Consiglio di Stato Sez. V n. 581 del 24 gennaio 2020
Rifiuti.Nozione di impianto

La normativa in materia di gestione dei rifiuti, sia a livello nazionale, sia a livello regionale, non disciplina in modo autonomo e distinto le nozioni di “impianti” e di “attività”: a titolo esemplificativo, l’art. 214 comma 7, nel prevedere che “La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali”, utilizza il termine “impianto”, in modo equivalente, sia per indicare il dispositivo o il sistema destinato a svolgere le attività di recupero sia con riferimento allo stabilimento e all’insediamento produttivo, inteso come complesso unitario e stabile sottoposto al potere decisionale di un unico gestore in cui sono effettuate attività che producono emissioni ed al quale viene rilasciata la relativa autorizzazione.

Pubblicato il 24/01/2020

N. 00581/2020REG.PROV.COLL.

N. 10311/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 10311 del 2010, proposto da
Picciano Raffaele Giuseppe & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Nobile Ranieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ida Di Domenica in Roma, via Susa, 1;

contro

Provincia di Chieti, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Tiziano Ferrante, Antonella Manso, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Nicola Laurenti in Roma, via F. Denza, 50/A;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) n. 00216/2010, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Chieti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2019 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Corbyons, su delega di Ranieri, Leurenti su delega di Ferrante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso ritualmente proposto al Tribunale amministrativo per l’Abruzzo- sezione di Pescara, la società Picciano Raffaele Giuseppe & C. s.n.c., premesso di essere stata autorizzata, secondo le procedure semplificate ai sensi degli articoli 214 e 216 del D.Lgs. D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (“Norme in materia ambientale”), all’attività di stoccaggio e di recupero di rifiuti appartenenti ai gruppi 7.1. (laterizi), 7.2. (rifiuti di rocce da cave), 7.3. (prodotti ceramici), 7.12. (calchi in gesso), nel Comune di Filetto, previa iscrizione nell’apposito registro provinciale in data 11 ottobre 2002, impugnava il provvedimento n. 88862 del 18 dicembre 2008 con il quale il Dirigente della Macrostruttura F (Ambiente) della Provincia di Chieti la invitava a prestare le garanzie finanziarie, secondo le modalità definite dalla deliberazione della Giunta Regionale d’Abruzzo n. 790 del 3 agosto 2007, diffidandola, nelle more, a continuare l’attività di recupero dei rifiuti.

2. A sostegno del gravame, la ditta ricorrente, con i cinque motivi di ricorso articolati, formulava le seguenti censure: “1) Incompetenza. Eccesso di potere per presupposto erroneo, per contraddittorietà, per illogicità manifesta, per travisamento dei fatti. Difetto di istruttoria e motivazione; 2) Carenza di presupposti di fatto e di diritto per l’emanazione del provvedimento impugnato; 3) Eccesso di potere per difetto di motivazione, per mancato e/o carente esame delle controdeduzioni e/o della documentazione; 4) Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per difetto di motivazione per omessa ponderazione dell’interesse pubblicistico in relazione a quello privatistico, per difetto dei presupposti, per sviamento, per manifesta illogicità ed irragionevolezza; 5) Violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90”.

2.1. In primo luogo, la ricorrente lamentava che, con il provvedimento impugnato, la Provincia di Chieti (di seguito “la Provincia”) avesse esorbitato dall’ambito delle competenze ad essa attribuite in materia di gestione dei rifiuti dal D.Lgs. n.152 del 2006, tra le quali non rientrava la richiesta di prestazione delle garanzie finanziarie.

2.2. Asseriva, inoltre, la ditta ricorrente di non essere tenuta a prestare dette garanzie, trattandosi di mera prosecuzione dell’attività già autorizzata ai sensi degli articoli 214 e 216 del d.lgs. 152 del 2006 in base alla disciplina delle c.d. “procedure semplificate” (di cui al capo quinto della parte quarta del citato decreto)- cui sono assoggettate, al verificarsi dei presupposti e delle condizioni di legge, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi (c.d. autosmaltimento: art. 215 del d.lgs. n. 152 del 2006) e quelle di recupero (di cui all’art. 214 e 216 dello stesso decreto)- e, comunque, di un impianto a basso impatto ambientale.

Secondo la ricorrente, in base alla normativa regionale di riferimento regolante la fattispecie (in particolare, l’art. 51, comma 4, della legge regionale Abruzzo 19 dicembre 2007, n. 45 intitolata “Norme per la gestione integrata dei rifiuti”) tale obbligo sarebbe correlato unicamente all’avvio delle attività (al rilascio dell’autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di nuovi impianti), ma non alla mera comunicazione di rinnovo (per l’esercizio delle medesime attività presso impianti peraltro già realizzati per altri scopi).

2.2.1. La richiesta della Provincia (e il conseguente ordine di sospensione dell’attività che ne era derivato) non poteva poi neppure fondarsi su quanto stabilito dalla delibera della Giunta Regionale per l’Abruzzo n. 790 del 2007 la quale, oltre a non essere stata recepita dall’art. 48 della menzionata legge regionale n. 45 del 2007 (rubricato “Garanzie finanziarie”) e a porsi in contrasto con la stessa normativa regionale (laddove non aveva disposto, per l’ottenimento dell’autorizzazione all’esercizio di un impianto, una differenziazione della prestazione finanziaria riferita al tipo di attività, alle caratteristiche tecniche degli impianti, alla natura dei rifiuti, ai rischi ambientali e ai costi di bonifica e ripristino né aveva previsto la non applicabilità delle medesime garanzie ad impianti aventi un basso impatto ambientale), non era neanche applicabile alle attività autorizzate con procedure semplificate: detta delibera, infatti, pur estendendo la prestazione delle garanzie finanziarie ai titolari e/o gestori delle attività iscritte dagli Enti competenti ai sensi degli artt. 214, 215, 216 del D.Lgs. n. 152 del 2006, richiamava soltanto l’art. 7, comma 2, della l.r. 9 agosto 2006, n. 27 (recante “Disposizioni in materia ambientale”), il quale prevedeva che l’esercizio degli impianti di cui agli articoli 31 e 33 del D.Lgs. n. 22 del 1997 (disciplinanti, nella previgente normativa in materia di gestione dei rifiuti, le attività di smaltimento e recupero, nonché le caratteristiche dei rifiuti per l’ammissione alle procedure semplificate) fosse condizionato alla prestazione delle garanzie finanziarie stabilite dall’art. 20 della l.r. 28 aprile 2000, n. 83 ed era stato abrogato dall’art. 66, lett e), della legge regionale n. 45 del 2007.

2.3. Con il terzo motivo di ricorso, la società lamentava, altresì, che il provvedimento impugnato non avesse tenuto conto delle controdeduzioni formulate nel corso del procedimento amministrativo, mentre, con il quarto mezzo di censura, dedotto in subordine al mancato accoglimento del precedente motivo, si doleva del difetto di istruttoria e di motivazione, per non avere la Provincia acquisito gli elementi di fatto ai fini del concreto apprezzamento e della compiuta valutazione degli interessi in conflitto, omettendo di procedere ad una loro comparazione e senza alcuna considerazione dell’interesse privato (nella misura in cui si imponeva alla società un onere particolarmente gravoso, che nella sostanza impediva lo svolgimento dell’attività lavorativa).

2.4. Infine, con il quinto motivo di gravame, si censurava la violazione degli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e del principio del contraddittorio procedimentale poiché non era stato comunicato alla ditta l’avvio del procedimento finalizzato alla sospensione dell’attività (tant’è che le relative osservazioni erano state presentate dall’interessata soltanto dopo la sua adozione).

2.5. Alla stregua di tali censure, la ditta ricorrente chiedeva, pertanto, oltre all’annullamento del provvedimento impugnato, avente ad oggetto l’invito a prestare le garanzie finanziarie pena l’inibitoria della prosecuzione di attività, la condanna della Provincia al risarcimento dei danni patiti, per mancato guadagno e perdita di ricavi, nonché per il pregiudizio all’immagine, in conseguenza della chiusura dell’attività.

2.6. Si costituiva in giudizio la Provincia di Chieti, chiedendo il rigetto del ricorso per la sua infondatezza.

3. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso, ritenendo tutte le doglianze articolate infondate, oltre che in parte inammissibili (quanto alle censure dedotte con il secondo e il quarto motivo) laddove erano volte a contestare la necessità di prestare le garanzie finanziarie per le attività autorizzate con procedure semplificate, nonché l’importo delle garanzie richieste per l’impianto in questione, avente un basso impatto ambientale, e la particolare gravosità dell’onere imposto, in ragione della mancata impugnativa delle deliberazione della Giunta Regionale numero 790 del 2007 (come integrata dalla successiva deliberazione n. 465 del 26 maggio del 2008) che aveva previsto l’obbligo in questione anche per le attività autorizzate con procedure semplificate, determinandone l’importo.

4. Avverso la sentenza la società ricorrente ha proposto appello, deducendone l’ingiustizia in quanto asseritamente fondata su un’erronea ricostruzione dei fatti (laddove ha ritenuto che la società avesse presentato una comunicazione di rinnovo per l’esercizio il 21 marzo 2008, anziché, come in effetti avvenuto, il 20 gennaio 2006) e su una non corretta interpretazione della normativa di settore applicabile alla fattispecie, per non aver colto la distinzione esistente tra la gestione dei rifiuti a mezzo “impianti”, realizzati e autorizzati secondo le procedure ordinarie di cui al capo IV del d.lgs. n. 152 del 2006, e quella a mezzo “attività”, comunicate con le procedure semplificate disciplinate unicamente al capo V dello stesso decreto e iscritte nell’apposito registro provinciale (“R.I.P.”), quale è quella della ditta appellante, per le quali non è applicabile la normativa regionale (di cui all’art. 51 della l.r. Abruzzo n. 45 del 2007) e non è, di conseguenza, necessaria la prestazione delle richieste garanzie.

L’appellante ha domandato, pertanto, la riforma delle sentenza di prime cure per avere erroneamente respinto, ritenendoli in parte infondati e in parte inammissibili, tutti i motivi di censura proposti.

4.1. Si è costituita in giudizio la Provincia e ha resistito all’appello, del quale ha eccepito l’inammissibilità e sostenuto l’infondatezza, insistendo per il suo rigetto.

4.2. All’udienza pubblica del 24 ottobre 2019, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. L’appello è infondato.

6. In primo luogo, occorre precisare, in punto di fatto, che il provvedimento impugnato è stato adottato, successivamente alla pubblicazione della d.G.R. n. 465 del 2008 (relativa alle “Direttive regionali sulla disciplina delle operazioni di recupero dei rifiuti sottoposte alle procedure semplificate”) in sede di verifica dell’adeguamento dell’attività di recupero svolta in ordine alle modifiche operate con Decreto Ministeriale n. 186 del 2006 alle procedure di recupero dei rifiuti non pericolosi definite dal DM del 5 febbraio 1998.

6.1. Con nota n. 50505 dell’8 luglio 2008, accertato il mancato adeguamento di cui alla d.G.R. n. 465 del 2008, la ditta veniva anche diffidata a prestare le garanzie finanziarie previste dalla deliberazione n. 790 del 2006.

7. Tanto premesso, il Collegio qui rileva che, anzitutto, non merita accoglimento l’assunto di parte appellante secondo cui la Provincia non era competente ad emanare il provvedimento impugnato perché la ditta aveva già rinnovato la comunicazione in data 20 gennaio 2006 ed inoltre perché la fattispecie sarebbe unicamente regolata dal d.lgs. n. 152 del 2006 che non prevede la prestazione di garanzie finanziarie per la prosecuzione di attività secondo le menzionata procedure semplificate.

7.1. Dalla stessa nota n. 50505 dell’8 luglio 2008 risulta, infatti, che, contrariamente a quanto sostiene l’appellante, il provvedimento gravato in prime cure afferisse ad una comunicazione di prosecuzione dell’attività di recupero rifiuti esercitata in procedura semplificata da parte della ditta, che si concludeva con una dichiarazione di improcedibilità a causa di gravi violazioni della normativa vigente ostative al rinnovo dell’autorizzazione, a seguito della quale la società, in data 19 febbraio 2008, presentava chiarimenti e controdeduzioni alla Provincia, alla quale spetta ex lege la competenza relativa all’iscrizione di dette attività.

7.2. Non può, poi, dubitarsi della competenza della Provincia all’adozione del provvedimento con cui la società appellante veniva invitata a prestare le garanzie finanziarie di cui agli articoli 48 e 51 della legge regionale n. 45 del 2007.

7.2.1. L’art. 197, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 152 del 2006 attribuisce, infatti, alle Province l’onere di “verifica e controllo dei requisiti previsti per l’applicazione delle procedure semplificate, con le modalità di cui agli articoli 214, 215 e 216”.

L’art. 216, comma 1, prevede che l’esercizio delle operazioni di recupero secondo le procedure semplificate “può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio attività alla provincia territorialmente competente”; la stessa norma, ai commi 3 e 4, stabilisce altresì che la Provincia “iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti” e che “qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i sui effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall’amministrazione”.

7.2.2. A livello regionale, l’art. 5 della legge regionale n. 45 del 2007 ribadisce che “spettano alle province le competenze e le funzioni di cui all'art. 197 del D.Lgs 152/2006” ed in particolare, per quanto qui rileva, “la verifica ed il controllo delle condizioni e dei requisiti stabiliti dagli articoli 214, 215 e 216 del D.Lgs 152/2006 per l'applicazione delle procedure semplificate ed in particolare che i rifiuti interessati, siano effettivamente destinati e sottoposti a operazioni di recupero nel rispetto di dette disposizioni” (analogamente a quanto già stabilito dalla previgente disciplina in materia di gestione dei rifiuti recata dalla l.r. Abruzzo n. 83 del 2000, che attribuiva alle Province l’effettuazione di controlli periodici delle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli artt. 31, 32 e 33 del decreto).

7.2.3. Va poi evidenziato che la d.G.R. n. 790 del 3 agosto 2007 (avente ad oggetto “Garanzia finanziarie previste per le operazioni di smaltimento e/o recupero dei rifiuti, nonché per la bonifica dei siti contaminati. Nuova disciplina e revoca della d.G.R. n. 132 del 22.02.2006”) richiama espressamente le precedenti d.G.R. n. 1414 del 29 dicembre 2005 e n. 1174 del 26 ottobre 2006, con la quale a partire dal 1 novembre 2006 “sono state assegnate alle Province compiti, funzioni e risorse e risorse in materia di gestione dei rifiuti, per il rilascio di autorizzazioni alla realizzazione ed esercizio di impianti di smaltimento e/o recupero di rifiuti urbani ed inerti”, prevedendo che le garanzie previste per gli impianti suddetti venissero prestate “alla Provincia territorialmente competente”.

7.2.4. Alla luce di tali previsioni, deve allora ritenersi che, anche in sede di esame delle comunicazioni di rinnovo come nel caso di specie, spetta alla Provincia accertare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti e che tra questi rientra, anche per l’ipotesi di mera prosecuzione di attività secondo le procedure semplificate ex artt. 214, 215, 216, la verifica circa la prestazione delle garanzie finanziarie richieste dagli artt. 48 e 51 della l.r. Abruzzo n. 45 del 2007, cui consegue, nell’ipotesi di esito negativo, l’inibizione all’esercizio dell’attività.

7.3. Invero, non ha base la tesi dell’appellante secondo la quale alla fattispecie non poteva applicarsi la legge regionale n. 45 del 2007 (che, all’art. 51, comma 4, nella formulazione originaria ratione temporis applicabile, prevedeva che “l’esercizio degli impianti di cui al comma 1 è condizionato alla prestazione delle garanzie finanziarie previste dall’art. 48”) , ma soltanto la disciplina statale di cui al d.lgs. n. 152 del 2006 in quanto la prima opererebbe unicamente nei casi di impianti di nuova realizzazione, mentre alla seconda sarebbe riservata l’ipotesi di semplice esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti in procedura semplificata.

7.4. A tale riguardo deve infatti rilevarsi che la citata d.G.R. n. 790 del 2007 ha espressamente stabilito (al punto 5) che le garanzie finanziarie devono essere fornite anche dai titolari e/o gestori delle attività assentite con le procedure semplificate di cui agli artt. 214, 215 e 216 del d.lgs. n. 152 del 2006, disponendo al successivo punto 12 del deliberato che “i titolari di autorizzazioni/iscrizioni all’esercizio di impianti di smaltimento e/o recupero dei rifiuti e/o gestori degli impianti medesimi provvedano a presentare le garanzie finanziarie agli enti competenti ovvero a conformare le garanzia già prestate” entro 120 giorni dalla data di pubblicazione della deliberazione ovvero alla prima scadenza utile.

7.5. Ebbene, come correttamente evidenziato dalla sentenza appellata, la ricorrente non ha impugnato le predette deliberazioni regionali che avevano espressamente previsto la necessità di fornire garanzie anche per attività autorizzate con procedure semplificate, determinandone l’importo, né ha notificato il gravame alla Regione, con la conseguenza che detta mancata impugnazione di atti deliberativi, che la Provincia era vincolata ad applicare, già di per sé precluderebbe l’esame della censura di cui al secondo motivo del ricorso introduttivo, rendendola inammissibile in parte qua.

7.6. Per completezza, la Sezione rileva che la censura è comunque anche infondata nel merito.

7.6.1. L’art. 51 della legge regionale n. 45 del 2007 (rubricato “Procedure semplificate per l’autosmaltimento ed il recupero dei rifiuti”), nel testo originario applicabile ratione temporis alla fattispecie, anteriore alle modifiche normative recate dall’art. 24 della L.R. 29 dicembre 2011 n. 44, e dalla L.R. 21 ottobre 2013, n. 36, testualmente disponeva che: “1. Gli impianti di autosmaltimento e recupero dei rifiuti, sottoposti alle procedure semplificate ai sensi degli articoli 214, 215 e 216 del D.Lgs 152/2006, possono essere realizzati solo in aree a destinazione urbanistica artigianale o industriale. 2. Per la realizzazione e l'esercizio degli impianti relativi alle attività di cui al capo quinto della parte quarta del decreto, è necessario, ove prescritto, il rilascio della concessione edilizia e sono dovuti i previsti oneri di concessione.3. L'esercizio delle attività di cui al comma 1 resta subordinato al rilascio delle autorizzazioni previste dalle disposizioni vigenti in materia di scarichi idrici ed emissioni in atmosfera, ove necessarie. 4. L'esercizio degli impianti di cui al comma 1 è condizionato alla prestazione delle garanzie finanziarie previste dall'art. 48; per tali impianti la mancata presentazione, entro il termine di novanta giorni dall'invio della comunicazione, di cui al capo quinto della parte quarta del D.Lgs 152/2006, della documentazione attestante la prestazione delle garanzie finanziarie non consente l'avvio dell'attività. 5. La Giunta regionale emana specifiche direttive, ove necessarie, per disciplinare la realizzazione degli impianti, le condizioni e le norme tecniche di gestione delle attività di cui al presente articolo.”.

7.6.2. L’art. 48 della stessa legge (intitolato “Garanzie finanziarie”), richiamato dal terzo comma della norma testé citata, prevede che “1. La Giunta regionale definisce, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, i criteri e i parametri per la determinazione delle garanzie finanziarie che l'interessato è tenuto a fornire per ottenere l'autorizzazione all'esercizio. di un impianto, articolati per tipo di attività, per caratteristiche tecniche degli impianti, compresi quelli di cui al titolo quinto del decreto e per natura e caratteristiche dei rifiuti, con particolare riferimento ai rischi ambientali ed agli eventuali costi di bonifica e ripristino ambientale. 2. La prestazione e l'accettazione delle garanzie finanziarie costituiscono requisito di efficacia dell'autorizzazione e condizione per l'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto; a tal fine le garanzie finanziarie per la gestione di una discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, sono prestate conformemente a quanto disposto dall'art. 14 del D.Lgs 13 gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti) e successive modifiche ed integrazioni.3. Le garanzie finanziarie possono consistere in depositi cauzionali, polizze fidejussorie, coperture assicurative e il loro importo deve essere idoneo ad assicurare, in qualunque momento, l'esecuzione delle operazioni di messa in sicurezza, di chiusura dell'impianto e ripristino del sito, eventuale bonifica e risarcimento del danno ambientale ed e' soggetto ad aggiornamenti biennali.”; mentre, all’ultimo comma, detta disposizione stabilisce che “La Giunta regionale può prevedere che le garanzie finanziarie di cui all'art. 14 del D.Lgs 36/2003 non si applichino a particolari tipologie di impianti aventi un basso impatto ambientale”.

7.6.3. Così ricostruita sinteticamente la disciplina regolante la fattispecie, è evidente che non trova fondamento nella lettera e nella ratio delle norme su indicate l’asserita distinzione prospettata dall’appellante, al fine di escludere il caso in oggetto dall’obbligo di prestazione delle garanzie finanziarie, tra “esercizio degli impianti” e “esercizio delle attività” svolte secondo le procedure semplificate.

7.6.4. Sotto il profilo letterale, va infatti evidenziato che la normativa in materia di gestione dei rifiuti, sia a livello nazionale, sia a livello regionale, non disciplina in modo autonomo e distinto le nozioni di “impianti” e di “attività”: a titolo esemplificativo, e per quanto qui rileva, l’art. 214 comma 7, nel prevedere che “La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali”, utilizza il termine “impianto”, in modo equivalente, sia per indicare il dispositivo o il sistema destinato a svolgere le attività di recupero sia con riferimento allo stabilimento e all’insediamento produttivo, inteso come complesso unitario e stabile sottoposto al potere decisionale di un unico gestore in cui sono effettuate attività che producono emissioni ed al quale viene rilasciata la relativa autorizzazione.

7.6.5. Quanto alla ratio e alle finalità della normativa, tenuto conto dell’interesse alla tutela ambientale cui essa è preordinata, non vi è ragione per escludere dall’obbligo della prestazione delle garanzie finanziarie l’esercizio delle attività di autosmaltimento dei rifiuti non pericolosi e di recupero dei rifiuti previsti dagli articoli 214, 215 e 216 del D.Lgs. n. 152 del 2006, per le quali il legislatore ha solo previsto semplificazioni amministrative a beneficio dei titolari e gestori dei relativi impianti prevedendo quale titolo abilitante all’esercizio dell’attività, in luogo dell’autorizzazione, l’iscrizione in un apposito registro, da parte della Provincia, delle imprese che hanno effettuato la comunicazione di inizio di attività, subordinatamente al verificarsi della sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti.

7.6.6. La correttezza di tale interpretazione del testo normativo emerge chiaramente dalla lettura del combinato disposto degli art. 48 e 51 della l.r. n. 45 del 2007, sopra testualmente riportati (come già dall’esame della previgente disciplina di cui agli articoli 20 e 27 della l.r. n. 83 del 2000).

7.6.7. Ulteriore conferma alla correttezza di siffatta opzione ermeneutica, si trae, poi, dall’attuale formulazione del menzionato art. 51, comma 4, il quale ora espressamente prevede che “l’esercizio delle attività di recupero di cui al presente articolo (id est: le attività di autosmaltimento dei rifiuti non pericolosi e di recupero dei rifiuti previsti dagli articoli 214, 215 e 216 del D.Lgs. n. 152 del 2006) è soggetto alla prestazione di alla prestazione di idonea garanzia finanziaria, a favore della Provincia competente per territorio, per una somma commisurata alla tipologia dell'impianto ed ai quantitativi massimi dichiarati secondo quanto stabilito dalla Giunta regionale”.

7.6.8. Inoltre, come bene rilevato dalla sentenza appellata, poiché per dette attività, svolte secondo le procedure semplificate, la comunicazione di inizio attività deve essere “rinnovata ogni cinque anni” (e comunque “in caso di modifica sostanziale delle operazioni” di autosmaltimento e recupero), in base a quanto previsto dagli articoli 215, comma 5 e 216, comma 5 del codice dell’ambiente, la parte interessata in sede di rinnovo avrebbe dovuto necessariamente “conformare le garanzie già prestate” ovvero, nel caso non vi avesse già provveduto all’avvio delle attività come nella fattispecie in esame, presentarle alla Provincia competente: nell’ipotesi di rinnovo della comunicazione ai fini della prosecuzione delle attività di autosmaltimento e recupero, alla scadenza del termine di legge per l’efficacia di detta comunicazione, le garanzie finanziarie sono, infatti, poste a copertura dei (rinnovati) rischi ambientali e dei relativi costi di bonifica e ripristino ambientale; tant’è vero che, anche in materia di autorizzazione unica per la realizzazione e gestione di nuovi impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti, l’art. 208, comma 15, del d.lgs. n. 152 del 2006, con previsione mutuabile e dirimente anche ai fini della fattispecie che ci occupa per identità di ratio, stabilisce che in caso di domanda di rinnovo dell’autorizzazione, da presentarsi alla Regione prima della scadenza dell’autorizzazione stessa (che è concessa per un periodo di dieci anni), “in ogni caso l’attività può essere proseguita, fino alla decisione espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie prestate”.

7.7. Nel caso di specie, peraltro, come già evidenziato, il procedimento di rinnovo non si era neanche perfezionato, non risultando positivamente concluso entro la scadenza del termine di efficacia della comunicazione di inizio attività, cosicché la richiesta di rinnovo dell’iscrizione per la prosecuzione di attività di recupero, presentata originariamente dalla ditta, veniva a configurarsi come nuova e autonoma comunicazione di inizio di attività.

7.8. Né può ritenersi, come sostiene parte appellante sempre al fine di sottrarsi all'applicazione della disciplina regionale e all’obbligo ivi contemplato di prestazione delle garanzie finanziarie anche per gli impianti relativi alle attività di autosmaltimento e recupero secondo le procedure semplificate, che la d.G.R. n. n. 790/07, su cui si fonda il provvedimento impugnato, non troverebbe comunque applicazione nel caso di specie in relazione alle attività di cui all'art. 216 D.Lgs. n. 152 del 2006, in ragione del richiamo ad una norma, l'art 7 L.R. n. 27 del 2006, ormai abrogata dalla L.R. n. 45 del 2007.

7.8.1. Infatti, a tale riguardo va anzitutto evidenziato che l 'art. 7 della L.R. n. 27/2006, al 2° comma, statuiva che il comma 4 dell'art. 27 della L.R. n. 83/2000 è sostituito dal seguente “L 'esercizio degli impianti di cui al comma 2 è condizionato alla prestazione delle garanzie finanziarie previste dall’art. 20”.

7.8.2. Se, dunque, è vero è che la L.R. n. 45/07 ha abrogato sia la L.R. 83/2000, sia la L.R. n. 27/06, va anche rilevato che all'art. 51, comma 4, dando piena e sostanziale continuità a quanto già disposto all'art. 27 comma 4 della L.R. 83/2000, ha ribadito la sussistenza di tale obbligo richiamando l'art. 48 che a sua volta disciplina le modalità di presentazione delle garanzie finanziarie.

7.8.3. Inoltre, la stessa legge regionale, all'art. 65, prevede che “le norme amministrative e tecniche che disciplinano la gestione dei rifiuti restano in vigore sino all’adozione delle specifiche norme adottate in attuazione della precedente legge”, così confermando la perdurante applicabilità, nelle more, della d.G.R. n. 790 del 2007.

7.8.4. Detta applicabilità poi ancor più si evince dalla successiva d.G.R. n. 465 del 2008 (recante le direttive regionali in materia di "Disciplina delle operazioni di recupero dei rifiuti sottoposte alle procedure semplificate. Approvazione schemi di comunicazione inizio attività e definizione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione") la quale ha integrato la d.G.R. n. 790 del 2007 e che, agli Allegati B.1 e B.2., costituenti parte integrante e sostanziale della deliberazione, indica le Schede Garanzie Finanziarie con il richiamo espresso alla d.G.R. n. 790 del 3.08.2007.

7.8.5. Non può neppure dubitarsi dell’applicabilità di quest’ultima deliberazione alla fattispecie qui al vaglio o della sua legittimità (laddove non ha esentato dall’onere di prestare le garanzie finanziarie gli impianti a basso impatto ambientale, quale in tesi sarebbe quello dell’appellante) alla luce di quanto previsto dall’art. 48, comma 6, della legge regionale n. 45 del 2007, a mente del quale “la Giunta regionale può prevedere che le garanzie finanziarie di cui all’art. 14 del D.Lgs n. 36/2003 non si applichino a particolari tipologie di impianti aventi un basso impatto ambientale”: si tratta, invero, come emerge dal piano tenore testuale della norma richiamata, di una mera facoltà, e non di un obbligo della Giunta Regionale.

7.8.6. Le prospettazioni dell’appellante volte a prospettare l’illegittimità della d.G.R. n. 790 del 2007, peraltro, oltre ad essere inammissibili per mancata impugnativa di tale atto deliberativo, irrimediabilmente si infrangono in conseguenza dell’emanazione della d.G.R. n. 808 del 31 dicembre 2009, che, oltre a richiamare detta deliberazione nelle premesse così confermandone l’applicabilità, ha parzialmente ridotto ed abbattuto l’onerosità dei parametri di riferimento per alcune attività caratterizzate dal basso impatto ambientale o dalla particolare tipologia dei rifiuti trattati.

7.9. Non colgono poi nel segno neppure le censure inerenti all’eccesso di potere (sub specie di difetto di motivazione, per omessa ponderazione dell'interesse pubblicistico in relazione a quello privatistico, per sviamento, manifesta illogicità ed irragionevolezza), rispetto alle quali le statuizioni di prime cure non meritano le critiche appuntate.

7.9.1. Ed infatti, correttamente la sentenza impugnata ha rilevato l’inammissibilità della censura in relazione alla mancata comparazione degli interessi in conflitto e dell’imposizione al privato di un sacrificio in tesi sproporzionato nella misura in cui l’inottemperanza alla prestazione richiesta inibiva lo svolgimento dell’attività, posto che le doglianze, per come proposte, sono rivolte avverso le predette deliberazioni della Giunta regionale, che hanno imposto di presentare ed hanno quantificato tali garanzie e che sono rimaste inoppugnate.

7.9.2. A ciò si aggiunga, inoltre, che la gravata sospensione dell’attività disposta dalla Provincia ha natura di provvedimento vincolato, in quanto costituisce sanzione che l’ente era tenuto ad applicare, sul presupposto della rilevata difformità rispetto ad una prescrizione normativa: dal che risulta che il provvedimento impugnato deve ritenersi sufficientemente motivato con l’affermazione della mancata produzione della documentazione attestante la presentazione delle garanzie finanziarie ai sensi dell’art. 51, comma 4, della l.r. n. 45 del 2007, secondo le modalità di cui alla d.G.R. n. 790 del 2007, senza che fosse necessario l’esplicitazione di ulteriori ragioni.

7.9.3. In ogni caso, dall’operata comparazione tra gli interessi contrapposti, effettuata nel provvedimento impugnato in primo grado, emerge la preminenza dell’interesse pubblico alla corretta gestione dei rifiuti, che non ha comportato un ingiustificato e intollerabile sacrificio all’interesse della società appellante, posto che il provvedimento lesivo aveva la mera finalità non di interrompere definitivamente l’esercizio dell’attività, ma solo di sospenderla, in via temporanea e fino alla regolarizzazione con l’adempimento prescritto dalla norma.

8. Infine, sono anche infondate le doglianze di violazione del contraddittorio procedimentale per mancato ed incompleto esame delle controdeduzioni e della documentazione presentata dalla ditta appellante e per omessa comunicazione a quest’ultima dell’avvio del procedimento di sospensione dell’attività.

8.1. Anche rispetto a tali censure, rispettivamente articolate con il terzo e il quinto motivo del ricorso di primo grado, corrette risultano le statuizioni della sentenza appellata.

8.2. Ed invero, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, la disciplina in materia di garanzie partecipative di cui agli articoli 7 e seguenti della legge n. 241 del 1990 non va applicata in maniera formalistica, ma tenendo conto dell’effettivo e concreto raggiungimento dello scopo della comunicazione di avvio del procedimento (anche in forza di atti equipollenti alla formale comunicazione), che deve essere strumentale al perseguimento di esigenze sostanziali dirette a consentire la conoscenza e la partecipazione all’azione amministrativa del soggetto interessato: sicché detta comunicazione deve ritenersi ultronea e non necessaria nell’ipotesi di provvedimenti sanzionatori non costituenti un atto a sorpresa, in quanto adottati dalla Pubblica Amministrazione a seguito di un’interlocuzione intercorsa con il privato nel quale la sanzione viene ad essere rappresentata quale conseguenza diretta della verifica con esito negativo in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti e non costituisce l’atto finale di un diverso e distinto procedimento, ed inoltre nel caso in cui detto provvedimento costituisca un atto dovuto sì che un ulteriore confronto non possa apportare alcuna concreta utilità (non potendo l’amministrazione adottare un atto di contenuto diverso).

8.3. Nel caso di specie, il provvedimento impugnato in prime cure ha natura di atto interamente vincolato (pure in relazione ai presupposti di fatto), che la Provincia era tenuta ad adottare, senza alcun margine di discrezionalità, al mero verificarsi dell’inadempimento alle prescrizioni normative afferenti all’obbligo di prestazione delle garanzie finanziarie: pertanto, le controdeduzioni non avrebbero apportato alcun elemento rilevante tale da indirizzare diversamente l’esito procedimentale.

8.4. Inoltre, non può sottacersi che lo scopo perseguito dalle norme in materia di garanzie partecipative, asseritamente violate dalla Provincia secondo la prospettazione dell’appellante, ovvero quello di assicurare l’effettiva conoscenza da parte del soggetto la cui sfera giuridica è stata incisa dall’attività provvedimentale qui contestata, è stato raggiunto nella fattispecie in esame: di conseguenza, non era necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, posto che (a parte l’avvenuta notifica della diffida alla continuazione dell’attività che aveva preceduto l’adozione del provvedimento impugnato) l’unico procedimento in corso, relativo alla comunicazione di rinnovo, rispetto al cui esito negativo la sospensione immediata dell’attività costituiva un effetto necessitato e diretto, era iniziato su istanza della società appellante.

9. In conclusione, l’appello va respinto.

10. Le spese sono liquidate in dispositivo secondo il principio di soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante Picciano Raffaele Giuseppe & C. s.n.c. alla rifusione delle spese di giudizio a favore della costituita Provincia di Chieti che liquida forfettariamente in euro 4.000,00 (quattromila/00) oltre oneri accessori se dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Raffaele Prosperi, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere, Estensore

Giovanni Grasso, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere