Consiglio di Stato Sez. IV n. 1969 del 10 marzo 2025
Danno ambientale.Responsabilità solidale
Quando non è possibile stabilire o riconoscere gli effetti conseguenti alle singole condotte causative di danno ambientale, allora l’attività di bonifica non può che tradursi in un’unica azione e gravare in modo solidale su tutti i responsabili. Non si tratta, infatti, in questa ipotesi di “aggirare” o voler evitare l’accertamento del nesso di causalità, bensì di valorizzare l’elevata possibilità che, proprio in base a tutti i concreti dati raccolti nel corso dell’istruttoria, entrambe le società abbiano effettivamente concorso a determinare l’inquinamento.
Pubblicato il 10/03/2025
N. 01969/2025REG.PROV.COLL.
N. 03442/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3442 del 2022, proposto da A2A Ambiente s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Prati ed Elisabetta Scotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Provincia di Pavia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Leonardo Salvemini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di Corteolona e Genzone, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (A.R.P.A.) – Lombardia, La Manzola s.n.c. Società Agricola di Francesco Natta, Acqua & Sole s.r.l., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione terza) n. 2236 del 5 ottobre 2021,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Pavia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2024 il consigliere Ofelia Fratamico;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito:
- dall’ordinanza della Provincia di Pavia n. 2 del 29 maggio 2015, prot.n. 35618, di “individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento a norma dell’articolo 244 comma 2 e dell’articolo 245 comma 2 del d.lgs. 152/2006”;
- dal provvedimento di A.R.P.A. Lombardia del 23 luglio 2015, “Verifiche tecniche di cui all’art. 9, commi 2 e 3 del d.lgs. 36/03 relative alla realizzazione del Lotto I), presso la discarica di rifiuti non pericolosi posta in Loc. Manzola-Fornace, nel Comune di Corteolona (PV). Impianto già autorizzato dalla Regione Lombardia con decreto nr. 11540 del 15/011/2010 e s.m.i. nella titolarità della ditta A2A Ambiente s.p.a.”, con particolare riguardo alla subordinazione del nulla osta alla “conclusione favorevole, per l’area del lotto I, del procedimento di cui alla parte IV del titolo V del d.lgs. 152/2006, già avviato dall’Amministrazione provinciale con atto ordinativo n. 35618 del 29/05/2015”;
- dal verbale della “Conferenza di servizi del 7 settembre 2015 per la valutazione del piano di caratterizzazione del centro integrato Manzola-Fornace nel Comune di Corteolona ai sensi del d.lgs. 152/2006 e ss.mm.ii., presentato dalla società A2A Ambiente s.p.a.”;
- dalla determinazione del Comune di Corteolona del 2 dicembre 2015, recante: “Piano della caratterizzazione del centro integrato Manzola-Fornace in Comune di Corteolona (PV) ai sensi del d.lgs. 152/06 e ss.mm.ii. Società A2A Ambiente s.p.a. – Autorizzazione all’esecuzione di tutte le operazioni previste nel piano medesimo”, con riferimento al punto 2) della stessa laddove ribadisce “che il presente provvedimento è riferito a tutta l’area perimetrata dalla Provincia di Pavia con l’ordinanza Provinciale n. 2/2015, ma riguarda esclusivamente l’attività di caratterizzazione predisposta dalla Società A2A Ambiente s.p.a., mentre per quanto concerne la caratterizzazione in capo alla società Acqua & Sole s.r.l. verrà esperito apposito procedimento autorizzativo con C.d.S. dedicata per l’approvazione del Piano di caratterizzazione depositato presso il Comune di Corteolona in data 24 novembre 2015 e registrata al n. 5027”.
2. Tali provvedimenti sono stati impugnati con ricorso e due atti di motivi aggiunti dinanzi al T.a.r. per la Lombardia dalla A2A Ambiente s.p.a. sulla base di numerose censure quali:
a) violazione degli artt. 240, 242, 244, 245, 250 e 253 del d.lgs. n. 152/2006, dell’art. 191 comma 2 del Trattato UE del principio “chi inquina paga”, assenza del nesso di causalità tra attività della ricorrente e superamento delle CSC, eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti e irragionevolezza;
b) violazione sotto autonomo profilo degli artt. 240, 242, 244, 245 del d.lgs. n. 152/2006, violazione sotto autonomo e distinto profilo dell’art. 191 comma 2 del Trattato UE, violazione dell’art. 2055 c.c., degli artt. 5 e 6 della l.n. 689/1991, violazione dell’art. 311 del d.lgs n. 152/2006;
c) eccesso di potere per carenza di istruttoria, contraddittorietà, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, carenza di motivazione, violazione dell’art. 3 della l.n. 241/1990;
d) violazione dell’art 10bis della l.n. 241/1990, eccesso di potere per mancata comunicazione del preavviso di diniego, per mancata partecipazione procedimentale, per carenza di istruttoria e per violazione del principio del giusto procedimento;
e) violazione e falsa applicazione dell’art. 9 commi 2 e 3 del d.lgs. n. 36/2003 “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti”, violazione del protocollo ARPA Lombardia del 3 gennaio 2011 “Verifica di conformità progettuale e autorizzativa per l’avvio delle operazioni di smaltimento e per la chiusura delle discariche”, incompetenza;
f) violazione degli artt. 239, 240 e 242 e dell’Allegato 3 della Parte IV del d.lgs. n. 152/2006 e del d.m. n. 471/1999, eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti e manifesta illogicità, incompetenza sotto autonomo e distinto profilo;
g) eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza manifesta perplessità e contraddittorietà, eccesso di potere per sviamento;
h) eccesso di potere sotto autonomo e distinto profilo, per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, illogicità e irragionevolezza, eccesso di potere per carenza di istruttoria e carenza di motivazione, violazione dell’art. 3 della l.n. 241/1990 e dell’art. 242 commi 9 e 10 del d.lgs. n. 152/2006;
i) violazione degli artt. 240, 242, 244, 245, 250 e 253 del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza manifeste, violazione del principio di imparzialità;
i) illegittimità derivata degli atti impugnati.
3. Con la sentenza n. 2236 del 15 ottobre 2021 il T.a.r. per la Lombardia ha rigettato il ricorso e i due motivi aggiunti, condannando la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore della Provincia di Pavia e del Comune di Corteolona.
4. La A2A Ambiente s.p.a. ha chiesto al Consiglio di Stato di riformare tale pronuncia, affidando il proprio appello a due motivi così rubricati:
I – primo motivo di appello: error in iudicando, travisamento delle risultanze istruttorie e del contenuto degli atti impugnati, violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, violazione del principio di separazione dei poteri, violazione dei principi in materia di prova del nesso causale, violazione del principio del “più probabile che non”, violazione del principio “chi inquina paga”, illogicità nella motivazione della sentenza;
II – secondo motivo di appello: error in iudicando, violazione dei principi di solidarietà dell’obbligazione, violazione dell’art. 311 del d.lgs. n. 152/2006, violazione dell’art. 2055 c.c., illogicità nella motivazione della sentenza.
5. Si è costituita in giudizio la Provincia di Pavia, eccependo l’inammissibilità, l’improcedibilità e, in ogni caso, l’infondatezza nel merito dell’appello.
6. Con memorie del 3 e del 4 ottobre 2024 e repliche del 14 e del 17 ottobre 2024 le parti hanno ulteriormente sviluppato le loro argomentazioni, insistendo nelle rispettive conclusioni.
7. Con note depositate il 31 ottobre 2024 e il 5 novembre 2024 sia la Provincia di Pavia che la A2A Ambiente s.p.a. hanno chiesto che la causa fosse decisa sulla base degli atti, senza previa discussione.
8. All’udienza pubblica del 7 novembre 2024 la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.
9. L’odierna appellante, società esercente l’attività di gestione dei rifiuti in un’area convertita in area industriale nel 1991, dove è presente anche un altro operatore svolgente anch’esso analoga attività, con il suo gravame ha dedotto l’erroneità e l’ingiustizia della sentenza impugnata, nella quale il T.a.r. ha riconosciuto la legittimità del provvedimento con cui la Provincia di Pavia aveva affermato la sua responsabilità in solido con la società Acqua & Sole s.r.l. in relazione al fenomeno di inquinamento rilevato nella falda soggiacente il “Centro integrato di Corteolona”, ubicato nel Comune di Corteolona, in località Manzola-Fornace.
10. Con il primo motivo la A2A Ambiente ha lamentato che il T.a.r. non avesse adeguatamente considerato “l’inversione logica” in cui era incorsa la Provincia nell’intimare ad essa e ad Acqua & Sole di provvedere in solido alla caratterizzazione dell’area contaminata ai fini di eventuali interventi di bonifica senza aver previamente accertato con una congrua istruttoria il nesso di causalità tra l’attività da essa svolta e il superamento delle concentrazioni soglia contaminazione (CSC), né tantomeno aver individuato il soggetto responsabile dell’inquinamento.
11. Il giudice di prime cure, ritenendo corretto l’operato della Provincia avrebbe, in realtà, secondo l’appellante, travalicato i propri poteri, dando una lettura “indiziaria” degli elementi che erano stati semplicemente elencati nel provvedimento dall’Amministrazione, con un’inammissibile “integrazione” della motivazione, dell’atto altrimenti carente.
12. La A2A Ambiente ha, inoltre, sostenuto che gli elementi reputati più importanti per l’attribuzione ad essa della responsabilità dell’inquinamento fossero, in realtà, riferibili anche all’altra società operante nel sito, non consentendo così di stabilire “quale dei due soggetti (avesse)…determinato la potenziale contaminazione dell’area di sua pertinenza”, né il momento in cui questa si fosse realizzata.
13. In un simile quadro probatorio, caratterizzato da elevata incertezza, anche il principio del “più probabile che non” non avrebbe potuto operare correttamente, vista la riconducibilità della contaminazione ad ipotesi alternative allo stato neppure ipoteticamente verificabili.
14. Con il secondo motivo l’odierna appellante ha, invece, dedotto che il T.a.r. avesse travisato “il chiaro significato espresso nel provvedimento”, ricollegando la responsabilità solidale dei due operatori all’“elevata probabilità che entrambi gli enti (avessero)… concorso alla contaminazione”, in assenza della prova del nesso di causalità e dei singoli contributi causali, mentre il principio operante in materia di danno ambientale sarebbe stato non la solidarietà, ma la responsabilità di ciascuno soltanto per la parte di danno direttamente riconducibile alla sua condotta, ai sensi dell’art. 311 del d.lgs. n. 152/2006.
15. Tali censure non sono fondate e devono essere respinte.
16. Quanto alle modalità di individuazione della responsabilità di una contaminazione, la giurisprudenza della Sezione è costante nell’affermare che, “in materia ambientale, l'accertamento del nesso fra una determinata presunta causa di inquinamento ed i relativi effetti - accertamento che evidentemente rileva per decidere se determinati interventi per eliminarlo siano giustificati - si basa sul criterio del <<più probabile che non>>, ovvero richiede che il nesso eziologico ipotizzato dall'autorità competente sia più probabile della sua negazione (in questo senso la costante giurisprudenza, per tutte Cons. Stato, Ad. plen. n. 10 del 2019; successivamente, sez. IV, 7 gennaio 2021 n. 172). La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nell'interpretare il principio <<chi inquina paga>> (che consiste nell'addossare ai soggetti responsabili i costi cui occorre far fronte per prevenire, ridurre o eliminare l'inquinamento prodotto), ha fornito una nozione di causa in termini di aumento del rischio, ovvero come contribuzione da parte del produttore al rischio del verificarsi dell'inquinamento” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 21 febbraio 2023 n. 1776).
17. Per poter presumere l'esistenza di un siffatto nesso di causalità, dunque, “l'autorità competente deve disporre di indizi plausibili in grado di dar fondamento alla sua presunzione, quali la vicinanza dell'impianto dell'operatore all'inquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell'esercizio della sua attività. Quando disponga di indizi di tal genere, l'autorità competente è allora in condizione di dimostrare un nesso di causalità tra le attività degli operatori e l'inquinamento diffuso rilevato. Conformemente all'art. 4, n. 5, della direttiva 2004/35, un'ipotesi del genere può rientrare pertanto nella sfera d'applicazione di questa direttiva, a meno che detti operatori non siano in condizione di confutare tale presunzione" (Corte giust. UE, n. 534 del 2015; cfr. anche, in precedenza, la decisione del 9 marzo 2010, in causa C - 378/08).
18. La prova può, quindi, essere data "in via diretta o indiretta, ossia, in quest'ultimo caso, l'amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale può avvalersi anche di presunzioni semplici di cui all'art. 2727 c.c." (Consiglio di Stato, Sez. V, 16 giugno 2009, n. 3885) e il soggetto individuato come responsabile, inoltre, "non può limitarsi a ventilare genericamente il dubbio circa una possibile responsabilità di terzi" ma deve "provare e documentare con pari analiticità la reale dinamica degli avvenimenti e indicare a quale altra impresa, in virtù di una specifica e determinata causalità, debba addebitarsi la condotta causativa dell'inquinamento" (Cons. St., Sez. IV, sentenza n. 5668 del 2017)
19. Nella fattispecie in esame, dallo stesso provvedimento impugnato in primo grado e dagli atti ad esso collegati emergono, in verità, numerosi dati, provenienti dagli accertamenti effettuati, che si rivelano tutti piuttosto convergenti nel ricondurre la contaminazione alle due società che operano all’interno del centro, come il fatto che la contaminazione sia stata riscontrata solo a valle, nella porzione S-SW del sito dove, appunto, svolgono la loro attività soltanto la originaria ricorrente e la Acqua & Sole e non a monte della falda, la riscontrata coerenza delle sostanze riscontrate, solventi clorurati, con i rifiuti trattati nel sito stesso o con ciò che da essi si sviluppa nel corso del processo di degradazione e la circostanza per la quale la zona interessata, in precedenza agricola, dopo la sua riconversione sia stata sempre utilizzata per attività inerenti la gestione dei rifiuti da soggetti comunque collegati attraverso varie fusioni e altre operazioni societarie alle due imprese in questione e in via diretta proprio ad A2A. Tali elementi contribuiscono a comporre la motivazione del provvedimento, già sufficiente a sorreggere sotto il profilo giustificativo la determinazione assunta dall’Amministrazione senza la necessità di alcuna lettura “indiziaria”, né tanto meno “integrativa” da parte dell’organo giudicante. Sul punto può aggiungersi che il T.a.r., nella pronuncia appellata, non appare essere in alcun modo intervenuto a “completare” illegittimamente la motivazione del provvedimento impugnato in primo grado, essendosi limitato, al contrario, ad analizzare puntualmente i dati probatori e a illustrare le ragioni per cui le doglianze della ricorrente non potevano essere condivise.
20. Anche la seconda censura formulata dall’appellante, relativa alla pretesa impossibilità di applicare nel caso in esame l’art. 2055 c.c., anche in forza della deroga alla solidarietà recata dall’art. 311 del d.lgs. n. 152/2006, risulta, a ben vedere, perfettamente superabile. Come la Sezione ha avuto più vote occasione di ribadire (cfr. ex multis, Cons Stato Sez. IV n. 172 del 7 gennaio 2021) quando non è possibile stabilire o riconoscere gli effetti conseguenti alle singole condotte causative di danno ambientale, allora l’attività di bonifica non può che tradursi in un’unica azione e gravare in modo solidale su tutti i responsabili. Non si tratta, infatti, in questa ipotesi di “aggirare” o voler evitare l’accertamento del nesso di causalità, bensì di valorizzare l’elevata possibilità che, proprio in base a tutti i concreti dati raccolti nel corso dell’istruttoria, entrambe le società abbiano effettivamente concorso a determinare l’inquinamento.
21. La doglianza secondo cui la responsabilità da inquinamento non darebbe luogo ad una obbligazione solidale, ma solo eventualmente parziaria, non appare condivisibile prima di tutto in base al principio "chi inquina paga", valido anche nell’ipotesi in cui non si possa escludere l'apporto causale di ulteriori e differenti fattori, poiché, ai fini dell'applicazione di cui agli articoli 239 e ss., in materia di obblighi di bonifica, è sufficiente che vi sia stata una "contribuzione da parte del produttore al rischio del verificarsi dell'inquinamento"; analogamente, in base a tale regola, il fatto che non si possa escludere la responsabilità anche di altre imprese operanti nella medesima zona non rende illegittimo per ciò solo un ordine di bonifica, in quanto la necessità di tutelare l'ambiente e la salute umana esigono, in applicazione del principio di precauzione, che l'inizio delle operazioni finalizzate alla bonifica di un sito non possano essere bloccate in attesa di individuare tutti i possibili responsabili, le singole responsabilità e le singole azioni di bonifica, ove frazionabili: la bonifica deve, infatti, essere sollecitamente eseguita e, ove siano individuati ulteriori responsabili dell'inquinamento, il soggetto giuridico che ha posto in essere gli interventi di bonifica avrà titolo per agire in rivalsa, ai sensi dell'art. 253, comma 4, seconda parte, del d.lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del corresponsabile o dei corresponsabili nella misura a loro imputabile (Cons. Stato, Sez. IV, n. 172 del 7 gennaio 2021). Dinanzi ad indizi chiari, precisi e concordanti tali da ricollegare all’attività di un’impresa o di più imprese la contaminazione di un sito, come precisato, inoltre, dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (sentenza 4 marzo 2015 in causa C-534/13) "occorre ricordare che, conformemente all'articolo 8, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/35, in combinato disposto con il considerando 20 della stessa, l'operatore non è tenuto a sostenere i costi delle azioni di riparazione adottate in applicazione di tale direttiva quando è in grado di dimostrare che i danni in questione sono opera di un terzo e si sono verificati nonostante l'esistenza di idonee misure di sicurezza, o sono conseguenza di un ordine o di un'istruzione impartiti da un'autorità pubblica (v., in tal senso, sentenza ERG e a., EU:C:2010:126, punto 67 e giurisprudenza ivi citata, e ordinanza Buzzi Unicem e a., EU:C:2010:129, punto 46)".
22. A ciò deve aggiungersi che la responsabilità da inquinamento si ascrive al più ampio genere della responsabilità aquiliana, per la quale vale il principio secondo cui "La responsabilità solidale, contrattuale o extracontrattuale (artt. 1292 e 2055, primo comma, cod. civ.), sussiste anche se l'evento dannoso è causalmente derivato dalle condotte, pur autonome e distinte, coeve o successive, di più soggetti, ciascuno dei quali abbia concorso a determinarlo con efficacia di concausa, restando irrilevante, nel rapporto tra danneggiato e danneggiante, la diseguale efficienza causale delle singole condotte, poiché il danneggiato può pretendere l'intera prestazione anche da uno solo degli obbligati. Pertanto il debitore condannato, ove non abbia proposto domanda di rivalsa nei confronti del preteso condebitore solidale, non ha alcun interesse ad impugnare la sentenza nella parte in cui si esclude la responsabilità di uno o più condebitori, perché essa non aggrava la sua posizione di debitore dell'intero, né pregiudica il suo eventuale diritto di rivalsa." (ex multis: Cass. Civ. Sez. III, n. 15431 del 22 luglio 2005). La responsabilità solidale è, perciò esclusa solo in relazione al danno determinato da una causa che abbia avuto, da sola, efficacia sufficiente a causare l'evento: ma su questo specifico punto l'appellante non ha fornito una dimostrazione specifica, essendosi in sostanza limitata a prospettare il difetto di istruttoria da parte dell’Amministrazione e la mancata individuazione delle precise modalità di contaminazione del sito da parte sua e dell’altra impresa operante nel centro, ma non la relativa efficacia causale esclusiva.
23. Quanto, infine, al significato da attribuire all’art. 311 del d.lgs. n. 152/2006, questo risulta essere stato correttamente individuato, nel caso in questione, dal T.a.r. nell’esigenza non certo di derogare in materia ambientale all’art. 2055 c.c., quanto, piuttosto di riaffermare nelle varie fattispecie la diversità degli obblighi ripristinatori e risarcitori per distinti e separatamente individuabili danni conseguenza.
24. In mancanza di qualsiasi significativo elemento in grado di dimostrare la carenza di istruttoria o di motivazione del provvedimento impugnato in primo grado o palesi errori di fatto e incongruenze nella sua adozione, in applicazione delle regole giuridiche vigenti in materia di responsabilità, le determinazioni della Provincia di Pavia non possono, dunque, che essere ritenute legittime e ragionevoli, come già affermato dal T.a.r. nella pronuncia appellata.
25. In conclusione, l’appello, come anticipato, deve essere perciò integralmente rigettato.
26. Le spese del presente grado di appello seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società appellante alla rifusione, in favore della Provincia di Pavia, delle spese del grado di appello, liquidate in € 6.000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Neri, Presidente
Silvia Martino, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Michele Conforti, Consigliere
Ofelia Fratamico, Consigliere, Estensore