TAR Lombardia (MI) Sez. II n. 2583 del 7 ottobre 2024
Caccia e animali.Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale delle norme di legge statali e regionali sulla caccia per contrasto con l’art. 9 Cost.

Innanzi tutto la norma dell’art. 9 della Costituzione, ancorché inserita nei Principi Fondamentali di quest’ultima, appare di carattere programmatico e non immediatamente precettivo, creando una riserva di legge statale sulle modalità di tutela degli animali e rinviando quindi l’individuazione concreta di tali forma di tutela alle scelte del legislatore statale. Peraltro appare evidente che nell’esercizio del proprio potere normativo, il legislatore dovrà necessariamente bilanciare l’interesse alla tutela animale con altri valori costituzionali, visto che nel nostro ordinamento i valori fondamentali sono in rapporto di reciproca integrazione, senza che uno di essi possa assumere valenza assoluta verso gli altri; in altri termini occorre evitare che nell’ordinamento emergano quelli che, con efficace espressione, sono definiti come “diritti tiranni”. Non si dimentichi poi l’ordinamento dell’Unione Europea (UE) non pare vietare la caccia. L’art. 13 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), se da una parte garantisce il rispetto del benessere animale, dall’altra impone il rispetto delle consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda le tradizioni culturali ed il patrimonio regionale. L’attività venatoria è praticamente coeva alla storia umana e sebbene abbia perso ormai il suo carattere originario di prevalente – se non addirittura esclusiva – fonte di sostentamento delle comunità, rappresenta parimenti una parte della tradizione sociale e culturale italiana, senza contare che la caccia persegue oggi una finalità non solo ricreativa ma anche di misura di conservazione del patrimonio animale (si pensi all’abbattimento selettivo di specie reputate eccessivamente invasive oppure all’abbattimento per limitare la diffusione di gravi patologie quali la peste suina africana). In tal senso si veda la direttiva UE 2009/147/CE (c.d. direttiva uccelli), che ammette (decimo “considerando”) che talune specie possono formare oggetto di caccia, la quale costituisce un modo ammissibile di sfruttamento, seppure nel rispetto di determinati limiti. Inoltre il Consiglio d’Europa, nella sua Carta della caccia e della biodiversità, Principio 6, ha introdotto la nozione di “caccia sostenibile”, il che conferma la legittimità dell’attività venatoria per il Consiglio stesso, seppure nel rispetto della biodiversità e delle inderogabili esigenze di tutela ambientale.

Pubblicato il 07/10/2024

N. 02583/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02298/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 2298 del 2024, proposto da
Associazione Lega per l’Abolizione della Caccia (Lac), Associazione Wwf Italia Ets, Associazione Lipu Lega Italiana Protezione degli Uccelli, Lndc Animal Protection - Associazione di Promozione Sociale e Associazione Lav Lega Anti Vivisezione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutte rappresentate e difese dall'avvocato Claudio Linzola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico presso il suo studio in Milano, via Hoepli, 3;

contro

Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alessandro Gianelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico presso l’Avvocatura Regionale in Milano, piazza Città di Lombardia, 1;
Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domiciliata ex lege in Milano, via Freguglia, 1;

e con l'intervento di

ad opponendum:
A.N.U.U. – Associazione dei Migratoristi Italiani per la Conservazione dell'Ambiente Naturale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Pietro Balletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Federazione Italiana della Caccia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Lorenzo Bertacchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ab - Agrivenatoria Biodiversitalia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alfonso Celotto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Associazione Nazionale Libera Caccia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Piva e Francesco Rossi Dal Pozzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico presso lo studio del secondo in Milano, via Venti Settembre, 11;

per l'annullamento

- della deliberazione della Giunta di Regione Lombardia, n. 2774 del 15.7.2024, avente ad oggetto “Disposizioni integrative al calendario venatorio regionale 2024/2025”;

- del decreto della Regione Lombardia, Direzione generale agricoltura, sovranità alimentare e foreste, n. 10808 del 16.7.2024 avente ad oggetto “Disposizioni in ordine al calendario venatorio regionale per la stagione venatoria 2024/2025. Riduzione, ai sensi dell’art. 1, comma 7, della L.R. 17/2004, del prelievo venatorio di determinate specie di avifauna”;

- del parere del Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale, trasmesso con nota MASAF del 22.3.2024;

- del parere dell’Osservatorio regionale degli habitat di cui alla L.R. 26/93, articolo 9, di data ignota (non indicata nella DGR).


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lombardia e del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste;

Visti gli atti di intervento ad opponendum;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 1 ottobre 2024 il dott. Giovanni Zucchini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe le associazioni esponenti impugnavano il complesso degli atti della Regione Lombardia (in particolare la deliberazione di Giunta Regionale n. 2774 del 2024 e il decreto del competente Direttore Generale n. 10808 del 2024) costituenti il calendario venatorio per la stagione 2024/2025.

Nel gravame era chiesta la sospensione dei provvedimenti impugnati, anche mediante tutela cautelare monocratica.

Con decreto del Presidente della Sezione II n. 1067 del 14.9.2024, emesso ai sensi dell’art. 56 del c.p.a., era accolta l’istanza di sospensione ed era contestualmente fissata l’udienza cautelare collegiale per il 1° ottobre 2024.

Si costituiva in giudizio la Regione Lombardia, concludendo per il rigetto del gravame.

Si costituiva in giudizio, seppure con una comparsa di mero stile, anche il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf, di seguito anche solo “Ministero dell’Agricoltura”).

Depositavano atti di intervento ad opponendum, insistendo quindi per la reiezione del gravame, quattro associazioni venatorie.

All’udienza cautelare collegiale del 1.10.2024, presenti i difensori delle parti, il Presidente dava dapprima avviso della possibilità di una decisione con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del c.p.a., in conformità del resto alla speciale previsione dell’art. 18 comma 4 della legge n. 157 del 1992, che prevede l’applicazione dell’art. 119 comma 3 del c.p.a. in caso di impugnazione del calendario venatorio.

La causa era poi discussa e spedita in decisione.

2.1 Nel primo motivo di ricorso (“I” lettera “A”) viene chiesto al Tribunale di sollevare questione di legittimità costituzionale delle norme di legge statali (articoli 1, commi 2 e 3 e 18 della legge n. 157 del 1992) e regionali (articolo 40 della legge regionale - LR n. 26 del 1993 e intera LR n. 17 del 2004) sulla caccia, per l’asserito contrasto delle medesime con l’art. 9 della Costituzione, così come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2022, laddove si prevede che: «La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

Secondo le ricorrenti la nuova norma costituzionale, avente piena e diretta efficacia, vieterebbe la caccia, in quanto l’attività venatoria si porrebbe in ogni caso in contrasto con la tutela degli animali.

La questione di legittimità costituzionale, così come prospettata, appare manifestamente infondata.

Innanzi tutto la norma dell’art. 9 della Costituzione, ancorché inserita nei Principi Fondamentali di quest’ultima, appare di carattere programmatico e non immediatamente precettivo, creando una riserva di legge statale sulle modalità di tutela degli animali e rinviando quindi l’individuazione concreta di tali forma di tutela alle scelte del legislatore statale.

Peraltro appare evidente che nell’esercizio del proprio potere normativo, il legislatore dovrà necessariamente bilanciare l’interesse alla tutela animale con altri valori costituzionali, visto che nel nostro ordinamento i valori fondamentali sono in rapporto di reciproca integrazione, senza che uno di essi possa assumere valenza assoluta verso gli altri; in altri termini occorre evitare che nell’ordinamento emergano quelli che, con efficace espressione, sono definiti come “diritti tiranni” (cfr. sulla necessità del bilanciamento degli “interessi costituzionalmente protetti”, la sentenza della Corte Costituzionale n. 264 del 2012, punti 4.1 e seguenti della parte in “diritto”).

Non si dimentichi poi l’ordinamento dell’Unione Europea (UE) non pare vietare la caccia.

L’art. 13 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), se da una parte garantisce il rispetto del benessere animale, dall’altra impone il rispetto delle consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda le tradizioni culturali ed il patrimonio regionale.

L’attività venatoria è praticamente coeva alla storia umana e sebbene abbia perso ormai il suo carattere originario di prevalente – se non addirittura esclusiva – fonte di sostentamento delle comunità, rappresenta parimenti una parte della tradizione sociale e culturale italiana, senza contare che la caccia persegue oggi una finalità non solo ricreativa ma anche di misura di conservazione del patrimonio animale (si pensi all’abbattimento selettivo di specie reputate eccessivamente invasive oppure all’abbattimento per limitare la diffusione di gravi patologie quali la peste suina africana).

In tal senso si veda la direttiva UE 2009/147/CE (c.d. direttiva uccelli), che ammette (decimo “considerando”) che talune specie possono formare oggetto di caccia, la quale costituisce un modo ammissibile di sfruttamento, seppure nel rispetto di determinati limiti.

Inoltre il Consiglio d’Europa, nella sua Carta della caccia e della biodiversità, Principio 6, ha introdotto la nozione di “caccia sostenibile”, il che conferma la legittimità dell’attività venatoria per il Consiglio stesso, seppure nel rispetto della biodiversità e delle inderogabili esigenze di tutela ambientale.

Si conferma, in conclusione, il rigetto del primo mezzo di gravame.

2.2 I motivi II) e III) contenuti nella lettera B) attengono alle disposizioni che consentono – o meglio consentivano – l’apertura anticipata della caccia al 15 settembre rispetto alla data del 2 ottobre.

Per effetto però del decreto cautelare monocratico del Presidente della scrivente Sezione n. 1067 del 2024, l’attività venatoria è stata inibita sino al 1° ottobre 2024, data dell’udienza cautelare collegiale davanti al TAR ed è stata avviata dal 2 ottobre.

Le associazioni esponenti hanno così ottenuto, per effetto della misura monocratica, il “bene della vita” alle quali aspiravano, per cui non hanno di fatto più alcun interesse a coltivare le suindicate censure (cfr. TAR Lombardia, Milano, Sezione IV, sentenza n. 2203 del 2021).

In relazione ai menzionati motivi il presente ricorso deve pertanto essere dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 35 comma 1 lettera “c” del c.p.a.

2.3 Permane invece l’interesse allo scrutinio dei motivi successivi a quelli n. 2 e n. 3.

Prima di affrontare gli stessi, pare utile rammentare che lo scrivente gravame pone il problema, già affrontato in più occasioni da questo Tribunale e dalla giurisprudenza amministrativa, del rapporto fra le disposizioni regionali sulla caccia ed i pareri sull’attività venatoria resi dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), che ha per così dire preso il posto dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (si veda sul punto l’art. 18 comma 2 della legge n. 157 del 1992).

Appare pacifico che tali pareri non hanno natura vincolante, anche se le Regioni possono discostarsi dai medesimi soltanto attraverso un’adeguata e congrua motivazione, posto che si tratta di pareri provenienti dall’ente istituzionalmente competente in materia (si veda sul punto, fra le tante, TAR Lombardia, Milano, Sezione II, sentenza n. 3176 del 2023).

Con riguardo al calendario 2024/2025 la Regione Lombardia ha predisposto due analitiche e documentate relazioni tecnico-scientifiche (cfr. i documenti n. 3 e n. 4 di Federcaccia ed anche i documenti dal n. 1 al n. 3 della parte resistente) a fronte del parere di Ispra (cfr. per quest’ultimo il doc. 4 delle ricorrenti), relazione allegate rispettivamente alla deliberazione di Giunta ed al decreto della Direzione Generale.

Sulla questione il Collegio premette ancora che laddove le prescrizioni regionali sono conformi alle indicazioni di Ispra, le prime devono reputarsi legittime, considerato che l’Amministrazione Regionale si è conformata al parere dell’ente nazionale.

Ciò premesso, nel motivo n. IV lettera “B”, le esponenti lamentano l’illegittimità della scelta regionale di consentire – in deroga al parere Ispra – una giornata aggiuntiva di caccia da appostamento fisso ai turdidi (cesena, merlo, tordo bottaccio e tordo sassello) nelle sole province di Bergamo e Brescia.

Sul punto si deve però rilevare che per le precedenti stagioni di caccia Ispra aveva dato parere favorevole a tale tipo di prelievo aggiuntivo, seppure per una sola giornata.

La deroga al parere Ispra è giustificata dalla Regione sulla base dai seguenti elementi: decremento degli appostamenti fissi e contestuale calo dei cacciatori con opzione da appostamento fisso nelle province di Bergamo e Brescia, che sono quelle dove storicamente è più diffuso questo tipo di caccia (cfr. il doc. 3 di Federcaccia, da pag. 19 a pag. 27).

Non si dimentichi poi che dal 2004 al 2023 il numero dei cacciatori in Lombardia si è quasi dimezzato.

Le esponenti sostengono che per effetto della legge regionale n. 26 del 1993 sarebbe stato consentito un eccessivo nomadismo venatorio, permettendo al cacciatore da appostamento fisso di disporre di giornate di caccia vagante e viceversa, finendo così per aumentare a dismisura l’attività venatoria.

Sul punto occorre però considerare il dato oggettivo del continuo decremento non solo dei cacciatori ma anche di quelli che scelgono l’appostamento fisso, come risulta dalla tabella B riportata nella relazione tecnica allegata alla deliberazione di Giunta (cfr. il doc. 3 di Federcaccia, pag. 25 di 45).

Le esponenti sostengono inoltre che le specie del tordo sassello, del merlo e della cesena sarebbero in cattivo stato di conservazione e ciò sarebbe di ostacolo al riconoscimento di una giornata aggiuntiva.

La tesi non appare convincente.

L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) prevede diversi classi di rischio per le specie animali e le classi con minor rischio sono quelle indicate come LC (least concern) e NT (near threatened).

Il tordo sassello ha la classificazione LC in Europa, al pari del merlo, della cesena e del tordo bottaccio (cfr. i documenti dal n. 18 al n. 20 di Federcaccia ed anche il doc. 2 della resistente).

Peraltro per il tordo sassello la Regione ha previsto in ogni caso un carniere stagionale massimo di 90 esemplari (cfr. il doc. 2 di Federcaccia e delle ricorrenti).

Il motivo n. IV deve quindi interamente rigettarsi, posto che la Regione risulta avere motivato l’assegnazione della giornata aggiuntiva, assegnazione del resto già avvenuta nelle scorse stagioni con l’avallo di Ispra.

2.4 Il motivo n. V lettera “C”, attiene alla chiusura della stagione di caccia e ai carnieri con particolare riguardo a talune specie per le quali la chiusura della caccia è fissata al 30 gennaio 2025, con la precisazione che a partire dal 20 gennaio il prelievo è consentito solo da appostamento fisso.

Le esponenti lamentano che la caccia è consentita in maniera massiccia e che il limite massimo di abbattimenti per gli uccelli acquatici è di 30 capi giornalieri.

Tale limite, si continua in ricorso, porterebbe a numeri abnormi di abbattimento, mentre Ispra raccomanda la chiusura della caccia all’alzavola il 9 gennaio 2025 ed agli altri acquatici il 20 gennaio e non nella terza decade del mese.

Sul punto deve dapprima rilevarsi che, contrariamente a quanto indicato nel gravame, il limite massimo giornaliero delle specie acquatiche non è di 30 bensì di 10 (dieci) capi, come risulta dall’art. 2, comma 1, lettera b) della LR n. 17 del 2004, norma riferita ai palmipedi, ai trampolieri e ai rallidi.

E’ bene precisare che il limite legislativo di dieci è riferito a tutte le specie sopra elencate, da considerarsi pertanto complessivamente.

La Regione inoltre, conformandosi al parere Ispra, ha introdotto limiti di carniere stagionale e non giornaliero per talune specie come il codone, la beccaccia, il moriglione e il tordo sassello.

Quanto alla chiusura della stagione venatoria, Ispra raccomanda che la stessa coincida con la migrazione prenuziale e per l’alzavola è ritenuto dalla stessa Ispra accettabile la chiusura della stagione al 20 gennaio, visto il favorevole stato di conservazione di tale specie (cfr. il doc. 4 della ricorrente, pagine 7 e 8).

Quanto al periodo di migrazione prenuziale, non appare corretta l’affermazione circa l’inizio dello stesso nella terza decade di gennaio, considerato che il documento della Commissione Europea sulle specie di uccelli cacciabili (Key Concepts Document o KCD) per il 2021 indica per molte specie la prima decade di febbraio.

Per una specie poi – si tratta in particolare del Germano Reale – Ispra evidenzia il massiccio ripopolamento a causa delle specie allevate in cattività (cfr. ancora il doc. 4 della ricorrente, nota n. 27 di pag. 7).

Peraltro nella terza decade è consentita la sola caccia da appostamento e non vagante, con talune limitazioni nelle zone di protezione speciale (ZPS) (cfr. il doc. 2 delle ricorrenti ed il doc. 4 di Federcaccia, pagine 16 e seguenti).

Gli scostamenti dal parere Ispra con riguardo alla caccia da appostamento nella terza decade appaiono pertanto minimali e giustificati (cfr. ancora l’allegato tecnico alla relazione regionale, doc. 4 di Federcaccia e doc. 3 della resistente).

Il motivo n. V deve pertanto rigettarsi.

2.5 Nel motivo n. VI) lettera C) le associazioni ricorrenti evidenziano che Ispra avrebbe indicato per la beccaccia la data di chiusura della caccia al 9 gennaio 2025, per il merlo ed il tordo bottaccio al 31 dicembre 2024 e per la cesena ed il tordo sassello al 9 gennaio 2025, mentre la Regione si sarebbe discostata da tali indicazioni, fissando la chiusura al 20 gennaio 2025.

Sul punto occorre dapprima rilevare che per il merlo ed il tordo bottaccio resta ferma la chiusura della caccia al 31 dicembre 2024, nel rispetto della legislazione statale e regionale in materia.

Per la cesena ed il tordo sassello, la relazione tecnica allegata al decreto della Direzione Generale motiva il differimento dal 9 al 20 gennaio 2025 sulla base di studi che evidenziano il favorevole stato di conservazione delle due specie ed individuano il periodo di migrazione prenuziale (cfr. ancora il doc. 4 di Federcaccia, pagine da 13 a 16).

Quanto alla beccaccia, la suindicata relazione tecnica (doc. 4 di Federcaccia, pagine 31 e seguenti) rileva il buono stato di conservazione della specie ed il periodo di migrazione prenuziale a febbraio.

Si ricordi peraltro che la chiusura della stagione al 20 gennaio vale soltanto negli ATC (ambiti territoriali di caccia) e nelle giornate di sabato e domenica.

Nel motivo n. VI sono svolte anche considerazioni sulla caccia a cesena e tordo sassello allorché il terreno è coperto di neve.

L’art. 21 comma 1 lettera m) della legge n. 157 del 1992 vieta la caccia sui terreni coperti di neve, fatta eccezione per la zona delle Alpi, dove il prelievo è regolato dalle disposizioni regionali.

Sul punto Ispra non ha però fatto alcuna osservazione al calendario venatorio del 2024/2025.

Quanto alla caccia vagante nel mese di gennaio, la disciplina regionale limita fortemente tale forma di caccia (cfr. il doc. 3 di Federcaccia, pagine 17-19).

Anche il motivo n. VI deve quindi rigettarsi.

2.6 Nel motivo n. VII) lettera C) le esponenti lamentano la chiusura al 30 gennaio, anziché al 20 gennaio, della caccia agli anatridi, ai rallidi, agli scolopacidi e ai limicoli.

Sul punto si richiama innanzi tutto quanto già sopra esposto in sede di trattazione del motivo n. V) e si conferma che nell’ultima decade di gennaio è ammessa la sola caccia da appostamento; inoltre per la specie del moriglione la migrazione prenuziale inizia nel mese di febbraio (cfr. ancora il doc. 4 di Federcaccia, pagine 26 e 27), senza contare che il Ministero dell’Agricoltura svolge un’attività di monitoraggio dei prelievi di tale specie.

Quanto al beccaccino ed al frullino, anche per essi la migrazione prenuziale prende avvio a febbraio e per gli stessi Ispra non indica la chiusura al 9 gennaio 2025; al contrario per un altro uccello acquatico come l’alzavola Ispra reputa possibile la chiusura al 20 gennaio, oltre a considerare accettabile lo stesso periodo di caccia per specie con aspetto morfologico simile o che frequentano lo stesso ambiente o che sono cacciate con analoghe modalità (cfr. il doc. 4 della ricorrente, pag. 7).

Per il beccaccino, inoltre, è vietata la caccia da appostamento sotto qualsiasi forma (cfr. l’art. 18 comma 8 della legge n. 157 del 1992).

Le specie mestolone, canapiglia e alzavola non risultano in declino, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso (cfr. ancora il doc. 4 di Federcaccia, pagine 16 e seguenti).

Deve quindi rigettarsi anche il motivo n. VII) lettera C).

2.7 Il motivo D) è rivolto contro il parere dell’Osservatorio Regionale e richiama i motivi precedenti di ricorso, senza nulla aggiungere.

Le conclusioni sul motivo sono pertanto le stesse svolte dal Collegio con riguardo alle censure di cui alle precedenti lettere da A) a C).

2.8 Nel motivo E) le associazioni ricorrenti sostengono che il parere del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (CTFVN), nel complesso favorevole al calendario venatorio ivi impugnato, non avrebbe carattere scientifico ma sarebbe fondato solo su considerazioni sociali, economiche e culturali (cfr. per il parere il doc. 3 delle ricorrenti).

Il CTFVN è istituito presso il Ministero dell’Agricoltura ai sensi dell’art. 8 della legge n. 157 del 1992 ed è un organo tecnico-consultivo sull’applicazione della legge sulla caccia in tutti i suoi aspetti.

Lo stesso deve dare un parere obbligatorio sul calendario venatorio ai sensi dell’art. 18 comma 2 della legge n. 157 del 1992.

Tale parere, come risulta dalla lettura del medesimo (si vedano in particolare i punti 11 e seguenti dello stesso), ha carattere tecnico, pur prendendo in considerazione tutti gli interessi coinvolti nell’attività venatoria.

Si badi che la più recente giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto il ruolo e la rilevanza del CTFVN e dei suoi pareri (si vedano, in particolare, TAR Marche, Sezione II, sentenza n. 726 del 2024 e l’ordinanza cautelare del TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sezione II, n. 307 del 2024, doc. 4 della resistente).

Ne consegue il rigetto del motivo E).

2.9 In conclusione il presente ricorso, laddove non deve essere dichiarato improcedibile, deve essere respinto.

3. Il particolare andamento della presente controversia, caratterizzato dall’accoglimento della domanda cautelare monocratica e la complessità delle questioni dedotte inducono il Tribunale a compensare interamente fra le parti le spese di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile e lo respinge per la restante parte.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 1 ottobre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Maria Ada Russo, Presidente

Giovanni Zucchini, Consigliere, Estensore

Luigi Rossetti, Referendario