 Cass.Sez. III n. 197 del 7 gennaio 2013 (Ud.6 nov.2012)
Cass.Sez. III n. 197 del 7 gennaio 2013 (Ud.6 nov.2012) 
Pres.Franco Est.Ramacci Ric.Zanotti e altri
Polizia Giudiziaria.Relata di notifica su foglio separato
In tema di notificazioni, la relata di notifica va compilata in calce all'atto da notificare e alla copia notificata, ma può anche essere redatta in un foglio separato o in un verbale in cui la polizia giudiziaria attesti l'espletamento di altre attività delegate dal pubblico ministero, sempre che non sussistano dubbi sul documento cui essa si riferisce e che sia assicurata la completezza dell'atto notificato.
  Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE    
 SEZIONE TERZA 
 Dott. FRANCO   Amedeo            - Presidente  - del 06/11/2012
 Dott. AMOROSO  Giovanni          - Consigliere - SENTENZA
 Dott. MULLIRI  Guicla            - Consigliere - N. 2603
 Dott. RAMACCI  Luca         - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. GRAZIOSI Chiara            - Consigliere - N. 38249/2012
 ha pronunciato la seguente: 
 sul ricorso proposto da:
 1) ZANOTTI MARCO N. IL 22/12/1961;
 2) BONETTI AGOSTINO N. IL 13/01/1945;
 3) BONETTI PIERROBERTO N. IL 31/12/1970;
 4) PRESTINI ALESSANDRA N. IL 14/12/1969;
 avverso la sentenza n. 4169/2010 TRIBUNALE di BRESCIA, del  16/01/2012;
 visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
 udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/11/2012 la relazione fatta dal  Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
 Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mazzotta Gabriele,  che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
 udito il difensore avv. Luceri G., di Roma, in sost. Avv. Ambrosio  S., avv. Favino L., in sost. Avv. Magli L., Avv. Lojacono S. in sost.  Avv. Ghemri C..
 RITENUTO IN FATTO
 1. Il Tribunale di Brescia, in composizione monocratica, con sentenza  del 16.1.2012 ha affermato la penale responsabilità di ZANOTTI  Marco per i reati di cui al D.Lgs. n. 59 del 2005, art. 16, comma 1,  art. 650 c.p., artt. 81 e 110 c.p. e D.Lgs. n. 152 del 2006, art.  256, comma 1, lett. a) e comma 2; di BONETTI Agostino, BONETTI  Pierroberto e Alessandra PRESTINI per i reati di cui agli artt.  81 e 110 c.p., art. 256, comma 1, lett. a), condannandoli alla pena  dell'ammenda.
 In particolare, ZANOTTI Marco, quale socio amministratore della  "Azienda Agricola Travedo ss.", esercente attività di allevamento di  suini, era stato chiamato a rispondere dell'esercizio di detta  attività in assenza della prescritta autorizzazione integrata  ambientale, nonché dell'inottemperanza ad un'ordinanza sindacale che  imponeva lo smaltimento immediato dei reflui zootecnici provenienti  dall'allevamento. Inoltre, in concorso con BONETTI Agostino e  BONETTI Pierroberto, rispettivamente legale rappresentante e socio  della "Bonetti Agostino e figli Società semplice agricola", doveva  rispondere anche di abbandono di rifiuti speciali non pericolosi (CER  02.01.06), consistenti in liquami zootecnici che venivano prelevati  con autobotti e depositati su terreni senza alcuna finalità  agronomica.
 Ad Agostino BONETTI e Pierroberto BONETTI, inoltre, era  contestato l'abbandono di rifiuti dello stesso genere (CER 02.01.06),  con analoghe modalità, effettuato in concorso con PRESTINI Luigi  Angelo Giacomo (separatamente giudicato) e PRESTINI Alessandra,  legali rappresentanti della "Società agricola Prestini S.S. di Luigi  e Alessandra Prestini", nonché l'illecita gestione sempre di liquami  zootecnici (CER 02.01.06).
 Avverso tale pronuncia i predetti propongono separati ricorsi per  cassazione.
 2. ZANOTTI Marco deduce, con un primo motivo di ricorso la mancata  assunzione di una prova decisiva la cui assunzione era stata  richiesta mediante inserimento nella lista testimoniale ed ammessa  dal Tribunale, che aveva successivamente revocato il precedente  provvedimento, concernente l'escussione di un teste.  Lamenta che il teste avrebbe potuto riferire in merito al ruolo da  lui stesso svolto riguardo allo spandimento dei liquami, chiarendo  così la sua condotta rispetto alle imputazioni ascrittegli.  3. Con un secondo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione,  lamentando che il giudice del merito avrebbe trascurato elementi  probatori aventi rilevanza certa e che indicava nella deposizione di  un ufficiale di polizia giudiziaria e nella memoria difensiva  contenente un parere di un consulente di parte.
 4. Con un terzo motivo di ricorso denuncia, ancora una volta, il  vizio di motivazione per avere il giudice trascurato l'esame della  documentazione difensiva, dalla quale emergerebbe il possesso di  autorizzazione allo "scarico sul suolo agricolo delle sostanze  provenienti da allevamenti zootecnici" e la presentazione del P.U.A.  (piano di utilizzazione agronomica) da parte di soggetto diverso.  5. Con un quarto motivo di ricorso contestava il rigetto della  richiesta di oblazione, che assumeva effettuato dal giudice senza  considerare significative circostanze emerse nel corso del  dibattimento.
 6. Agostino BONETTI e Pierroberto BONETTI, con unico ricorso,  deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione,  rilevando, in primo luogo, che il giudice del merito avrebbe fondato  la propria decisione sull'erroneo presupposto che i liquami  zootecnici fossero qualificabili come rifiuti, sulla base della sola  mancanza di un valido piano di utilizzazione agronomica (PUA) e senza  verificare la sussistenza di finalità agronomica o meno nello  spandimento.
 Aggiungono che la motivazione si palesava illogica laddove  valorizzava, ai fini dell'affermazione di penale responsabilità, le  dichiarazioni dell'ufficiale di polizia giudiziaria che aveva  proceduto agli accertamenti nella parte in cui riferiva che i terreni  interessati dallo spandimento erano già utilizzati in altri PUA,  circostanza che evidenziava, al più, una irregolarità formale ed  amministrativa nello svolgimento di attività agronomica.  La tipologia di attività effettivamente svolta, osservano, non  richiedeva alcun titolo abilitativo previsto dalla disciplina sui  rifiuti ed inoltre, per quanto riguarda il profilo soggettivo, non  avevano nessun obbligo di informazione circa l'esistenza o meno di un  valido PUA.
 Si contesta, infine, la equiparazione, sotto il profilo  sanzionatorio, di tutte le condotte attribuite ai diversi imputati,  senza alcuna distinzione per le qualifiche singolarmente ricoperte.  7. Alessandra PRISTINI deduce, con un primo motivo di ricorso la  violazione di legge, rilevando la nullità della sentenza per omessa  notificazione dell'avviso conclusione delle indagini.  Rileva, a tale proposito, di aver eccepito la nullità della notifica  dell'avviso prima della dichiarazione di apertura del dibattimento,  in quanto l'atto non riportava in calce l'attestazione di avvenuta  notificazione, per essere la stessa contenuta, invece, in un atto  diverso (verbale di identificazione redatto dalla polizia  giudiziaria) e che l'eccezione era stata respinta dal giudice con  ordinanza che pure si impugna.
 La mancanza della relata in calce all'atto, osserva, determina  incertezza sul fatto che l'atto sia stato consegnato al destinatario  completo in ogni sua parte, ivi compresa l'indicazione dei diritti e  delle facoltà previste dalla legge.
 8. Con un secondo motivo di ricorso e relativamente al capo B)  dell'imputazione (abbandono di rifiuti in concorso), denuncia il  vizio di motivazione, affermando che, pur deponendo tutte le  risultanze dibattimentali nel senso della sua completa estraneità ai  fatti, il giudice del merito ne ha riconosciuto la responsabilità in  quanto amministratore di fatto, mentre invece ella è amministratore  di diritto e facendo riferimento all'effettuazione di pagamenti ai  coimputati BONETTI quale corrispettivo per lo sversamento in  mancanza di qualsivoglia elemento di riscontro.
 9. Con un terzo motivo di ricorso deduce la mancanza di motivazione  in relazione ai fatti di cui al capo C) dell'imputazione (illecita  gestione di rifiuti in concorso), indicati in rubrica come commessi  il 26 giugno 2007 e rispetto ai quali il provvedimento non fa  alcuna menzione
 10. Con un quarto motivo di ricorso lamenta la mancata assunzione di  una prova decisiva, avendo fatto richiesta ai sensi dell'art. 495  c.p.p., comma 2 di procedere all'audizione, in controprova rispetto  ai testi indicati dal Pubblico Ministero, del coimputato PRESTINI  Luigi Angelo Giacomo, assunzione di prova che non poteva essere  richiesta nei termini ordinari in quanto, nella stessa udienza nella  quale furono ammesse le prove, la posizione del predetto era stata  separata avendo egli richiesto l'applicazione della pena concordata  ex art. 444 c.p.p..
 Tutti insistono, pertanto, per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi.  CONSIDERATO IN DIRITTO
 11. Tutti i ricorsi sono infondati.
 Con riferimento al primo motivo di ricorso prospettato dallo  ZANOTTI, deve richiamarsi la decisione delle SS.UU. di questa  Corte, secondo la quale il diritto alla prova riconosciuto alle parti  implica la corrispondente attribuzione del potere di escludere le  prove manifestamente superflue ed irrilevanti, secondo una verifica  di esclusiva competenza del giudice di merito che sfugge al sindacato  di legittimità ove abbia formato oggetto di apposita motivazione  immune da vizi logici e giuridici (SS.UU. n. 15208, 21 aprile 2010).  Nella fattispecie, come risulta dal verbale di udienza del 16.1.2012,  che la Corte può consultare stante la natura processuale  dell'eccezione, il giudice del merito ha ritenuto superflua  l'escussione del teste indicato dalla difesa (STABIUMI Onorato)  sulla base di una produzione documentale acquisita nella stessa  udienza.
 Si tratta di una motivazione che non evidenzia alcun vizio di  logicità ed appare giuridicamente corretta e sfugge, pertanto, ad  ogni censura in questa sede.
 In ogni caso, il ricorrente non deduce di aver eccepito  immediatamente l'eventuale nullità dell'ordinanza di revoca, ne' la  formulazione dell'eccezione risulta dall'esame del verbale medesimo,  con la conseguenza che la stessa sarebbe in ogni caso sanata ai sensi  dell'art. 182 c.p.p., comma 2 (cfr. Sez. 5, n. 18531, 14 maggio 2012;
 Sez. 3, n. 816, 12 gennaio 2006).
 Quanto osservato risulta determinante ai fini della declaratoria di  infondatezza del motivo, ma è comunque il caso di osservare che  mancherebbe, comunque, la doverosa dimostrazione della decisività  della prova non ammessa, dovendosi intendere come tale quella che ove  esperita, avrebbe determinato una diversa decisione (Sez. 3, n.  25781, 15 luglio 2010; Sez. 6, n. 14916, 19 aprile 2010 ed altre  prec. conf.).
 Tale onere, infatti, incombe sulla parte che intende censurare  l'ordinanza con la quale viene esclusa la prova già ammessa in forza  del principio di specificità di all'art. 581 c.p.p., comma 1, lett.  c), (Sez. 6, n. 15673, 23 aprile 2012) e, nella fattispecie, non  risulta dimostrato, dal tenore del ricorso, che l'esito della  deposizione negata sarebbe stato sufficiente a scardinare l'impianto  argomentativo posto a sostegno della decisione impugnata, in quanto  il ricorrente si limita ad affermare che il teste avrebbe potuto  riferire riguardo a determinati dati fattuali e documenti senza  tuttavia meglio chiarire la rilevanza della testimonianza ai fini  suddetti rispetto alle determinazioni del giudice.  12. Il secondo motivo e terzo motivo del ricorso dello ZANOTTI sono  invece articolati interamente in fatto e si sostanziano nella  prospettazione di una lettura alternativa delle risultanze  dibattimentali attraverso l'illustrazione di stralci di verbali e di  memorie che non è consentita in questa sede di legittimità.  Occorre ricordare, a tale proposito, che il controllo sulla  motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto,  in ragione della espressa previsione normativa, al solo accertamento  sulla congruità e coerenza dell'apparato argomentativo con  riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo e  non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto  posti a fondamento della decisione o l'autonoma scelta di nuovi e  diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e  valutazione dei fatti (si vedano ad esempio, limitatamente alla  pronunce successive alle modifiche apportate all'art. 606 c.p.p.  dalla L. n. 46 del 2006, Sez. 3, n. 12110, 19 marzo 2009; Sez. 6, n.  23528, 6 luglio 2006; Sez. 6, n. 14054, 20 aprile 2006; Sez. 6, n.  10951, 29 marzo 2006).
 Si è altresì precisato che il vizio di motivazione ricorre nel caso  in cui la stessa risulti inadeguata perché non consente di  riscontrare agevolmente le scansioni e gli sviluppi critici che  connotano la decisione riguardo a ciò che è stato oggetto di prova  ovvero impedisce, per la sua intrinseca oscurità od incongruenza, il  controllo sull'affidabilità dell'esito decisorio, sempre avendo  riguardo alle acquisizioni processuali ed alle prospettazioni  formulate dalle parti (Sez. 6, n.7651, 25 febbraio 2010).  Nella fattispecie il Tribunale, come pure si dirà in seguito, ha  sviluppato un percorso argomentativo del tutto coerente e scevro da  salti logici.
 13. Quanto al quarto motivo di ricorso presentato dallo ZANOTTI, lo  stesso è connotato da estrema genericità, perché si limita a  contestare il rigetto della istanza di ammissione all'oblazione  affermando che il giudice avrebbe trascurato di considerare  circostanze fondamentali indicate con il mero richiamo alle  argomentazioni in precedenza svolte.
 In realtà il provvedimento impugnato si presenta, anche sul punto,  del tutto immune da censure, avendo il giudice motivatamente respinto  la richiesta con riferimento alla gravità dei fatti, ampiamente  illustrati in sentenza e con specifici richiami alle risultanze  dibattimentali dalle quali emergeva la permanenza della condotta  illecita contestata.
 Il Tribunale ha dunque proceduto in modo del tutto corretto alla  valutazione discrezionale richiestagli dall'art. 162 bis c.p..  14. A conclusioni non diverse deve pervenirsi riguardo al ricorso  presentato da Agostino BONETTI e Pierroberto BONETTI, rispetto  al quale occorre rilevare che l'impianto argomentativo è  principalmente fondato sull'erroneo convincimento di una non corretta  qualificazione giuridica dei fatti da parte del giudice del merito.  In sostanza, i ricorrenti assumono che l'applicazione ai liquami  della disciplina dei rifiuti non è corretta, sostenendo che si  tratta, nella fattispecie, di semplice utilizzazione agronomica,  nulla dimostrando la mancanza di un valido piano di utilizzazione  agronomica (PUA) e l'inclusione dello stesso terreno in più PUA,  assumendo invece rilievo l'assenza di verifiche circa la sussistenza  o meno di finalità agronomiche nello spandimento dei liquami  zootecnici.
 Occorre preliminarmente ricordare, a tale proposito, che questa Corte  ha già avuto modo di individuare, attraverso l'esame delle  disposizioni di settore, i casi in cui lo spandimento di liquami  zootecnici rientra nella lecita pratica della fertirrigazione.  Si è infatti affermato che detta pratica, la cui disciplina si pone  in deroga alla normativa sui rifiuti, rispetto alla quale è autonoma  ed indipendente e non richiede che gli effluenti provengano da  attività agricola e siano riutilizzati nella stessa attività  agricola, presuppone l'effettiva utilizzazione agronomica delle  sostanze, la quale implica che essa sia di una qualche utilità per  l'attività agronomica e lo stato, le condizioni e le modalità di  utilizzazione delle sostanze compatibili con essa, con la conseguenza  che, in difetto, lo spandimento dei liquami resta sottoposto alla  disciplina generale sui rifiuti (Sez. 3, n. 5039, 9 febbraio 2012;
 nello stesso senso, Sez. 3, n. 5044/2012, non massì mata).  Sulla scorta di tale principio, che va ribadito, deve dunque  procedersi alla verifica di legittimità richiesta sul provvedimento  impugnato.
 Le modalità di spandimento dei liquami sui terreni indicati  nell'imputazione risultano diffusamente descritte in più punti della  motivazione, con precisi riferimenti alla ripetizione, per più volte  l'anno, degli sversamenti, all'assenza di finalità agronomica, alla  presenza su uno dei terreni di una "palude" con almeno 20 centimetri  di liquame, all'assenza di coltivazioni in atto.
 Si tratta di accertamenti in fatto che inequivocabilmente deponevano  per una attività di abbandono o illecita gestione di rifiuti e che  in alcun modo potevano indurre il giudicante a conclusioni diverse da  quelle correttamente assunte e, cioè, che la condotta contestata  andava inquadrata nell'ambito di operatività del D.Lgs. n. 152 del  2006, art. 256, non potendosi parlare di "fertirrigazione" rispetto  ad accadimenti del genere.
 Tale stato di cose rende del tutto evidente l'infondatezza degli  argomenti prospettati in ricorso, che attengono ad attività  completamente diverse da quelle effettivamente svolte.  Nè manca, come si desume dalle inequivoche affermazioni del  Tribunale, quell'accertamento sulla effettiva sussistenza di  finalità agronomiche dello smaltimento che i ricorrenti ritengono  assente.
 15. Parimenti infondata risulta l'ulteriore censura concernente la  posizione soggettiva dei singoli ricorrenti.
 Va ricordato, a tale proposito, che, in linea generale, la  responsabilità per la attività di gestione non autorizzata, non  avendo necessariamente attinenza al profilo della consapevolezza e  volontarietà della condotta e potendo scaturire da comportamenti che  violino i doveri di diligenza, per la mancata adozione di tutte le  misure necessarie per evitare illeciti nella predetta gestione e che,  legittimamente, si richiedono ai soggetti preposti alla direzione  dell'azienda, ben può ascriversi anche in ragione di un  atteggiamento semplicemente negligente (v. Sez. 3, n. 47432, 11  dicembre 2003).
 Nella fattispecie, il giudice del merito ha dato atto non solo del  ruolo primario svolto da BONETTI Pierroberto il quale, sebbene  semplice socio, è risultato dalle testimonianze acquisite colui il  quale direttamente impartiva le direttive al personale che poi  effettuava il trasporto e lo spandimento dei rifiuti, ma anche della  evidente responsabilità del padre, BONETTI Agostino, il quale,  nella sua qualità di amministratore, era certamente consapevole  dell'attività illecita reiteratamente posta in essere dalla società  da lui rappresentata che portava, peraltro, alla società medesima,  il vantaggio economico dei pagamenti effettuati per le prestazioni  svolte in favore dei coimputati.
 Per quanto attiene, inoltre, al trattamento sanzionatorio, la  determinazione dello stesso rientra nell'ampio potere discrezionale  attribuito al giudice di merito che risulta legittimamente esercitato  fornendo adeguata motivazione.
 16. Parimenti infondato risulta il ricorso presentato da PRESTINI  Alessandra rispetto al quale occorre osservare, riguardo al primo  motivo di ricorso, che correttamente il giudice del merito risulta  aver respinto l'eccezione di nullità della notifica.  Va in primo luogo rilevato che la ricorrente non pone in discussione  il fatto che il personale di polizia giudiziaria incaricato della  notifica abbia effettivamente consegnato un atto incompleto, bensì  che le modalità della notificazione farebbero venir meno la certezza  della consegna.
 Ciò che viene dedotta è, in altre parole, la mera irregolarità  formale della notificazione.
 Ciò posto, risulta dagli atti opportunamente allegati al ricorso che  detta notificazione è stata effettuata dalla polizia giudiziaria  delegata dal Pubblico Ministero mediante consegna dell'atto  all'imputata presente, includendo poi la relata di notifica  all'interno di un verbale di identificazione ed elezione di  domicilio.
 Il giudice del merito ha escluso la sussistenza di cause di nullità  rilevando che, nel verbale suddetto, erano state indicate la presenza  fisica del destinatario dell'atto, le generalità dell'organo  notificatore, l'atto notificato mediante indicazione del numero di  registro generale del procedimento e la data dell'avvenuta notifica.  La conclusione cui il giudice è pervenuto appare corretta.  In effetti non risulta rinvenibile, nella fattispecie, nessuna tra le  ipotesi di nullità della notifica contemplate dall'art. 171 c.p.p.  nè, come si è già detto, la ricorrente ha posto in dubbio che  l'atto sia stato notificato in modo incompleto.
 Va peraltro ricordato, che, con riferimento alla nozione di "notifica  in modo completo" cui fa riferimento l'art. 171 c.p.p., lett. a) si  è già avuto modo di precisare che tale espressione differisce da  quella utilizzata nell'art. 148 c.p.p., comma 3, ove si dispone che  gli atti siano notificati "per intero" cosicché, in ragione della  non perfetta corrispondenza tra le due norme deve considerarsi atto  completo e quindi utilmente notificabile, quello che, per quanto non  "intero", contenga tuttavia gli elementi essenziali di conoscenza per  il pieno esercizio del diritto di difesa (Sez. 1, n.3273, 5 agosto  1993) cosa che, in ogni caso, nella fattispecie, è certamente  avvenuta.
 Invero, sulla base dei medesimi presupposti, si era già avuto  occasione di riconoscere la validità della relazione di avvenuta  notifica redatta su un foglio separato, purché non sussistano dubbi  sul documento cui essa si riferisce (Sez. 6, n. 6791, 7 giugno 2000)  Inoltre, la circostanza che l'avvenuta notifica sia attestata su un  verbale nel quale l'ufficiale che l'ha eseguita documenta anche  l'esecuzione di altre attività delegate (nel caso in esame,  l'identificazione l'elezione di domicilio del destinatario) non lede  in alcun modo i diritti del destinatario e risponde ad esigenze di  speditezza ed economicità dell'ufficio di procura che,  evidentemente, attraverso la delega contestuale di più attività  alla polizia giudiziaria ha la possibilità di utilizzarla anche per  le notifiche nel rispetto dei limiti di cui all'art. 151 c.p.p. (la  cui inosservanza, peraltro, costituisce mera irregolarità: v. Sez.  3, n.26110, 23 giugno 2009).
 17. Va dunque ribadito il principio secondo il quale, in tema di  notificazione, la relazione di avvenuta notifica va scritta in calce  all'atto da notificare e alla copia notificata, ma può anche essere  redatta in un foglio separato, sempre che non sussistano dubbi sul  documento cui essa si riferisce, con l'ulteriore precisazione che la  suddetta relazione può essere contenuta anche in un verbale nel  quale la polizia giudiziaria attesta l'espletamento di altre  attività delegate dal Pubblico Ministero, poiché ciò che rileva è  la completezza dell'atto notificato intesa come presenza degli  elementi essenziali di conoscenza per il pieno esercizio del diritto  di difesa.
 18. Quanto al secondo motivo del ricorso presentato da PRESTINI  Alessandra, deve osservarsi che, dalla semplice lettura della  sentenza, emerge chiaramente che il riferimento al ruolo della stessa  come amministratore di fatto della "Società agricola Prestini S.S.  Di Luigi e Alessandra Prestini", oggetto di contestazione, riguarda,  in realtà, la posizione degli imputati BONETTI, cui il giudice si  riferisce nel periodo che, in ricorso, viene riprodotto solo in  parte.
 Dopo aver infatti trattato della posizione dei due coimputati,  evidenziando la identità della posizione dei BONELLI in relazione  alla responsabilità per i fatti oggetto di imputazione, il giudice  del merito riprende il discorso precisando che "analoga  considerazione" vale rispetto alla posizione della PRESTINI cui  subito dopo si riferisce.
 Non si ravvisa alcuna contraddizione o illogicità nella motivazione  nella parte in cui si prende in esame la posizione dell'imputata  nell'organizzazione aziendale, chiarendo che la stessa svolgeva  funzioni di amministratore al pari del coimputato, separatamente  giudicato, Luigi Angelo Giacomo PRESTINI.
 In ragione di tale paritaria posizione il Tribunale respinge la tesi  difensiva secondo la quale l'imputata svolgeva esclusivamente compiti  amministrativi e, ancora una volta del tutto coerentemente, chiarisce  che il suo ruolo non ne esclude la responsabilità in ragione della  presenza in azienda, della violazione dei positivi doveri di  vigilanza impostigli dal ruolo ricoperto e del fatto che lo  svolgimento di attività amministrativa contemplava anche  l'effettuazione dei pagamenti a chi materialmente effettuava lo  spandimento dei liquami.
 La ricorrente contesta anche l'individuazione dei coimputati  BONETTI quali destinatari dei pagamenti, richiamando, del tutto  genericamente, uno stralcio di verbale stenotipico allegato  contenente le dichiarazioni di un teste dalle quali risulterebbe che  lo sversamento dei rifiuti sarebbe stato effettuato per conto di  altri soggetti.
 La circostanza tuttavia non rileva, perché pur volendo considerare  il contenuto, incompleto, del verbale prodotto escludendo la  questione concernente l'effettuazione dei pagamenti ai coimputati, la  responsabilità della ricorrente risulterebbe comunque ampiamente  giustificata dal giudice di primo grado attraverso il corretto  riferimento agli obblighi imposti dal ruolo ricoperto.  La coerenza e logicità della decisione impugnata trova infatti  conferma nel dato fattuale, evidenziato del giudice, dello  svolgimento dell'attività nella sede della società, cui conseguiva  la possibilità, per la ricorrente, di prendere cognizione della  violazione di specifici obblighi di legge beneficiando, peraltro, dei  vantaggi conseguiti dalla società medesima dall'inosservanza delle  specifiche disposizioni in materia di rifiuti.
 19. Anche con riferimento al terzo motivo di ricorso non si ravvisa  il vizio di motivazione denunciato.
 Si sostiene, infatti, che sarebbe del tutto mancante la motivazione  in ordine al reato rubricato sub C) concernente la reiterazione delle  condotte descritte nel precedente capo B) accertata il 26.6.2007,  poiché nell'impugnata sentenza tale episodio non sarebbe mai  menzionato e perché non aveva alcuna attinenza con esso il richiamo  fatto dal giudice alle dichiarazioni testimoniali precedentemente  richiamate.
 In realtà, anche in questo caso, il lineare l'iter logico seguito  dal giudice è ricavabile dalla lettura del provvedimento impugnato.  La sentenza, pur richiamando in più parti singoli episodi o  specifici capi di imputazione, illustra complessivamente le attività  illecite poste in essere attraverso la ricostruzione dei fatti  risultante dall'istruzione dibattimentale.
 Nel capo C) dell'imputazione, come si è già detto, viene contestata  la reiterazione della condotta descritta sub B) indicando come data  di commissione del reato il 26.6.2007 ed in sentenza viene più  volte fatto riferimento a condotte poste in essere nell'anno 2007. Ad  esempio, si fa riferimento alla deposizione di alcuni testi indicando  come periodo di svolgimento dei fatti l'anno 2007 senza alcuna  ulteriore specificazione e la circostanza che le condotte descritte  ed attribuite alla PRESTINI ed ai BONETTI, come afferma il  giudice, continuarono fino al giugno 2007, risulta chiaramente dal  riferimento contenuto sempre in sentenza, all'acquisizione di un  verbale di sequestro di mezzi, poi restituiti, presso l'azienda  agricola BONETTI datato 26.6.2007.
 Peraltro una identica collocazione temporale delle condotte illecite  risulta dalla stessa documentazione che la ricorrente ha allegato al  ricorso: nella parte di verbale stenotipico relativo alle  dichiarazioni della teste PIACENTINI, la stessa colloca la sua  attività di indagine nell'anno 2007 e, in particolare, riferisce che  l'indagine si è protratta da aprile 2007 a giugno 2007 (pag. 29).  Effettuata la ricostruzione della vicenda nel suo complesso, il  giudice del merito menziona il capo di imputazione affermando che  quanto in precedenza evidenziato dimostra la sussistenza della  continuità della condotta di cui al capo B) contestata nel capo C).  20. Per quanto riguarda, infine, il quarto motivo di ricorso,  prescindendo dalla circostanza che l'esame del coimputato poteva  effettivamente essere richiesto in precedenza, come osservato dal  giudice, va richiamato quanto già rilevato in precedenza con  riferimento al primo motivo del ricorso presentato dallo ZANOTTI e,  segnatamente, i principi giurisprudenziali ricordati, segnalando come  difetti, nella fattispecie, la dimostrazione della decisila della  prova richiesta.
 I ricorsi, conseguentemente, devono essere rigettati.  21. Va tuttavia rilevato, con riferimento ai reati di cui al  procedimento n. 11374/2007 che, avuto riguardo alla data di  commissione dei reati indicati nell'imputazione, deve ritenersi  maturato il termine massimo di prescrizione.
 Per quanto attiene, invece, alle contestazioni concernenti il  procedimento n. 16782/2008, non può pervenirsi ad analoga  conclusione in quanto, la violazione di cui al D.Lgs. n. 59 del 2005,  art. 16, comma 1 (ora contemplata dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 29  quattordecies) di cui al capo A) ha natura di reato permanente e  quella d, cui al capo b) (art. 650 c.p.) risulta accertata in data  9.11.2007 cosicché i termini massimi di prescrizione non risultano  ancora maturati.
 Tenuto conto della prescrizione del reato di cui al capo A) del  procedimento n. 11374/2008 contestato anche allo ZANOTTI deve  conseguentemente procedersi alla eliminazione della relativa pena di  Euro 1.500 di ammenda trattandosi di una operazione aritmetica  effettuabile anche in questa sede sulla base del calcolo già  effettuato dal giudice del merito, il quale ha indicato tale importo  nella determinazione dell'aumento per la continuazione tra i diversi  reati ascritti all'imputato.
 Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di  			cui al procedimento n. 11374/2007 perché estinti per prescrizione ed  			elimina per ZANOTTI Marco la relativa pena di Euro 1.500,00 di  			ammenda.
 Rigetta nel resto il ricorso di ZANOTTI Marco.
 Così deciso in Roma, il 6 novembre 2012.
 Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2013
 
                    




