Cass. Civile Sez. U, Sentenza n. 10733 del 28/10/1998
Presidente: Bile F. Estensore: Garofalo G. P.M. Carnevali A. (Conf.)
Comune S. Zeno Di Montagna (Manzi) contro Schena (Paoletti)
(Cassa con rinvio, App. Venezia, 16 giugno 1995).
GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - CORTE DEI CONTI - Condanna penale di un sindaco per il reato di lottizzazione abusiva - Richiesta di risarcimento del danno ambientale da parte del comune - Giurisdizione della Corte dei Conti - Esclusione - Giurisdizione del G.O. - Sussistenza - Fondamento.

L'azione di responsabilità nei confronti di amministratori e funzionari degli enti territoriali (nella specie, il sindaco di un comune) rientra nella giurisdizione contabile della Corte dei Conti soltanto per ciò che attiene al cosiddetto danno erariale, (quanto, cioè, agli esborsi indebitamente sostenuti dagli enti medesimi), mentre, con riferimento al danno urbanistico - ambientale (nella specie, derivante da lottizzazione abusiva della quale il sindaco era stato riconosciuto responsabile in sede penale), l'azione stessa è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, ex art. 18 della legge n. 349 del 1986.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE UNITE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Franco BILE - Primo Presidente F.F. -
Dott. Mario CORDA - Presidente di Sezione -
Dott. Pasquale PONTRANDOLFI - Presidente di Sezione -
Dott. Francesco AMIRANTE - Consigliere -
Dott. Gaetano GAROFALO - Rel - Consigliere -
Dott. Massimo GENGHINI - Consigliere -
Dott. Giovanni PRESTIPINO - Consigliere -
Dott. Giovanni PAOLINI - Consigliere -
Dott. Antonio CATALANO - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI SAN ZENO DI MONTAGNA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato LUIGI MANZI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIAN PAOLO SARDOS ALBERTINI, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
SCHENA PIERLUIGI;
- intimato -
e sul 2 ricorso n. 07322/96 proposto da:
SCHENA PIERLUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B. TORTOLINI 34, presso lo studio dell'avvocato NICOLÒ PAOLETTI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato IVONE CACCIAVILLANI, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
COMUNE DI SAN ZENO DI MONTAGNA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato LUIGI MANZI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIAN PAOLO SARDOS ALBERTINI, giusta delega a margine;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 801/95 della Corte d'Appello di VENEZIA, depositata il 16/6/95, udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7/5/98 dal Consigliere Dott. Gaetano GAROFALO;
uditi gli Avvocati Luigi MANZI, per il ricorrente, Ivone CACCIAVILLANI, per il controricorrente e ricorrente incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alessandro CARNEVALI che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale, inammissibilità del ricorso incidentale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Comune di San Zeno di Montagna, con atto di citazione del 22 marzo 1985, convenne innanzi al Tribunale di Verona Pierluigi Schena, già sindaco di quell'amministrazione dal 1970 al 1975, per sentirlo condannare al risarcimento del danno arrecato all'ente a seguito di una lottizzazione del danno arrecato all'ente a seguito di una lottizzazione abusiva di una porzione del territorio comunale - lottizzazione per la quale egli era stato riconosciuto colpevole, con sentenza passata in cosa giudicata, in sede penale ed era stato anche condannato al risarcimento del danno, da liquidare in separata sede, in favore del Comune costituitosi parte civile -. Il Tribunale, con sentenza del 10 giugno 1992, accolse la domanda e condannò lo Schena al risarcimento del danno, equitativamente liquidato in lire 2.700.000.000, oltre interessi.
2. La Corte d'Appello di Venezia, con sentenza del 21 febbraio 1995, in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ritenendo spettare la stessa alla Corte dei Conti.
Ritenne, tra l'altro, la Corte d'Appello che la legge 142/1990 aveva abrogato le disposizioni del t.u., approvato con R.D. 383/1934, della legge comunale e provinciale concernenti la responsabilità degli amministratori e dipendenti degli enti locali ed aveva, altresì stabilito che per i predetti amministratori dovevano essere osservate le disposizioni processuali che attribuivano alla cognizioni della Corte dei Conti i giudizi di responsabilità patrimoniale a carico degli impiegati dello Stato;
e che, pertanto, del danno ambientale arrecato dall'illecito operato del sindaco, questi doveva rispondere innanzi al giudice amministrativo e non a quello ordinario.
3. Ha proposto ricorso per cassazione il Comune di San Zeno, sulla base di tre motivi, chiedendo dichiararsi la giurisdizione dell'adito giudice ordinario.
Lo Schena ha resistito con controricorso ed ha altresì proposto ricorso incidentale condizionato, avverso il quale il Comune di San Zeno ha, a sua volta, depositato controricorso.
Ambo le parti hanno presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso principale e quello incidentale devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni proposte contro la stessa sentenza.
2. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 18 della legge 8 luglio 1986 n. 349, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., affermando essere il danno ambientale risarcibile in sede civile e rientrare l'azione relativa nella giurisdizione del giudice ordinario; per vero dal combinato disposto dell'art. 18 della citata legge e dell'art. 22 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 si evince che la giurisdizione appartiene di norma al giudice ordinario, con l'unica eccezione in caso di rivalsa dell'amministrazione che abbia risarcito ad un terzo il danno cagionato dal dipendente, agendo contro questi a norma degli artt. 18 e 16 della legge: così che solo in quest'ultima ipotesi la giurisdizione appartiene alla Corte di Conti e non al giudice ordinario.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta nuovamente violazione e falsa applicazione dell'art. 18 della legge 349/1986, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d'Appello erroneamente ritenuto che il danno arrecato al Comune di San Zeno dovesse essere frazionato in due parti (danno ambientale e danno urbanistico) ambedue di natura erariale, così che il quantum del risarcimento avrebbe dovuto essere determinato unicamente dalla Corte dei Conti. Contesta sul punto il ricorrente detto frazionamento, operato ritenendo ambientale il danno arrecato alla flora ed alla fauna ed urbanistico quello prodotto al territorio comunale con l'illecita realizzazione del villaggio turistico, affermando che il territorio tutto rientra tra i beni oggetto di tutela ex art. 18 della legge 349/1986 in quanto rappresenta uno degli aspetti più rilevanti del concetto stesso di ambiente; peraltro la violazione delle norme di natura urbanistica, di cui alle leggi 10/1977, 47/1985, 1497/1939 ed al D.P.R. 616/1977, danneggiando il territorio comunale, integra certamente il danno ambientale menzionato dall'art. 18 della legge 349/1986.
Con il terzo motivo l'amministrazione ricorrente denuncia violazione degli artt. 651 (già 27) del codice di procedura penale e 2909 e 2043 del codice civile, in relazione all'art. 360 n. 3 del codice di procedura civile, per avere la Corte d'Appello declinato la propria giurisdizione, in favore di quella della Corte di Conti, erroneamente presupponendo che la domanda risarcitoria riguardasse un danno di natura erariale; ma l'affermazione della Corte territoriale trova smentita sia nelle leggi citate (supra) sia nell'interpretazione giurisprudenziale ed è altresì in contrasto con il giudicato formatosi in sede penale anche in ordine all'obbligo risarcitorio dello Schena, avendo il giudice penale demandato a quello civile soltanto la determinazione della misura dell'indennizzo dovuto all'amministrazione costituitasi parte civile; la Corte d'Appello non ha considerato che l'amministrazione comunale era titolare di un vero e proprio diritto soggettivo al risarcimento del danno, essendo stato tale diritto accertato ed affermato con sentenza penale passata in cosa giudicata. 3. Le censure sono fondate.
La Corte d'Appello non ha tenuto conto di quanto dispone l'art. 18 della legge 8 luglio 1986 n. 349, il quale, dopo aver stabilito, al comma primo, che "qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti ... che comprometta l'ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto od in parte, obbliga l'autore del fatto al risarcimento...", esplicitamente enuncia, al comma secondo, che "per la materia di cui al precedente comma primo la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, ferma quella della Corte dei Conti, di cui all'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957 n. 3"; ne' la Corte d'Appello ha tenuto presente il contenuto di quest'ultima norma, che prevede la giurisdizione della Corte dei Conti (solo) per l'ipotesi che "l'amministrazione, che abbia risarcito il terzo del danno cagionato dal dipendente, si rivale agendo contro quest'ultimo...".
La legge 8 giugno 1990 n. 142, all'art. 58, dettando disposizioni in materia di responsabilità, enuncia che per gli amministratori ed il personale degli enti locali si osservano le disposizioni vigenti in materia di responsabilità degli impiegati civili dello Stato, precisando, poi, che la giurisdizione della Corte dei Conti sussiste "secondo le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti" per il tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico danaro o sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali nonché per coloro che si inseriscono negli incarichi attribuiti a detti agenti, che devono rendere il conto della loro gestione.
Evidente è quindi che la citata legge 142/1990, pur abrogando le disposizioni del t.u. delle leggi comunale e provinciale, approvato con R.D. 383/1934, come ha affermato la corte d'appello, non ha anche soppresso le altre leggi (supra) che invece - richiamate dal citato art. 58 - sono rimaste pienamente in vigore.
Il menzionato quadro normativo induce quindi a ritenere che, vigendo l'art. 18, comma 2, della legge 8 luglio 1986 n. 348, la giurisdizione per la fattispecie de qua, in tema di danno ambientale, appartenga al giudice ordinario e non alla Corte dei Conti, spettando al giudice ordinario i giudizi per i danni arrecati dai dipendenti e funzionari pubblici in modo diretto ed alla Corte dei Conti quelli di rivalsa della pubblica amministrazione contro il dipendente o l'amministratore che abbia danneggiato un terzo, agendo con dolo e colpa grave, in violazione dei doveri del suo ufficio. Sul punto va ricordato l'indirizzo offerto dalla Corte Costituzionale con sentenza 641 del 30 dicembre 1987, in relazione al danno ambientale, al risarcimento ed alla giurisdizione del giudice ordinario - ex art. 18 della legge 346/1986 - laddove la Corte afferma, tra l'altro, che nel vigente ordinamento il giudice dei diritti soggettivi è il giudice ordinario, tranne le eccezioni legislativamente stabilite; che spetta al legislatore la determinazione della sfera di giurisdizione dei giudici; che l'attribuzione della materia del risarcimento del danno ambientale alla giurisdizione del giudice ordinario non comporta violazione dell'art. 25, comma 1, della Costituzione, perché la Corte dei Conti non è, in ogni caso, il giudice naturale della tutela degli interessi pubblici e della tutela da danni pubblici; che, inoltre, l'ambiente deve considerarsi un bene che, sebbene composto da varie componenti, costituisce un unicum, in guisa che, in caso di violazione delle norme che lo tutelano, che pregiudichino le finalità protettive che sono alla base delle norme stesse e che producano un danno patrimoniale, il risarcimento del danno è demandato ex lege al giudice ordinario.
Queste Sezioni Unite, inoltre, già, con precedente sentenza 7677 del 23 giugno 1992, hanno enunciato il principio secondo il quale l'azione di responsabilità nei confronti di amministratori e funzionari degli enti territoriali rientra nella giurisdizione contabile della Corte dei Conti per quanto attiene al danno di natura erariale, in relazione agli esborsi subiti da detti enti, mentre, in tema di danno di tipo urbanistico-ambientale, essa è devoluta alla cognizione del giudice ordinario ai sensi dell'art. 18 della legge 8 luglio 1986 n. 349.
La distinzione, ingiustificatamente operata dalla corte d'appello, tra danno ambientale e danno urbanistico, non può essere condivisa per quanto attiene alla giurisdizione, trattandosi di fatti che riguardano entrambi inscindibilmente il territorio, la cui tutela, se illecitamente compromesso, è demandata al giudice ordinario, fatte salve le eccezioni introdotte dall'art. 18 della legge 8 luglio 1986 n. 349, che, come premesso, limita la giurisdizione della Corte dei Conti - in materia di danno ambientale - all'ipotesi prevista dal D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3.
Deve pertanto, in accoglimento del ricorso principale, essere affermata la giurisdizione del giudice ordinario, a nulla rilevando, in contrario, l'asserto condono edilizio che, a dire del controricorrente, nelle more del giudizio sarebbe intervenuto per edifici compresi nell'area lottizzata, trattandosi di fatto dichiarato solo in questa sede dal controricorrente, contestato in fatto dal ricorrente ed irrilevante ai fini del regolamento della giurisdizione.
4. Il ricorso incidentale è inammissibile, posto che delle questioni di merito sollevate dal ricorrente potrà conoscere il giudice del rinvio al quale viene rimessa la causa.
5. Detto giudice, all'uopo designato nella Corte d'appello di Venezia, provvederà anche in ordine alle spese del procedimento di legittimità, a norma dell'art. 385 c.p.c..
P.Q.M.
la Corte, a Sezioni Unite, riunisce i ricorsi, accoglie quello principale, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del procedimento di cassazione, alla Corte d'appello di Venezia.
Così deciso il 7 maggio 1998.