Consiglio di Stato Sez. IV n. 9190 del 24 novembre 2025
Danno ambientale.Danno da cambiamenti climatici
Il danno prospettato da coloro che denunciano pregiudizi derivanti da cambiamenti climatici derivanti da condotte inerti o comunque non adeguate delle amministrazioni competenti è un danno non patrimoniale rientrante nei danni morali, la paura di ammalarsi o il patema d’animo, che, comunque, richiedono una determinata prova, non potendo gli stessi essere considerati un danno in re ipsa.
Pubblicato il 24/11/2025
N. 09190/2025REG.PROV.COLL.
N. 01813/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1813 del 2024, proposto da Codacons Coordinamento di Associazioni per la Tutela Dell’Ambiente e dei Diritti dei Consumatori e degli Utenti, Articolo 32-97 Associazione Italiana per i Diritti del Malato e del Cittadino, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, Emanuele Annaloro, Marco Guido Barbarini, Marco Calgaro, Camilla Calvo, Alicja Krystyna Cwiora, Giampaolo Dattoli, Cristina Fiorio, Andrea Garzia, Beatrice Mattalia, Stefano Modugno, Daniela Montagnini, Francesca Pagliero, Gianni Mauro Peragine, Gabriele Donato Peragine, Riccardo Michele Peragine, Andrea Restieri, Carlo Saoncelli, Lucia Scorza, Anna Siciliano, Vincenzo Spera, Pierro Luigi, Antonella Mottin, Giovanni Battista Mottin, Iva Della Vecchia, , rappresentati e difesi dagli avvocati Gino Giuliano, Carlo Rienzi, Marco Ramadori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Carlo C/O Codacons Rienzi in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 73.
contro
Ministero della Salute, Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, in persona dei rispettivi legali rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angela Bartolomeo, Giuseppe Lepore, Antonello Mandarano, Annalisa Pelucchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Lepore in Roma, via Polibio n. 15;
Comune di Monza, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Assunta Banza, Giancosimo Maludrottu, Stefano Fabrizio Boeche, Paola Giovanna Brambilla, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Saetta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Pescara, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paola Di Marco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Ciavarella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Torino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Colarizi, Antonietta Rosa Melidoro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Massimo Colarizi in Roma, via Giovanni Antonelli, n. 49;
Comune di Verona, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Michelon, Fulvia Squadroni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Alessandria, Comune di Bologna, Comune di Novara, non costituiti in giudizio.
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 19387/2023.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Salute, del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, del Comune di Milano, del Comune di Monza, del Comune di Palermo, del Comune di Pescara, di Roma Capitale, del Comune di Torino e del Comune di Verona;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 settembre 2025 il Cons. Maurizio Santise e uditi per le parti gli avvocati;
viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso collettivo spiegato in primo grado da plurimi soggetti (segnatamente le due associazioni Codacons e L’Art. 32 – Associazione Italiana per i diritti del Malato – AIDMA Onlus, nonchè altre 1.024 persone fisiche), le parti ricorrenti – illustrati gli obblighi euro-unitari gravanti sullo Stato italiano in materia di riduzione del tasso di concentrazione delle polveri sottili e del monossido di azoto/ozono, obblighi in tesi violati dalle Amministrazioni nazionali, regionali e locali evocate in giudizio – hanno adito il giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 30 c.p.a., al fine di condannare dette Amministrazioni al risarcimento dei danni non patrimoniali quantificati nella misura equitativa di € 2.000 per ciascun ricorrente.
2. Il T.a.r., con sentenza n. 19387 del 2023, ha respinto la domanda risarcitoria, tanto sotto il profilo del fatto non iure, quanto sotto il profilo dell’an e del nesso di causalità con il danno lamentato.
3. Le parti appellanti hanno impugnato la predetta sentenza, deducendo i seguenti motivi di appello:
I. ERROR IN IUDICANDO. A) Sul difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo.
E’ stata, in particolare, contestata la sentenza di primo grado nella parte in cui il T.a.r., nell’impugnata sentenza, ha ritenuto che la domanda giudiziale promossa rientri, ai sensi dell’art. 133, co. 1, lett. s), c.p.a., nel perimetro della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per l’omesso o ritardato esercizio dei poteri prevenzionistici, precauzionali e regolatori manifestati dal solo “Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare” in materia di inquinamento ambientale, e non anche per ciò che riguarda tutte le ulteriori Amministrazioni evocate in giudizio dalle odierne appellanti.
B) Sulla mancata legittimazione attiva del Codacons e dell’ART. 32.
Parte appellante ha contestato l’impugnata sentenza, al punto 17, che ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva del Codacons e dell’ART. 32, in quanto le associazioni ambientaliste, tra le quali rientrano queste ultime, hanno diritto al risarcimento del danno ambientale quando questo offende un diritto patrimoniale oppure un diritto morale del sodalizio, identificato quest’ultimo in un interesse ambientale storicamente e geograficamente circostanziato che il sodalizio ha assunto come proprio scopo statutario.
C) Sul mancato assolvimento dell’onere probatorio delle ricorrenti.
Si contestano i punti 18 e ss. della sentenza di primo grado, nella parte in cui viene ritenuta infondata la richiesta risarcitoria delle odierne appellanti sulla base della mancata esatta allegazione probatoria del danno patito.
Il Ministero della Salute, il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Comune di Milano, il Comune di Monza, il Comune di Palermo, il Comune di Pescara, Roma Capitale, il Comune di Torino e il Comune di Verona si sono costituiti regolarmente in giudizio, contestando l’avverso appello e chiedendone il rigetto.
4. Alla pubblica udienza del 18 settembre 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. In via preliminare va esaminato il primo motivo di appello, con cui si contesta la declaratoria di difetto di giurisdizione del T.a.r. in relazione alle amministrazioni evocate in giudizio diverse dal Ministero dell’Ambiente.
Secondo le parti appellanti la giurisdizione sussisterebbe anche con riguardo alle altre amministrazioni evocate in giudizio, perché queste hanno omesso di esercitare i poteri necessari per evitare che si concretizzasse il danno poi patito dalle medesime parti appellanti.
5.1. Tale motivo di appello è infondato.
Il presente giudizio, come visto, ha ad oggetto una domanda risarcitoria, proposta da associazioni di categoria e da cittadini residenti nel territorio italiano, con cui si chiede il risarcimento del danno rappresentato dalla paura di ammalarsi derivante dai ritardi manifestati, dalle amministrazioni evocate in giudizio, nell’attivazione di plurime ed eterogenee misure provvedimentali volte alla “precauzione”, “prevenzione” e “contenimento” del danno ambientale atmosferico, stante il pericolo che tale danno possa riverberarsi negativamente sulla salute degli stessi.
5.2. In relazione a tali controversie la giurisdizione spetta al giudice ordinario, sulla base dell’ordinario criterio di riparo costituito dal petitum sostanziale: nel caso di specie ad essere leso è, infatti, un diritto soggettivo fondamentale e non certo un interesse legittimo.
5.3. Sul punto, peraltro, le Sezioni unite (sentenza n. 20381 del 21 luglio 2025) hanno già chiarito, in relazione ad un caso simile a quello oggetto del presente giudizio, che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in relazione all’azione risarcitoria, fondata sull'allegazione di un danno, consistente nella lesione del diritto alla vita ed al rispetto della vita privata e famigliare, la cui ingiustizia viene predicata in virtù del richiamo da un lato agli obblighi positivi e negativi derivanti dagli artt. 2 e 8 della CEDU, e dall'altro ai doveri d' intervento previsti dalle fonti internazionali in tema di contrasto del cambiamento climatico, obblighi e doveri dei quali viene affermata l'efficacia vincolante non solo a carico degli Stati che hanno aderito alla CEDU ed agli Accordi richiamati, ma anche a carico dei singoli soggetti pubblici e privati interessati.
5.4. Anche nel presente giudizio le parti appellanti fanno valere un diritto soggettivo riconducibile al diritto alla salute e alla libertà di autodeterminazione, in relazione al quale non vi è alcun dubbio che sussista la giurisdizione del giudice ordinario, salvo i casi in cui sia espressamente prevista la giurisdizione esclusiva del g.a.
5.5. Nel caso di specie, il T.a.r. ha parzialmente riconosciuto la giurisdizione del g.a. con riguardo alle sole domande risarcitorie proposte nei confronti del Ministero dell’Ambiente, sulla base dell’art. 133, lettera s), c.p.a., che ricomprende nella giurisdizione esclusiva: “le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni in materia di danno all’ambiente, nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell’attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale, nonché quelle inerenti le ordinanze ministeriali di ripristino ambientale e di risarcimento del danno ambientale”.
In assenza di un’analoga norma che estenda la giurisdizione esclusiva per le richieste di risarcimento del danno nei confronti di autorità amministrative diverse dal Ministero dell’Ambiente, la giurisdizione non può che determinarsi sulla base del petitum sostanziale: considerando che nella fattispecie si verte, come detto, in materia di diritto soggettivi la giurisdizione non può che appartenere al giudice ordinario con riguardo alla domanda risarcitoria proposta avverso le amministrazioni evocate in giudizio diverse dal Ministero dell’Ambiente.
6. Va, peraltro, solo precisato che in altro giudizio introdotto dinanzi al Tribunale di Roma e avente sempre ad oggetto i c.d. climate change litigation, conclusosi con la dichiarazione del difetto assoluto di giurisdizione (e allo stato all’esame delle sezioni unite), il Tribunale ha ritenuto in astratto la controversia avente ad oggetto la lesione di diritti soggettivi fondamentali derivante dagli effetti degenerativi dell'emergenza climatica, anche se è poi giunta alla conclusione che ci fosse un difetto assoluto di giurisdizione.
Sotto quest’ultimo profilo va solo chiarito che, nell’odierno giudizio, non si può discorrere di difetto assoluto di giurisdizione perché, come chiarito anche dalle Sezioni unite, deve escludersi che il sindacato sollecitato comporti un' invasione della sfera riservata al potere legislativo, configurabile peraltro, come ripetutamente affermato da queste Sezioni Unite, soltanto quando il giudice ordinario o speciale non abbia applicato una norma esistente, ma una norma da lui stesso creata, in tal modo esercitando un'attività di produzione normativa che non gli compete (cfr. Cass., Sez. Un., 26/12/2024, n. 34499; 9/07/2024, n. 18722; 26/11/2021, n. 36899), e non anche quando sia stato chiamato a pronunciarsi su una comune azione risarcitoria, ancorché fondata sull'allegazione dell'omesso o illegittimo esercizio della potestà legislativa, la quale non dà luogo ad un difetto assoluto di giurisdizione, neppure in relazione alla natura politica dello atto legislativo, ove sia stata dedotta la sola lesività della disciplina che ne è derivata (cfr. sentenza n. 20381 del 21 luglio 2025, cit.).
7. In questo senso, peraltro, si pone altra sentenza delle Sezioni unite, secondo cui Laddove la postulazione riguardi invece i fondamenti di una pretesa risarcitoria, la lite per definizione sovviene alla materia dei diritti soggettivi, e a fronte di affermati diritti fondamentali, costituzionalmente protetti, non può escludersi il diritto di azione, anche se la lesione sia paventata come dipendente dall’esercizio asseritamente illegittimo di una potestà pubblica o dalla predisposizione, presentazione, o mancata modifica di un atto legislativo (cfr., Corte di Cassazione, sez. un., n. 36373 del 24 novembre 2021).
Il primo motivo di appello è, pertanto, infondato.
7. L’appello è, comunque, infondato nel merito per le ragioni che di seguito si espongono. Tanto consente di prescindere, in virtù del principio della ragione più liquida (cfr., Cons. Stato, Ad. plen. n, 5 del 2015), dal secondo motivo di appello con cui si contestano questioni legate alle condizioni dell’azione (difetto di legittimazione ad agire di Codacons e L’art. 32).
8. Il presente giudizio, come visto, ha ad oggetto un ricorso collettivo proposto da plurimi soggetti che hanno adito il giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 30 c.p.a., al fine di condannare dette Amministrazioni al risarcimento dei danni non patrimoniali quantificati nella misura equitativa di € 2.000 per ciascun ricorrente.
9. I danni sono stati prospettati dagli appellanti come danni “da paura di ammalarsi” e da “patema d’animo”; ciò sull’assunto che la conclamata violazione degli obblighi euro-unitari in materia di riduzione del tasso di concentrazione delle polveri sottili avrebbe procurato ai ricorrenti in primo grado – tutti residenti in Comuni italiani dove non sarebbero state apprestate adeguate misure precauzionali – un danno non patrimoniale.
10. Il T.a.r. ha respinto il ricorso per due concorrenti ragioni:
a) l’assenza di qualsiasi idonea allegazione e dimostrazione del concreto danno-conseguenza (inteso in senso non patrimoniale) effettivamente subìto da ciascun ricorrente persona fisica;
b) le disposizioni euro-unitarie in materia di inquinamento atmosferico non attribuirebbero ai singoli diritti individuali direttamente azionabili dinanzi al Giudice nazionale.
Come ben rilevato dal T.a.r., manca qualsivoglia prova dell’esistenza del danno eventualmente patito dalle parti appellanti.
11.1. Sul punto la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato ha evidenziato la disciplina del riparto dell’onere probatorio nel processo amministrativo è caratterizzata dal fatto che “A differenza dell’art. 2697 c.c., dall’art. 64, comma 1, c.p.a. si ricava una correlazione - tipica del processo amministrativo - tra onere della prova e disponibilità della prova stessa: l’onere della prova cioè sussiste nei limiti della disponibilità e non oltre: il criterio di riparto dell’onere probatorio non è individuato in ragione di uno schema precostituito ed astratto, incentrato sulla valenza dei fatti (costitutiva, ovvero modificativa o estintiva), ma secondo un criterio flessibile ispirato al principio di vicinanza della prova, di modo che – qualora il privato ricorrente non sia nella disponibilità della prova – venga sollevato dal relativo onere, che verrà addossato sulla pubblica amministrazione, la quale dovrà depositare gli atti che siano nella sua disponibilità (art. 64, comma 3, c.p.a.). Sulle parti grava comunque l’onere di allegare i fatti da provare, e dunque di circoscrivere non solo il thema decidendum, ma anche il thema probandum: è massima consolidata quella secondo cui, sebbene, in tema di prova, il processo amministrativo impugnatorio non sia retto dal principio dispositivo pieno, tuttavia l’attività istruttoria d’ufficio del giudice presuppone quantomeno l’allegazione dei fatti da provare, ad opera delle parti, in maniera sufficientemente circostanziata e precisa (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 4862 del 2001); permane in sostanza l’onere del principio di prova e l’attività istruttoria che può svolgere il giudice amministrativo ha carattere complementare ed integrativo, mai invece sostitutivo della parte rimasta colpevolmente inerte” (così, ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 5564 del 2021).
11.2. Con riguardo all’onere della prova in relazione ai diritti soggettivi nelle controversie rientranti nella giurisdizione esclusiva, questa Sezione ha già chiarito che: “Nei contenziosi vertenti su diritti soggettivi rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – ove viene in luce uno stretto intreccio fra rapporto paritario e rapporto autoritativo – le regole processuali in materia di poteri istruttori del giudice amministrativo restano identiche: tuttavia nelle liti sui diritti soggettivi, l’onere del principio di prova va valutato con particolare rigore, in relazione ai fatti che rientrano nella disponibilità della parte attrice (sia essa pubblica o privata). …. Si deve, infatti, considerare che le norme del processo amministrativo, relative ai poteri istruttori d’ufficio del giudice (articoli 63, 64 e 65 c.p.a.), non distinguono tra giurisdizione di legittimità e giurisdizione esclusiva, essendo pertanto in astratto applicabili ad entrambi i tipi di giurisdizione; d’altro canto, nel processo civile, non sono esclusi poteri istruttori d’ufficio anche in relazione ai diritti soggettivi (emblematico è il processo del lavoro). …. Il giudice amministrativo, nel suo prudente apprezzamento, deve da un lato rispettare il principio della parità delle parti, dall’altro lato – come visto - deve considerare che la ratio della sua iniziativa istruttoria è quella di colmare situazioni effettive di disparità tra le medesime parti, per venire in soccorso di quella parte che, pur con la dovuta diligenza, non è riuscita ad avere la disponibilità delle prove: sicché se deve ammettersi, in astratto, la possibilità di esercizio da parte del giudice amministrativo di poteri istruttori d’ufficio anche in relazione a diritti soggettivi, tuttavia tale esercizio deve costituire una extrema ratio. … In altre parole nei giudizi su diritti soggettivi che si svolgono davanti al giudice amministrativo, la misura e l’ampiezza dell’onere della prova deve essere valutato caso per caso, avuto riguardo al dato sostanziale della disponibilità o meno delle prove in capo alle parti e, su questa base, tarare e calibrare, in modo assai rigoroso, l’esercizio istruttorio “suppletivo” condotto dal giudice” (cfr, Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 560 del 27 luglio 2021).
12. Nel presente giudizio, il danno prospettato dalle odierne appellanti è un danno non patrimoniale rientrante nei danni morali, la paura di ammalarsi o il patema d’animo, che, comunque, richiedono una determinata prova, non potendo gli stessi essere considerati un danno in re ipsa, come ormai chiarito in plurime occasioni dalle sezioni unite.
In relazione, allo specifica risarcibilità del danno "da paura di ammalarsi", la Corte di Cassazione (sentenza n. 24217 del 2017) ha, peraltro, ribadito in più occasioni che il soggetto che chiede i danni per l'esposizione ad agenti patogeni, pur non avendo contratto alcuna malattia, non è liberato dalla prova di aver subito un effettivo turbamento psichico e questa prospettata situazione di sofferenza e disagio non può essere desunta dalla mera prestazione lavorativa in ambiente inquinato, spettando allo stesso dimostrare di aver subito un turbamento psichico che, al pari di qualsiasi altro stato interiore, assume rilievo quando ricorrono elementi obiettivi riscontrabili, desumibili da altre circostanze di fatto esterne, quali la presenza di malattie psico-somatiche, insonnia, inappetenze, disturbi del comportamento o altro (cfr. Cass. sez. lav., 17/11/2017, n. 27324; Cass. penale sez. I, 25/09/2018, n. 44528).
13. Le pronunce della Corte di Cassazione sono, peraltro, state emesse con riguardo a lavoratori che hanno chiesto il risarcimento dei danni ingiustamente subiti a seguito dell'inalazione di fibre di amianto nel corso dello svolgimento del servizio: situazione, dunque, certamente più grave e circoscritta di quella avanzata dalle odierne parti appellanti che, invece, denunciano pregiudizi derivanti da cambiamenti climatici derivanti da condotte inerti o comune non adeguate delle amministrazioni competenti.
Nonostante ciò, nel caso di specie, le parti appellanti non hanno offerto alcuna prova, con la conseguenza che l’appello va respinto.
14. La parziale novità della questione, unitamente alle ragioni che hanno condotto alla presente decisione giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2025 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Lopilato, Presidente
Michele Conforti, Consigliere
Luigi Furno, Consigliere
Rosario Carrano, Consigliere
Maurizio Santise, Consigliere, Estensore




