IL GESTORE DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO Di Bernardino Albertazzi* PUBBLICATO SUL SUPPLEMENTO N.5 “TUTELA DELLE ACQUE” DELLA RIVISTA AMBIENTE& SICUREZZA, LE PRINCIPALI FONTI DI INQUINAMENTO

 

 

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Il servizio idrico integrato è definito, ai sensi della lett. f) del primo comma dell’art. 4 della l. 36/94 (legge “Galli”) come  “l'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue”.

La nozione di “gestore del servizio idrico integrato”non compariva nel testo originario del Dlgs 152/99. E’ stata infatti aggiunta dal decreto legislativo correttivo grazie al suo art.1, lett. e) che inserisce, nelle definizioni di cui all’art. 2, la lett. o-bis), la quale appunto qualifica il  “gestore del servizio idrico integrato”come: “ il soggetto che in base alla convenzione di cui all’articolo 11 (1)  della legge 5 gennaio 1994, n. 36, gestisce i servizi idrici integrati e, soltanto fino alla piena operatività del servizio idrico integrato, il gestore esistente del servizio pubblico;”

L’ultimo inciso, che ha ovviamente carattere transitorio, trova la sua ragion d’essere nel fatto che, contrariamente a quanto disposto dalla legge “Galli”, la definizione degli Ambiti Ottimali da parte delle singole regioni italiane e la conseguente assegnazione della gestione sono oggi realtà  solo in una piccolissima parte del territorio nazionale.

 

Nel Dlgs 152/99 era invece già presente la nozione di  “autorità d’ambito” (art. 2, lett. o) ), che era stata ripresa “tal quale” dalla legge “Galli”: “la forma di cooperazione tra comuni e province ai sensi dell’articolo 9, comma 2 (2), della legge 5 gennaio 1994, n. 36”.

Come vedremo, nel nuovo testo vigente,  tale ultima nozione richiamata nelle definizioni diventa superflua perchè non viene più utilizzata in nessun articolo del decreto (come del resto molte altre definizioni contenute nell’art. 2).

Il decreto di riforma si focalizza (su) e riporta ad unità una vasta gamma di terminologie che erano presenti nel testo previgente e che avevano suscitato più di una perplessità in dottrina e tra gli operatori del settore.

Nel testo previgente infatti le seguenti locuzioni:

gestore del servizio idrico integrato (art. 36 comma 3 e art. 45, comma 4),

gestore dell’impianto di depurazione delle acque reflue urbane (art. 33, comma 1) ,

gestore dell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane (art. 36, comma 2),

e perfino quella di “autorità d’ambito” (art. 33, comma 1)

sembravano essere state utilizzate dal legislatore come sinonimi, senza che esso si rendesse conto che ciascuna di esse aveva ed ha un ben preciso (e diverso) significato nell’ambito della legislazione vigente in materia di acque.

L’interprete tuttavia non poteva essere certo che si trattasse di mere “sviste” del legislatore ed era tenuto ad individuare volta per volta i significati delle locuzioni utilizzate nel contesto dei vari articoli di legge citati.

 

Tali problemi sono stati in buona parte  risolti dal nuovo Dlgs che, da una parte ha fornito una nozione di “ gestore del servizio idrico integrato”, comprensiva di un “regime transitorio” (dove il gestore esistente del servizio pubblico è assimilato al gestore del servizio idrico integrato) e dall’altra ha sostituito tale locuzione a tutte le altre precedentemente utilizzate.

A mio sommesso avviso rimane a tutt’oggi non definitivamente risolto il problema delle eventuali potestà prescrittive e regolamentari del soggetto gestore del servizio idrico integrato, posto che:

1)      tale soggetto può assumere anche la veste giuridica di società per azioni anche a maggioranza privata, e quindi di un soggetto sicuramente privo di potestà di carattere pubblicistico (come sono quella prescrittiva e regolamentare), anche se gestisce ed esercita  un servizio pubblico locale;

2)      permane la difformità tra il dato testuale dell’art. 33 (Scarichi in reti fognarie), comma primo, in cui, per descrivere le potestà regolamentari del soggetto gestore  si utilizza l’espressione (che riteniamo più corretta) di norme tecniche, prescrizioni regolamentari e valori-limite “adottati dal gestore del servizio idrico integrato e approvati dall’amministrazione pubblica responsabile” , ma solo con riferimento agli scarichi industriali ed il dato testuale di cui agli art. 33, comma 2 e  45, comma 4,che dispongono uniformemente che gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell’osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato.”, dove sembra scomparire la necessità di approvazione da parte dell’amministrazione pubblica responsabile.

 

Si ritiene a questo punto opportuno  sottolineare che permangono nel nuovo testo alcuni profili assai ambigui riguardanti i poteri e le funzioni del gestore del servizio idrico integrato.

Il legislatore infatti continua a non tener conto in maniera adeguata della separazione, che è scolpita in modo assai evidente già nella l. 142 del 1990, tra la titolarità del servizio, che compete (peraltro in regime di privativa, in materia di fognature e depurazione) all’ente locale (comune, provincia) e la gestione del servizio, che si esplica nelle forme giuridiche (tassative) dell’art. 22 della cit. legge.

Tale separazione di ruoli e funzioni è stata ancora più accentuata con le riforme di cui alle leggi “Bassanini”.

In conclusione si deve affermare che, prima del Dlgs 152/99,  solo gli enti locali (che non coincidono con i gestori del servizio se non nella forma di gestione c.d. “in economia”) risultavano essere titolari di potestà prescrittive e regolamentari, e non invece i soggetti gestori del servizio (fatta salva una posizione esistente in dottrina e nella giurisprudenza amministrativa che ritiene possibile che attraverso l’istituto della “concessione” a terzi, previsto come forma di gestione dall’art. 22 della l. 142/90, si trasferiscano poteri pubblicistici, tra cui quello prescrittivo e regolamentare, ad un soggetto privato)..

La giurisprudenza della Cassazione, prima del Dlgs 152/99, basandosi sul disposto della legge “Merli” (che, essendo del 1976 è anteriore alla legge 142/90 sulle autonomie locali) aveva affermato (in Sent. 17/05/1985 della Terza sez. penale)  che “..gli scarichi in pubbliche fognature di insediamenti civili di qualsiasi dimensione sono sempre ammessi, purchè osservino i regolamenti emanati dall’autorità locale che gestisce la pubblica fognatura”.

Ci si trovava infatti allora in una fase in cui il soggetto titolare e quello gestore del servizio coincidevano.

La situazione oggi è molto cambiata, perchè sta per arrivare a conclusione il processo di liberalizzazione dei servizi pubblici locali, tuttavia è da considerarsi ancora preferibile la

 formulazione di cui dell’art. 33 (Scarichi in reti fognarie), comma primo, dove sono individuati i due passaggi:

1)      l’adozione da parte del gestore del servizio idrico integrato (che, lo ricordiamo, può concretizzarsi in una pluralità di  vesti giuridiche, tra cui le  s.p.a. a maggioranza o minoranza azionaria pubblica,  )

2)      l’ approvazione da parte  dall’amministrazione pubblica responsabile (cioè quella titolare del servizio).

Come sopra osservato tale  impostazione sembra riservata nel nuovo testo alla sola disciplina degli Scarichi industriali in reti fognarie, mentre in quella degli Scarichi domestici scompare il passaggio sub 2), cioè l’ approvazione da parte  dall’amministrazione pubblica titolare del servizio.

La scelta operata dal legislatore nel caso di Scarichi industriali in reti fognarie sembra dettata da ragioni di garanzia e di tutela nei confronti dei titolari di tali scarichi, in ragione del fatto che la violazione di limiti di emissione diversi da quelli fissati dall’Allegato 5 (nell’ambito della legislazione regionale) e delle prescrizioni tecniche poste in essere dal gestore del servizio idrico integrato avrebbero comportato la comminazione a tali soggetti di sanzioni di carattere penale, ai sensi dell’art. 59. Sembra dunque che il legislatore abbia considerato inopportuno che la comminazione di una sanzione penale potesse dipendere da regolamenti posti in essere da soggetti che non sono esponenziali delle collettività locali ma semplicemente gestori di servizi pubblici locali.

A contrario il medesimo legislatore sembra aver ritenuto opportuno che tali ultimi soggetti siano dotati di potestà regolamentare in materia di acque reflue domestiche (come risulta dal dato testuale dell’art. 33, comma secondo), laddove cioè non è più prevista dalla legge una autorizzazione preventiva, ma un semplice “allaccio in fognatura” e la violazione dei limiti tabellari non comporta la comminazione di sanzioni di carattere penale ma solo amministrativo. Il legislatore sembra poi aver accolto le richieste dei soggetti gestori che, nel caso non fossero stati oggetto di conferimento di potestà regolamentari, si sarebbero trovati nella situazione di dover gestire reti fognarie ed impianti senza poter in concreto intervenire sulla gestione “tecnica” degli stessi.

Non si può però non osservare che la sede idonea di risoluzione degli eventuali problemi di gestione del servizio che possono scaturire tra il soggetto titolare (l’ente locale)  ed il gestore è la “convenzione di servizio”, cioè quella attraverso cui il primo soggetto affida il servizio pubblico locale al secondo.

Si deve però rammentare, in conclusione, che l’attribuzione al soggetto gestore del servizio idrico integrato di potestà regolamentari in materia di acque reflue domestiche, ai sensi dell’art. 33, comma secondo del Dlgs 152/99 come riformato dal Dlgs 258/2000, non intacca minimamente la potestà regolamentare propria dell’ente locale, nella medesima materia, quale soggetto esponenziale della collettività locale, di cui alla l. n. 142/90, così come riformata dalle leggi “Bassanini (l. 59/97 , Dlgs 112/98). Dunque il Comune potrebbe sempre intervenire sui regolamenti adottati dal soggetto gestore in materia di scarichi di acque reflue domestiche in rete fognaria (con proprio regolamento in deroga a quello del gestore) qualora non li ritenesse conformi alla tutela degli interessi della collettività locale.

 

 

 

 

(1) Che dispone: “Art. 11. Rapporti tra enti locali e soggetti gestori del servizio idrico integrato. -

1. La regione adotta una convenzione tipo e relativo disciplinare per regolare i rapporti tra gli enti locali di cui all'articolo 9 ed i soggetti gestori dei servizi idrici integrati, in conformità ai criteri ed agli indirizzi di cui all'articolo 4, comma 1, lettere f) e g).

2. La convenzione tipo prevede, in particolare:

a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;

b) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;

c) la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni;

d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;

e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;

f) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;

g) la facoltà di riscatto da parte degli enti locali secondo i princìpi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902;

h) l'obbligo di restituzione delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni dei servizi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f), oggetto dell'esercizio, in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;

i) idonee garanzie finanziarie e assicurative;

l) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i princìpi del codice civile;

m) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze.

3. Ai fini della definizione dei contenuti della convenzione di cui al comma 2, i comuni e le province operano la ricognizione delle opere di adduzione, di distribuzione, di fognatura e di depurazione esistenti e definiscono le procedure e le modalità, anche su base pluriennale, per assicurare il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge. A tal fine predispongono, sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle regioni, un programma degli interventi necessari accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo. Il piano finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire nonché i proventi da tariffa, come definiti all'articolo 13, per il periodo considerato.

(2) Che dispone: “2. I comuni e le province provvedono alla gestione del servizio idrico integrato mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, come integrata dall'articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498.”

SANZIONI

 

 

Si ricorderà che, ai sensi del testo previgente del quinto comma dell’art. 59,  era  punito con la pena congiunta dell’arresto fino a due anni e dell’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni, chiunque, nell’effettuazione:

a)     di uno scarico di acque reflue industriali, ovvero

b)    di una immissione occasionale ,

superasse:

1)      i valori limite fissati nella tabella 3 (“Valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura”) dell’allegato 5 (“Limiti di emissione degli scarichi idrici ” ) in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 ovvero

2)      i limiti più restrittivi  fissati dalle regioni o delle province autonome, in relazione alle medesime sostanze.

Chiunque superasse anche:

3) i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3A dell’allegato 5 (“Limiti di emissione per unità di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi.   ”)

era ed è punito con la pena congiunta dell’arresto da sei mesi  a tre anni e con l’ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni.

Tale disposizione costituisce eccezione alla regola generale del Dlgs 152/99 in base alla quale alla inosservanza dei valori limiti di emissione degli scarichi (o delle immissioni occasionali) si applicano sanzioni amministrative.

A tali pene faceva riferimento il successivo comma sesto che dettava:

“Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di depurazione che, per dolo o per grave negligenza, nell’effettuazione dello scarico supera i valori limite previsti dallo stesso comma.”.

Il nuovo testo del Dlgs 152/99 non solo non contiene più la nozione di “immissione occasionale”, ma ha anche eliminato il riferimento alla “grave negligenza” del gestore di impianti di depurazione, che tante perplessità e discussioni aveva suscitato in dottrina e giurisprudenza, ma anche approvazione incondizionata da parte dei destinatari.

 

Si era infatti affermato in dottrina che il soggetto destinatario di tale “norma di favore” fosse il solo gestore di impianti di depurazione (non il titolare dell’impianto, per il quale rimane valida la regola “generale” di cui al comma 5) (3), mentre altri autori , a proposito della medesima norma osservavano che “..la costruzione letterale dell’art. 59, comma 6, tende a scriminare in toto e/o comunque a ridurre fortissimamente a livello di elemento psicologico soggettivo, la posizione di responsabilità penale del titolare dello scarico..”. (4).

 

(3) Vedi B. Albertazzi, F. Trezzini “Gestione e tutela delle acque dall’inquinamento”, E.P.C., 1999.

(4) Vedi M. Santoloci: “Le novità del sistema sanzionatorio”, in Ambiente & Sicurezza, n.11/99,

 


La norma in esame aveva trovato applicazione, in giurisprudenza, nella Sentenza n° 2478 del 25/06/1999 della  Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, dove era valsa ad escludere la responsabilità penale di un sindaco,quale titolare della pubblica fognatura, che era stato condannato perchè consentiva, ovvero non impediva che le acque in uscita dall'impianto di depurazione della pubblica fognatura, si immettessero nel corpo ricettore costituito dal torrente "Malesina" superando i valori parametrali di accettabilità quanto a COD, zinco, materiali sedimentabili, azoto ammoniacale e tensioattivi.

In relazione al disposto di cui al previgente comma quinto dell’art. 59 in esame affermava la Suprema Corte:

“Il D.lvo  n. 152/99 cit. contiene peraltro una norma di favore per il sindaco, odierno imputato; infatti al comma 6 viene disposto: "Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di depurazione che, per dolo o per , nell'effettuazione dello scarico supera i valori limite previsti dallo stesso comma". Le sanzioni penali si applicano, nella fattispecie in discussione, solo in caso di dolo o di negligenza grave, da ritenersi equivalente alla colpa grave. Escluso dalla sentenza di merito il dolo, occorre esaminare se siano ravvisabili gli estremi della colpa grave e, in caso negativo, se occorra pronunciare annullamento con o senza rinvio.

Dal testo della sentenza di merito, appare evidente non solo che non sussistono i presupposti della colpa , ma che il giudice ha ritenuto esistere una colpa lieve. Infatti ha concesso le attenuanti generiche, ha applicato il minimo della pena pecuniaria, ha ravvisato la colpa del Ferraris nel non avere proceduto ad una verifica dell'idoneità dell'impianto, eventualmente imponendo agli utenti di non scaricare sostanze non eliminabili mediante il processo di depurazione in atto, in attesa di provvedimenti tali da assicurare anche il disinquinamento chimico e non solo quello biologico.

A sensi dell'art. 620 lett. «l» C.P.P., il rinvio risulta superfluo e questa Corte, pronunciato l'annullamento senza rinvio versandosi in una ipotesi di colpa indubitabilmente , può dare i necessari provvedimenti, che consistono nella trasmissione degli atti alla Regione Piemonte, competente ad applicare l'eventuale sanzione amministrativa per la violazione dell'art. 54 del ridetto D.lvo n. 152/99.”

 

Di questa speciale  norma, che si era concretizzata in una esclusione della responsabilità penale del gestore di impianti di depurazione, tale ultimo soggetto non potrà più avvalersi perchè è stata eliminata dal Dlgs 258/2000, ai sensi del quale il comma 6 dell’art. 59 è sostituito dal seguente:

“Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell’effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.”

Dunque il soggetto gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane è stato “parificato”, in materia di sanzioni penali, qualora i suoi scarichi superino i limiti tabellari, a tutti gli altri soggetti individuati nell’art. 59.