Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5336, del 8 novembre 2013
Urbanistica.Nozione di completamento funzionale

La nozione di "completamento funzionale" è ormai acquisita nella giurisprudenza amministrativa, che ha evidenziato come è necessario che siano state realizzate le opere indispensabili a renderne effettivamente possibile un uso diverso da quello a suo tempo assentito, come nel caso in cui un sottotetto, trasformato in abitazione, venga dotato di luci e vedute e degli impianti di servizio (gas, luce, acqua, telefono, impianti fognari, ecc.), cioè di opere del tutto incompatibili con l'originaria destinazione d'uso", ossia quelle opere che qualifichino in modo inequivoco la nuova e diversa destinazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

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N. 05336/2013REG.PROV.COLL.

N. 08192/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8192 del 2005, proposto da: 
Nicola Cotugno, rappresentato e difeso dagli avv.ti Diego Vaiano, per mandato a margine dell'appello, e Giovanni Basile, per mandato a margine di atto di costituzione depositato il 23 maggio 2008, e presso lo studio del primo elettivamente domiciliato in Roma, al Lungotevere Marzio n. 3, per mandato a margine dell’appello;

contro

Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Dardo, Anna Pulcini, Antonio Andreottola, Barbara Accattatis Chalons d’Oranges, Eleonora Carpentieri, Annalisa Cuomo, Bruno Crimaldi, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Bruno Ricci e Gabriele Romano, tutti dell’Avvocatura comunale, e con gli stessi elettivamente domiciliato in Roma, al corso Vittorio Emanuele II, n. 18, presso lo studio Grez & Associati, per mandato in calce all’atto di costituzione nel giudizio d’appello;

nei confronti di

- Giovanni Battista Ciotti, nella qualità di amministratore del condominio di via Calascione n. 16 a Napoli, nonché Ida D’Ambrosio, Paola D’Ambrosio, Mario Di Girolamo, Luigi Varuzza, Carlo Coppola, Nicola Paternò, Giulio Vasaturo, Giovanni Izzo, Gualtiero Parisio, appellati e appellanti incidentali, rappresentati e difesi dall’avv. Enrico Soprano e presso lo studio di questi elettivamente domiciliati in Roma, alla via degli Avignonesi n. 5, per mandato a margine dell’atto di costituzione e contestuale appello incidentale
- Pasquale Ciccarella, Eleonora Cocozza di Montanara, Giovanni Lauro, Luca Tozzi, già costituiti quali controinteressati e ricorrenti incidentali in primo grado e non costituiti nel giudizio d'appello;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione IV, n. 7356 del 31 maggio 2005, notificata il 1° luglio 2005, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 8167/2004, proposto da Nicola Cotugno per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 564 del 14 aprile 2004, recante diniego di concessione edilizia in sanatoria per mutamento di destinazione d’uso con opere edilizie da locali sottotetto a mansarda abitabile, e dichiarato improcedibile per carenza d'interesse il ricorso incidentale proposto dai controinteressati intimati, con condanna al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, liquidate in complessivi € 2.400,00 in ragione della metà per ciascuna delle controparti



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;

Visto l'atto di costituzione in giudizio e l'appello incidentale condizionato di Giovanni Battista Ciotti, nella qualità di amministratore del condominio di via Calascione n. 16 a Napoli, nonché Ida D’Ambrosio, Paola D’Ambrosio, Mario Di Girolamo, Luigi Varuzza, Carlo Coppola, Nicola Paternò, Giulio Vasaturo, Giovanni Izzo, Gualtiero Parisio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2012 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l'avv. Diego Vaiano per l'appellante Nicola Cotugno, l'avv. Bruno Crimaldi per l'appellato comune di Napoli e l'avv. Enrico Soprano per gli appellati e appellanti incidentali;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1.) Nicola Cotugno, proprietario del terzo piano dell’edificio sito in via Calascione n. 16 a Napoli, chiedeva e otteneva originaria concessione edilizia n. 101/89 del 30 marzo 1989, e concessione edilizia in variante n. 93/91 del 2 aprile 1991, per interventi di consolidamento statico, rifacimento del solaio di copertura e ripristino di un sottotetto con sostituzione con tetto a falde inclinate, procedendo poi però a lavori intesi al mutamento di destinazione d’uso tale da trasformare l’area del sottotetto in mansarda con annessi terrazzi ad uso esclusivo.

A seguito di sequestri e successivi dissequestri penali, le opere venivano poi proseguite, e l’interessato presentava domanda di condono edilizio, ai sensi dell'art. 39 della legge n. 724/1994, denegata con il provvedimento impugnato in primo grado con il ricorso n.r. 8167/2004, sul rilievo che esse non erano completate alla data del 31 dicembre 1993.

Nel relativo giudizio si sono costituiti il Comune di Napoli, nonché il Condominio di Via Calascione, in persona dell'amministratore pro-tempore, e i singoli condomini, che hanno a loro volta proposto ricorso incidentale.

Con sentenza n. 7356 del 31 maggio 2005, notificata il 1° luglio 2005, il T.A.R. per la Campania ha rigettato il ricorso principale, dichiarando improcedibile per carenza d'interesse il ricorso incidentale.

La sentenza gravata ha in particolare evidenziato:

- la carenza del requisito temporale richiesto per il rilascio della concessione in sanatoria, osservando che le opere non potevano ritenersi funzionalmente completate alla data del 31 dicembre 1993, secondo le risultanze dei processi verbali del 27 maggio 1992 e 4 luglio 1996, così respingendo il primo motivo di ricorso;

- la mancata formazione dell'invocato silenzio assenso ex art. 35 della legge n. 47/1985, perché la domanda di condono, indicando come data di ultimazione delle opere il 1991, era dolosamente infedele, rigettando il secondo motivo di ricorso;

- l'infondatezza del terzo, residuo, motivo di ricorso, perché il richiamato art. 43 comma 5 della legge n. 47/1985 consente il completamento delle sole opere già funzionalmente definite.

Con appello notificato l'11 ottobre 2005 e depositato il 18 ottobre 2005, Nicola Cotugno ha impugnato la predetta sentenza, deducendo i seguenti motivi:

1) Erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha accertato l’illegittimità del provvedimento di diniego per violazione dell’art. 35 della legge n. 47/1985, perché spirato il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda di condono, e in presenza di tutti i requisiti di completezza documentale e dell’integrale versamento dell’oblazione, si è comunque formato il silenzio assenso, nel caso perfezionatosi sin dal 27 luglio 2002.

2) In via subordinata. Erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha accertato l’illegittimità del provvedimento di diniego per eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto d’istruttoria e motivazione, perché le opere dovevano ritenersi funzionalmente completate alla data del 31 dicembre 1993, come del resto opinato nell’ordinanza di dissequestro emanata dal G.I.P. del Tribunale di Napoli l’11 novembre 1996.

Nel giudizio si è costituito l'appellato Comune di Napoli che, con memoria difensiva depositata il 20 novembre 2012, ha dedotto l'inammissibilità delle censure riferite alla violazione dell'art. 35 della legge n. 47/1985, in quanto proposte per la prima volta in appello, e l'infondatezza delle residue censure sul rilievo che nel caso di dolosa infedeltà della domanda di condono edilizio deve recisamente escludersi la formazione della concessione in sanatoria per silentium.

A loro volta i controinteressati, con atto di costituzione e contestuale appello incidentale condizionato, depositato il 1° dicembre 2005, hanno dedotto l'infondatezza dell'appello e riproposto le censure già contenute nel ricorso incidentale presentato al primo giudice, come di seguito sintetizzate:

A) Violazione e falsa applicazione dell’art. 40 l. 47/1985 e dell’art. 39 della legge n. 724/1994 - Eccesso di potere per carenza d’istruttoria e difetto di motivazione, per non avere l’atto dirigenziale rilevato che la domanda di condono edilizio era dolosamente infedele in ordine all’epoca di realizzazione dell’opera.

B) Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della legge n. 724/1994 e dell’art. 4 legge n. 10/1977, nonché degli artt. 1102 e 1117 cod. civ. - Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, per non avere rilevato l’atto dirigenziale la carenza di consenso del condominio alla realizzazione delle opere interessanti parti comuni dell’edificio;

C) Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della legge n. 724/1994 e violazione artt. 35 e 40 legge n. 47/1985 - Violazione della normativa antisismica, perché la domanda di condono va respinta anche in relazione al contrasto delle opere con la normativa antisismica, come accertata da C.T.U. in giudizio civile instaurato dal condominio nei confronti del Cotugno.

Con memoria difensiva depositata il 20 novembre 2012, l'appellante Nicola Cotugno, evidenziata l'irrilevanza della sentenza civile esibita dai controinteressati appellanti incidentali, peraltro impugnata, e ribaditi i motivi d'appello, ha altresì invocato la violazione dell'art. 43 comma 5 della legge n. 47/1985, mentre con memoria di replica depositata il 26 novembre 2012 ha controdedotto alla eccepita inammissibilità del primo motivo d'appello perché esso sarebbe in effetti riproduttivo di censura già dedotta nel primo motivo del ricorso in primo grado.

I controinteressati e appellanti incidentali, con memoria difensiva depositata il 19 novembre 2012, a loro volta hanno insistito per il rigetto dell'appello e in subordine per l'accoglimento dell'appello incidentale.

All'udienza pubblica del 21 dicembre 2012 l'appello è stato discusso e riservato per la decisione.

2.) L'appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza impugnata e la consequenziale declaratoria d'improcedibilità per carenza d'interesse dell'appello incidentale condizionato.

2.1) Come anticipato nella narrativa in fatto, l'appellante Nicola Cotugno, proprietario di unità immobiliare residenziale al terzo piano di edificio condominiale ubicato in Napoli alla via Calascione n. 16, conseguì concessione edilizia n. 101 del 30 marzo 1989 per opere edili consistenti nel rifacimento del solaio di calpestio del terzo piano, ricostruzione del tetto con falde inclinate a copertura del sottotetto e consolidamento statico delle strutture murarie, nonché successiva concessione edilizia n. 93 del 2 aprile 1991 per variazioni alle stesse opere.

Dalla documentazione in atti (richiamata anche dal giudice amministrativo partenopeo) risulta che in relazione a constatate difformità dalle due concessioni edilizie intervennero successivi sequestri e dissequestri (un primo sequestro in data 22 maggio 1991, con dissequestro il 26 agosto 1991, un secondo sequestro il 27 maggio 1992 con dissequestro il 4 luglio 1996: cfr. nota del Capo sezione Settore legale del Dipartimento di Polizia Municipale in data 5 settembre 1996).

Peraltro alla data di sopralluogo eseguito il 27 maggio 1992, all'esito del quale fu eseguito il secondo sequestro, risultava realizzata solo una copertura "...con travi in ferro profilati IPE, poggianti su muri di spina centrale e quelli di gronda...(con) sovrastante...pannellatura di lamiere grecate tipo sandwich e sovrapposta ad essa tegole tipo marsigliese...aperture di presa luce...muretti di laterizi con la funzione di dividere le aree del terrazzo a cielo aperto con le aree sottostante di copertura...il tutto risulta privo di impianti tecnologici ed sia il solaio di calpestio che le pareti verticali sono al grezzo..." (cfr. nota del 29 maggio 1992).

Ancora alla data del 3 settembre 1996, ossia del sopralluogo cui si riferisce la richiamata nota del 5 settembre 1996, veniva accertato e attestato che "...lo stato dei luoghi è al rustico, privo dei pavimenti ed infissi, presenta una parziale divisione funzionale interna e parziale predisposizione dell'impianto idrico sanitario ed è sprovvisto totalmente dell'impianto elettrico".

Ciò posto, occorre rammentare che l'interessato ha presentato domanda di concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 39 della legge n. 724/1994 riferita a "....cambio di destinazione d'uso di un sottotetto in mansarda abitabile e nel mutamento di una porzione del lastrico solare in terrazzo abitabile", dichiarando altresì che in difformità dalla concessione originaria e successiva variante "...sono stati realizzati: 1) gli impianti idrico-sanitari per il mutamento della destinazione d'uso a fini abitativi dell'area sottotetti, senza installazione degli apparecchi esterni e 2) la pavimentazione di una porzione del lastrico solare in ampliamento del terrazzo preesistente", e che "le opere sono state ultimate nel 1991".

2.2) Com'é noto l'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 estese la possibilità del rilascio della concessione in sanatoria, come già prevista dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47, "... alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993..".

Orbene, nel caso di specie, le opere abusive, intese come opere edilizie intese al mutamento di destinazione d'uso del sottotetto in mansarda abitabile e annessi terrazzi ad uso esclusivo, certamente non erano ultimate né alla data del 31 dicembre 1993 né in epoca successiva e addirittura e quantomeno sino alla data del 5 settembre 1996 (di ultimo sopralluogo), posto che ancora a quest'ultima, e in disparte l'assenza di pavimentazione, la predisposizione dell'impianto idrico sanitario era solo "parziale" ed era del tutto mancante l'impianto elettrico.

L'art. 31 comma 2 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 per la sanatoria delle "opere interne agli edifici già esistenti" -come nella specie in cui le opere edilizie afferiscono alla trasformazione di preesistente sottotetto in mansarda- riferisce il termine temporale di ammissibilità della sanatoria (ivi indicato al 1° ottobre 1983 ed esteso dall'art. 39 al 31 dicembre 1993) alla nozione di "completamento funzionale", che implica uno stato di avanzamento nella realizzazione tale da consentirne potenzialmente, e salve le sole finiture, la fruizione.

In altri termini l'organismo edilizio non soltanto deve aver assunto una sua forma stabile nella consistenza planovolumetrica (come per gli edifici, per i quali è richiesta la c.d. ultimazione "al rustico", ossia intelaiatura, copertura e muri di tompagno) sebbene una sua riconoscibile e inequivoca identità funzionale, che ne connoti con assoluta chiarezza la destinazione d'uso.

La nozione di "completamento funzionale" è ormai acquisita nella giurisprudenza amministrativa, che ha evidenziato come è necessario che siano state realizzate le "...opere indispensabili a renderne effettivamente possibile un uso diverso da quello a suo tempo assentito, come nel caso in cui un sottotetto, trasformato in abitazione, venga dotato di luci e vedute e degli impianti di servizio (gas, luce, acqua, telefono, impianti fognari, ecc.), cioè di opere del tutto incompatibili con l'originaria destinazione d'uso" (Cons. Stato, Sez. V, 14 luglio 1995, n. 1071), ossia quelle opere che qualifichino in modo inequivoco la nuova e diversa destinazione (Cons. Stato, Sez. V, 4 luglio 2002, n. 3679, che ha considerato inverato il completamento funzionale nel caso in cui era stata effettuata "...la divisione dei locali, gli impianti elettrici ed idraulici...").

2.3) Tanto premesso, devono disattendersi i motivi dedotti con l'appello principale.

2.3.1) Quanto al primo motivo, incentrato sull'invocata formazione di concessione in sanatoria per silentium per il decorso del termine di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda di condono, in uno alle altre condizioni, deve recisamente negarsi, in ciò dovendosi convenire con il giudice amministrativo partenopeo, che la fattispecie formativa della concessione tacita possa perfezionarsi in presenza di una domanda dolosamente infedele in ordine alla data di ultimazione delle opere abusive (in tal senso vedi per tutte Cons. Stato, Sez. V, 4 ottobre 2007, n. 5153).

A prescindere dall'espresso richiamo contenuto nel comma 4 dell'art. 39 della legge n. 724/1994, il rinvio di cui al primo comma a tutte le disposizioni dei capi IV e V della legge n. 47/1985, e quindi all'art. 35 di quest'ultima e alla clausola di salvezza di cui al comma 18, rende applicabile il disposto dell'art. 40 della legge del 1985, che esclude la sanatoria, tra l'altro, "...se la domanda presentata, per la rilevanza delle omissioni o delle inesattezze riscontrate, deve ritenersi dolosamente infedele...", laddove l'indicazione di una data di ultimazione delle opere diversa da quella successiva effettiva, finalizzata proprio al conseguimento indebito del titolo edilizio sanante, è macroscopica e radicale fattispecie di dolosa infedeltà (nel senso che addirittura già l'omissione della data di ultimazione delle opere integri dolosa infedeltà vedi Cons. Stato, Sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4011).

2.3.2) Non ha maggior fondatezza il secondo motivo d'appello, poiché secondo quanto già rilevato sub 2.1), e alla luce delle osservazioni svolte sub 2.2), è irrevocabile in dubbio che il completamento funzionale non sia avvenuto, non che entro il 1991 o entro il 31 dicembre 1993, nemmeno sino alla data del sopralluogo del 3 settembre 1996.

Non può annettersi poi alcun rilievo all'ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli dell'11 novembre 1996, invocata dall'appellante, che, riferita ai soli profili penali, non può dispiegare alcuna efficacia pregiudiziale nel presente giudizio amministrativo, non potendo contenere alcun accertamento vincolante in ordine alla valutazione del completamento funzionale del mutamento di destinazione d'uso.

2.3.3) Da ultimo, e per quanto non riproposta ritualmente con l'appello sebbene introdotta con memoria difensiva, non può condividersi nemmeno la censura relativa alla pretesa violazione dell'art. 43 comma 5 della legge n. 47/1985.

Tale disposizione, com'é noto, ammette la sanatoria per "...le opere non ultimate per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali limitatamente alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità...".

Sennonché, secondo stratificata e pacifica giurisprudenza, esso deve riferirsi alle sole ipotesi in cui l'organismo edilizio abbia conseguito, al momento della sospensione dei lavori o del sequestro, uno sviluppo tale da renderne evidente e riconoscibile l'identità e funzionalità, senza che possa consentire l'esecuzione di opere nuove o radicalmente diverse in epoca successiva alla data del 1° ottobre 1983 o del 31 dicembre 1993 (cfr., tra le tante e solo per le meno risalenti, Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio 2012, n. 4287, 18 giugno 2009, n. 4011 e 30 giugno 2005, n. 3542, Sez. V, 16 agosto 2011, n. 4780, Sez. VI, 27 giugno 2008, n. 3288).

Nel caso di specie, come evidenziato sub 2.1) e osservato sub 2.2), alla data del sequestro del 27 maggio 1992 (e per vero anche dopo il dissequestro intervenuto il 4 luglio 1996) lo stato dei lavori era ben lungi dal delineare l'opera cui era finalizzato il mutamento di destinazione d'uso.

3.) In conclusione, l'appello principale in epigrafe deve essere rigettato, con la conferma della sentenza impugnata e la consequenziale declaratoria d'improcedibilità per carenza d'interesse dell'appello incidentale condizionato.

4.) Il regolamento delle spese del giudizio d'appello, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) così provvede sull'appello in epigrafe n.r. 8192 del 2005 e sull'appello incidentale condizionato:

1) rigetta l'appello principale e dichiara improcedibile per carenza d'interesse l'appello incidentale condizionato, e per l'effetto conferma la sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione IV, n. 7356 del 31 maggio 2005;

2) condanna l'appellante Nicola Cotugno alla rifusione, in favore degli appellati delle spese e onorari del giudizio d'appello, liquidati in € 3.000,00 (tremila/00) per ciascuna delle due parti costituite, e quindi in complessivi € 6.000,00 (seimila/00), oltre IVA e CAP nella misura dovuta.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Anna Leoni, Presidente FF

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)