Cass. Sez. III n. 26182 del 22 giugno 2015 (Ud 14 mag 2015)
Pres. Franco Est. Ramacci Ric. De Bellis ed altri
Danno ambientale. Legittimazione enti locali territoriali

Il soggetto legittimato all'azione civile non è solo il soggetto passivo del reato (cioè il titolare dell'interesse protetto dalla norma  incriminatrice), ma anche il danneggiato, ossia chiunque abbia riportato un  danno eziologicamente riferibile all'azione od omissione del soggetto attivo del  reato e tra i soggetti legittimati, nei processi per reati ambientali, figurano anche agli enti locali territoriali, i quali deducano di avere subito, per effetto della condotta illecita, un danno diverso da quello ambientale, avente natura anche non patrimoniale

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 20/6/2014 ha confermato la decisione con la quale, in data 6/3/2013, il Tribunale di Busto Arsizio aveva affermato la responsabilità penale di D. B.T., D.R. e V.F. per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, gli ultimi due anche per il reato di cui all'art. 640 c.c., reati concretatisi nell'illecita gestione di ingenti quantitativi di rifiuti al fine di procurarsi un ingiusto profitto consistito, per le società facenti capo a A.S., separatamente giudicato, nel maggior guadagno derivante dal conferimento di rifiuti già selezionati, conferendo una minor parte o lievitando i carichi di rifiuti movimentati, redigendo falsamente i formulari di trasporto (in (OMISSIS) dal (OMISSIS)).

Segnatamente, secondo quanto evidenziato dai giudici del merito, il D.B., gestore di fatto della "DDB Ecologia", aveva concorso nell'illecita attività che l' A. effettuava in località (OMISSIS), gestendo rifiuti di diversa provenienza, fornendogli copertura mediante la redazione di falsi formulari volta ad individuare la DDB come destinatario finale di rifiuti; il D., quale amministratore di fatto della "Doria Servizi Ambentali", aveva concorso nell'illecita attività che sempre P. aveva posto in essere nell'ambito di una bonifica, gonfiandone fittiziamente i costi attraverso la simulazione di viaggi mai avvenuti, documentati mediante formulari falsi predisposti dal D. dietro compenso; il V., infine, formale appaltatore delle opere di bonifica, in quanto in possesso delle necessarie autorizzazioni, subappaltava le stesse all' A. nella consapevolezza della condotta illecita dello stesso.

Avverso tale pronuncia i predetti propongono separati ricorsi per cassazione tramite i propri difensori di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p..

2. D.B.T. deduce, con un primo motivo di ricorso, la mancanza di motivazione in ordine alla dedotta nullità dell'imputazione per eccessiva indeterminatezza eccepita nel corso del giudizio di primo grado ed oggetto di gravame, riferito anche alle ordinanze dibattimentali che l'avevano respinta, osservando che tale indeterminatezza era riferita alla indicazione della condotta relativa alla falsificazione dei formulari, non costituente reato ma mero illecito amministrativo, ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258.

Con un secondo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione in relazione alla eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Busto Arsizio, osservando che, avuto riguardo alla compilazione dei formulari, ovvero al residuale criterio della residenza del soggetto attivo del reato, il luogo del commesso reato sarebbe comunque individuabile in Lambiate, per cui la competenza territoriale era da attribuirsi al Tribunale di Monza.

Con un terzo motivo di ricorso lamenta che la Corte territoriale avrebbe preso in esame la sola richiesta assolutoria concernente il difetto dell'elemento soggettivo del reato, senza considerare che, nell'atto di appello, l'assoluzione veniva invocata con riferimento a tutte le ipotesi contemplate dall'art. 530 c.p.p. ed, inoltre, ignorando tutte le argomentazioni sviluppate dalla difesa nell'atto di impugnazione, che indica.

Con un quarto motivo di ricorso deduce la mancata valutazione delle prove testimoniali introdotte dalla difesa, basandosi il giudizio di responsabilità sulle dichiarazioni di un solo testimone e su brani di intercettazioni estrapolati dai provvedimenti applicativi di misure cautelari Con un quinto motivo di ricorso viene rilevato il vizio di motivazione con riferimento alle statuizioni civili, non avendo la Corte del merito giustificato le ragioni per le quali sarebbe stato disposto il risarcimento del danno in favore della Provincia di Milano, avuto riguardo al luogo di commissione dei reati.

3. D.R. deduce, con un primo motivo di ricorso, la violazione di legge in relazione al ritenuto concorso nel reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, che i giudici del merito gli avrebbero attribuito sulla base di un traffico che definisce meramente "cartolare", non avendo mai comportato l'effettiva gestione di rifiuti, senza peraltro tenere conto che il suo unico scopo, come riconosciuto nel corso dell'interrogatorio di garanzia, era soltanto quello di lucrare un compenso per un'attività che, di fatto, non veniva svolta.

Con un secondo motivo di ricorso denuncia il vizio di motivazione, osservando che la Corte territoriale avrebbe valorizzato le dichiarazioni di un solo teste ( D.L.E. del NOE di (OMISSIS)) circa le caratteristiche dei rifiuti provenienti dalla cartiera, che ne avrebbero impedito lo smaltimento presso la "Doria Servizi Ambientali", senza considerare che dette dichiarazioni sarebbero smentite da quanto riferito da altri testimoni ( R. D. e S.M.R.).

Con un terzo motivo di ricorso deduce la violazione di legge in relazione alla errata valutazione, da parte della Corte territoriale, circa gli obblighi incombenti sul titolare di un impianto di smaltimento e recupero rifiuti, in quanto nella sentenza impugnata viene affermato che egli, pur essendo autorizzato allo smaltimento dei rifiuti provenienti dall'attività di bonifica, nell'accettare quelli provenienti dalla società dell' A., priva delle necessaria autorizzazioni, di fatto aggirava le disposizioni di settore, senza tuttavia considerare che su di lui non incombeva alcun onere di verificare il possesso delle necessarie autorizzazioni da parte del produttore del rifiuto.

Con un quarto motivo di ricorso eccepisce la illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, per l'indeterminatezza della locuzione "ingenti quantitativi" utilizzata dal legislatore e non avendo la Corte territoriale comunque offerto una lettura costituzionalmente orientata della suddetta espressione.

4. V.F. deduce, con un unico motivo di ricorso, la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla attribuzione di responsabilità penale per il delitto di truffa sulla base delle risultanze delle operazioni di intercettazione telefonica, pur in assenza di comunicazioni indicative della effettiva conoscenza, da parte sua, della falsa predisposizione dei formulari.

Rileva, inoltre, che la natura del contratto di subappalto escluderebbe la sua consapevolezza circa la gestione illegale effettuata in località (OMISSIS) dall' A..

5. Tutti insistono, pertanto, per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi.

In data 7/4/2015 l'Amministrazione provinciale di Novara, ha depositato, tramite il difensore, una memoria con la quale richiede il rigetto dei ricorsi e la conferma delle statuizioni civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Tutti i ricorsi sono infondati.

Va rilevato, con riferimento al primo motivo di ricorso del D. B., che l'imputazione contestata riguarda il concorso di più persone nel reato contemplato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260.

Essa, tutt'altro che generica ed indeterminata, contiene, invece, la puntuale indicazione delle singole condotte poste in essere dagli imputati quale contributo causale alla commissione del reato ipotizzato e, riguardo alla posizione del ricorrente, in particolare, viene specificato che lo stesso, come si è già detto in premessa, quale gestore di fatto della "DDB Ecologia" aveva fornito formale copertura all'illecita attività dell' A. mediante la redazione di falsi formulari, volta ad individuare la DDB come destinataria finale di rifiuti, in realtà conferiti altrove.

Come è noto, lo scopo della contestazione è quello di permettere all'imputato una difesa adeguata, con la conseguenza che l'imputazione deve ritenersi completa nei suoi elementi essenziali quando il fatto sia contestato in modo da consentire la difesa in relazione ad ogni elemento di accusa (cfr. Sez. 4^, n. 38991 del 10/6/2010, Quaglienti e altri, Rv. 248847).

Nella fattispecie, l'enunciazione del fatto risulta minuziosa, oltre che chiara e precisa, come richiesto dalla legge e puntuale risulta anche l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate.

I giudici del gravame, pertanto, a fronte della manifesta e ripetutamente rilevata infondatezza dell'eccezione, nulla avrebbero dovuto aggiungere a quanto già rilevato in primo grado.

L'imputato, peraltro, ha compiutamente esercitato le sue difese rispetto all'imputazione, dando quindi dimostrazione della correttezza dell'imputazione formulata.

2. Per ciò che concerne, invece, il secondo motivo di ricorso, va ancora una volta considerato, ai fini della determinazione della competenza territoriale, che questa doveva essere individuata con riferimento al reato contestato e, cioè, in relazione al delitto di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, il quale, come già affermato da questa Corte, si consuma nel luogo in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite, in quanto elemento costitutivo del reato (Sez. 3^, n. 29619 del 08/07/2010, Leorati e altri, Rv. 248145; Sez. 3^, n. 46705 del 3/11/2009, Caserta, Rv. 245605).

Il luogo di consumazione del reato suddetto viene individuato, nell'imputazione, in (OMISSIS), località rientrante nel circondario del Tribunale di Busto Arsizio, come correttamente rilevato nell'impugnata decisione.

3. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso, che possono essere unitariamente valutati, risultano articolati in fatto, con richiami a risultanze probatorie del giudizio di merito rispetto alle quali si prospetta una valutazione alternativa, che è notoriamente preclusa a questa Corte di legittimità, a fronte di un apparato motivazionale posto a sostegno della sentenza impugnata che indica nel dettaglio, senza cedimenti logici o manifeste contraddizioni, gli elementi fattuali in base ai quali è stata ritenuta la penale responsabilità dell'imputato, tanto sotto il profilo oggettivo quanto in relazione a quello oggettivo.

Viene infatti richiamata l'attenzione sugli esiti degli accertamenti diretti da parte del personale di polizia giudiziaria, sulle attività di intercettazione e sulle dichiarazioni testimoniali assunte nel corso del dibattimento, rilevando anche come da tali dati emergesse con chiarezza la consapevole partecipazione alle attività di traffico illecito poste in essere dall' A..

4. Quanto al quinto motivo di ricorso, osserva la Corte che lo stesso risulta genericamente formulato, poichè si limita a contestare le valutazioni della Corte di appello con riferimento alla determinazione della competenza territoriale, collegando, in altre parole, il riconosciuto diritto al risarcimento del danno al luogo del commesso reato indicato nell'imputazione, senza tuttavia specificare altre ragioni per le quali l'amministrazione provinciale di Milano non avrebbe avuto diritto al risarcimento.

Del resto, il soggetto legittimato all'azione civile non è solo il soggetto passivo del reato (cioè il titolare dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice), ma anche il danneggiato, ossia chiunque abbia riportato un danno eziologicamente riferibile all'azione od omissione del soggetto attivo del reato (cfr. Sez. 1^, n. 46084 del 21/10/2014, P.C. in proc. Galdiero, Rv. 261482) e tra i soggetti legittimati, nei processi per reati ambientali, figurano anche agli enti locali territoriali, i quali deducano di avere subito, per effetto della condotta illecita, un danno diverso da quello ambientale, avente natura anche non patrimoniale. (Sez. 4^, n. 24619 del 27/5/2014, Salute, Rv. 259153).

La sentenza impugnata specifica che le condotte che hanno contribuito alla consumazione del reato sono state poste in essere in luoghi diversi, tra i quali, per quanto è dato rilevare dalla motivazione, figurano località ora comprese nel territorio della provincia di Monza e, antecedentemente alla sua costituzione, dunque all'epoca dei fatti, ricadenti nel territorio della Provincia di Milano, la quale avrebbe dunque, secondo la Corte del merito, legittimamente esercitato l'azione risarcitoria.

Non si rinviene, pertanto, alcuna contraddizione o illogicità nella motivazione concernente le statuizioni civili.

5. Quanto al ricorso di D.R. deve osservarsi, con riferimento al primo motivo di ricorso, che egli sostanzialmente contesta il riconosciuto concorso nel reato, rilevando di non aver mai effettivamente gestito rifiuti e di aver predisposto falsi formulari al solo scopo di ricevere un compenso.

La condotta accertata dai giudici di merito ha, al contrario, posto in evidenza che l'imputato, amministratore di fatto della "Doria Servizi Ambentali", aveva concorso nell'illecita attività che l' A. aveva posto in essere nell'ambito di una bonifica, gonfiandone fittiziamente i costi attraverso la simulazione di viaggi mai avvenuti, che documentava proprio con i formulari predisposti dal D. medesimo dietro compenso.

Di tali circostanze viene dato compiutamente atto nella sentenza impugnata, richiamando gli esiti dell'istruzione dibattimentale e, segnatamente, non soltanto le dichiarazioni rese dallo stesso imputato in sede di interrogatorio, ma anche le diverse dichiarazioni testimoniali, i cui contenuti vengono opportunamente richiamati.

La condotta posta in essere, così come compiutamente delineata nei termini indicati ed accertata in fatto, risulta pacificamente idonea, ad avviso del Collegio, a configurare il concorso nel reato oggetto di contestazione, il quale richiede, sotto il profilo oggettivo, una attività di gestione dei rifiuti organizzata con allestimento preventivo dei mezzi necessari, tra i quali certamente rientra la apposita predisposizione di documentazione atta ad impedire l'individuazione della effettiva provenienza di un rifiuto, ovvero a fornire l'apparenza di una gestione lecita dello stesso.

6. Il secondo motivo di ricorso risulta, invece, chiaramente finalizzato ad ottenere una valutazione alternativa delle risultanze istruttorie attraverso il richiamo a contenuti di dichiarazioni testimoniali l'accesso alle quali è precluso a questa Corte.

7. Quanto al terzo motivo di ricorso, osserva il Collegio che lo stesso pone in discussione la valutazione che la Corte del merito ha effettuato sulla base della deposizione di una teste ( M.R. dell'ARPA di Varese) al fine di avvalorare la tesi dell'assenza di qualsivoglia onere, su di lui incombente, di verificare il possesso delle necessarie autorizzazioni da parte del produttore del rifiuto.

Tali argomentazioni, tuttavia, risultano inconferenti, poichè, come si è già detto, la condotta dell'imputato ed il rilevante contributo causale offerto per la consumazione del reato sono stati chiaramente delineati dalla Corte del merito, la quale ha posto in evidenza anche la piena consapevolezza del ricorrente circa le illecite attività dell' A. ed, inoltre, i giudici del gravame non fondano le proprie conclusioni esclusivamente sulle dichiarazioni della teste suddetta, ma indicano, al contrario, una serie di dati fattuali inequivoci.

8. Per ciò che concerne, poi, il quarto motivo di ricorso, il ricorrente richiama una decisione di questa Corte (Sez. 3^, n. 47229 del 6/11/2012, De Pra, non massimata) nella quale, esaminata la giurisprudenza in tema di individuazione del significato dell'espressione "ingenti quantitativi", contenuta nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, si specificava che la stessa non consente una identificazione a priori, attraverso riferimenti esclusivi a dati specifici quali, ad esempio, quello ponderale, dovendosi al contrario basare, come già osservato in alcune tra le decisioni dianzi richiamate, su un giudizio complessivo che tenga conto delle peculiari finalità perseguite dalla norma, della natura del reato e della pericolosità per la salute e l'ambiente e nell'ambito del quale l'elemento quantitativo rappresenta solo uno dei parametri di riferimento. Tale verifica, si aggiungeva, risolvendosi un apprezzamento in fatto rimesso al giudice del merito, è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione esente da vizi logici o giuridici.

Tali considerazioni ponevano dunque in evidenza la oggettiva impossibilità di stabilire preventivamente ed in astratto un valore assoluto, superato il quale il quantitativo di rifiuti illecitamente gestito possa ritenersi "ingente", rimettendo al giudice la verifica in concreto nei termini dianzi specificati.

Nel caso di specie risulta che la Corte del merito ha compiutamente effettuato tale giudizio, ponendo in evidenza, ancorchè in maniera sintetica, che le operazioni illecite poste in essere dall' A. in occasione della bonifica della "Cartiera Fornaci" avevano riguardato, per la parte indicata dal D. stesso nel corso dell'interrogatorio, circa 4.000 tonnellate di rifiuti per circa 250.000 Euro di sovrafatturazione.

Tale valutazione risulta del tutto coerente ed adeguata, tenendo conto della obiettiva quantità di rifiuti trattata (verosimilmente riferita solo ai quantitativi di rifiuti dei quali il ricorrente aveva conoscenza diretta) ed al ricavo conseguente dalla illecita gestione, nonchè ritenendo tali elementi del tutto sufficiente per reputare accertato il richiesto requisito dell'ingente quantità.

Quanto alla questione di legittimità costituzionale che il ricorrente solleva, va invece ricordato che la stessa, come peraltro già affermato nella richiamata pronuncia, è stata già ritenuta manifestamente infondata (Sez. 3^, n. 358 del 20/11/2007 (dep. 2008), Putrone e altro, Rv. 238558).

9. Anche il ricorso di V.F. non merita accoglimento.

A fronte della puntuale indicazione degli elementi di fatto su cui i giudici del merito hanno formulato l'affermazione di penale responsabilità, egli si limita a contestare gli esiti di tale verifica, peraltro in maniera del tutto generica, con riferimenti ai contenuti delle conversazioni intercettate, che non consentirebbero di accertare la sua consapevolezza in merito alla falsa predisposizione dei formulari e sui termini del contratto di subappalto stipulato con l' A..

Si tratta, come è evidente, di argomenti che non possono avere ingresso in questa sede.

10. I ricorsi devono pertanto essere rigettati, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento, nonchè alla rifusione, in favore della parte civile Provincia di Novara, delle spese sostenute nel grado, che liquida in complessivi Euro 2.965,00 oltre ad accessori di legge e spese generali.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2015.