Consiglio di Stato Sez. II n. 9447 del 25 novembre 2024
Urbanistica. Sulla natura della sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione e sulla conseguente non applicabilità della CEDU e della Carta di Nizza
La sanzione pecuniaria, alternativa alla demolizione, di cui all’art. 33, comma 2 del d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001, non ha natura penale né finalità punitive, assolvendo ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso; ne discende la non applicabilità del principio di proporzionalità tra reato e sanzione prevista dall’art. 49 comma 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE) e dall’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), nemmeno con riguardo al diritto di proprietà di cui agli artt. 17 CDFUE e 1 del primo protocollo CEDU, poiché le misure adottate in materia di violazioni edilizie: i) rientrano nel margine di apprezzamento rimesso agli Stati membri; ii) sono fornite di base legale; iii) sono volte al perseguimento dell’interesse generale al controllo del territorio e dell’uso dei ben; iv) non sono interessate, nel caso di specie, dalla tematica del c.d. abuso di necessità ai sensi dell’art. 8 CEDU, stante la natura pecuniaria e non reale della sanzione.
Pubblicato il 25/11/2024
N. 09447/2024REG.PROV.COLL.
N. 00602/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 602 del 2024, proposto da Golden s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Nicolò e Federico Tedeschini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Nicolò in Roma, via Agrigento n.17;
contro
Comune di Rimini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Elena Fabbri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Alberico II n.33;
signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
nei confronti
della Provincia di Rimini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Marco Masi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna (sezione seconda) n.-OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Rimini e della Provincia di Rimini;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2024 il Cons. Carmelina Addesso e uditi per le parti gli avvocati Federico Tedeschini, Giuseppe Nicolò, Marco Masi e Andrea Manzi su delega dell’avv. Elena Fabbri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Oggetto del giudizio è l’ordinanza del 15 dicembre 2022 con cui il Comune di Rimini ha irrogato la sanzione amministrativa pecuniaria, alternativa alla demolizione, pari ad euro 1.600.000,00 per l’abusivo cambio di destinazione d’uso da alberghiero a residenziale dell’immobile di proprietà della Golden s.r.l., ubicato in località Bellariva, viale Fano n. 8.
2. Con concessione in sanatoria prot. 8594 del 18 agosto 1998 il Comune autorizzava il cambio di destinazione d’uso da residenziale ad alberghiero dell’immobile sopra indicato.
2.1. In data 31 dicembre 2002 Golden s.r.l. comunicava la cessazione dell’attività di albergo-pensione estiva e, in data 27 febbraio 2004, presentava istanza di condono per opere consistenti in “ristrutturazione interna senza apportare modifiche alle strutture portanti dell’edificio”, con ripristino dell’originaria destinazione d’uso residenziale.
2.2. Con provvedimento del 29 aprile 2011 il Comune di Rimini respingeva la domanda di condono (rectius: le 15 domande di condono ter), comunicando che “gli illeciti edilizi non sanati saranno oggetto di provvedimento repressivo ai sensi del Titolo I della L.R. 21.10.2004 n. 23”.
2.3. Golden s.r.l. impugnava il diniego con distinti ricorsi, afferenti a ciascuna istanza di condono, dinanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna che, con sentenza n.-OMISSIS-, previa riunione, li respingeva.
2.4. La società chiedeva di pagare, in alternativa alla demolizione, la sanzione pecuniaria determinata, ai sensi degli artt. 14 l.r. 23/2004 e 33 d.P.R. 380/2001, in base ai valori OMI.
2.5. Il Comune di Rimini, accertata l’impossibilità di ripristino delle opere senza pregiudizio per la parte legittimamente edificata e interpellata la Commissione per il calcolo del valore agricolo medio, notificava a Golden l’ingiunzione di pagamento di euro 1.600.000,00.
2.6. Con ricorso di primo grado Golden chiedeva l’annullamento della sanzione pecuniaria per i seguenti motivi:
I – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA SUL RIPARTO DI COMPETENZE DI GRADO DIRIGENZIALE ALL’INTERNO DELL’ORDINAMENTO COMUNALE – VIOLAZIONE DEL COMBINATO DISPOSTO DELL’ART. 107, COMMI II E III, LETT. G), D.LGS 18.8.2000 N. 267, IN RELAZIONE ALL’ART.6, COMMA I, LETT.E) – INCOMPETENZA RELATIVA E DE RELATO.
II-VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI IN TEMA DI SANZIONI PECUNIARIE PER ABUSI EDILIZI, IN CASO DI IMPOSSIBILITÀ DI RIPRISTINO DELLO STATO DEI LUOGHI – VIOLAZIONE ED OMESSA APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA SANZIONATORIA PREVISTA PER GLI EDIFICI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLI RESIDENZIALI, IN RELAZIONE ALLA MANCANZA DI ADEMPIMENTO ISTRUTTORIO ESSENZIALE – VIOLAZIONE DELL’ART.3, CO.I., LEGGE N.241/90 SMI PER CARENZA DI CONGRUA E ADEGUATA MOTIVAZIONE, IN RELAZIONE A RISULTANZE ISTRUTTORIE, ANCHE IN RIFERIMENTO AGLI ARTT. 97 e 113 COST.
III -VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI PER LA DETERMINAZIONE DI SANZIONE PECUNIARI PER ABUSI EDILIZI – VIOLAZIONE DEL COMBINATO DISPOSTO DEGLI ART. 21 COMMA 2 E 2 BIS LEGGE REGIONALE 21-10-2004 N°23 RECANTE “VIGILANZA E CONTROLLO DELL'ATTIVITA' EDILIZIA ED APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA STATALE DI CUI ALL' ARTICOLO 32 DEL D.L. 30 SETTEMBRE 2003, N. 269, CONVERTITO CON MODIFICHE DALLA LEGGE 24 NOVEMBRE 2003, N. 326”.
IV -VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART.33 COMMA II DPR N°380/2001, CIRCA LA FISCALIZZAZIONE DELL’ABUSO EDILIZIO ESTESO ALL’INTERO IMMOBILE ANZICHE’ AI LUOGHI INTERESSATI DALL’INTERVENTO DI RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA -ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI, DIFETTO DI PRESUPPOSTI, CARENZA DI ADEGUATA ISTRUTTORIA, ILLOGICITÀ, IRRAZIONALITÀ, NONCHÉ VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE IN RELAZIONE ART. 10 COMMA 2 LR 23/2004 E AL RICHIAMATO ART. 21, COMMA 2, DELLA MEDESIMA LEGGE.
V-ILLEGITTIMITÀ IN VIA DERIVATA DELLA SANZIONE PECUNIARIA PER ILLEGITTIMITÀ DELLA QUANTIFICAZIONE DELL'AUMENTO DEL VALORE VENALE DEL BENE OPERATA DALLA COMMISSIONE PROVINCIALE VAM DI RIMINI, ED APPLICATA DAL COMUNE DI RIMINI, IN MODO PURO E SEMPLICE SENZA PRIMA VERIFICARNE LA GENUINITA’ E CONSEGUENTE MOTIVAZIONE.
3. Il T.a.r. per l’Emilia Romagna, sez. II, con sentenza n.-OMISSIS-:
a) respingeva tutti i motivi di ricorso proposti dalla società;
b) respingeva, per difetto di rilevanza, la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, formulata dalla difesa di Golden all’udienza di trattazione;
c) condannava la società al pagamento delle spese di giudizio.
4. Golden ha interposto appello, notificato in data 19 gennaio 2024, articolando due autonomi motivi:
1-Violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell’art. 267 TFUE.
2 - Eccesso di potere per travisamento dei fatti, contraddittorietà e perplessità.
5. Si sono costituiti il Comune e la Provincia di Rimini che hanno eccepito l’inammissibilità del gravame nonché la sua infondatezza nel merito.
6. Il Comune di Rimini ha eccepito, inoltre, il difetto di legittimazione passiva dei signori-OMISSIS-, evocati in giudizio nelle qualità, rispettivamente, di Responsabile U.O. Servizi Giuridico Amm.vi per l’Edilizia e di Dirigente Settore Governo del Territorio.
7. Con ordinanza n. 497 del 14 febbraio 2024 è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, limitatamente alle somme eccedenti la cifra di euro 120.000,00.
8. In vista dell’udienza di trattazione, l’appellante ha depositato memoria di replica, insistendo nelle proprie difese.
9. All’udienza del 19 novembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
10. In via preliminare, deve essere dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’ing. -OMISSIS- (Dirigente Settore Governo del Territorio) e della dott.ssa -OMISSIS- (Responsabile U.O. Servizi Giuridico Amm.vi per l’Edilizia), come eccepito dal Comune di Rimini (memoria del 16 ottobre 2024).
10.1 La rappresentanza processuale dell’ente locale compete, in difetto di diversa previsione statutaria (Cass. civ. sez. VI, 8 ottobre 2014, 2014, n. 2127), esclusivamente al Sindaco e al Presidente della Provincia ai sensi dell’art. 50 d.lgs. 267/2000.
11. Sempre in via preliminare, il collegio osserva che Golden non ha impugnato i capi della sentenza con cui sono stati respinti tutti e cinque i motivi di ricorso di primo grado: su tali capi si è, pertanto, formato il giudicato interno.
12. Premesso quanto sopra, l’appello è infondato, circostanza che consente di derogare all’ordine logico delle questioni e di prescindere, in applicazione del principio della c.d. ragione più liquida, dalle - fondate - eccezioni di inammissibilità dell’appello per genericità dello stesso e per violazione del divieto di nova, formulate dalle amministrazioni appellate.
13. L’appellante censura la sentenza impugnata in quanto avrebbe erroneamente respinto la richiesta di rinvio pregiudiziale, formulata dal difensore della società in sede di discussione orale (cfr. verbale di udienza del 23 novembre 2023), in violazione dell’art. 267 TFUE e chiede, in riforma della medesima, “l’annullamento della misura sanzionatoria impugnata in primo grado”.
14. In disparte la genericità della doglianza, non avendo Golden specificato quali diritti, tra quelli tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sarebbero stati limitati in misura sproporzionata dalle disposizioni censurate (artt. 14 l.r. 23/2004 e 33 d.P.R. 380/2001) in violazione dell’art. 52 della Carta medesima, è dirimente osservare che la materia dell’edilizia e dell’urbanistica, ivi compresa la c.d. fiscalizzazione dell’abuso, non rientra tra quelle di competenza dell’Unione.
15. Il giudice di primo grado ha, quindi, correttamente respinto la richiesta di rinvio pregiudiziale per difetto di rilevanza della questione, conformemente alla giurisprudenza e alle indicazioni della Corte di giustizia (Corte di giustizia, grande sezione, 6 ottobre 2021, C-561/19, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi; Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale, 2019/C 380/01).
16. L’art. 51 della Carta prevede che “Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni e agli organi dell'Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione” (par. 1) e che esse “non estendono né modificano in alcun modo le competenze dell’Unione definite dai trattati” (par. 2; cfr., anche, art. 6, par. 2, TUE).
17. Con sentenza del 6 marzo 2014 (in causa C-206/13, Regione Sicilia – Soprintendenza beni culturali e ambientali di Palermo) la Corte di giustizia ha precisato che:
a) la nozione di “attuazione del diritto dell’Unione”, di cui all’articolo 51 della Carta, richiede un collegamento di una certa consistenza, che vada al di là dell’affinità tra le materie prese in considerazione o dell’influenza indirettamente esercitata da una materia sull’altra:
b) per stabilire se una normativa nazionale rientri nell’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51 della Carta occorre verificare: b.1) se essa abbia lo scopo di attuare una disposizione del diritto dell’Unione; b.2) quale sia il suo carattere; b.3) se essa persegua obiettivi diversi da quelli contemplati dal diritto dell’Unione, anche se è in grado di incidere indirettamente su quest’ultimo; b.4) se esista una normativa di diritto dell’Unione che disciplini specificamente la materia o che possa incidere sulla stessa.
18. La Corte, nella citata sentenza, ha escluso la riconducibilità al diritto dell’Unione della materia paesaggistica, rilevando che la tutela del paesaggio, contemplata dalle disposizioni del d.lgs 42/2004, non rientra nella nozione di ambiente e non costituisce attuazione del diritto dell’Unione. Tale conclusione discende, secondo la Corte, dall’obiettivo della tutela dei diritti fondamentali nel diritto dell’Unione “che è quello di vigilare a che tali diritti non siano violati negli ambiti di attività dell’Unione, che ciò avvenga in conseguenza dell’attività dell’Unione o in conseguenza dell’attuazione del diritto dell’Unione da parte degli Stati membri”.
19. Quanto al principio di proporzionalità, la Corte ha, infine, puntualizzato che esso fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione che devono essere rispettati da una normativa nazionale che rientri nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione o che costituisca attuazione del medesimo.
20. Al pari di quella paesaggistica, anche la materia dell’urbanistica e dell’edilizia - strettamente inerente alla programmazione edificatoria del territorio degli Stati membri (cfr. Corte cost. 49 del 2015) - non è disciplinata dal diritto dell’Unione, conformemente al principio di attribuzione sancito dall’art. 5 comma 2 TUE.
21. L’appellante sostiene la riconducibilità al diritto dell’Unione - in particolare alla nozione di ambiente - della materia edilizia sulla base del generico richiamo a non meglio specificati (né tanto meno allegati) lavori preparatori della legge sul condono.
22. Non chiarisce, tuttavia, sotto quale profilo le disposizioni che disciplinano le sanzioni in materia di abusi edilizi siano volte ad attuare gli obiettivi dell’Unione in materia ambientale, come indicati all’ art. 191 TFUE.
23. Peraltro, anche a voler ritenere che le disposizioni censurate siano riconducibili all’ambito di applicazione del diritto dell’Unione ai sensi 191 TFUE, tale disposizione è, comunque, rivolta all’azione dell’Unione e “non può essere invocata in quanto tale dai privati al fine di escludere l’applicazione di una normativa nazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale, quando non è applicabile nessuna normativa dell’Unione adottata in base all’articolo 192 TFUE, che disciplini specificamente la fattispecie di cui trattasi” (sentenza del 6 marzo 2014, causa C-206/13, cit.; sentenza del 9 marzo 2010, ERG e altri, C-378/08).
24. La normativa sul condono non è oggetto di disciplina specifica da parte di un atto dell’Unione adottato ai sensi dell’art. 192 TFUE.
25. Del tutto inconferente, sotto tale profilo, è il richiamo (memoria di replica Golden del 29 ottobre 2024) alla sentenza della Corte di giustizia dell’8 marzo 2022, causa C-205/20 afferente all’obbligo di disapplicazione della normativa nazionale in contrasto con il requisito della proporzionalità delle sanzioni previsto dall’art. 20 della direttiva 2014/67, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi: la direttiva invocata nulla ha a che fare con l’urbanistica e l’edilizia.
26. Fermo quanto appena osservato in punto di difetto di rilevanza, Golden nemmeno chiarisce quale diritto, tra quelli tutelati dalla Carta, sarebbe stato sacrificato in misura sproporzionata dall’irrogazione della sanzione pecuniaria, così come determinata sulla base delle disposizioni controverse.
27. Dall’esame della giurisprudenza sovranazionale emerge che le misure amministrative volte alla repressione degli abusi edilizi non violano né il principio di proporzionalità tra pena e reato di cui all’art. 49 par 3 CDFUE né il diritto di proprietà di cui all’art. 17 CDFUE e all’art 1 prot. 1 CEDU, né il diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all’art. 8 CEDU.
28. La Corte europea dei diritti umani, infatti, ha riconosciuto che le sanzioni reali urbanistico-edilizie comminate dal giudice penale - e in particolare la confisca (cfr. CEDU, grande camera, 28 giugno 2018 G.I.E.M. e altri c. Italia; Sud Fondi c. Italia del 20 gennaio 2009 e del 10 maggio 2012; 30 dicembre 2013, Varvara c. Italia) - possono avere natura sostanzialmente penale e sono quindi assoggettate al principio di proporzionalità della pena di cui agli artt. 6.2 e 7 della Carta.
29. Al di fuori del caso della confisca penale, la Corte ha affermato la rilevanza del principio di proporzionalità nell’esecuzione dell’ordine di demolizione solo allorché venga in rilievo il diritto al rispetto della vita privata e familiare della persona di cui all’art. 8 della CEDU, configurabile nel caso di immobile destinato ad abituale abitazione della stessa e non anche quando venga opposto esclusivamente il diritto alla tutela della proprietà, garantito dall’art. 1 del prot. 1 CEDU (cfr. Corte EDU, sentenza 4 agosto 2020, Kaminskas c. Lituaniae; sentenza 21 aprile 2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria).
30. Secondo la Corte, inoltre, la finalità della demolizione dell’abuso non è sanzionatoria, ma è quella di garantire la conformità delle costruzioni alla normativa edilizia e il controllo dello Stato nell’uso della proprietà e del territorio (sent. 12 settembre 2024, Longo c. Italia).
31. Nel campo dell’edilizia e urbanistica lo Stato gode, pertanto, di un ampio margine di apprezzamento, in particolare nella scelta dei mezzi per l’esecuzione e nell’accertare se la conseguenza dell’esecuzione possa essere giustificata.
32. In linea generale, la Corte ha costantemente escluso che la demolizione di un immobile abusivo violi il diritto di proprietà, sancito dall’art. 1 prot. n. 1 CEDU, in quanto tale misura è comunque prevista dalla legge, mira ad uno scopo legittimo e, soprattutto, risulta non sproporzionata rispetto al legittimo fine perseguito dallo Stato, consistente nella tutela del proprio territorio (sent. 8 novembre 2005, Saliba c. Malta).
33. Quanto alla giurisprudenza dell’Unione, la Corte di giustizia ha affermato che il principio di proporzionalità di cui all’art. 49 comma 3 CDFUE è incondizionato e sufficientemente preciso e, quindi, suscettibile di applicazione in via diretta-con conseguente obbligo di disapplicazione delle disposizioni nazionali incompatibili- soltanto nel caso di sanzioni sostanzialmente penali e sempre che si tratti di materia disciplinata dal diritto dell’Unione (grande camera 8 marzo 2022 in causa C-205/20, citata anche dall’appellante).
34. Tali condizioni difettano nel caso di misure -siano esse reali o pecuniarie - volte alla repressione degli abusi edilizi.
35. Sul piano del diritto nazionale, infatti, il c.d. doppio sanzionatorio assegna all’ordine di rimozione una finalità esclusivamente riparatoria-rispristinatoria della situazione antecedente alla realizzazione dell’opera abusiva. Si tratta di una misura di carattere reale che impone al soggetto che ha la disponibilità dell’area-sia esso proprietario o possessore-di rimuovere l’abuso, indipendentemente dalla circostanza che ne sia stato anche l’autore materiale (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VII, 02/05/2024, n. 3994; sez. VI, 23/04/2024, n. 3711).
36. Il principio della demolizione dell’immobile abusivo acquisito al patrimonio comunale costituisce, infatti, un principio fondamentale della materia “governo del territorio” (Corte Cost. 140 del 2018).
37. La sanzione amministrativa pecuniaria, in quanto alternativa a quella demolitoria, ne condivide la finalità meramente ripristinatoria, consentendo al proprietario la conservazione dell’opera abusivamente realizzata a fronte del pagamento di una somma di denaro, commisurata al valore attuale dell’immobile e volta a risarcire la collettività dell’abuso (Cons. Stato, sez. II, 13/07/2023, n. 6865).
38. Essa si applica, su richiesta dell’interessato, in via eccezionale e derogatoria, qualora risulti l’oggettiva impossibilità di procedere alla riduzione in pristino delle parti difformi senza incidere sulla stabilità dell’intero edificio (Ad. Plen. 8 marzo 2024, n. 3; Cons. Stato, sez. VI, 22 maggio 2017, n. 2378).
39. Dal quadro normativo e giurisprudenziale sopra richiamato discendono le seguenti conclusioni:
- la sanzione pecuniaria di cui all’art. 33 comma 2 d.P.R. 380/2001 non ha natura penale, assolvendo ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, e non ha finalità punitive, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall’essere o meno quest’ultimo l’autore dell’abuso. Non è, quindi, predicabile la necessaria proporzionalità tra reato e sanzione contemplata dall’art. 49 comma 3 CFDUE e dall’art. 7 CEDU;
- il principio di proporzionalità non viene in rilievo nemmeno con riguardo al diritto di proprietà di cui all’art. 17 CDFUE e art. 1 prot. 1 CEDU poiché le misure adottate in materia di violazioni edilizie rientrano nel margine di apprezzamento rimesso agli Stati membri, sono fornite di base legale e sono volte al perseguimento dell’interesse generale al controllo del territorio e dell’uso dei beni;
- la natura pecuniaria e non reale della sanzione esclude che venga in rilievo il c.d. abuso di necessità ai sensi dell’art. 8 CEDU.
40. A quanto appena osservato occorre aggiungere le seguenti ulteriori considerazioni, attinenti alla fattispecie concreta:
- il principio di proporzionalità presuppone l’esigenza di contemperamento tra diversi interessi e, quindi, è suscettibile di apprezzamento solo con riguardo a due termini di raffronto, laddove nel caso di specie Golden lamenta la manifesta sproporzione per l’ammontare in sé della sanzione, senza indicare il diritto, tra quelli sanciti dalla Carta di Nizza e dalla CEDU, che verrebbe sacrificato in maniera eccessiva;
- non può valere, al riguardo, il mero raffronto tra la stima redatta dal CTU nel giudizio civile (doc. 2 produzione Golden) e quelli redatta dalla Commissione Provinciale (doc. 2 produzione primo grado Comune) per la differente finalità del giudizio di stima e, di conseguenza, la diversità della metodologia estimativa adottata. La prima, infatti, è volta a determinare il valore dell’immobile in una controversia tra privati, mentre la seconda è volta a calcolare l’aumento del valore dell’immobile ai sensi dell’art. 33, comma 2, d.P.R. 380/2001. L’appellante si è limitato a un mero raffronto tra il risultato finale delle stime, senza tener conto che la finalità del giudizio di stima influenza il metodo estimatorio, i criteri di stima e il risultato finale della stima medesima;
- come osservato dal TAR, l’entità della sanzione, nel rispetto dei criteri previsti dalla legge, è stata determinata con riferimento a tutta una serie di parametri, tra cui il valore delle quotazioni OMI, dettagliatamente esternate nella delibera n. 5/2022, con riferimento al contesto urbano di riferimento (posizione dell’immobile rispetto all’arenile, vicinanza ai servizi di trasporto pubblico), alle caratteristiche intrinseche dell’immobile in questione, al mercato delle strutture alberghiere (valore medio per camera, valori complessivi di mercato, prezzo base di aste di esecuzioni immobiliari) e alle criticità di alcune unità abitative, anche in relazione all’illuminazione interna. In relazione a tale capo della sentenza e ai criteri di determinazione della sanzione ivi indicati Golden non ha articolato alcuna censura in appello, con conseguente formazione del giudicato interno, come sopra osservato;
- l’applicazione della sanzione pecuniaria è stata disposta su richiesta di Golden che ha evitato, in tal modo, di perdere la proprietà di un bene di valore notevolmente superiore all’importo della sanzione, proprio in applicazione del principio di proporzionalità di cui ora lamenta la violazione, trattandosi di un immobile trasformato in una palazzina con 20 appartamenti residenziali, con modifiche interne nella distribuzione degli appartamenti, rifacimento delle facciate e contestuale coibentazione delle pareti di tamponamento esterno;
- l’art. 33 d.P.R. 380/2001 prevede una sanzione in misura proporzionata all’aumento del valore dell’immobile derivante dall’abuso, da determinarsi secondo criteri ivi predeterminati, la cui legittimità non è contestata dall’appellante se non sotto il limitato profilo di una sproporzione intesa in senso assoluto.
41. L’appello deve, quindi, essere respinto.
42. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Golden s.r.l. al pagamento a favore del Comune di Rimini e della Provincia di Rimini delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano in euro 6.000,00 (seimila/00), oltre a spese generali e accessori di legge, a favore di ciascuna amministrazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità degli interessati, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dei funzionari del Comune e della Provincia.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Frigida, Presidente FF
Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore
Alessandro Enrico Basilico, Consigliere
Stefano Filippini, Consigliere
Francesco Cocomile, Consigliere