Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3906, del 22 luglio 2014
Urbanistica.Legittimità diniego sanatoria per serre con copertura a pannelli fotovoltaici divisi in due impianti “sottosoglia”

E’ palese che si intendesse realizzare nel caso di specie, un unico impianto fotovoltaico montato su serre materialmente distinte e diviso in due tronconi con potenza nominale singola inferiore ad 1MW. Infatti, non è smentito il carattere sostanzialmente unitario, sia strutturalmente che funzionalmente, dell’impianto fotovoltaico in questione, benché materialmente ripartito sulle coperture di due serre, collocate a poca distanza e gestite dalla medesima società, così come non è contestata la produzione di energia, alla stessa complessivamente riconducibile. Deve ritenersi che vi sia stato artificioso frazionamento di una installazione in due paralleli impianti di produzione fotovoltaica “sottosoglia”, con indebite finalità elusive della relativa normativa di settore e conseguente non rilasciabilità delle sanatorie richieste, in quanto riferite ad un contesto produttivo non autorizzato nella sua reale consistenza. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03906/2014REG.PROV.COLL.

N. 00627/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 627 del 2014, proposto da 
Solar Farm s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Bocca di Leone, 78;

contro

Comune di Ostuni, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Cecilia Zaccaria, con domicilio eletto presso l’avv. Lorenzo Giua in Roma, via Golametto, 4;

per la riforma della sentenza del t.a.r. puglia - sez. staccata di lecce, sezione i, n. 01337/2013, resa tra le parti, concernente diniego di rilascio di permesso di costruire in sanatoria, per la realizzazione di un impianto serricolo con copertura a pannelli fotovoltaici



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ostuni;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2014 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati Saverio Sticchi Damiani e l'avvocato Luigi Cecinato per delega dell'avvocato Cecilia Zaccaria;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:



FATTO

Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Lecce, sez. I, n. 1337/13 del 7 giugno 2013 è stato respinto il ricorso proposto dalla Solar Farm s.r.l. avverso le note nn. 10 e 11 del 20 febbraio 2012, concernenti dinieghi di permesso di costruire in sanatoria, per le opere di cui alle richieste nn. 2011-P-348 del 17 novembre 2011 e 2011-P-349 del 14 novembre 2011, nonché avverso i relativi preavvisi di rigetto. Tali dinieghi riguardavano una serie di opere in territorio di Ostuni (Brindisi), complementari a due serre fotovoltaiche, per le quali era stato rilasciato permesso di costruire: si trattava, in particolare, di una recinzione in rete metallica, dell’impianto di illuminazione dell’intera area a mezzo di cavidotti interrati, di pozzetti e pali di sostegno, nonché di strutture in acciaio zincato ancorate al terreno a mezzo di plinti in calcestruzzo armato difformi da quelle autorizzate per caratteristiche dimensionali, posizionamento e altezze misurate al colmo, in un contesto che sembrava escludere l’utilizzo dell’area a fini produttivi agricoli. Le strutture in questione – in quanto finalizzate alla realizzazione di impianti fotovoltaici, per una potenza complessiva di circa 2 MW – erano ritenute non assentibili per ubicazione e tipologia, a norma del vigente regolamento regionale 30 dicembre 2012, n. 24. Nella citata sentenza si richiamava la normativa vigente in materia, a partire da quella contenuta nel d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Norme generali sull’industria elettrica e sull’Enel), in attuazione della direttiva 2001/77/CE, relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, con cui doveva coordinarsi la normativa regionale. Si esaminava quindi la disciplina dettata nella Regione Puglia per le serre fotovoltaiche, indipendentemente dal regime autorizzatorio dell’intervento sotto il profilo edilizio, con conclusioni che riconducevano alla necessità di autorizzazione unica, a norma dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, gli impianti di produzione di energia con potenza superiore a 1MW, “indipendentemente dalla tipologia di impianto”, con assenza di qualsiasi regime derogatorio ed ulteriore assenza, nel caso di specie, delle caratteristiche tecniche previste dalla normativa statale e regionale per le serre fotovoltaiche (a partire dal rapporto di copertura dei pannelli solari rispetto alla dimensione complessiva dell’area di posizionamento).

Avverso la predetta sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame (n. 627/14, notificato il 14 gennaio 2014) in base alle seguenti argomentazioni difensive, non formalizzate in singoli motivi di gravame:

I) la sentenza appellata non avrebbe considerato le opere concretamente oggetto di diniego di sanatoria, in quanto opere realizzate in difformità dal permesso di costruire e non concernenti la copertura fotovoltaica delle serre, già regolarmente autorizzate con tale assetto;

II) la relazione tecnica, allegata ai progetti assentiti, prevedeva testualmente “la copertura di pannelli fotovoltaici al fine di garantire anche la produzione di energia elettrica, per il riscaldamento dell’aria…nelle stesse serre”; coerentemente, era stato anche rilasciato nulla osta per la “costruzione di una linea elettrica interrata, per la connessione di impianto di energia da fonti alternative”, di modo che costituirebbe “dato inconfutabile” l’assenso rilasciato con permesso di costruire per serre fotovoltaiche;

III) sarebbero stati insussistenti i presupposti, per motivare il diniego di sanatoria con riferimento all’asserita necessità di acquisire l’autorizzazione unica per la realizzazione delle serre in questione, in quanto sussisterebbe una disciplina diversa per gli impianti fotovoltaici a terra, rispetto a quella di analoghi impianti “aderenti o integrati nei tetti di edifici esistenti”, corrispondenti ad interventi di edilizia libera; nel caso in cui la serra risultasse già assentita (con permesso di costruire, come nel caso di specie) la copertura con pannelli fotovoltaici sarebbe stata quindi soggetta a semplice comunicazione, ai sensi dell’art. 12.1, lettera a) del d.m. 10 settembre 2010, mentre per serre ancora da costruire il titolo abilitativo in questione avrebbe coperto la totalità dell’intervento, non soggetto ad autorizzazione unica;

IV) sarebbe stato del tutto improprio il richiamo all’art. 14.7 del d.lgs n. 387 del 2003, circa la necessità di valutazione di impatto ambientale (VIA), prevista per gli impianti di produzione di energia tramite sfruttamento del vento, mentre per gli impianti fotovoltaici analoga previsione era stata introdotta dalla legge regionale n. 13 del 2010, ma solo per le “procedure in corso, relative ad istanze presentate entro i 180 giorni antecedenti alla data di entrata in vigore della legge”: la norma, quindi, non avrebbe trovato applicazione per un’istanza presentata nel 2009;

V) l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto delle articolate controdeduzioni, prodotte dalla società interessata dopo la notifica del preavviso di diniego;

VI) non vi sarebbe contrasto con il regolamento regionale n. 24 del 2010, il cui allegato 1 dispone che “negli ambiti di valore eccezionale B valgono gli indirizzi di tutela, conservazione e valorizzazione dell’assetto attuale e di recupero delle situazioni compromesse …L’installazione di impianti fotovoltaici risulta difficilmente compatibile con i valori paesaggistici del luogo. Per tale motivo l’utilizzo di FER deve essere limitato ad interventi di impianti fotovoltaici integrati in manufatti edilizi eventualmente esistenti e legittimamente costruiti”.

Il Comune di Ostuni, costituitosi in giudizio, ribadiva che l’impianto di cui trattasi sarebbe stato finalizzato a produrre energia rinnovabile di potenza superiore a 1 MW, limite oltre il quale si sarebbe imposta l’autorizzazione unica, prescritta dal d.lgs. n. 387 del 2003 e proprio per aggirare tale prescrizione sarebbero state realizzate due serre fotovoltaiche, in realtà collegate, con distinte richieste di permesso di costruire per serre ad uso agricolo. Dette richieste non avrebbero fatto alcun riferimento ad impianti fotovoltaici, non presenti nei grafici allegati. Attraverso separata SCIA, inoltre, Solar Farm s.r.l. avrebbe ottenuto l’assenso per due cabine elettriche, ad ogni modo aggirando l’autorizzazione unica, prevista dalla legge regionale n. 31/2008 e la VIA prevista dal d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nonché dalla legge regionale 12 aprile 2001 (Norme sulla valutazione di impatto ambientale), come modificata con legge regionale 18 ottobre 2010, n. 13 (modifiche e integrazioni della legge regionale n. 11 del 2001). Il carattere di attività edilizia libera della collocazione di impianti fotovoltaici sulle coperture di edifici non avrebbe reso esenti gli stessi, in ogni caso, dalla sottoposizione alle procedure di VIA e di autorizzazione unica.

Alle argomentazioni comunali la società appellante opponeva articolate controdeduzioni e su tali basi la causa è passata in decisione.

DIRITTO

La questione sottoposta all’esame del Collegio concerne dinieghi di sanatoria per opere di completamento di serre fotovoltaiche, idonee a produrre energia da fonte rinnovabile, con potenza che si afferma superiore a quella che avrebbe consentito l’installazione delle stesse con procedura semplificata, rispetto all’autorizzazione unica prescritta, per detta tipologia di impianti, dall’art. 12, comma 3, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387.

L’interessata Solar Farm s.r.l. sostiene che il limite in questione riguarderebbe solo gli impianti a terra e non anche quelli collocati, come nel caso di specie, sulla copertura di fabbricati già esistenti e regolarmente autorizzati. I permessi di costruire ottenuti per le serre, anzi, coprirebbero anche la collocazione dei pannelli fotovoltaici, già previsti nel progetto originario, di modo che non vi sarebbe stata ragione per negare la sanatoria, in rapporto ad opere complementari di modesta entità, nonché a parziali difformità di quanto realizzato rispetto ai progetti approvati.

L’appellato comune di Ostuni sostiene, invece, che la società Solar Farm avrebbe sostanzialmente frazionato – attraverso due permessi di costruire, solo in origine distinti e riferiti esclusivamente a serre agricole – un impianto fotovoltaico sostanzialmente unitario e destinato a produrre, globalmente, una potenza complessiva di circa 2MKW, peraltro in area dichiarata non compatibile per l’autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, alla luce del regolamento della Giunta regionale della Puglia del 10 settembre 2010, n. 24 (Regolamento attuativo del decreto del ministero per lo sviluppo economico del 10 settembre 2010, “Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, recante l’individuazione di aree e di siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti, alimentati da fonti rinnovabili nel territorio della Regione Puglia).

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che le ragioni rappresentate dalla società appellante non siano, in effetti, condivisibili.

Non è smentito in fatto, in primo luogo, il carattere sostanzialmente unitario – sia strutturalmente che funzionalmente – dell’impianto fotovoltaico in questione, benché materialmente ripartito sulle coperture di due serre, collocate a poca distanza e gestite dalla medesima società (dopo la voltura a quest’ultima, il 28 giugno 2010, del titolo abilitativo rilasciato alla società Agrisviluppo Società Agricola), così come non è contestata la produzione di energia, alle stesse complessivamente riconducibile, nella misura sopra indicata. Deve ritenersi, pertanto, che vi sia stato artificioso frazionamento di una installazione in due paralleli impianti di produzione fotovoltaica “sottosoglia”, con indebite finalità elusive della relativa normativa di settore e conseguente non rilasci abilità delle sanatorie richieste, in quanto riferite ad un contesto produttivo,, non autorizzato nella sua reale consistenza.

Correttamente, pertanto, nella sentenza appellata si concentra l’attenzione sul rispetto, o meno, della procedura da seguire per l’installazione di impianti fotovoltaici e su tale linea, del resto, è qui concentrata anche la difesa dell’appellante.

Deve quindi escludersi che la legittimità dei dinieghi impugnati fosse rapportabile (come sostenuto nel primo ordine di argomentazioni difensive) ai soli profili strettamente edilizi, in rapporto alle opere per le quali formalmente si chiedeva la sanatoria. Non poteva non essere rilevato, infatti, il carattere complessivamente non autorizzato nei modi dovuti dell’intero complesso: in rapporto non solo al manufatto ad uso agricolo (vale a dire riguardo al profilo strettamente edilizio), ma anche all’impianto produttivo di energia da fonte rinnovabile (FER), in via di installazione sul medesimo al momento della verifica effettuata (vale a dire riguardo al profilo produttivo e territoriale).

Da escludersi è poi la sopravvenuta carenza di interesse dell’appellante, eccepita dal Comune, in quanto l’impianto sarebbe, attualmente, pressoché smantellato, peraltro senza che tutte le strutture siano state rimosse ed in presenza di un procedimento penale ancora in corso, per il contestato carattere abusivo delle opere.

Con un secondo ordine di prospettazioni difensive, la società appellante sostiene che le serre fotovoltaiche fossero già autorizzate come tali: tale affermazione, tuttavia, non appare suffragata dalla documentazione in atti.

La medesima appellante sottolinea che l’intenzione di realizzare la copertura delle serre di cui trattasi con pannelli fotovoltaici sarebbe emersa “inequivocabilmente” dalla documentazione necessaria al progetto (relazione tecnica, tavole planimetriche, etc.); ma poi non precisa alcuno degli adempimenti, richiesti per la peculiare tipologia degli impianti in questione, che in base alla normativa sia statale che regionale prevedeva percorsi autorizzativi specifici, correlati alla potenza di energia prodotta e non solo alle modalità di collocazione dei pannelli.

Le due domande di permesso di costruire (in effetti speculari) venivano presentate il 25 febbraio 2009, ciascuna per “impianto serricolo con copertura a pannelli fotovoltaici per il riscaldamento dei prodotti agricoli” – in particolare, funghi – con un ulteriore generico richiamo alla prevista installazione di detti pannelli nella relazione tecnica, ma senza che emergessero con evidenza (anche dalle carte prodotte in giudizio) le caratteristiche progettuali e la potenza degli impianti da installare, né tanto meno la possibile integrazione degli stessi.

Il Comune di Ostuni a sua volta – non smentito sul punto – affermava l’assenza di tali originarie indicazioni e rilasciava in effetti, il 29 luglio 2009, due identici permessi di costruire per “serre ad uso agricolo”, senza fare negli stessi alcun accenno alla collocazione di impianti fotovoltaici. Questi ultimi, nel generico contesto descritto, non potevano dunque ritenersi autorizzati. A tale fine, infatti, sarebbe stata necessaria la rammentata apposita autorizzazione dell’art. 12 d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387.

È da sottolineare che, alla data di rilascio dei titoli abilitativi edilizi, non era ancora stato emanato il decreto del Ministro dello sviluppo economico (di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i beni e le attività culturali) del 10 settembre 2010, contenente le “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, mentre era in vigore – quale disposizione di legge, fondamentale in materia – il detto art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE, relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità). La predetta norma, al comma 10, prevedeva l’emanazione di siffatte linee-guidaministeriali, per assicurare un corretto inserimento degli impianti nel paesaggio, al comma 3 imponeva per gli impianti di cui trattasi un’autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalla provincia (ovvero dal Ministero per lo sviluppo economico, nel caso di impianti con potenza termica installata pari o superiore a 300 MW) e al comma 5 ammetteva una procedura semplificata (d.i.a., successivamente denominata p.a.s.), quando la capacità di generazione dell’impianto fosse inferiore alle soglie di cui alla tabella A, allegata al medesimo d.lgs. (20 KW).

La legge della Regione Puglia 21 ottobre 2008, n. 31 (Norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e per la riduzione di immissioni inquinanti in materia ambientale) – parimenti all’epoca applicabile – prevedeva all’art. 3 la realizzabilità previa denuncia di inizio attività (d.i.a.) di impianti, collocati su edifici esistenti o in zona agricola “con potenze elettriche nominali […] fino a 1 MW”, con autorizzazione unica regionale per gli impianti di potenza superiore. Tale disposizione, tuttavia, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima (Corte cost., sentenza 26 marzo 2010, n. 119), nella parte in cui (commi 1 e 2) attribuiva rilevanza alla collocazione e alle caratteristiche degli impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile, estendendo l’ambito di applicabilità del regime semplificato della denuncia di inizio attività (d.i.a.), in quanto “maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione, per i quali si procede con la disciplina della d.i.a., possono essere individuate solo con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministro dell’Ambiente[…] .senza che la Regione possa provvedervi autonomamente”.

I limiti all’epoca rilevanti restavano, dunque, quelli più restrittivi dell’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 387 del 2003.

Una volta posto, d’altra parte, che i ricordati permessi di costruire non potevano riferirsi anche alla copertura delle serre con pannelli fotovoltaici, per non smentita carenza progettuale al riguardo (carenza peraltro, secondo l’amministrazione comunale, preordinata alla sostanziale elusione dell’autorizzazione unica, necessaria per la capacità produttiva globale dell’impianto), si debbono esaminare gli ulteriori ordini di censure (qui riassunti nella parte in fatto sub 3, 4 e 6) secondo cui, per gli impianti fotovoltaici collocati sulla copertura degli edifici, sarebbe comunque sopravvenuta una disciplina diversa rispetto a quella degli impianti collocati a terra, risultando sufficiente al riguardo una mera comunicazione, mentre la valutazione di impatto ambientale (VIA) non sarebbe stata richiesta “per un’istanza presentata nel 2009” e non vi sarebbe contrasto con il regolamento n. 24 del 2010.

Anche tali argomentazioni risultano infondate.

Non può non rilevarsi al riguardo, in via prioritaria, la contraddittoria prospettazione di applicabilità del già citato d.m. 10 settembre 2010 ma non anche delle legge regionale della Puglia 12 aprile 2001 n. 11 (Norme sulla valutazione dell'impatto ambientale), come modificata con legge regionale 18 ottobre 2010, n. 13..

Se infatti – come sembra deducibile dalla documentazione in atti – l’originaria domanda di permesso di costruire non era idonea a configurare la riferibilità del titolo abilitativo a “serre fotovoltaiche”(e non si ravvisa un tale riferimento nei permessi di costruire rilasciati), deve ritenersi che l’attuale appellante dovesse poi riferirsi – per la distinta attività di collocazione di pannelli fotovoltaici – alle normative nel frattempo sopravvenute (ovvero al d.m. 10 settembre 2010, al ricordato regolamento regionale n. 24 del 2010, nonché alla legge regionale 18 ottobre 2010, n. 13): a queste normative, del resto, la stessa interessata faceva espresso riferimento nelle osservazioni presentate il 22 dicembre 2011, ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990.

Non poteva pertanto sostenersi, al tempo stesso, che gli impianti fotovoltaici “aderenti o integrati nei tetti” avrebbero dovuto essere considerati, a norma del citato d.m. del 10 settembre 2010, “attività edilizia libera” (ferma restando la necessità di permesso di costruire solo per le serre), mentre la VIA, prevista dalla citata legge regionale 18 ottobre 2010, n. 13, per impianti destinati alla produzione di energia elettrica con potenza nominale uguale o inferiore a 1 MW, non sarebbe stata necessaria perché non prevista alla data dall’originaria domanda di permesso di costruire del 2009 (domanda, come ricordato, del tutto generica e non contenente il reale dimensionamento dell’impianto).

Sotto diversi profili pertanto, sia la mera enunciata volontà, nella domanda di permesso di costruire, di collocare genericamente pannelli solari, senza preciso dimensionamento dell’impianto, sia la successiva collocazione di tali pannelli, senza alcuna ulteriore comunicazione, apparivano non conformi alla normativa vigente. Come già indicato, in base alla convergenza di diversi elementi, è in effetti palese che si intendesse realizzare, nel caso di specie, un unico impianto fotovoltaico montato su serre materialmente distinte e “diviso in due tronconi con potenza nominale singola inferiore ad 1MW”, come affermato dalla difesa comunale. Quest’ultima ravvisa a tale riguardo la volontà di eludere le leggi della Regione Puglia 21 ottobre 2008, n. 31 (Norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e per la riduzione di immissioni inquinanti in materia ambientale) e 18 ottobre 2010, n. 13 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 12 aprile 2001, n. 11: “Norme sulla valutazione dell’impatto ambientale”).

La prima di tali leggi regionali, all’art. 2 vietava la realizzazione di impianti fotovoltaici nelle zone agricole, che gli strumenti urbanistici qualificassero di particolare pregio, ovvero nelle quali fossero espressamente inibiti interventi di trasformazione, non direttamente connessi con l’attività agricola. Erano considerati di particolare pregio, inoltre, i terreni ricadenti negli Ambiti Territoriali Estesi (ATE) A e B del Piano Urbanistico Tematico Territoriale Paesaggio (PUTT/P). L’art. 3 della medesima legge regionale consentiva poi procedure autorizzative semplificate rispetto all’autorizzazione unica (D.I.A.., poi denominata P.A.S.: procedura abilitativa semplificata, a norma dell’art. 6 del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28) solo per impianti di potenza non superiore a 1MW. Entrambi questi articoli, tuttavia, sono stati dichiarati incostituzionali con la già ricordata sentenza n. 119 del 2010, dovendo riferirsi il corretto inserimento nel paesaggio e il dimensionamento degli impianti in questione alla normativa nazionale (d.lgs. n. 387 del 2003 cit.), nonché alle linee guida emanate, in attuazione dell’art. 12, comma 10, dello stesso d.lgs. n. 387 del 2003, il 10 settembre 2010.

Il limite di 1MW risulta, comunque, richiamato dall’altra normativa (la legge regionale n. 13 del 2013) per la sottoposizione a VIA di istanze presentate entro centottanta giorni precedenti all’entrata in vigore della legge regionale medesima. Nel caso di specie, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, nessuna specifica istanza riferita ai pannelli fotovoltaici risulta però presentata, non potendo qualificarsi come tale né l’originaria domanda di permesso di costruire, per le ragioni già dette, né l’istanza di sanatoria in data 11 novembre 2011, circoscritta agli interventi edilizi difformi dagli atti abilitativi. Lo stesso art. 12, comma 10, d.lgs. n. 387 del 2003 precisava peraltro come – in attuazione delle linee guida – le Regioni potessero procedere all’indicazione di “aree e siti non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti”.

Una tale indicazione è contenuta nel regolamento della Regione Puglia 30 dicembre 2010, n. 24. Le linee guida indicate contengono poi, in effetti, disposizioni facilitative per gli impianti fotovoltaici “aderenti o integrati nei tetti degli edifici esistenti” – di evidente minor impatto urbanistico – da considerare “attività ad edilizia libera”, o da realizzare previa comunicazione, DIA (o PAS), a seconda delle specifiche caratteristiche dell’impianto (caratteristiche implicanti nella prima ipotesi – punto 12.1 – riferita a edifici già esistenti, la non eccedenza dell’impianto rispetto alla superficie del tetto, o la “capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto” e nella seconda – punto 12.2 – a carattere residuale, il richiamo alla tabella A allegata al d.lgs. n. 387 del 2003, come introdotta dall’art. 2, comma 161 - Tabella delle fonti rinnovabili - della legge 24 dicembre 2007, n. 244 -Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finanziaria 2008 - per quanto riguarda la capacità di generazione). Non a caso, il citato art. 6, comma 11, del d.lgs. n. 28 del 2011 dispone:” La comunicazione relativa all’attività in edilizia libera, di cui ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida, adottate ai sensi dell’art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, continua ad applicarsi, alle stesse condizioni e modalità, agli impianti ivi previsti. Le Regioni e le Province autonome possono estendere il regime della comunicazione, di cui al precedente periodo, ai progetti di impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale fino a 50 KW, nonché agli impianti fotovoltaici di qualsivoglia potenza da realizzare sugli edifici, fatta salva la disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche”.

In assenza di apposita disciplina regionale (comunque non limitativa in tema di VIA) la disciplina della mera comunicazione non poteva, pertanto, ritenersi estesa agli impianti “di qualsivoglia potenza”, se collocati sugli edifici.

Nella situazione in esame, in ogni caso, né DIA, né comunicazione semplificata, corredate della documentazione prescritta, risultano presentate; né soprattutto sono chiari lo stato di già avvenuta realizzazione delle serre assentite (che non erano in funzione in quanto tali all’atto del sopralluogo comunale) e l’assetto finale perseguito.

Nel periodo intercorrente fra il rilascio dei permessi di costruire per le serre agricole, le successive contestazioni di difformità, effettuate il 13 dicembre 2011 e i dinieghi di sanatoria del febbraio 2012, inoltre, la Regione Puglia aveva emanato norme più restrittive per le serre fotovoltaiche, la cui realizzazione era stata incentivata dalla concedibilità di contributi pubblici, che avevano indotto molti operatori a realizzare non veri impianti al servizio dell’agricoltura, ma – all’inverso –

manufatti agricoli finalizzati alla collocazione degli impianti stessi.

Con circolare n. 2/2011 ( “in merito alle procedure autorizzative e abilitative di impianti fotovoltaici collocati su edifici e manufatti in genere”), approvata con deliberazione della Giunta regionale 10 marzo 2011, n. 416, pertanto, la Regione Puglia aveva sottolineato l’esigenza che le serre fotovoltaiche corrispondessero a un effettivo progetto agronomico, imponendo determinate percentuali di copertura con pannelli fotovoltaici della serra stessa. Anche tale situazione non appare ravvisabile nel caso di specie, essendo stato accertato un potenziale di produzione di energia elettrica ampiamente eccedente rispetto alle preannunciate esigenze di coltivazione.

Non vengono offerte convincenti argomentazioni difensive, infine, sull’enunciata collocazione degli impianti di cui trattasi in area ritenuta non idonea “alla installazione di specifiche tipologie e dimensioni di impianti alimentati da fonti rinnovabili nel territorio della Regione Puglia”, a norma del citato regolamento n. 24 del 2010. Le finalità di detta normativa non possono infatti ritenersi integralmente soddisfatte – sotto il profilo della conservazione e difesa del territorio– solo per la collocazione di impianti di qualsiasi tipologia e potenza sulla copertura degli edifici, come postulato dall’appellante, e ciò a maggior ragione in un contesto di progettazione non compiutamente definito sotto il profilo del dimensionamento e delle esatte caratteristiche degli impianti stessi, nonché del relativo collegamento.

Anche il terzo, quarto e sesto ordine di argomentazioni difensive non possono, pertanto, che essere respinti.

In tale contesto i dinieghi di sanatoria, assumendo carattere vincolato, non risultavano contestabili per vizi di motivazione o comunque di forma, ai sensi dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990, con conseguente infondatezza anche del quinto motivo di gravame.

Ad avviso del Collegio, pertanto, l’appello deve conclusivamente essere respinto. Le spese giudiziali, da porre a carico della parte soccombente, vengono liquidate nella misura di €. 3.000,00 (euro tremila/00).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese giudiziali, nella misura di €. 3.000,00 (euro tremila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Vito Carella, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/07/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)