Corte costituzionale n. 121 del 13 maggio 2022
Oggetto: Energia - Impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili - Norme della Regione Basilicata -Piano di indirizzo energetico ambientale regionale [P.I.E.A.R.] - Procedure per la realizzazione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici di grande generazione - Modifiche normative - Requisiti tecnici minimi - Previsione della potenza massima dell'impianto di 10MW per le aree e i siti di cui al punto 16.1, lett. d), del D.M. 10 settembre 2010 - Previsione della potenza massima dell'impianto di 3MW per le aree e i siti diversi da quelli sopra indicati, aumentabile del 20 per cento qualora i progetti comprendano interventi a supporto dello sviluppo locale, commisurati agli obiettivi del P.I.E.A.R. - Previsione che la Giunta regionale, al riguardo, provvede a definire le tipologie, le condizioni, la congruità e le modalità di valutazione e attuazione degli interventi di sviluppo locale. Requisiti tecnici minimi [velocità media annua del vento a 25 m dal suolo superiore ai 6 m/s; ore equivalenti di funzionamento dell'aerogeneratore non inferiori a 2.500 ore] - Requisiti anemologici [periodo di rilevazione di almeno 3 anni di dati validi e consecutivi].
Dispositivo: illegittimità costituzionale
SENTENZA N. 121
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giuliano AMATO; Giudici : Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettere a) e b), e 2, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Basilicata 26 luglio 2021, n. 30 (Modifiche alla L.R. 19 gennaio 2010, n. 1 “Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale – D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – L. R. n. 9/2007 e ss.mm.ii.” e alla L.R. n. 8/2012 “Disposizioni in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili”), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 settembre 2021, depositato in cancelleria il 30 settembre 2021, iscritto al n. 53 del registro ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2021.
Visto l’atto di costituzione della Regione Basilicata, nonché l’atto di intervento di Enel Green Power Italia;
udita nell’udienza pubblica del 6 aprile 2022 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;
udito l’avvocato dello Stato Giovanni Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 6 aprile 2022.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 30 settembre 2021 e iscritto al n. 53 del registro ricorsi 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettere a) e b), e 2, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Basilicata 26 luglio 2021, n. 30 (Modifiche alla L.R. 19 gennaio 2010, n. 1 “Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale – D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – L. R. n. 9/2007 e ss.mm.ii.” e alla L.R. n. 8/2012 “Disposizioni in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili”), in riferimento all’art. 117, commi primo e terzo, della Costituzione, in relazione, rispettivamente, alla direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente la promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, nonché all’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), e al decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili).
1.1.– L’art. 1, comma 1, lettere a) e b), della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021 interviene sul piano di indirizzo energetico regionale (PIEAR), Appendice A), approvato con la legge della Regione Basilicata 19 gennaio 2010, n. 1 (Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale. D. Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 – L.R. n. 9/2007), modificando la disciplina dei requisiti tecnici minimi in materia di impianti fotovoltaici di grande generazione.
In particolare, prevede quanto segue:
«a) al paragrafo n. 2.2.3.3. (Requisiti tecnici minimi), comma 1, prima della parola “Potenza” sono inserite le seguenti parole: “Per le aree e i siti di cui al punto 16.1, lettera d), del D.M. 10 settembre 2010,”;
b) al paragrafo n. 2.2.3.3. (Requisiti tecnici minimi), dopo il punto 1, è inserito il punto 1 bis:
“1 bis. Per le aree e i siti diversi da quelli di cui al punto 1, del paragrafo 2.2.3.3. (Requisiti tecnici minimi), e fermo restante quanto previsto dalla L.R. 54/2015, potenza massima dell’impianto non superiore a 3MW, la potenza massima dell’impianto potrà essere aumentata del 20% qualora i progetti comprendano interventi a supporto dello sviluppo locale, commisurati all’entità del progetto ed in grado di concorrere, nel loro complesso, agli obiettivi del P.I.E.A.R. La Giunta regionale, al riguardo, provvede a definire le tipologie, le condizioni, la congruità e le modalità di valutazione e attuazione degli interventi di sviluppo locale”».
1.2.– L’art. 2, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021 modifica, a sua volta, il PIEAR, incidendo sulla disciplina degli impianti eolici di grande generazione. Nello specifico, dispone quanto segue:
«1. Le lettere a) e b) del paragrafo 1.2.1.3. (Requisiti tecnici minimi) dell’Appendice A) del P.I.E.A.R. sono sostituite dalle seguenti:
a) velocità media annua del vento a 25 m dal suolo superiore ai 6 m/s;
b) ore equivalenti di funzionamento dell’aerogeneratore non inferiori a 2.500 ore.
2. Al primo capoverso del paragrafo 1.2.1.5. (Requisiti anemologici) dell’Appendice A) del P.I.E.A.R. le parole “della durata di almeno un anno” sono sostituite con le seguenti: “della durata di almeno tre anni”.
3. La lettera f) del paragrafo 1.2.1.5. (Requisiti anemologici) dell’Appendice A) del P.I.E.A.R. è sostituita dalla seguente:
“f) Periodo di rilevazione di 3 anni di dati validi e consecutivi – è ammessa una perdita di dati pari al 10% del totale – che non risalgano a più di 5 anni precedenti alla presentazione dell’istanza. Qualora i dati a disposizione siano relativi ad un periodo di tempo inferiore a 3 anni, ma comunque superiore a 30 mesi, è facoltà del richiedente adottare una delle due strategie seguenti: considerare il periodo mancante alla stregua di un periodo di calma ed includere tale periodo nel calcolo dell’energia prodotta; integrare i dati mancanti con rilevazioni effettuate tramite torre anemometrica, avente le caratteristiche dei punti b), c), d) ed e), fino al raggiungimento di misurazioni che per un periodo consecutivo di un anno presentino una perdita di dati non superiore al 10% del totale. Qualora i dati mancanti fossero in numero maggiore di 3 mesi, il monitoraggio dovrà estendersi per il periodo necessario ad ottenere dati validi per ognuno dei mesi dell’anno solare».
2.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, le disposizioni impugnate violerebbero i principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., nonché il principio di massima diffusione delle energie da fonti rinnovabili, sotteso alla disciplina della direttiva invocata quale parametro interposto, il che evidenzierebbe un contrasto anche con l’art. 117, primo comma, Cost.
2.1.– Con riferimento alle disposizioni di cui all’art. 1, comma 1, lettere a) e b), il ricorrente contesta che esse avrebbero indebitamente previsto un tetto massimo di potenza pari a 10 MW, per impianti fotovoltaici realizzati su aree già degradate da attività antropiche, e che avrebbero introdotto in aggiunta un nuovo limite di 3 MW per tutti gli altri siti.
Una simile disciplina si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», che si traggono dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, dalle linee guida del Ministero dello sviluppo economico (del 10 settembre 2010), attuative del citato articolo, nonché dal d.lgs. n. 28 del 2011.
La normativa di principio statale non consentirebbe, infatti, l’introduzione di tetti massimi, ma semmai imporrebbe «il raggiungimento di obiettivi minimi di produzione» (viene richiamata, in proposito, la sentenza n. 124 del 2010 di questa Corte).
Questo confliggerebbe ulteriormente con i principi fondamentali della materia, che limitano il potere delle Regioni all’individuazione di puntuali aree non idonee all’installazione di specifiche tipologie di impianti, in base alle modalità disposte dal paragrafo 17 e dall’Allegato 3 delle menzionate linee guida del 10 settembre 2010 (a tal proposito, il ricorso richiama Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 12 aprile 2021, n. 2983).
Da ultimo, l’introduzione dei citati limiti non terrebbe in alcun conto la previsione dell’art. 31, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), convertito, con modificazioni, nella legge 29 luglio 2021, n. 108, che avrebbe individuato un punto di equilibrio tra le esigenze correlate con la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’attività agricola.
2.2.– Sempre con riferimento all’asserita violazione dei principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», desumibili dai medesimi parametri interposti sopra indicati, l’Avvocatura contesta la legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, 2 e 3.
Le relative disposizioni, nel modificare i requisiti tecnici minimi del PIEAR per gli impianti eolici di grande generazione, avrebbero introdotto criteri inderogabili per il rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dal legislatore statale e «con il principio di derivazione europea della massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili» (vengono richiamate, in proposito, le sentenze di questa Corte n. 106 del 2020, n. 286 e n. 86 del 2019).
Non soltanto, i nuovi requisiti ridurrebbero i siti eleggibili all’installazione di impianti eolici, ma, oltretutto, con la previsione obbligatoria di uno studio anemologico con rilevazioni di almeno tre anni, da integrare nel progetto, comporterebbero il rischio di un «“congelamento” di uno specifico sito coinvolto da sviluppo» per l’intera durata del triennio.
3.– Il 4 novembre 2021 si è costituita in giudizio la Regione Basilicata, sostenendo l’inammissibilità e comunque la non fondatezza delle questioni.
3.1.– Quanto al primo articolo impugnato, la Regione ritiene che la relativa disciplina si sarebbe attenuta ai principi costituzionali, «contemperando le esigenze di massima diffusione delle FER [fonti energetiche rinnovabili] con la tutela paesaggistica».
Precisa, inoltre, che il piano, oggetto della modifica legislativa, avrebbe raggiunto i requisiti minimi prefissati e sarebbe già scaduto, sicché sarebbe destinato a produrre i suoi effetti solo fino all’approvazione del nuovo PIEAR, già in fase di predisposizione. Proprio «la temporaneità dell’efficacia della modifica impugnata, in combinato disposto con il principio di precauzione [avrebbe indotto] la Regione Basilicata a considerare sede preferenziale per l’installazione degli impianti FER [fonti di energie rinnovabili]: le aree industriali, […] le cave, [le] discariche, [i] siti contaminati».
A conferma di ciò, la difesa regionale richiama quanto disposto dai commi 3 e 4 dell’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021.
Il primo consentirebbe l’installazione di impianti fotovoltaici senza limiti nelle aree industriali anche dismesse, il secondo darebbe mandato al «Dipartimento Ambiente» di predisporre uno studio per estendere le previsioni del comma 3 anche ad altre aree. Simili previsioni attesterebbero, pertanto, l’impegno della Regione Basilicata nella diffusione delle fonti di energia rinnovabile, unitamente all’esigenza di sfruttare le aree più adatte all’installazione degli impianti, sia dal punto di vista strutturale sia per la prossimità agli utenti principali.
Inoltre, la Regione sostiene che i limiti di cui all’art. 1, comma 1, lettere a) e b), inseriti nel paragrafo dedicato ai «requisiti tecnici minimi» e non in quello relativo ai «siti non idonei», non influirebbero sul procedimento dettato dalla normativa statale. Peraltro, si rammenta che, anche nel caso dell’individuazione dei siti non idonei, non si determinerebbe un divieto assoluto, bensì una «una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». In sostanza, le disposizioni regionali non comporterebbero l’esclusione aprioristica di porzioni non definite di territorio, ma andrebbero «nella direzione, medio tempore, di una uniformazione del Piano rispetto a quanto già approvato in sede di Comitato Paritetico per il Piano Paesaggistico e con l’approvando P.I.E.A.R. 2020-2030».
Infine, la Regione chiarisce che le disposizioni impugnate non violerebbero l’art. 31, comma 5, del d.l. n. 77 del 2021, come convertito, in quanto parametro del tutto inconferente. La citata disposizione, infatti, non detterebbe alcun principio in materia di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile, poiché si limiterebbe a estendere gli incentivi statali di cui al d.lgs. n. 28 del 2011 agli agrivoltaici che adottano soluzioni integrative innovative.
3.2.– Venendo alle censure relative all’art. 2, commi 1, 2 e 3, la Regione rileva che il ricorrente non avrebbe chiarito i profili di contrasto con la normativa di principio.
Nel merito, sottolinea come le modifiche introdotte sarebbero il frutto di un esame delle istanze autorizzate negli ultimi dieci anni, sicché la Regione si sarebbe solo limitata ad adattare i precedenti requisiti alle nuove conoscenze tecniche, frutto della maturata esperienza. Le modifiche dei requisiti minimi avrebbero «lo scopo di evitare che la diffusione degli impianti eolici si traduca in una occupazione indiscriminata di ambiti del territorio che non presentano condizioni ambientali e produttive idonee alla loro installazione».
Le indicazioni fornite – rileva ancora la difesa regionale – sarebbero coerenti con la classificazione dei terreni stilata dalle associazioni American wind energy association (AWEA) ed European wind energy association (EWEA), che consiglierebbero per gli impianti eolici di grande generazione un valore minimo della velocità media del vento di almeno 6.35 metri al secondo, misurata a 10 metri dal suolo.
Infine, la resistente eccepisce che analoghi requisiti tecnici sarebbero stati fissati da norme di altre Regioni, tra le quali il Friuli-Venezia Giulia e le Marche.
4.– L’8 novembre 2021, l’Associazione elettricità futura – Unione delle imprese elettriche italiane ha depositato un’opinione, in qualità di amicus curiae, chiedendo l’accoglimento del ricorso. Con decreto del Presidente di questa Corte del 1° marzo 2022, l’opinione è stata ammessa in giudizio.
L’Associazione ha rilevato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, il legislatore statale avrebbe introdotto principi in questa materia, che non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale.
In particolare, le linee guida ministeriali consentirebbero alle Regioni di prevedere delle limitazioni solo a seguito di un’apposita istruttoria, nel rispetto della riserva di procedimento amministrativo e senza poter mai determinare l’effetto di un divieto assoluto. Viceversa, – rileva l’amicus curiae – la Regione avrebbe introdotto dei requisiti tecnici minimi che «si atteggiano a condizione indispensabile per avviare il procedimento di autorizzazione unica». Da ultimo, l’opinione sottolinea che, anche a voler attribuire al legislatore regionale la facoltà di disciplinare i requisiti richiesti per la presentazione del progetto, la Regione avrebbe dovuto, comunque, rispettare la riserva di procedimento amministrativo per come definita dal paragrafo 17 delle linee guida.
5.– Con atto depositato in data 9 novembre 2021, è intervenuta in giudizio ad adiuvandum Enel Green Power Italia, società che sviluppa e gestisce attività di generazione di energia da fonti rinnovabili, assumendo di essere direttamente interessata alla decisione. In particolare, ha rilevato che il rinvio dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale all’art. 4, comma 3, delle medesime norme renderebbe possibile e anzi doverosa l’ammissibilità dell’intervento per coloro che abbiano una posizione qualificata in termini di interesse. In caso contrario, costoro subirebbero una ingiustificata disparità di trattamento rispetto a chi può depositare un’opinione in qualità di amici curiae.
6.– Il 15 febbraio 2022, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria con la quale ha replicato alle difese regionali.
In particolare, ha contestato che il dato letterale delle disposizioni impugnate possa avvalorare l’ipotesi che esse preservino alla discrezionalità amministrativa una valutazione in concreto sulla fattibilità degli impianti. In ogni caso, ha eccepito che, anche ammettendo una tale ricostruzione, le norme violerebbero comunque la riserva di procedimento amministrativo.
7.– Nell’udienza del 6 aprile 2022 l’Avvocatura generale dello Stato ha insistito per le conclusioni rassegnate negli scritti difensivi.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso depositato il 30 settembre 2021 e iscritto al n. 53 del registro ricorsi 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettere a) e b), e 2, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Basilicata 26 luglio 2021, n. 30 (Modifiche alla L.R. 19 gennaio 2010, n. 1 “Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale – D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – L. R. n. 9/2007 e ss.mm.ii.” e alla L.R. n. 8/2012 “Disposizioni in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili”), in riferimento all’art. 117, commi primo e terzo della Costituzione, in relazione, rispettivamente, alla direttiva 2009/28/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente la promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, nonché all’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), e al decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili).
1.1.– L’art. 1, comma 1, lettere a) e b), della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021 interviene sul Piano di indirizzo energetico regionale (PIEAR), Appendice A), approvato con la legge della Regione Basilicata 19 gennaio 2010, n. 1 (Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale. D. Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 – L.R. n. 9/2007), modificando la disciplina dei requisiti tecnici minimi in materia di impianti fotovoltaici di grande generazione.
In particolare, prevede quanto segue:
«a) al paragrafo n. 2.2.3.3. (Requisiti tecnici minimi), comma 1, prima della parola “Potenza” sono inserite le seguenti parole: “Per le aree e i siti di cui al punto 16.1, lettera d), del D.M. 10 settembre 2010,”;
b) al paragrafo n. 2.2.3.3. (Requisiti tecnici minimi), dopo il punto 1, è inserito il punto 1 bis:
“1 bis. Per le aree e i siti diversi da quelli di cui al punto 1, del paragrafo 2.2.3.3. (Requisiti tecnici minimi), e fermo restante quanto previsto dalla L.R. 54/2015, potenza massima dell’impianto non superiore a 3MW, la potenza massima dell’impianto potrà essere aumentata del 20% qualora i progetti comprendano interventi a supporto dello sviluppo locale, commisurati all’entità del progetto ed in grado di concorrere, nel loro complesso, agli obiettivi del P.I.E.A.R. La Giunta regionale, al riguardo, provvede a definire le tipologie, le condizioni, la congruità e le modalità di valutazione e attuazione degli interventi di sviluppo locale”».
1.2. – L’art. 2, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021 modifica, a sua volta, la disciplina degli impianti eolici di grande generazione, di cui al PIEAR, disponendo quanto segue:
«1. Le lettere a) e b) del paragrafo 1.2.1.3. (Requisiti tecnici minimi) dell’Appendice A) del P.I.E.A.R. sono sostituite dalle seguenti:
a) velocità media annua del vento a 25 m dal suolo superiore ai 6 m/s;
b) ore equivalenti di funzionamento dell’aerogeneratore non inferiori a 2.500 ore.
2. Al primo capoverso del paragrafo 1.2.1.5. (Requisiti anemologici) dell’Appendice A) del P.I.E.A.R. le parole “della durata di almeno un anno” sono sostituite con le seguenti: “della durata di almeno tre anni”.
3. La lettera f) del paragrafo 1.2.1.5. (Requisiti anemologici) dell’Appendice A) del P.I.E.A.R. è sostituita dalla seguente:
“f) Periodo di rilevazione di 3 anni di dati validi e consecutivi – è ammessa una perdita di dati pari al 10% del totale – che non risalgano a più di 5 anni precedenti alla presentazione dell’istanza. Qualora i dati a disposizione siano relativi ad un periodo di tempo inferiore a 3 anni, ma comunque superiore a 30 mesi, è facoltà del richiedente adottare una delle due strategie seguenti: considerare il periodo mancante alla stregua di un periodo di calma ed includere tale periodo nel calcolo dell’energia prodotta; integrare i dati mancanti con rilevazioni effettuate tramite torre anemometrica, avente le caratteristiche dei punti b), c), d) ed e), fino al raggiungimento di misurazioni che per un periodo consecutivo di un anno presentino una perdita di dati non superiore al 10% del totale. Qualora i dati mancanti fossero in numero maggiore di 3 mesi, il monitoraggio dovrà estendersi per il periodo necessario ad ottenere dati validi per ognuno dei mesi dell’anno solare».
2.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, le disposizioni impugnate violerebbero i principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», nonché il principio di massima diffusione delle energie da fonti rinnovabili prescritto dal diritto dell’Unione europea.
2.1.– In particolare, le disposizioni di cui al primo articolo impugnato introdurrebbero, per gli impianti fotovoltaici di grande generazione, tetti massimi di potenza idonei a condizionare i procedimenti di autorizzazione, mentre la normativa statale di principio imporrebbe «il raggiungimento di obiettivi minimi di produzione».
Nello specifico, la previsione generale e astratta, che impedisce l’installazione di impianti di potenza superiore a 10 MW nelle aree degradate, e quella che introduce un limite pari a 3 MW in tutti gli altri siti contrasterebbero con i principi fondamentali della materia, dettati dal paragrafo 17 e dall’Allegato 3 delle citate linee guida del 10 settembre 2010, attuative dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, le quali consentirebbero alle Regioni solo di individuare puntuali aree non idonee all’installazione di specifiche tipologie di impianti, senza con ciò determinare preclusioni assolute.
2.2– Quanto all’art. 2, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021, che ha modificato i requisiti tecnici minimi del PIEAR per gli impianti eolici di grande generazione, anch’esso avrebbe condizionato il rilascio dell’autorizzazione unica, di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, così violando i principi fondamentali della materia ivi recati dal legislatore statale, nonché gli altri parametri interposti, che sarebbero espressione del principio di derivazione europea della massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili.
Non soltanto i nuovi requisiti ridurrebbero i siti eleggibili all’installazione di impianti eolici, ma, oltretutto, la previsione obbligatoria di uno studio anemologico con rilevazioni di almeno tre anni, da integrare nel progetto, comporterebbe il rischio di un «“congelamento” di uno specifico sito coinvolto da sviluppo» per l’intero triennio.
3.– In via preliminare, va dichiarato inammissibile l’intervento ad adiuvandum nel processo di Enel Green Power, «in quanto il giudizio di legittimità costituzionale in via principale si svolge esclusivamente tra soggetti titolari di potestà legislativa e non ammette l’intervento di soggetti che ne siano privi, fermi restando per costoro, ove ne ricorrano i presupposti, gli altri mezzi di tutela giurisdizionale eventualmente esperibili» (ex plurimis, sentenza n. 134 del 2020 e ordinanza n. 213 del 2019).
Il costante orientamento di questa Corte, che esclude, nel giudizio in via principale, la partecipazione di soggetti privi di potestà legislative (artt. 4, commi 3 e seguenti, e 23 delle Norme integrative per i giudizi costituzionali davanti alla Corte costituzionale, applicabili ratione temporis), non risulta incrinato – come, invece, sostiene Enel Green Power srl – dalla disciplina relativa agli amici curiae (artt. 4-ter e 23 delle citate Norme), rispetto alla quale si determinerebbe una disparità di trattamento.
La ratio dell’intervento nel giudizio costituzionale è, infatti, radicalmente diversa da quella sottesa al deposito di opinioni in qualità di amici curiae, tant’è che solo l’interveniente può chiedere di prendere visione e trarre copia degli atti processuali.
Del resto, la facoltà di presentare memorie concessa «a formazioni sociali senza scopo di lucro e [a] soggetti istituzionali, portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di legittimità costituzionale», lungi dal determinare la disparità di trattamento paventata da Enel Green Power, è diretta, viceversa, a offrire «elementi utili alla conoscenza e alla valutazione del caso» (sentenza n. 67 del 2022), che arricchiscono il giudizio a beneficio di tutti, compresi coloro che vantano interessi correlati all’esito del processo costituzionale.
4.– In rito, occorre esaminare l’eccezione sollevata dalla Regione Basilicata, la quale contesta il carattere apodittico e generico delle censure mosse dallo Stato all’art. 2, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021, che avrebbe individuato solo il parametro interposto, senza specificare i termini del contrasto.
L’eccezione non è fondata.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, il ricorrente ha l’onere di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali, dei quali lamenta la violazione, nonché di svolgere una motivazione che non sia meramente assertiva, indicando le ragioni per le quali vi sarebbe un tale contrasto (ex multis, sentenze n. 273, n. 194 e n. 187 del 2020).
Ebbene, da una lettura complessiva del ricorso emergono in termini sufficientemente chiari, pur se sintetici, i motivi concernenti la violazione dei principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», il che consente di ritenere superata quella soglia minima di comprensibilità idonea a rendere ammissibile l’impugnativa proposta.
5.– Nel merito, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettere a) e b), e 2, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021 sono fondate, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.
5.1.– In particolare, entrambe le disposizioni impugnate contrastano con i principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», recati dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e dagli artt. 4 e seguenti del d.lgs. n. 28 del 2011, nonché dalle previsioni del d.m. 10 settembre 2010.
Nel regolare le procedure per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, le norme statali sopra richiamate «non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale (sentenze n. 69 del 2018 e n. 99 del 2012)» (sentenza n. 86 del 2019, in senso conforme, sentenze n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 del 2019 e n. 177 del 2018), in quanto sono vòlte a bilanciare interessi di fondamentale rilevanza assiologica.
Per un verso, esse si rendono interpreti dell’esigenza di potenziare le fonti rinnovabili, che, in virtù della loro naturale vocazione a preservare l’interesse ambientale, costituiscono un punto di intersezione tra l’obiettivo di difendere il citato interesse e l’istanza di garantire la produzione di energia (sentenze n. 86 del 2019, n. 199 del 2014, n. 67 del 2011 e n. 119 del 2010).
Per un altro verso, cercano di contemperare il massimo sviluppo delle fonti rinnovabili con l’istanza, potenzialmente confliggente, della tutela del territorio, nella dimensione paesaggistica, storico-culturale e della biodiversità (sentenze n. 46 del 2021 e n. 177 del 2018).
Nel valorizzare lo sviluppo delle fonti rinnovabili, l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e gli artt. da 4 a 9 del d.lgs. n. 28 del 2011 regolano le autorizzazioni e le relative procedure amministrative, nel solco della «semplificazione» e dell’esigenza di «rendere più rapida la costruzione degli impianti di produzione di energia alternativa» (sentenze n. 189 del 2014 e n. 344 del 2010).
Al contempo, le linee guida, emanate con il d.m. 10 settembre 2010, disciplinano l’inserimento degli impianti nel contesto del paesaggio, vincolando, quali principi generali della materia, «tutto il territorio nazionale» (sentenza n. 77 del 2022, che richiama le sentenze n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del 2018). Le relative norme sono, infatti, espressione della leale collaborazione fra Stato e Regioni (sentenze n. 177 del 2021, n. 106 del 2020 e n. 308 del 2011) e rappresentano, «in settori squisitamente tecnici, il […] completamento» della normativa primaria (sentenza n. 86 del 2019, nello stesso senso anche sentenze n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 del 2019 e n. 69 del 2018).
In particolare, le linee guida, nel regolare l’inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio (Parte IV), da un lato, individuano requisiti che costituiscono elementi positivi ai fini dell’autorizzazione del progetto (paragrafo 16) e, da un altro lato, rimettono alle Regioni e alle Province autonome la facoltà di determinare, previa istruttoria amministrativa, l’individuazione di aree e siti non idonei, nel rispetto delle condizioni dettate dal paragrafo 17 e dall’Allegato 3, e al mero fine di agevolare le procedure autorizzative. L’identificazione di tali aree comporta, infatti, «una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione» (sentenza n. 11 del 2022), e, dunque, integra un giudizio di primo livello «con finalità acceleratorie, spettando poi al procedimento di autorizzazione il compito di verificare» (sentenza n. 77 del 2022) «se l’impianto così come effettivamente progettato, considerati i vincoli insistenti sull’area, possa essere realizzabile» (sentenza n. 177 del 2021 e, di seguito, sentenze n. 77 e n. 11 del 2022).
Il meccanismo disegnato dalle linee guida ha, in sostanza, l’obiettivo di preservare il paesaggio e, contestualmente, di garantire la celerità delle procedure, assegnando alle Regioni e alle Province autonome il compito di segnalare – attraverso le aree e i siti non idonei – meri indici rivelatori di possibili esigenze di tutela del paesaggio.
Non è dato, invece, inferire dai citati principi un potere delle «Regioni […] di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa» (sentenza n. 168 del 2010; in termini simili anche le sentenze n. 106 del 2020, n. 298 del 2013 e n. 308 del 2011), né a fortiori quello di creare preclusioni assolute e aprioristiche che inibiscano ogni accertamento in concreto da effettuare in sede autorizzativa (sentenze n. 106 del 2020 e n. 286 del 2019).
5.2.– È quanto, viceversa, dispongono gli artt. 1, comma 1, lettere a) e b), e 2, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021.
5.2.1.– Il primo articolo modifica alcune previsioni del PIEAR, Appendice A), approvato con la legge reg. Basilicata n. 1 del 2010, al fine di rendere più stringenti taluni requisiti tecnici minimi, che il piano già disciplinava con riferimento ai progetti relativi agli impianti fotovoltaici di grande generazione.
5.2.1.1.– Il limite di potenza massima di 10 MW, preesistente nel piano, viene riferito alle aree cosiddette brownfield, ovvero le zone di cui al paragrafo 16, punto 1, lettera d), del d.m. 10 settembre 2010, che le identifica in quelle «già degradate da attività antropiche, pregresse o in atto […], tra cui siti industriali, cave, discariche, siti contaminati ai sensi della Parte quarta, Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006».
Per tutte le altre aree (cosiddette greenfield), la lettera b) dell’art. 1, comma 1, introduce un nuovo limite di potenza di 3 MW, preservando la possibilità di aumentarlo del 20 per cento, ove i progetti comprendano interventi a supporto dello sviluppo locale, commisurati all’entità del progetto e in grado di concorrere, nel loro complesso, agli obiettivi del PIEAR.
Si deve, invero, precisare che il comma 3 (non impugnato) del medesimo art. 1 esclude dall’applicazione dei «limiti di potenza stabiliti nel punto 1, paragrafo 2.2. e 3.3. dell’Appendice A) del P.I.E.A.R. di cui alla legge regionale 1/2010» «gli impianti fotovoltaici siti in aree industriali o in aree industriali dismesse».
Cionondimeno, anche operando un coordinamento sistematico di tale previsione con la disciplina impugnata, il limite di 10 MW, previsto al punto 1 del paragrafo 2.2.3.3., resta, comunque, riferito a tutte le altre aree brownfield (cave, discariche, siti contaminati), in aggiunta ovviamente al nuovo limite di 3 MW, disposto dal punto 1-bis del paragrafo 2.2.3.3., relativamente alle aree greenfield.
5.2.1.2.– Così definito il raggio applicativo dei limiti di potenza, che emerge all’esito delle modifiche introdotte con la legge reg. Basilicata n. 30 del 2021, il senso e la funzione di tali requisiti si ricostruiscono in via ermeneutica attraverso i canoni dell’interpretazione letterale e sistematica.
In particolare, il paragrafo emendato dalle disposizioni impugnate è preceduto dalla disciplina delle aree idonee, relativamente alle quali il paragrafo 2.2.3.2. dispone che «un progetto di impianto fotovoltaico deve soddisfare i […] requisiti tecnici, propedeutici all’avvio dell’iter autorizzativo», indicati, per l’appunto, nel paragrafo 2.2.3.3. dell’Appendice A) del PIEAR.
Questo, a sua volta, ribadisce che il «progetto per la realizzazione di un impianto fotovoltaico di grande generazione deve soddisfare» i requisiti da esso indicati, fra i quali quelli relativi alla potenza massima dell’impianto (punti 1 e 1-bis).
Risulta, a questo punto, evidente che la funzione dei limiti di potenza, sui quali interviene l’art. 1, comma 1, lettere a) e b), è propriamente quella di dettare requisiti vincolanti, che non lasciano margini alla discrezionalità dell’amministrazione e che condizionano lo stesso avvio dell’iter di autorizzazione o, comunque, precludono l’esito positivo della valutazione del progetto.
5.2.2.– Analoga portata precettiva si trae dall’art. 2, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021, che parimenti interviene sull’Appendice A) del PIEAR, modificando in senso restrittivo i requisiti tecnici minimi, già in precedenza richiesti dal piano per l’autorizzazione di progetti relativi a impianti eolici di grande generazione.
Anche in questo caso, i canoni dell’interpretazione testuale e sistematica depongono nel senso della previsione di requisiti che vincolano in astratto e a priori l’avvio della procedura autorizzativa, senza lasciare spazio alla valutazione in concreto da parte dell’amministrazione.
Il paragrafo 1.2.1.3. dell’Appendice A) del PIEAR, sul quale interviene l’art. 2, comma 1, della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021, è preceduto dalla disciplina relativa ai siti idonei alla realizzazione di impianti eolici di grande generazione e, di conseguenza, è a essi riferito. Rispetto a queste aree dispone che i relativi progetti, per essere esaminati «ai fini dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del D. lgs. 387 del 2003», «indipendentemente dalla zona in cui ricadono», devono «soddisf[are] i […] vincoli tecnici minimi» indicati nel medesimo paragrafo.
In tale contesto, la novella sostituisce il requisito della velocità media annua del vento a 25 metri dal suolo da 4 m/s a 6 m/s e quello delle ore equivalenti di funzionamento dell’aerogeneratore da non meno di 2000 a non meno di 2500 ore.
Quanto all’art. 2, comma 2, della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021, esso incide sul paragrafo 1.2.1.5. dell’Appendice A) del PIEAR, che rende obbligatorio includere nel «progetto definitivo» «uno Studio Anemologico, effettuato da società certificate e/o accreditate», con rilevazioni che la disposizione impugnata porta dalla durata di un anno (che corrispondeva a quanto previsto dal paragrafo 13 delle linee guida) a quella di almeno tre anni, dalla quale, peraltro, consegue il necessario adattamento della disposizione di cui alla lettera f), su cui interviene l’art. 2, comma 3.
Anche l’art. 2, commi 1, 2 e 3, introduce, dunque, condizioni più severe, rispetto a quelle già disposte dal piano, per consentire l’accesso all’iter autorizzativo dei progetti relativi agli impianti eolici di grande generazione o, comunque, per non incorrere in una valutazione negativa di tali progetti.
5.3.– In definitiva, i canoni ermeneutici sopra evocati assegnano alle disposizioni in esame il senso di una cristallizzazione per legge di requisiti, che comprime la valutazione in concreto riservata al procedimento autorizzativo, in aperto contrasto con i principi fondamentali della materia concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» (sentenze n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 e n. 86 del 2019, n. 267 del 2016, n. 124 del 2010).
Si rinnova, in tal modo, nelle disposizioni impugnate, il medesimo vizio che questa Corte ha già in passato ravvisato con riferimento a ulteriori norme, emanate sempre dalla Regione Basilicata, che parimenti prevedevano requisiti inderogabili per l’avvio dell’iter di autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili (sentenze n. 106 del 2020, n. 286 e n. 86 del 2019).
5.4.– Le ragioni del contrasto con i parametri costituzionali, sopra richiamati, non si possono, d’altro canto, superare neppure adottando un’interpretazione delle disposizioni impugnate meno fedele al dato letterale, come quella sostenuta dalla Regione Basilicata.
In particolare, la difesa regionale assegna loro una valenza corrispondente all’individuazione di siti non idonei, che preserva un margine di discrezionalità all’amministrazione e determina soltanto una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni in sede di autorizzazione.
Sennonché, in tanto si può invocare l’effetto che produce l’individuazione di siti non idonei, in quanto siano rispettati i principi generali della materia che regolano la relativa disciplina.
Per converso – come contesta il ricorso – le disposizioni impugnate contrastano con il paragrafo 17 e con l’Allegato 3 delle linee guida, che dettano condizioni sostanziali e procedurali per l’individuazione di tali siti.
In particolare, il paragrafo 17.1 dispone che «le Regioni e le Province autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti», solo previa «apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale». La non idoneità di ciascuna area «[deve] contenere, in relazione a ciascuna area individuata come non idonea, in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilità riscontrate con gli obiettivi di protezione individuati» tramite la ricognizione effettuata sulla scorta dell’art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387 del 2003. Inoltre, le aree non idonee non possono corrispondere a «porzioni significative del territorio o [a] zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico» (Allegato 3). Infine, la loro individuazione deve confluire nell’atto di programmazione, con il quale le Regioni e le Province autonome «conciliano le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili» (paragrafo 17.2 e Allegato 3).
Ebbene, le disposizioni impugnate violano i citati principi fondamentali della materia sotto due profili: per un verso, in quanto riguardano genericamente porzioni significative del territorio, e, per un altro verso, poiché non rispettano la riserva di procedimento amministrativo e la relativa istruttoria, finalizzate a comporre gli interessi pubblici coinvolti e a garantire loro una corretta valorizzazione (ex multis, sentenze n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011). Le disposizioni regionali introducono, infatti, in via legislativa una modifica del precedente PIEAR, nelle more del completamento del procedimento amministrativo destinato a condurre all’approvazione del nuovo piano.
6.– In conclusione, sia che l’interpretazione volga nel senso dell’imposizione di requisiti inderogabili, sia che l’angolatura ermeneutica si ispiri al meccanismo dell’individuazione dei siti non idonei, in ogni caso, si conferma il contrasto delle disposizioni impugnate con i principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», con conseguente sacrificio della massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili (sentenze n. 77 del 2022, n. 106 del 2020, n. 286 del 2019, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011).
In tal modo, viene compresso un principio che non solo opera sul piano nazionale, ma che è anche il riflesso dei vincoli imposti dalla normativa dell’Unione europea, così come degli obblighi assunti a livello internazionale con la legge 1° giugno 2002, n. 120 (Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l’11 dicembre 1997) e con la legge 4 novembre 2016, n. 204 (Ratifica ed esecuzione dell’Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015), nel comune intento «di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra» (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n. 85 del 2012), onde contrastare il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici (sentenza n. 77 del 2022).
Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettere a) e b), e 2, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Basilicata n. 30 del 2021, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., con assorbimento delle ulteriori censure.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettere a) e b), e 2, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Basilicata 26 luglio 2021, n. 30 (Modifiche alla L.R. 19 gennaio 2010, n. 1 “Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale – D. Lgs. 3 aprile 2006, n.152 – L.R. n. 9/2007 e ss.mm.ii.” e alla L.R. n. 8/2012 “Disposizioni in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili”).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 aprile 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Emanuela NAVARRETTA, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2022.