Pres. Papa Est. Ianniello Ric. Canaletti
Acque. Differenza tra scarico e rifiuti liquidi (fattispecie relativa a reflui da attività sanitarie)
Il parametro di riferimento per individuare - in materia di liquidi o semiliquidi di cui il detentore si disfa o intenda o sia obbligato a disfarsi - l'ambito di operatività della disciplina speciale relativa agli scarichi delle acque reflue nei corpi recettori rispetto alla disciplina generale sui rifiuti è rappresentato dalla esistenza o meno di un sistema di convogliamento delle acque nel corpo recettore, indipendentemente dalla loro natura inquinante. Il sistema non ha subito rilevanti modificazioni con l'emanazione del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152. Allora (art. 36, comma 3°, lett. a), b) e c) del D. Lgs. n. 152-99) come ora (art. 110, comma 3, lett. a), b) e c) del D. Lgs. n. 152-06), la legge prevedeva e prevede anche l'esistenza di acque reflue costituenti rifiuti liquidi, che la giurisprudenza individuava e individua nel fatto che vengano smaltite, anche in rete fognaria, ma non tramite canalizzazione. Ed è appunto con riferimento a questi "rifiuti liquidi costituiti da acque reflue" che si riferisce l'art. 185 del D. Lgs. n. 152-06 nell'affermare la applicabilità agli stessi della disciplina di cui alla parte quarta del medesimo decreto, quella appunto sui rifiuti, salva l'eventuale possibilità di scarico nella rete fognaria consentita alle condizioni di cui all'art. 110 citato. Devesi poi escludere che il quadro normativo così delineato subisca una qualche deviazione in materia di rifiuti ospedalieri, dato che l'art. 227 del Decreto legislativo del 2006 dichiara applicabili a tali rifiuti la disciplina del D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254, il quale all'art. 6 ribadisce che "lo scarico di acque reflue provenienti da attività sanitarie è disciplinato dal D. Lgs. n. 152 del 1999", disciplina appunto oggi trasfusa nella parte terza del D. Lgs. n. 152-06.
La Corte osserva:
con ordinanza del 10 luglio 2007, il Tribunale di riesame di Trieste ha
rigettato l'istanza proposta dal difensore di Massimo Canaletti,
indagato (in qualità di capotecnico nel dipartimento medicina di
laboratorio dell'ospedale di Gattinara) con Lucia Pelusi (direttore
medico dell'Ospedale e delegato aziendale alla gestione dei rifiuti
pericolosi) e Bruno Biasoli (direttore del dipartimento indicato) per i
reati di cui agli artt. 81 cpv. e 110 c.p. nonché 256, commi 1° e 5°
del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (mentre il legale rappresentante
dell'Azienda ospedaliera e il gestore del depuratore dell'ospedale sono
indagati per il reato di cui agli artt. 113 cod. pen. e 137 del
medesimo decreto legislativo), avverso il decreto di sequestro
preventivo dei raccordi tra le apparecchiature di analisi istallate nel
Dipartimento di medicina di laboratorio dell'ospedale di Gattinara e la
rete di scarico del predetto ospedale nonché delle attrezzature di
analisi presenti all'interno del dipartimento, limitatamente ai punti
di uscita dei residui di analisi.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore del
Canaletti, deducendo:
1 - sul piano del fumus commissi delicti, la
violazione di legge per l'erronea applicazione della fattispecie penale
di cui all'art. 256 del D.Lgs. n. 152 del 2006 - relativo alla gestione
e miscelazione non autorizzata di rifiuti -al caso in esame, in cui
pacificamente si trattava di smaltimento delle acque reflue provenienti
dal lavaggio delle apparecchiature utilizzate per gli esami di
laboratorio, contenenti ovviamente residui biologici miscelati con i
reagenti chimici utilizzati per le analisi, convogliate direttamente
nell'impianto di depurazione dell'Ospedale, che scaricava senza
soluzione di continuità nella rete fognaria comunale, attività a suo
tempo regolarmente autorizzata (unitamente agli scarichi di acque
reflue dei servizi igienici e della cucina) dall'Autorità competente,
ai sensi dell'allora vigente D. Lgs. 11 maggio 1999 n. 152.
Secondo il ricorrente, il P.M., il G.I.P. e il Tribunale di riesame
avrebbero erroneamente ritenuto applicabile allo smaltimento di tali
acque reflue, mediante scarico canalizzato delle stesse nella rete
fognaria, la disciplina di cui alla parte quarta del D.Lgs. n. 152/06
relativa allo smaltimento dei rifiuti liquidi, anziché quella di cui
alla sezione II della parte terza del medesimo decreto relativa agli
scarichi, erroneamente fondando sull'art. 185, comma 1°, lett. b), che
esclude dal campo di applicazione della parte quarta del decreto "gli
scarichi idrici, esclusi i rifiuti liquidi costituiti da acque reflue".
La salvezza dei rifiuti liquidi costituiti da acque reflue, quindi
ricondotte alla disciplina sui rifiuti di cui alla parte quarta, era
stata infatti interpretata dal Tribunale come riferita a tutti i tipi
di rifiuto ospedaliero ancorché consistente in acque reflue, nonostante
che l'art. 227 del medesimo decreto dichiari applicabili ai rifiuti
derivanti da attività ospedaliera la disciplina di cui al D.P.R. n.
254/03, il quale all'art. 6 stabilisce che "lo scarico di acque reflue
provenienti da attività sanitarie è disciplinato dal D. Lgs. n. 152 del
1999", disciplina appunto applicata dall'Azienda ospedaliera di
Gattinara.
La tesi smentirebbe, secondo il ricorrente, decenni di giurisprudenza
di questa Corte, secondo la quale l'espressione "rifiuti
liquidi costituiti da acque reflue" si riferirebbe
esclusivamente alle acque reflue prelevate e trasportate da autospurgo,
ai rifiuti provenienti dalla manutenzione ordinaria di sistemi di
trattamento di acque reflue domestiche o dalla manutenzione ordinaria
della rete fognaria o da altri impianti di trattamento delle acque
reflue urbane, acque di cui il detentore si disfi senza versamento nei
corpi recettori mediante canalizzazione.
Anche l'accusa di miscelazione non autorizzata di rifiuti non
corrisponderebbe alla materialità del fatto pacificamente accertato. Si
tratta infatti nel caso in esame dell'acqua residua del lavaggio degli
impianti di laboratorio utilizzati per le analisi, che contiene
necessariamente residui dei campioni biologici analizzati e dei
composti chimici usati come reagenti, in qualche caso pericolosi, ma
trattati nel depuratore.
2 - sul piano del periculum in mora, ritenuto sulla
base degli esiti di analisi delle acque reflue provenienti da tutto il
complesso di scarichi dell'Ospedale, il ricorrente rileva che il
pericolo è stato quindi ritenuto in ordine al reato di cui all'art. 137
del decreto legislativo n. 152/06, in quale non potrebbe riguardare gli
scarichi di laboratorio che non sono soggetti, secondo il Tribunale
medesimo, alla disciplina degli scarichi.
Quindi riguarderebbe gli scarichi di acque reflue provenienti dai
reparti, dai servizi, dalla cucina, ma non dal laboratorio. Per cui i
risultati delle analisi, rilevando il mancato rispetto di alcuni valori
limite, non potrebbero costituire la ragione del periculum
posto alla base del sequestro.
Inoltre, ad abundantiam, il ricorrente osserva che
le analisi svolte avrebbero rivelato solo ipotesi isolate di
superamento dei valori limite di emissione e che negli scarichi sarebbe
stato rinvenuto anche un elemento, il Toluene, che è sicuramente
estraneo all'attività ospedaliera e pertanto la sua presenza dovrebbe
ritenersi meramente accidentale, dovuta a terzi, occasionalmente
presenti all'interno dell'ospedale.
Osserva comunque che anche l'art. 130 del D. Lgs. n. 152/06
consiglierebbe una certa gradualità di intervento repressivo nel caso
di superamento dei valori limite, mentre nei confronti dell'ospedale si
era immediatamente approdati ad un sequestro nonostante la modestia
delle anomalie riscontrate.
E ancora, le analisi sarebbero state compiute in violazione dei criteri
di cui all'all. 5 alla parte II^ del D. Lgs. n. 152/06, in quanto dal
verbale risulterebbe che i campioni sono stati prelevati da un pozzetto
interno, di cui non viene individuata l'ubicazione né indicato se si
trovi nel circuito interno delle acque reflue prima che queste
confluiscano nel depuratore oppure posto all'uscita di quest'ultimo.
Comunque non si tratterebbe dell'ultimo pozzetto prima dello scarico,
come imposto dalla legge.
Mancherebbe quindi, anche sotto tale profilo, la prova della violazione
di cui all'art. 137 e quindi anche il periculum.
Il ricorrente conclude pertanto chiedendo l'annullamento dell'ordinanza
impugnata.
Con memoria aggiunta del 13 novembre 2007, la difesa dell'indagato
richiama la recente giurisprudenza di questa Corte che ha confermato il
precedente orientamento con riferimento al dato di differenziazione tra
il sistema degli scarichi idrici e il trattamento dei rifiuti ai fini
della individuazione della disciplina applicabile, individuato
nell'effettiva presenza di un meccanismo di convogliamento delle acque
reflue nel corpo recettore, a prescindere dalla natura eventualmente
inquinante delle stesse.
Ricorda altresì la norma contenuta all'art. 110 del D. Lgs. n. 152/06,
che consente l'accesso agli impianti di trattamento di acque reflue
urbane anche di acque reflue non convogliate che rispettino determinati
limiti e pertanto conferma l'elemento di differenziazione tra la
speciale disciplina degli scarichi idrici e quella generale sui rifiuti
anche liquidi rappresentato dall'esistenza o meno di un sistema di
convogliamento delle acque nel corpo ricettore.
Il ricorso è fondato per quanto di ragione.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte il parametro di
riferimento per individuare - in materia di liquidi o semiliquidi di
cui il detentore si disfa o intenda o sia obbligato a disfarsi -
l'ambito di operatività della disciplina speciale relativa agli
scarichi delle acque reflue nei corpi recettori rispetto alla
disciplina generale sui rifiuti è rappresentato dalla esistenza o meno
di un sistema di convogliamento delle acque nel corpo recettore,
indipendentemente dalla loro natura inquinante (cfr., al riguardo da
ultimo Cass. 21 giugno 2007 n. 24481).
Il sistema (cfr. la definizione di scarichi contenuta all'art. 2, lett.
bb) del D. Lgs. 11 maggio 1999 n. 152) non ha subito rilevanti
modificazioni con l'emanazione del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, che
all'art. 74, lett. ff) definisce "scarico" "qualsiasi immissione di
acque reflue in acque superficiali ... e in rete fognaria,
indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a
preventivo trattamento di depurazione".
Allora (art. 36, comma 3°, lett. a), b) e c) del D. Lgs. n. 152/99)
come ora (art. 110, comma 3°, lett. a), b) e c) del D. Lgs. n. 152/06),
la legge prevedeva e prevede anche l'esistenza di acque reflue
costituenti rifiuti liquidi, che la giurisprudenza individuava e
individua nel fatto che vengano smaltite, anche in rete fognaria, ma
non tramite canalizzazione.
Ed è appunto con riferimento a questi "rifiuti liquidi
costituiti da acque reflue" che si riferisce l'art. 185 del
D. Lgs. n. 152/06 nell'affermare la applicabilità agli stessi della
disciplina di cui alla parte quarta del medesimo decreto, quella
appunto sui rifiuti, salva l'eventuale possibilità di scarico nella
rete fognaria consentita alle condizioni di cui all'art. 110 citato.
Devesi poi escludere che il quadro normativo così delineato subisca una
qualche deviazione in materia di rifiuti ospedalieri, dato che l'art.
227 del Decreto legislativo del 2006 dichiara applicabili a tali
rifiuti la disciplina del D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254, il quale
all'art. 6 ribadisce che "lo scarico di acque reflue
provenienti da attività sanitarie è disciplinato dal D. Lgs. n. 152 del
1999", disciplina appunto oggi trasfusa nella parte terza del
D. Lgs. n. 152/06.
Né può attribuirsi, in assenza di necessari sviluppi nella disciplina
più recente, alcun valore innovativo all'uso di una terminologia
parzialmente diversa tra l'art. 185 del D. Lgs. n. 152/06 e l'art. 8,
comma l °, lett. e) del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, che escludeva
dall'ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti le acque di
scarico, "esclusi i rifiuti allo stato liquido", anche allora ritenuti
comprensivi di acque reflue il cui scarico non era canalizzato.
Poiché nel caso in esame il laboratorio di analisi scarica direttamente
le acque di lavaggio dei macchinari di laboratorio dell'ospedale nella
rete fognaria, transitando per un depuratore interno, attraverso una
rete di convogliamento che non presenta soluzioni di continuità, la
disciplina applicabile è quella degli scarichi di cui al D.Lgs. n. 152
del 1999 ed oggi di cui alla parte terza del D. Lgs. n. 152 del 2006,
alla stregua della quale si è pertanto correttamente comportata
l'Azienda ospedaliera di Gattinara.
In base alle considerazioni svolte, l'ordinanza impugnata andrebbe
annullata senza rinvio.
Senonché non è chiaro dalla medesima se le anomalie riscontrate negli
scarichi generali dell'Ospedale riguardino anche elementi o
concentrazioni eccedenti i limiti di legge derivanti anche alle acque
reflue provenienti dal laboratorio.
Sembrerebbe escluderlo, del resto in linea con la circostanza che
l'accusa di cui all'art. 137 del D. Lgs. n. 152 del 2006 non riguarda
gli attori del laboratorio, l'affermazione contenuta a pag. 3
dell'ordinanza, secondo la quale, con riferimento agli erroneamente
qualificati come rifiuti liquidi provenienti dal laboratorio, "poco
importa se le analisi effettuate dalla ASL non abbiano mai evidenziato
il raggiungimento di concentrazioni tali da superare i limiti di legge".
In chiusura dell'ordinanza, valutando la sussistenza del periculum
in mora, il Tribunale sembra invece ricomprendere anche il
laboratorio tra le fonti di inquinamento.
Poiché dalla soluzione di tale problema dipende l'esistenza del fumus
del reato ipotizzato, rispetto al quale si assume la
strumentalità necessaria dei beni sequestrati, l'ordinanza impugnata va
annullata con rinvio al Tribunale di Trieste, che, attenendosi a quanto
stabilito da questa Corte per ciò che riguarda l'interpretazione delle
leggi citate, dovrà rivalutare il caso alla luce di esse e sulla base
degli accertamenti esistenti.
P. Q. M.
La Corte annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di
Trieste
Così deciso in Roma il 29 novembre 2007
Depositato in cancelleria il 16/01/2008