Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4756, del 26 settembre 2013
Rifiuti.Tariffa rifiuti aree produttive.
Con l’art. 195, comma 2, lett. e) del d. lgs. n. 152 del 2006 si è dettata una normativa chiara e coerente con i principi comunitari, essendosi stabilito che “non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali di servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico”. In quanto non assimilabili, i rifiuti che si formano nelle aree produttive, salve le eccezioni sopra elencate, sfuggono al regime transitorio e si pongono al di fuori della privativa comunale. Il che comporta che questi rifiuti non possono essere conferiti al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, ma come stabilisce l’art. 188, comma 2, lett. c) del d. lgs. n. 152 del 2006 e la remunerazione del servizio deve essere assicurata attraverso apposita convenzione e, quindi, attraverso un canone o tariffa rapportata prevalentemente ai volumi e pesi conferiti. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 04756/2013REG.PROV.COLL.
N. 00260/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 260 del 2013, proposto da:
Comune di Monterotondo, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Graziano Savo, con domicilio eletto presso l’avv. Anna Maria Venchi in Roma, viale Mazzini, 142;
contro
C.A.I.M.O., Consorzio Artigianale e Industriale di Monterotondo, Elettroservice S.p.A., Sarigo s.r.l., Amico Legno s.r.l., Puntogomme Lazio s.r.l., CRM Costruzione Macchine Romane s.r.l., Team 95 s.r.l., D'Ascenzi Pavimenti S.p.A., Del Broccolo s.n.c. di Enrico Del Broccolo e figli, rappresentati e difesi dall'avv. Gian Luca Ubertini, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Roma, via Innocenzo XI n. 8;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE II TER n. 08214/2012, resa tra le parti, concernente approvazione del nuovo regolamento per l'applicazione della tariffa per il servizio di gestione dei rifiuti urbani
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di C.A.I.M.O., Consorzio Artigianale e Industriale di Monterotondo, Elettroservice S.p.A., Sarigo s.r.l., Amico Legno s.r.l., Puntogomme Lazio s.r.l., CRM Costruzione Macchine Romane s.r.l., Team 95 s.r.l., D'Ascenzi Pavimenti S.p.A., Del Broccolo s.n.c. di Enrico Del Broccolo e figli e l’appello incidentale dai medesimi appellati proposto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2013 il Consigliere Doris Durante;
Uditi per le parti gli avvocati Graziano Savo e Gian Luca Ubertini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Il Tribunale Amministrativo per il Lazio, con sentenza della seconda sezione ter, n. 8214 del 1°ottobre 2010, ha accolto il ricorso proposto da C.A.I.M.O., Consorzio Artigianale e Industriale di Monterotondo, Elettroservice S.p.A., Sarigo s.r.l., Amico Legno s.r.l., Puntogomme Lazio s.r.l., CRM Costruzione Macchine Romane s.r.l., Team 95 s.r.l., D'Ascenzi Pavimenti S.p.A., Del Broccolo s.n.c. di Enrico Del Broccolo e figli per l’annullato della deliberazione del consiglio comunale di Monterotondo n. 28 del 9 giugno 2011 di approvazione del “Regolamento per l’applicazione della tariffa per il servizio di gestione dei rifiuti urbani” e della delibera di consiglio comunale n. 29 del 9 giugno 2011 di approvazione del “piano finanziario degli interventi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani per l’anno 2011 e relativa tariffa igiene ambientale”.
Il TAR riteneva fondati e assorbenti i motivi di violazione dell’art. 174 del Trattato CEE; dell’art. 238 del d. lgs. n. 152 del 2006 e dei principi di proporzionalità, adeguatezza, non discriminazione e parità di trattamento; violazione degli articoli 23, 42, 117 e 119, secondo comma della Costituzione; violazione dell’art. 23 della Costituzione e dell’art. 195, comma 2, lett. e) del d. lgs. n. 152 del 2006 ed eccesso di potere per carenza ed erronea valutazione dei presupposti (motivi rubricati ai numeri 2, 3 e 4 del ricorso introduttivo).
Secondo il TAR, la disciplina transitoria di cui all’art. 238, comma 11 del d. lgs. n. 152 del 2006 che, al fine di evitare vuoti normativi, consente ai comuni l’applicazione delle “discipline regolamentari vigenti” e, pertanto, i regolamenti disciplinanti la TARSU o la TIA1, non esime i comuni dall’obbligo di applicazione dei principi comunitari recepiti nel nuovo codice dell’ambiente.
Infatti se è ben vero che in base alla disciplina transitoria l’amministrazione comunale è legittimata ad operare con le vecchie norme – segnatamente il d.p.r. 27 aprile 1999, n. 158 che disciplina il c.d. metodo normalizzato – per la determinazione delle tariffe tenendo conto del costo complessivo del servizio e dei soggetti passivi, la ripartizione tra le categorie di utenza domestica e non domestica, è altresì innegabile che la stessa amministrazione non ha il potere di incidere sul presupposto per l’applicazione della tassa (tariffa) e sui casi di esclusione disciplinati dalla legislazione statale.
A maggior ragione secondo il TAR, i principi comunitari recepiti nel nuovo codice dell’ambiente non possono non ispirare le attuali scelte dell’amministrazione comunale la quale, pur potendo operare con le vecchie norme nell’ambito delle proprie competenze, non può derogare ai principi normativi stabiliti a livello comunitario e poi recepiti dall’ordinamento nazionale.
2.- Il Comune di Monterotondo con l’atto di appello in esame chiede l’annullamento o la riforma della sentenza di cui deduce sette profili di illegittimità per error in procedendo e in iudicando:
1) illogicità e incoerenza della motivazione rispetto al decisum; travisamento dei fatti; errata qualificazione giuridica degli atti impugnati in primo grado, quali atti adottati in violazione della riserva di legge; errata ricostruzione dei limiti oggettivi e soggettivi della discrezionalità amministrativa impiegata dal Comune di Monterotondo;
2) errata e falsa applicazione ed interpretazione e inosservanza delle norme legislative e regolamentari che disciplinano la fattispecie;
3) violazione e falsa applicazione dei principi di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 238 del 2009;
4) errata e in conferente applicazione dei precetti comunitari al caso di specie;
5) contraddittorietà della motivazione e del decisum rispetto alla motivazione;
6) contraddittorietà tra la decisione di respingere il primo motivo di ricorso e di accogliere le altre censure; illogicità;
7) omessa considerazione in fatto e diritto della domanda ed eccezioni formulate in primo grado dalla difesa del Comune.
In sostanza tutte le censure sono accomunate dalla tesi dell’inapplicabilità al regolamento impugnato dei principi dettati dal d. lgs. n. 152 del 2006, perché le delibere annullate riguardano la c.d. TIA1 che trova fonte normativa nell’art. 49 del d. lgs. n. 22 del 1997 e che ha natura tributaria, come avrebbe chiarito la Corte Costituzionale con sentenza n. 238 del 2009.
L’amministrazione comunale assume in particolare che in virtù della norma transitoria dettata dal comma 11 dell’art. 238 del d. lgs. n. 152 del 2006, essa può applicare i principi dettati dall’art. 49 del decreto Ronchi e del d.p.r. n. 158 del 1999 (c.d. Metodo normalizzato) che attribuiscono ai comuni “un ampio potere discrezionale” sia nell’individuazione dei casi di esclusione dall’assoggettamento a tariffa – non trovando applicazione né i principi dettati dal d. lgs. n. 152 del 2006, né soprattutto il principio comunitario “chi inquina paga” che per la sua logica sinallagmatica può essere applicato unicamente alla TIA2 -, sia nei criteri di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani.
3.- Si sono costituiti in giudizio C.A.I.M.O., Consorzio Artigianale e Industriale di Monterotondo, Elettroservice S.p.A., Sarigo s.r.l., Amico Legno s.r.l., Puntogomme Lazio s.r.l., CRM Costruzione Macchine Romane s.r.l., Team 95 s.r.l., D'Ascenzi Pavimenti S.p.A., Del Broccolo s.n.c. di Enrico Del Broccolo e figli che hanno controdedotto, concludendo per il rigetto dell’appello.
Essi hanno proposto anche appello incidentale condizionato riproponendo le censure assorbite in sentenza.
Le parti hanno depositato memorie difensive e, alla pubblica udienza del 2 luglio 2013, il giudizio è stato assunto in decisione.
4.- L’appello è infondato e va respinto.
5.- La questione all’esame riguarda il nuovo “Regolamento di attuazione della tariffa del servizio di gestione dei rifiuti urbani (TIA)”, introdotta dall’art. 49 del d. lgs. n. 22 del 1997, in sostituzione della TARSU.
Il Comune di Monterotondo, che aveva già istituito la TIA con deliberazione del consiglio comunale n. 11 del 9 giugno 2006, con la deliberazione del 9 giugno 2011 approvava con il regolamento impugnato la tariffa del servizio, prevedendo agli articoli 4, 3, 15 e 18 del Regolamento l’obbligo di versamento della TIA non solo quanto alle superfici produttive di rifiuti urbani ma a tutte le superfici dove si svolgono attività.
In particolare, le doglianze dei ricorrenti di primo grado, riguardano la possibile duplicazione di imposta per le superfici dove si producono rifiuti speciali e l’assimilabilità ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali prodotti da utenze non domestiche e smaltiti a spese dei produttori (questi vengono esclusi solo della parte variabile della tariffa, restando assoggetti alla parte fissa, calcolata con le modalità definite dall’art. 16, comma 2 del medesimo regolamento.
6.- Assume il Comune appellante che la sentenza del TAR sarebbe contraddittoria perché dopo aver riconosciuto la natura tributaria della TIA1, contesta il potere discrezionale del Comune nella determinazione dei presupposti di imposta e dell’assimilabilità dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, asserendo la prevalenza “di principi normativi stabiliti in via sussidiaria a livello comunitario e recepiti a livello nazionale che mirano per preordinate finalità di pubblico interesse, alla tutela dell’ambiente e del territorio europeo”.
In particolare, secondo il Comune di Monterotondo poiché i regolamenti impugnati hanno ad oggetto la TIA1, istituita dall’art. 49 del d. lgs. n. 22 del 1997 (Decreto Ronchi), risulterebbero inapplicabili i principi dettati dal successivo d. lgs. n. 152 del 2006, in virtù del regime transitorio disciplinato dagli artt. 238, comma 11 e 264, comma 1 lett. i) del citato d. lgs. n. 152 del 2006.
Tali norme prevedono che, malgrado l’abrogazione del d. lgs. n. 22 del 1997, continuino ad applicarsi i provvedimenti attuativi del medesimo decreto legislativo 152 del 2006 (provvedimenti che non sono stati ancora emanati).
Ne conseguirebbe a detta del Comune la totale discrezionalità dei comuni nella individuazione dei criteri soggettivi e oggettivi per l’applicazione della tariffa e dei requisiti per l’eventuale esenzione.
Ugualmente non troverebbero applicazione i principi comunitari e segnatamente il principio “chi inquina paga”, dettato dall’art. 174 del Trattato CE, che ha informato la stesura del d. lgs. n. 152 del 2006, che per la sua logica sinallagmatica può essere applicato unicamente alla TIA2, mentre nel caso il Comune di Monterotondo afferma di aver istituito la TIA1, che ha natura tributaria.
Le censure del Comune appellante non possono essere condivise.
6.1- Invero, il principio comunitario “chi inquina paga” fissato dall’art. 175 del Trattato CE trova immediata e diretta applicazione nella legislazione nazionale.
I trattati costitutivi delle Comunità europee non sono, infatti, comuni accordi internazionali, in forza dei quali gli stati contraenti si impegnano a rispettare specifiche obbligazioni reciproche, ma rappresentano gli atti costitutivi di un nuovo ordinamento, i cui atti normativi sono validi ed efficaci negli ordinamenti dei singoli stati membri indipendentemente da norme interne di recepimento.
Il c.d. primato del diritto comunitario si sostanzia, infatti, nella prevalenza di quest’ultimo sulle norme interne con esso contrastanti, sia precedenti che successive, qualunque sia il rango, anche costituzionale.
Ne deriva che tutti i principi affermati nei Trattati istitutivi delle Comunità europee trovano applicazione e il giudice ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto comunitario, disapplicando eventualmente la norma interna con esso configgente.
6.2- Quanto al merito del principio “chi inquina paga”, la cui prima formulazione è dovuta a livello internazionale dall’OCSE che nella raccomandazione del 26 maggio 1972 n. 128 affermò la necessità che all’inquinatore fossero imputati “i costi della prevenzione e delle azioni contro l’inquinamento come definito dall’Autorità pubblica al fine di mantenere l’ambiente in uno stato accettabile”, il recepimento del principio da parte della Comunità europea è coerente con le finalità del mercato comune, atteso che il principio viene incontro alla necessità che siano gli operatori economici a sopportare i costi dell’inquinamento prodotto.
Con la revisione del Trattato di Roma ad opera dell’Atto Unico Europeo del 1987, il principio “chi inquina paga” ha trovato definitivo riconoscimento nell’art. 13OR (oggi art. 174) quale principio fondamentale della politica comunitaria in materia ambientale.
Tale principio deve ritenersi costituzionalizzato, atteso che il nuovo art. 117 della Costituzione prevede che i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e, quindi, anche i principi generali sui quali detto ordinamento di fonda, devono essere osservati dallo Stato e dalle Regioni e, quindi, anche dai Comuni.
6.3- Quanto all’interpretazione del principio in questione, deve ritenersi che il principio sia “aperto” e trovi applicazione sia mediante forme di risarcimento del danno ambientale basate sulla responsabilità civile, sia mediante l’istituzione di tributi ambientali.
Tale principio è inteso a ripartire equamente i costi legati all’inquinamento ambientale.
Esso è considerato come un’espressione del principio di proporzionalità (non sarebbe legittimo, oltre che opportuno, addossare i costi per lo smaltimento dei rifiuti a chi non li ha prodotti).
Il ricorso alla leva fiscale consente di prevenire e correggere il danno ambientale, ovvero di reagire agli effetti inquinanti, aumentando il costo dei comportamenti che producono diseconomie esterne.
In tale ottica è stata avvertita l’esigenza di sostituire la TARSU con altra forma di prelievo, perché poco coerente con il suddetto principio.
Infatti, già l’istituzione della “tariffa” con l’art. 49 del d. lgs. n. 22 del 1997 costituisce una prima applicazione del principio secondo cui gli utenti sono chiamati a pagare in relazione alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti e non già in base alla superficie occupata.
Ancor più aderente al principio “chi inquina paga” è indubbiamente la tariffa integrata ambientale prevista dal d. lgs. n. 152 del 2006, la quale pur individuando il soggetto passivo in colui che possiede o detiene locali o aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, espressamente prevede che tali luoghi effettivamente producano rifiuti urbani.
6.4- Fermo, dunque, che il principio “chi inquina paga” sancito dall’art. 15 della direttiva 2006/12/CE ha un’immediata cogenza nel diritto interno e deve essere interpretato nel senso di precludere a normative interne di imporre ai singoli costi manifestamente inadeguati per lo smaltimento dei rifiuti perché non dimostrano un legame sufficientemente ragionevole con la produzione dei rifiuti, appare evidente che il regolamento del Comune di Monterotondo impugnato si pone in palese violazione del suddetto principio, avendo previsto:
a) una forma di prelievo non coerente con il più volte citato principio e con l’obiettivo di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e per l’ambiente;
b) l’applicabilità del regime di assimilabilità dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani anche per quelli derivanti da utenze produttive;
c) la tariffa seppure limitata alla componente fissa anche nell’ipotesi in cui il rifiuto speciale non è ritenuto assimilabile agli urbani.
7.- Secondo il Comune appellante, malgrado l’abrogazione di specifiche norme del d. lgs. n. 22 del 1997, i comuni manterrebbero la potestà di stabilire i presupposti di applicazione della tariffa e determinare i criteri di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani “in via ultrattiva e con ampi margini di discrezionalità” in virtù della disciplina transitoria di cui al d. lgs. n. 152 del 2006 e segnatamente degli artt. 238, comma 11 e 264, lett. f).
Invero, l’art. 264 lett. i) del d. lgs. n. 152 del 2006 stabilisce che “a decorrere dalla data di entrata in vigore della quarta parte del d. lgs. n. 152 del 2006 è abrogato l’intero d. lgs. n. 22 del 1997”.
La stessa norma prevede che “al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio tra la preesistente normativa e quella attuale”, trovano applicazione i “provvedimenti attuativi del d. lgs. n. 22 del 1997 fino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti decreti attuativi della quarta parte del d. lgs. n. 152 del 2006”.
Provvedimento attuativo del d. lgs. n. 22 del 1997 è il d.p.r. 27 aprile 1998, n. 158 che disciplina l’elaborazione del metodo normalizzato per la definizione della tariffa rifiuti.
Questo regolamento prevede che la tariffa debba coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani secondo una regola di equivalenza indicata dal decreto e stabilisce la suddivisione della stessa in una quota fissa, relativa alle componenti essenziali del costo di servizio ed una quota variabile, rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti e determina le modalità di calcolo della quota fissa per le utenze ed i coefficienti per l’attribuzione della stessa.
L’altra disposizione transitoria, l’art. 238, comma 11, del d. lgs. n. 152 del 2006 stabilisce che “sino all’emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti”.
In definitiva in base a quest’ultima norma transitoria, i comuni possono continuare ad applicare la normativa già adottata alla data di entrata in vigore del d. lgs. n. 152 del 2006.
Nel caso di adozione di nuovi regolamenti, i comuni devono, invece, uniformarsi alle norme del Codice dell’ambiente.
In tal senso si esprime l’art. 265 del d. lgs. n. 152 del 2006 che, come detto, per evitare soluzioni di continuità nel passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina, stabilisce che “le pubbliche amministrazioni, nell’esercizio delle rispettive competenze, adeguano la previgente normativa di attuazione alla disciplina contenuta nella parte quarta del presente decreto”.
Il Comune di Monterotondo, invece di adeguare la normativa di attuazione ai principi dettati dal Codice dell’Ambiente ha ritenuto di disporre della massima discrezionalità nella determinazione dei presupposti per l’applicazione della tassa o tariffa, asserendo che l’art. 4 del Regolamento debba essere valutato in relazione al dettato normativo dell’art. 49 del d. lgs. n. 22 del 1997, senza considerare che tale norma era stata abrogata dal d. lgs. n. 152 del 2006 e che il regime transitorio è stato prorogato solamente fino al 2009, ma non esiste una ulteriore proroga per l’anno 2010 e 2011.
In conclusione, deve ritenersi che dalla data di entrata in vigore del Codice dell’Ambiente (29 aprile 2006) non è più ammissibile il passaggio alla tariffa Ronchi, essendo stata soppressa la relativa normativa.
In via transitoria è tollerata la vigenza degli atti deliberativi già assunti.
I nuovi regolamenti comunali dovranno applicare l’art. 238 del d. lgs. n. 152 del 2006 e l’applicazione sarà mitigata ai sensi dell’art. 264, comma 1, lett. i) del suddetto d. lgs. n. 152 del 2006 che prevede l’applicazione dei provvedimenti attuativi del d. lgs. n. 22 del 1997 fino all’entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi del Codice dell’Ambiente, nonché ai sensi dell’art. 265 del medesimo decreto.
Pertanto, l’unica interpretazione possibile è quella di ritenere applicabile, per i regolamenti approvati dai Comuni successivamente all’entrata in vigore del Codice dell’Ambiente, della tariffa integrata ambientale di cui all’art. 238 del d. lgs. n. 152 del 2006 con applicazione del metodo normalizzato di cui al d.p.r. n. 158 del 1999 nelle more del decreto attuativo dello stesso articolo 238.
Ne consegue l’illegittimità del Regolamento del Comune di Monterotondo, la cui tariffa di igiene ambientale, trova fondamento nell’art. 49 del d. lgs. n. 22 del 1997.
7.- Ciò posto in via di principio, non può che condividersi il percorso motivazionale del giudice di primo grado che correttamente distingue tra l’oggetto del potere discrezionale rimesso all’ente locale e l’ambito rimesso alla competenza statale, evidenziando, come già nella disciplina previgente al d. lgs. n. 152 del 2006, fosse attribuita al Comune l’individuazione dei costi da coprire, la ripartizione tra utenza domestica e non domestica e la determinazione della misura della tariffa medesima.
Il legislatore nazionale non ha, invece, attribuito ai Comuni il potere di incidere sul presupposto per l’applicazione della tassa/tariffa o sui requisiti per la fruizione dell’esenzione stabilita dal legislatore nazionale, con la conseguenza che i principi stabiliti dalla legislazione comunitaria e nazionale (esenzione dalla tariffa per le superfici produttive di rifiuti speciali, limiti alla assimilabilità dei rifiuti speciali agli urbani) devono ritenersi presupposto di ogni regolamento comunale.
Ed infatti, il principio dell’esclusione dall’assoggettamento a tariffa delle superfici che producono rifiuti speciali e non rifiuti urbani è rimasto immutato a partire dal d.p.r. n. 915 del 1982, al d. lgs. n. 507 del 1993 istitutivo della TARSU, al d. lgs. n. 22 del 1997 (decreto Ronchi) che ha soppresso la TARSU ed ha istituito la TIA (tariffa di igiene ambientale) al d. lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’Ambiente) che ha soppresso la TIA ed ha istituito una nuova ulteriore tariffa.
Infatti, mentre l’art. 3 del d.p.r. n. 915 del 1982 stabiliva che allo smaltimento dei rifiuti speciali dovessero provvedere i produttori dei rifiuti stessi direttamente o attraverso imprese autorizzate; il d. lgs n. 507 del 1993 stabiliva che nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di superficie ove si formano rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti allo smaltimento a proprie spese i produttori stessi.
Il d. lgs. n. 22 del 1997 svolge all’art. 7 una precisa distinzione rilevante ai fini dell’applicazione della tariffa tra rifiuti urbani e rifiuti speciali, mentre all’art. 18 rimette allo Stato la competenza per l’adozione delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, per la determinazione dei criteri qualitativi e quantitativi per l’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani.
Il d. lgs. n. 152 del 2006 sopprime la tariffa prevista dal decreto Ronchi ed istituisce una nuova tariffa da applicarsi a “chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte …che producano rifiuti urbani”.
Corollari di tale principio è l’esclusione dal campo di applicazione dalla tassa delle aree in cui si formano rifiuti speciali, tossici o nocivi al cui smaltimento sono tenuti a provvedere i produttori stessi a proprie spese.
7.1- Quanto ai criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani, mentre il d. lgs. n. 50 del 1993 confermava la precedente disciplina che attribuiva una discrezionalità ai Comuni per l’assimilabilità delle tipologie dei rifiuti speciali quali quelli derivanti da attività agricole, artigianali, commerciali e di servizi ai fini dell’ordinario conferimento dei rifiuti al servizio pubblico, con conseguente applicazione della tariffa, con l’art. 39 della l. n. 146 del 1994 venne disposta l’assimilazione ope legis ai rifiuti urbani di tutti i rifiuti speciali a condizione che avessero una certa composizione merceologica; il decreto Ronchi ripristinava (art. 21, comma 2, lett. g) il potere dei comuni di prevedere con propri regolamenti l’assimilazione e siccome il decreto relativo ai criteri quantitativi e qualitativi non fu mai emanato, l’assimilazione fu caratterizzata da costante provvisorietà.
Con l’art. 195, comma 2, lett. e) del d. lgs. n. 152 del 2006 si è dettata una normativa chiara e coerente con i principi comunitari, essendosi stabilito che “non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali di servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico”.
In quanto non assimilabili, i rifiuti che si formano nelle aree produttive, salve le eccezioni sopra elencate, sfuggono al regime transitorio e si pongono al di fuori della privativa comunale.
Il che comporta che questi rifiuti non possono essere conferiti al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, ma come stabilisce l’art. 188, comma 2, lett. c) del d. lgs. n. 152 del 2006 e la remunerazione del servizio deve essere assicurata attraverso apposita convenzione e, quindi, attraverso un canone o tariffa rapportata prevalentemente ai volumi e pesi conferiti.
7.2- In conclusione, così come affermato dal TAR, è lo Stato che determina i criteri per l’assimilazione con la conseguenza che anche nel vecchio regime, lo smaltimento o il recupero dei rifiuti speciali (unitamente alla produzione dei medesimi in determinate aree) requisito per l’esenzione, che esclude dall’assimilabilità ai rifiuti urbani i rifiuti che si producono nelle aree produttive, deve ritenersi presupposto delle disposizioni comunali.
7.3- L’appello del Comune di Monterotondo risulta infondato laddove nega la preminenza delle norme statali e dei principi comunitari alle discipline regolamentari, sul presupposto che il richiamo alla TIA1 sia sufficiente a legittimare la discrezionalità che giunge sino alla determinazione dei presupposti di applicazione della tariffa.
Invero, senza entrare nel merito delle specifiche disposizioni regolamentari, va ribadito che, ferma l’irrilevanza nella controversia in esame, della natura tributaria della TIA1, che rientrano nella discrezionalità del Comune le disposizioni per la concreta applicazione della tassa, mentre restano oggetto di riserva di legge il presupposto per l’applicazione della tassa e i requisiti per la fruizione di esenzioni e per l’assimilazione ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali (Cass. civ., sez. tributaria, 14 gennaio 2011, n. 775).
In conclusione, l’appello deve essere respinto e, per l’effetto, deve essere confermata la sentenza di primo grado.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza nell’importo indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l 'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Condanna il Comune di Monterotondo al pagamento in favore di di C.A.I.M.O., Consorzio Artigianale e Industriale di Monterotondo, Elettroservice S.p.A., Sarigo s.r.l., Amico Legno s.r.l., Puntogomme Lazio s.r.l., CRM Costruzione Macchine Romane s.r.l., Team 95 s.r.l., D'Ascenzi Pavimenti S.p.A., Del Broccolo s.n.c. di Enrico Del Broccolo e Figli delle spese di giudizio che liquida in euro 3.000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente FF
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)