deduzioni istruttorie del ricorrente, l’inopportunità di consentire la presenza di armi in un contesto familiare asseritamente compromesso da sindromi ansiose e crisi di panico.

Il provvedimento impugnato è espressione di ampia discrezionalità tecnica, giustificata dalla finalità di pubblica sicurezza, in virtù della quale l'esercizio del potere inibitorio è consentito non solo in caso di accertata lesione, ma anche in caso di mero pericolo, trattandosi di prevenire la commissione di illeciti e non di reprimerli (cfr. in tal senso T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 27 giugno 2012, n. 229).

Conclusivamente e per le suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione Distaccata di Parma, definitivamente decidendo sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla rifusione, in favore dell’amministrazioni delle spese del giudizio che liquida in € 1.000,00 (mille).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente

Laura Marzano, Primo Referendario, Estensore

Marco Poppi, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)