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Consiglio di Stato, V, 29 gennaio 2004, n. 296

EDILIZIA Abusi
I provvedimenti sanzionatori per lottizzazione abusiva (negoziale), ancorché vincolati, devono essere preceduti da comunicazione di avvio del procedimento.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi in appello riuniti nn. 6910, 6911, 7152, 7153, 7154, 7617 del 1996, proposti da:

(n. 6910/96) FRATE Adolfo Amedeo e LIUMBRUNO Palmina,  rappresentati e difesi dagli avv.ti Giovanni Corso e Adriano Giuffré, ed elettivamente domiciliati presso il secondo in Roma, v. Collina n. 36;

(n. 6911/96) GUASTI Simona e GUASTI Massimo,  rappresentati e difesi dagli avv.ti Giovanni Corso e Adriano Giuffré, ed elettivamente domiciliati presso il secondo in Roma, v. Collina n. 36;

(n. 7152/96) ALIQUO’ Francesco, anche quale erede della moglie Bellusci Egle, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Soncini e Luigi Manzi, ed elettivamente domiciliato in Roma presso il secondo, in v. Confalonieri n. 5;

(n. 7153/96) MARINI Cosimo e SPARAGNA Giovanna,  rappresentati e difesi dagli avv.ti Francesco Soncini e Luigi Manzi, ed elettivamente domiciliati in Roma presso il secondo, in v. Confalonieri n. 5;

(n. 7154/96) RE Vanna, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Soncini e Luigi Manzi, ed elettivamente domiciliata in Roma presso il secondo, in v. Confalonieri n. 5;

(n. 7617/96) LANFRANCHI Paolo, ZIVERI Franca, BELLOLI Carlo e LANFRANCHI Maura,  rappresentati e difesi dall’avv. Oscar Caroselli, ed elettivamente domiciliati in Roma,  v. Principessa Clotilde  n. 2 (studio A. Clarizia),

contro

il Comune di Parma,  in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Adriano Rossi, ed elettivamente domiciliato presso il medesimo in Roma, v.le Mazzini n. 11,

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Parma, 20 giugno 1996, n. 195, resa inter partes, con la quale sono stati respinti i ricorsi proposti dagli attuali appellanti in tema di provvedimenti adottati dal Comune intimato in relazione ad una presunta lottizzazione abusiva di terreni agricoli mediante frazionamento e vendita.

Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Parma;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti delle cause;

Viste le ordinanze nn. 2015, 2016, 2021, 2022, 2023 e 2051, in data 29 ottobre 1996, con cui sono state accolte le istanze di sospensione dell’esecuzione  della sentenza di primo grado;

Relatore alla pubblica udienza del 4 novembre 2003 il Consigliere Gerardo Mastrandrea; uditi per le parti gli avv.ti  Giuffrè, Rossi, L. Manzi, Soncini e Romanelli per delega dell’avv. Caroselli;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

1. Gli odierni ricorrenti tutti, seppur con separati ricorsi, impugnavano dinanzi al TAR di Parma l’ordinanza sindacale in data 25 novembre 1991, con la quale, risultando che negli atti posti in essere dal dante causa dei reclamanti fosse rinvenibile una procedura di lottizzazione abusiva di terreno agricolo mediante frazionamento, veniva ordinata l’immediata sospensione delle opere di lottizzazione eventualmente in corso (sugli appezzamenti di proprietà), comprese le opere di urbanizzazione o di trasformazione urbanistica od edilizia, nonché il frazionamento ulteriore, con l’avvertenza che il detto provvedimento comportava il divieto di disporre dei suoli e delle opere eventualmente realizzate con atti tra vivi e che, trascorsi 90 giorni, ove non si fosse proceduto a  revoca dell’ordinanza medesima, le aree lottizzate sarebbero state acquisite di diritto al patrimonio disponibile del Comune di Parma, con conseguente demolizione delle opere abusive ivi realizzate a spese dei responsabili.

 Tutti i ricorrenti, convenendo che l’intera area era classificata come agricola, deducevano a carico dell’atto impugnato vari profili di violazione di legge e di eccesso di potere, insistendo in particolar modo sulla carenza degli elementi di fatto necessari ai sensi di legge (art. 18 l. 47/85) per condurre ad un giudizio univoco circa la destinazione a scopo edificatorio.

2. Con la sentenza impugnata, in epigrafe indicata, il Tribunale amministrativo adito, riuniti tutti  ricorsi, li respingeva, asserendo l’infondatezza di tutti i profili di doglianza, comprensivamente della violazione dell’art. 7 della l. 241/90.

3. Gli intestati  reclamanti  hanno, dunque, interposto gli appelli in trattazione avverso la prefata pronunzia, contestata funditus  in punto di fatto e di diritto.

4. L’Amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio per resistere agli appelli.

5. Con le ordinanze della Sezione nn. 2015, 2016, 2021, 2022, 2023 e 2051, in data 29 ottobre 1996, è stata sospesa l’efficacia della sentenza di primo grado.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2003 i ricorsi in appello di cui in epigrafe sono stati introitati per la decisione.

DIRITTO

1. Gli appelli, che debbono essere riuniti siccome proposti tutti avverso la medesima pronunzia di primo grado, meritano accoglimento, sotto l’assorbente profilo della dedotta violazione della norma procedimentale di cui all’art. 7 della l. 241/90.

2. Con l’ordinanza sindacale impugnata in prime cure,  nell’intento di arrestare, in conformità agli strumenti previsti dalla legge (art. 18 l. 47/85), gli effetti di una lottizzazione non autorizzata di area agricola a scopo edificatorio, avvenuta mediante frazionamento e vendita del terreno (c.d. lottizzazione abusiva negoziale, che si distingue da quella materiale, ed è disciplinata nella seconda parte del comma 1 del citato art.18), sono stati intimati ai ricorrenti   l’immediata sospensione delle opere di lottizzazione eventualmente in corso, comprese le opere di urbanizzazione o di trasformazione urbanistica od edilizia, nonché il divieto di frazionamento ulteriore e di disporre dei suoli e delle opere eventualmente realizzate con atti tra vivi, con l’avvertenza, altresì, che, trascorsi 90 giorni, ove non si fosse proceduto a  revoca le aree lottizzate sarebbero state acquisite di diritto al patrimonio disponibile comunale, e si sarebbe proceduto alla demolizione delle opere abusive ivi realizzate a spese dei responsabili.

3. Il provvedimento impugnato è stato ritenuto dai giudici parmensi immune dalle censure (pur puntigliosamente) dedotte dai ricorrenti, sussistendo nella fattispecie tutti gli elementi sintomatici della menzionata lottizzazione abusiva negoziale, vale a dire le dimensioni inidonee all’esercizio professionale dell’agricoltura, la qualifica professionale degli acquirenti, l’ubicazione dei terreni nelle immediate vicinanze del centro abitato, il tempo trascorso dall’acquisto, che renderebbe verosimile l’ipotesi di un intento edificatorio quiescente.

Non mancherebbero, inoltre, segni di una parziale trasformazione edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni urbanistiche, essendo state realizzate su alcuni dei lotti compravenduti costruzioni ad uso residenziale, artigianale o produttivo, nonché una strada inghiaiata. Si tratterebbe, dunque, in realtà di una lottizzazione mista (negoziale e materiale).

4. Tutti i suddetti elementi sono stati contestati vigorosamente dai singoli appellanti (acquirenti, in epoca successiva all’entrata in vigore della l. 47/85, di 7 dei 31 lotti interessati dal frazionamento del podere agricolo già di proprietà Corradi), i quali, forti di appigli  fattuali che li conforterebbero nelle loro pur non del tutto omogenee posizioni, hanno tutti lamentato la mancanza di elementi, soggettivi e oggettivi, che univocamente denuncino, esplicitandolo cioè in modo serio e circostanziato, uno sfruttamento edificatorio.

5. Va, altresì, premesso che il recente mutamento della situazione in punto di fatto (istanze di sanatoria accolte dal Comune) non avrebbe fatto venir meno l’interesse alla decisione, secondo l’avviso da ultimo espresso dalla difesa comunale, atteso che rimane comunque in gioco l’acquisizione dell’area al patrimonio disponibile del Comune.  

6. Orbene, in disparte la fondatezza di alcune delle lagnanze dedotte dagli appellanti, che sembra in effetti emergere, almeno prima facie, in relazione a travisamenti e difettose valutazioni dei presupposti di fatto, nonché soprattutto relativamente alla lamentata carenza di  motivazione e dei necessari approfondimenti istruttori, assume portata dirimente e assorbente la fondatezza della censura, riproposta in questo grado di giudizio da tutti i reclamanti, relativa alla violazione dell’art. 7 della l. 241/90, per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.

Il TAR emiliano si è limitato ad osservare, al riguardo, che la disposizione da ultimo citata è applicabile solo in mancanza di una sequenza procedimentale dettagliatamente delineata da una norma di legge speciale, come il citato art. 18 l. 47/85, il quale, tra l’altro, imponendo la previa notificazione della misura cautelare della sospensione  della realizzazione delle opere e degli atti di disposizione e solo in un secondo momento l’acquisizione al patrimonio comunale, non precluderebbe agli interessati di accedere, nelle more, a strumenti partecipativi, secondo i principi generali.

7. La prospettazione, peraltro estremamente sintetica, dei primi giudici non è condivisa dal Collegio, che ritiene di poter  formulare, in merito, un responso di fondatezza delle doglianze dedotte dagli appellanti.

La Sezione, del resto, con riferimento ad analoga fattispecie,  si è già espressa in  termini chiari e condivisibili (Cons. Stato, V, 23 febbraio 2000, n. 948).

Questo  Consesso, infatti, muovendo dalla realistica premessa che anche in relazione ad accertamenti che precedono provvedimenti vincolati possono sovente assumere rilievo, grazie all’apporto partecipativo del privato, circostanze ed elementi tali da indurre l’Amministrazione a recedere dall’emanazione di provvedimenti restrittivi, ha evidenziato come, essendo molteplici gli elementi che caratterizzano la lottizzazione abusiva, e dovendo essere gli stessi (come si accennava) univoci e gravi, la loro verifica implichi sicuramente un accertamento complesso, al quale i soggetti interessati possono, con le loro osservazioni critiche e deduzioni anche in punto di fatto, utilmente cooperare.

Orbene, nel caso di specie appare difficilmente revocabile in dubbio, visto anche il quadro complessivo dei  fatti e delle deduzioni, che il non aver posto i ricorrenti nella condizione di intervenire nel procedimento sanzionatorio fin dall’inizio ha comportato che l’istruttoria procedimentale fosse illegittimamente privata della possibilità di un apporto collaborativo che avrebbe potuto orientare in senso diverso le determinazioni dell’Amministrazione comunale.

E questo vale, data la peculiarità del procedimento in questione (che  una volta preso l’abbrivio risulta ben scandito nel suo dispiegarsi), fin dall’adozione del provvedimento di sospensione  delle opere eventualmente in corso e di divieto degli atti dispositivi.

In definitiva, non può  affermarsi aprioristicamente, come ha tentato di fare, invece, la difesa comunale in sede di costituzione, che nella fattispecie in argomento i privati interessati non sarebbero stati  comunque in grado di fornire un utile contributo alla definizione del procedimento in vista dell’eventuale adozione del provvedimento finale.

8. Gli elementi sopra evidenziati risultano sufficienti a che si addivenga a una pronunzia di accoglimento degli appelli riuniti di cui in epigrafe, alla stregua del profilo preliminare sopra indicato, e quindi, in riforma della sentenza impugnata, a conforme pronunzia di accoglimento dei ricorsi proposti in prime cure. 

Sussistono i presupposti per compensare tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti in epigrafe, li accoglie e per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, accoglie i ricorsi di primo grado.

Spese dei due gradi di giudizio compensate tra le parti.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

          Così deciso in Roma, il 4 novembre 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l’intervento dei seguenti Magistrati:

Agostino Elefante                            Presidente

Giuseppe Farina                              Consigliere

Aldo Fera                                        Consigliere                      

Marco Lipari                                   Consigliere

Gerardo Mastrandrea                      Consigliere est.