Cass. Sez. III n. 11349 del 18 marzo 2015 (Ud 10 feb 2015)
Pres. Fiale Est. Pezzella Ric. Bonifacio
Acque. Provvisorio mantenimento in funzione di uno scarico di reflui dopo la scadenza della autorizzazione

Integra il reato dì cui all'art. 137 del D.Lgs. n. 152 del 2006, ìl provvisorio mantenimento in funzione di uno scarico di reflui dopo la scadenza della autorizzazione, se il titolare non ne abbia tempestivamente chiesto il rinnovo almeno un anno prima del decorso del termine di validità, quando non sussistono i presupposti per l'operatività del regime dell'autorizzazione integrata ambientale, previsto dall'art. 9 del D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59 e che consente di fare istanza di rinnovo fino a sei mesi prima della cessazione di efficacia del titolo abilitativo

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Frosinone, pronunciando nei confronti dell'odierno ricorrente B.M., con sentenza del 10.4.2013, all'esito di giudizio abbreviato, lo dichiarava responsabile del reato previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 124, comma 8 e art. 137, comma 1, perchè nella qualità di direttore di stabilimento e rappresentante delegato della GEYMONAT Spa, permetteva lo scarico di acque reflue industriali, nonostante l'autorizzazione rilasciata dalla Provincia di Frosinone fosse scaduta di validità, in Anagni (FR) dal 6.8.07 al 22.2.10, condannandolo alla pena di Euro 10.000,00 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, B.M., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

a. Violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. B) in relazione al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137.

Il ricorrente deduce che non vi sarebbe stata alcuna revoca di sospensione dell'autorizzazione.

Il giudice avrebbe erroneamente interpretato ed applicato la norma di legge, sanzionando un comportamento non dichiarato punibile dalla stessa legge.

L'unico addebito in cui sarebbe incorso il ricorrente, consisterebbe nella presentazione della domanda di rinnovo in un tempo inesatto.

La condotta sarebbe stata sanzionata dal giudice, unicamente perchè si tratterebbe di un reato formale e non per aver cagionato un danno all'ambiente.

b. Violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137 per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.

Il vizio scaturirebbe - sostiene il ricorrente - già dall'individuazione di comportamento non coincidente con la norma di legge citata nel capo di imputazione.

Il provvedimento impugnato, infatti, da un lato ravviserebbe l'assenza di inquinamento, rilevando la mancanza di un danno all'ambiente, dall'altro, invece, concluderebbe affermando la penale responsabilità del ricorrente per non avere rispettato i limiti fissati dal D.L. n. 152 del 2006, art. 124, comma 8.

Non si evincerebbero, quindi, con chiarezza e manifesta logicità i motivi della condanna.

Gli enti preposti avrebbero certificato la possibilità di mantenere in opera lo scarico pur non essendo stato rispettato il termine per la richiesta del rinnovo.

Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata per violazione di legge e illogicità della motivazione e, in ogni caso, la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, va dichiarato inammissibile.

2. Nel provvedimento impugnato i giudici non sono incorsi in alcuna violazione di legge in quanto è corretto affermare - come hanno fatto - che ai fini della sussistenza del reato di cui all'imputazione ciò che rileva non è tanto la prova dell'effettivo inquinamento, quanto quella della violazione delle norme che impongono all'utente di richiedere per tempo le autorizzazioni ed i controlli agli enti pubblici preposti alla gestione del territorio, tanto da consentire, sostanzialmente, una provvisoria autorizzazione in attesa del rinnovo, purchè siano rispettati i limiti fissati dal cit. D.Lgs., art. 124, Comma 8., che nella fattispecie risultano invece violati.

Come sottolineato, ancora, di recente, da questa Corte di legittimità, con un principio che il Collegio condivide e che intende ribadire, in tema di inquinamento delle acque, integra il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, il provvisorio mantenimento in funzione di uno scarico di reflui dopo la scadenza della autorizzazione, se il titolare non ne abbia tempestivamente chiesto il rinnovo almeno un anno prima del decorso del termine di validità, quando non sussistono i presupposti per l'operatività del regime dell'autorizzazione integrata ambientale, previsto dal D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59, art. 9 e che consente di fare istanza di rinnovo fino a sei mesi prima della cessazione di efficacia del titolo abilitativo (così questa sez. 3, n. 19576 del 17.12,2013 dep. il 13.5.2014, Corvo, rv. 260079).

Già in precedenza, peraltro, in altra pronuncia conforme, si era rilevato che integrasse il reato di scarico di acque industriali senza autorizzazione la gestione di uno scarico dopo la scadenza del titolo abilitativo ottenuto in base alla disciplina previgente al D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, il cui rinnovo era stato chiesto solo in epoca successiva alla scadenza del termine previsto dal cit.

D.Lgs., art. 62, comma 11, a nulla rilevando la presentazione all'Autorità competente, in epoca successiva, di reiterate istanze di rinnovo o di meri solleciti, (sez. 3, n. 16054 del 16.3.2011, Catabbi, rv. 250308, nella cui motivazione si è precisato che non può trovare applicazione il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 124, comma 8, che consente il mantenimento provvisorio degli scarichi per i quali sia stato chiesto "tempestivamente" il rinnovo dell'autorizzazione; conf. sez. 3 n. 36049/2004, rv. 229479).

3. Le doglianze proposte sono, peraltro, assai generiche, a fronte di fatti che paiono inequivocabili.

Il Tribunale di Frosinone, infatti con una motivazione congrua, immune da vizi logici, da conto che in data 6.8.2003, la Provincia di Frosinone autorizzava la Geymonat spa allo scarico delle acque reflue domestiche, industriali e meteori-che. disponendo, alla lett. g) del provvedimento, che la società autorizzata avrebbe dovuto richiedere un anno prima della scadenza, all'Amministrazione Provinciale, il rinnovo dell'autorizzazione, che aveva validità di 4 anni".

La Geymonat spa, invece, inoltrava richiesta di rinnovo dell'autorizzazione solo in data 16.7.2007.

In data 19.11.2007, poi, l'Arpa Lazio, su richiesta dell'amministrazione provinciale di Frosinone, effettuava un prelievo di campioni delle acque di scarico eseguito su pozzetto fiscale (rapp. prova n.3352), dal quale si evinceva che il valore del parametro azoto nitroso" era superiore ai limite indicato nella Tabella 3 al 5 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152". risultato comunicato alla Ditta Geymonat in data 12.12.2007.

In data 2.1.2008 la Provincia di Frosinone inviava alla Ditta Geymonat una comunicazione con la quale veniva richiesto di eliminare il valore di azoto nitroso eccedente i limiti tabellari richiesti dal D. Lvo. 152/06 - successivamente, con nota n. 65455 del 1.4.2008, l'ente provinciale chiedeva ulteriori controlli analitici all'Arpa, che il 18.3.2008 confermavano il superamento del detto limite, con nuovo invito alla Geymonat ad adottare, con la massima urgenza, tutte le misure atte ad assicurare il rispetto dei valori previsti per il suddetto parametro, eliminando, entro 15 gg., ogni pericolo d'inquinamento ambientale, con espresso richiamo a quanto previsto in materia dal D.Lgs n. 152 del 2006", con conseguente diffida dal continuare a scaricare le acque domestiche e industriali senza rispettare il limite tabellare.

In motivazione, dato atto delle analisi sulle acque operate anche per incarico della difesa, si rileva che solo in data 24.05.2010, la Provincia di Frosinone concedeva il rinnovo dell'autorizzazione allo scarico delle acque industriali, desumendone che la circostanza che l'ente preposto abbia concesso il rinnovo dell'autorizzazione solo in tale data, confermi l'assunto accusatorio.

4. Il Tribunale di Frosinone, infine, con ciò confutando anche le doglianze oggi riproposte circa l'effettività del danno all'ambiente, applica un principio di diritto corretto laddove afferma in motivazione che il reato in contestazione non è reato di danno ma reato formale o di condotta, che è volto a garantire un controllo preventivo da parte della P.A., laddove il bene tutelato dalla norma penale è l'interesse dell'amministrazione competente a monitorare e controllare preventivamente la funzionalità e potenzialità inquinante degli impianti nuovi e di quelli già esistenti.

Conferente è il richiamo, mutatis mutandis, alla giurisprudenza di questa Corte che ha affermato il medesimo principio in materia di inquinamento atmosferico (cfr., ex plurimis, la richiamata pronuncia n. 35232 del 28.6.2007, Fongaro, rv. 237383; così come sez. 3, n. 40964 dell'11.10.2006, D'Orta, rv. 235454; sez. 3, n. 48474 del 19.7.2011, Papa, rv. 251618).

Il reato de quo, dunque, si configura, indipendentemente dal superamento dei valori limite stabiliti, che pure, come ricordato in motivazione e detto in precedenza, erano stati superati.

Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, peraltro, non contiene alcun riferimento ai recapiti dei reflui (acque, suolo e sottosuolo), ma connette la sanzione penale allo scarico di acque reflue industriali effettuato senza autorizzazione, mentre disposizioni eccettuative sono previste dall'art. 107, comma 2 soltanto per "gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie".

La sanzione penale, dunque, si correlava secondo la legislazione precedente e tuttora si correla alla mancanza del controllo preventivo, da effettuarsi attraverso il rilascio, formale e specifico dell'autorizzazione (lesione dell'interesse della P.A. al controllo ed alla gestione degli scarichi), a prescindere addirittura dal recapito finale, che non è menzionato dalla norma sanzionatoria (cfr. sez. 3, n. 33787 dell'8.6.2007, Bova, rv. 237378; conf. sez. 3 n. 14247 del 16.12.1999, Porcu; sez. 3, n. 248 del 15.1.2001, Giovannelli, sez. 3 n. 324 del 17.1.2001, Ciccottelli ed altro; sez. 3, n. 338 del 17.1.2001, Padovani ed altri).

Questa Corte Suprema ha già avuto modo di osservare, in proposito, che "la logica giuridica che ispira il legislatore nazionale è quella di sottoporre sempre a controllo preventivo espresso e specifico tutti gli scarichi di acque reflue industriali, anche se recapitano in pubbliche fognature, sia per la loro maggiore pericolosità sia per evitare distorsioni e disparità di trattamento tra operatori economici distanti da fognature pubbliche o vicini" (così questa sez. 3, n. 12176 del 26.10.1999, Di Liddo).

Peraltro, come rilevano i giudici del merito, neppure può ritenersi che lo scarico sia stato mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni di cui alla precedente autorizzazione, considerato che al punto 1^ lett. a) dell'autorizzazione provinciale del 6.8.2003 viene imposto alla ditta Geymonat spa di scaricare le acque reflue domestiche ed industriali nel rispetto dei limiti previsti dalla Tabella 3 dell'allegato 5...", laddove, nella fattispecie, ne risulta, invece, accertata la violazione.

5. Manifestamente infondata è, infine, anche la dedotta intervenuta prescrizione del reato laddove trattasi di reato contravvenzionale commesso e contestato fino a tutto il 22.2.2010, per cui, tenuto conto degli atti interruttivi intervenuti, il termine massimo di prescrizione (22.2.2015) non è affatto decorso alla data di pronuncia della presente sentenza.

6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2015.
Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2015