1. Finalmente la nuova normativa
Con Decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (in Supplemento Ordinario n. 101/L alla G.U. 29 maggio 1999, n. 124), il Governo ha finalmente approvato il testo definitivo della nuova normativa sulla tutela delle acque dall’inquinamento, contenente fra l’altro il recepimento delle direttive comunitarie n. 91/271 (sulle acque reflue urbane) e n. 91/676 (relativa all’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole).
Il provvedimento, come è noto, costituisce attuazione della delega conferita al Governo dall’art. 17 della legge 24 aprile 1998, n. 128 (cd. legge comunitaria 1995-1997).
Per la mancata attuazione delle due citate direttive l’Italia era già stata ripetutamente condannata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (causa C-302/95, sentenza 12 dicembre 1996 e, recentemente, causa C-195/97, sentenza 25 febbraio 1999);
2. Obiettivi del Decreto legislativo e rapporti con la disciplina previgent
I principali obiettivi della nuova normativa possono così riassumersi:
Per realizzare tali obiettivi, il Decreto legislativo contiene ben 63 articoli, suddivisi in sei "Titoli", e sette Allegati tecnici. Il nuovo testo legislativo rinvia inoltre ad alcuni Decreti ministeriali attuativi ed integrativi, il cui numero è fortunatamente assai minore di quello dei Decreti attuativi previsti dalla legge sui rifiuti (D. Lgs. n. 22/1997), buona parte dei quali, come è noto, deve ancora vedere la luce
Il recepimento delle citate direttive comunitarie, ed il contestuale "coordinamento e riordino della normativa vigente in materia di tutela delle acque dall’ainquinamento" (art. 17, comma 2, primo periodo, della legge delega n. 128/1998) è avvenuto "secondo le modalità di cui all’art. 10" della legge delega: e pertanto attraverso le procedure (approvazione dello schema preliminare di Decreto legislativo, parere delle commissioni parlamentari, successiva emanazione del testo definitivo da parte del Governo) indicate nei commi 2 e 3 dell’art. 1 (espressamente richiamati dall’art. 10, che aggiunge la necessità del parere della Conferenza Stato-Regioni). Il riordino della normativa vigente è stato realizzato, come espressamente indicato dall’art. 17, comma 2, lettere a), b), c) d) della legge delega, attraverso:
La nuova normativa contiene anche l’espressa abrogazione di numerosi ed importanti testi legislativi previgenti, fra i quali si segnalano i seguenti:
Numerose altre leggi importanti vengono modificate in alcuni punti specifici di notevole importanza. Fra esse ricordiamo:
Queste abrogazioni e modifiche di normative previgenti non comportano tuttavia un radicale ed immediato mutamento di disciplina, in particolare per ciò che riguarda gli aspetti tecnici della regolamentazione degli scarichi. Infatti l’art. 62, comma ottavo, del nuovo Decreto legislativo prevede che "Le norme regolamentari e tecniche emanate ai sensi delle disposizioni abrogate … restano in vigore, ove compatibili con gli allegati al presente decreto e fino all’adozione di specifiche normative in materia". Il precedente comma settimo precisa in particolare che, per quanto non espressamente disciplinato dalla nuova normativa, continuano ad applicarsi le norme tecniche di cui alla Delibera del Comitato interministeriale per la tutela delle acque dall’inquinamento del 4 febbraio 1977.
3. Sintesi dei contenuti del Decreto legislativo
3.1 Titolo I: Principi generali e competenze
Il Titolo I contiene tre articoli di carattere generale dedicati, oltre che all’individuazione delle finalità della nuova normativa (sulle quali si rinvia al paragrafo precedente), ad un lungo elenco di definizioni ed alla ripartizione delle competenze.
Alcune fra le principali definizioni riportate nell’art. 2 – gran parte delle quali sono testualmente riprese da Direttive comunitarie vigenti o in corso di approvazione - vengono riportate in un apposito riquadro. Si segnala in particolare l’importante innovazione costituita dall’inclusione di una espressa definizione di "scarico", che mancava nella normativa previgente: la nuova definizione prescinde dalla eventuale "natura inquinante" del refluo, ma viene opportunamente ristretta alle immissioni "dirette" ed "effettuate tramite condotta". E’ peraltro prevedibile che possano manifestarsi problemi derivanti dal difetto di coordinamento con altre definizioni, ed in particolare con quella di "inquinamento", che fa riferimento anche a scarichi "indiretti" (ad esempio effettuati tramite autobotte), i quali invece vengono chiaramente esclusi dal campo di applicazione della definizione di "scarico".
La disposizione in materia di competenze (art. 3) abbandona l’abitudine di elencare analiticamente le competenze dei vari organi centrali e periferici dell’amministrazione, optando invece per un rinvio alle disposizioni del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, attuativo della legge 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. legge "Bassanini"). Nella formula utilizzata dall’art. 3, peraltro, rientrano:
3.2 Titolo II: Obiettivi di qualità
Il Capo I del Titolo II (artt. 4-6) introduce nuovi strumenti per la tutela delle acque, consistenti in due tipi di obiettivi:
Con ciò vengono in parte "anticipati" gli orientamenti contenuti nella proposta di Direttiva europea ancora in fase di adozione, mirante ad istituire un quadro per la politica comunitaria in materia di acque (COM(97) 49 def. – 97/0067 (SYN), in GUCE C 184 del 17 giugno 1997). La nuova politica comunitaria, mirante a realizzare un approccio combinato ed integrato, intende migliorare l’ambiente acquatico della Comunità, attuando una tutela basata sui bacini idrografici, e noi più esclusivamente sul singolo corpo ricettore.
Il Capo II del Titolo II (artt. 7-17) disciplina in concreto le acque a specifica destinazione, riunificando in un unico provvedimento legislativo le discipline settoriali previste da provvedimenti normativi di recepimento di direttive comunitarie (Dpr 3 luglio 1982, n. 515, sulla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile; D. Lgs. 25 gennaio 1992, n. 130 sulla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci; D. Lgs. 27 gennaio 1992, n. 131 sulla qualità delle acque destinate alla mollischicoltura).
Restano esclusi da un complessivo riordino il Dpr 24 maggio 1988, n. 236 sulle acque potabili (peraltro modificato in parti importanti dall’art. 21) e il Dpr 8 giugno 1982, n. 470 sulle acque di balneazione, cui l’art. 9 fa espresso rinvio. Il mancato complessivo riordino di tali normative va probabilmente ricollegato alla sopravvenuta o prossima emanazione di nuove direttive comunitarie nelle materie da esse considerate.
3.3 Titolo III: Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi
Il Capo I del Titolo III (artt. 18-21) disciplina le aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento e salvaguardia degli usi sostenibili, che sono principalmente le seguenti:
Il Capo II del Titolo III (artt. 22-26) è dedicato alla tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico, e contiene importanti modifiche ai seguenti testi normativi:
Particolarmente significative, in tale ambito, la disposizione in base alla quale gli strumenti urbanistici "prevedono reti duali al fine dell’utilizzo di acque meno pregiate, nonché tecniche di risparmio della risorsa" (art. 25, comma terzo) e quella che prevede tariffe idriche ridotte per le utenze industriali "in funzione dell’utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata" (art. 26, comma primo). Si tratta di norme che dovrebbero incentivare notevolmente lo sviluppo e l’applicazione delle tecnologie per il recupero ed il riciclo delle acque reflue.
Il Capo III del Titolo III (artt. 27-34) è intitolato: "Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi".
Esso contiene in primo luogo (art. 27), in attuazione della direttiva comunitaria n. 91/271 sulle acque reflue urbane, un programma vincolante per la costruzione di reti fognarie, i cui momenti principali appaiono i seguenti:
L’art. 28 stabilisce i criteri generali per la disciplina degli scarichi, prevedendo fra l’altro la possibilità per le regioni di definire (tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecnologie disponibili) valori-limite di emissione diversi da quelli dell’Allegato 5. Peraltro, per le sostanze (per lo più di natura tossica) indicate nelle tabelle 1, 2, 5 e 3/A dell’Allegato 5, le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli dell’Allegato.
Gli artt. Da 29 a 33 regolano gli scarichi in funzione dei loro particolari recapiti. In particolare:
L’art. 34 disciplina – in sostituzione delle disposizioni contenute nell’abrogato D. Lgs. n. 133/1992 – gli scarichi contenenti determinate sostanze tossiche, persistenti e bioaccumulabili. Per esse le autorizzazioni debbono prevedere non soltanto limiti di concentrazione degli inquinanti, ma anche "la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell’attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto".
Il Capo IV del Titolo III (artt. 35-41) è intitolato: "Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici" e contiene disposizioni varie in materia di posa in mare di cavi e condotte, acquacoltura, piscicoltura, utilizzazione agronomica di liquami zootecnici, acque di prima pioggia e di lavaggio di arre esterne, dighe.
Particolarmente significativo appare l’art. 36, che – dopo aver vietato, ma solo in linea di principio, l’utilizzo di impianti di trattamento di acque urbane per lo smaltimento dei rifiuti – consente comunque di accettare in un impianto di trattamento, in deroga al divieto, rifiuti costituiti da acque reflue, a ben precise condizioni. Fra tali condizioni si segnalano quelle riguardanti alla compatibilità con i processi depurativi, nonché, quando l’impianto di trattamento sia condotto dal gestore del servizio idrico integrato, quelle relative:
3.4 Titolo IV: Strumenti di tutela
Il Capo I del Titolo IV (artt. 42-44) disciplina in dettaglio i Piani di tutela delle acque che dovranno essere approvati dalle regioni in costante collegamento con le autorità di bacino.
Il Capo II del Titolo IIV (artt. 45-48) disciplina le procedure necessarie per richiedere ed ottenere – nelle diverse situazioni – l’autorizzazione allo scarico.
Salvo diversa disciplina regionale, essa deve essere richiesta al comune se lo scarico è in fognatura, ed alla provincia in tutti gli altri casi. L’autorizzazione è valida quattro anni, ma almeno un anno prima della scadenza deve esserne chiesto il rinnovo: e solo se la richiesta di rinnovo è presentata con un anno di anticipo lo scarico può essere provvisoriamente mantenuto dopo la scadenza, fino all’emanazione di un nuovo provvedimento.
Per gli scarichi di acque reflue industriali, in particolare, la domanda di autorizzazione deve contenere anche l’indicazione dei mezzi tecnici impiegati nel processo produttivo e nei sistemi di scarico, nonché dei sistemi di depurazione.
Il Capo III del Titolo IV (artt. 49-53) disciplina i controlli amministrativi sugli scarichi e i provvedimenti che devono essere adottati in caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie. Quest’ultimo aspetto è disciplinato in modo analogo a quanto previosto per i rifiuti dall’art. 28 del D. Lgs. n. 22/1997 (diffida, sospensione e successiva revoca dell’autorizzazione).
3.5 Titolo V: Sanzioni
Il Titolo V (artt. 54-61) riformula completamente la disciplina sanzionatoria, che sarà articolata in tre settori:
Alcune osservazioni più approfondite su questo punto si trovano nel successivo paragrafo 5.
3.6 Titolo VI: Disposizioni finali
Il Titolo VI (artt. 62-63) contiene le disposizioni transitorie e finali, dedicate fra l’altro ai seguenti aspetti:
A quest’ultimo riguardo, si ricorda che:
4. Gli allegati tecnici
Il Decreto Legislativo contiene sette allegati tecnici.
Il primo allegato denominato "Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale", dà innanzitutto una definizione dei corpi idrici e fissa i criteri per individuare, tra questi, quelli significativi per i quali dovrà essere svolta l’attività di monitoraggio e di classificazione da parte delle Regioni e delle Province autonome.
Il secondo allegato denominato "Criteri per la classificazione dei corpi idrici a destinazione funzionale" fissa i criteri generali e le metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative per la classificazione e il calcolo della conformità delle seguenti tipologie di acque:
Il terzo allegato denominato "Rilevamento delle caratteristiche dei bacini idrografici e analisi dell’impatto esercitato dall’attività antropica", fissa i criteri dell’indagine che dovrà riguardare tutti gli aspetti che qualificano lo specifico bacino idrografico, ed in particolare gli elementi socioeconomici, geografici, geologici, idrogeologici, fisici, chimici e biologici. Tali elementi andranno a costituire un Archivio anagrafico dei corpi idrici superficiali e sotterranei i cui dati potranno essere gestiti e diffusi.
Il quarto allegato, denominato "Contenuti dei piani di tutela dei bacini idrografici", fissa, sulla scorta dei dati raccolti e archiviati come descritto nell’allegato 3, ciò che deve essere rappresentato nei piani di tutela..
Il quinto allegato (sicuramente il più importante), denominato "Limiti di emissione degli scarichi idrici", fissa i parametri che devono essere controllati e i relativi limiti che devono essere rispettati per i seguenti scarichi:
A. acque reflue urbane
B. acque reflue industriali
Vengono altresì fissate le modalità di prelievo e il numero di controlli da effettuare, su base annua, sia dal gestore dell’impianto sia dall’autorità competente; inoltre viene definito il metodo con cui verificare il rispetto dei limiti fissati .
E’ utile osservare che i controlli dei limiti di cui alla tabella 3 andranno effettuati su un campione medio prelevato nell’arco di tre ore, e che le regioni potranno stabilire opportuni limiti di emissione in massa nell’unità di tempo, e più precisamente in Kg/mese.
Il sesto allegato, denominato "Criteri per la individuazione delle aree sensibili e meno sensibili", definisce tali criteri stabilendo altresì che in prima istanza sono da considerare come sensibili alcuni laghi.
Il settimo allegato è suddiviso in due parti e più precisamente:
5. Sorprese e problemi "nascosti" nel nuovo decreto legislativo
Quando viene approvata una nuova normativa che sostituisce completamente quella previgente, è senz’altro importante individuarne le tendenze di fondo e gli obiettivi di lungo periodo.
Altrettanto utile, peraltro, è cercare di scovare, fra i numerosi articoli del testo e degli allegati, quelli che nascondono "sorprese" inaspettate o che sono destinati a suscitare rilevanti problemi applicativi.
5.1 Con riferimento alle problematiche dell’autorizzazione:
Diversamente da quanto era accaduto con la legge n. 172/1995, il meccanismo di durata quadriennale è destinato ad affermarsi definitivamente. Infatti, i titolari degli scarichi esistenti e autorizzati (anche tacitamente o a tempo indeterminato) devono chiedere l’autorizzazione (quadriennale) allo scadere di quella attuale "e comunque non oltre quattro anni dall’entrata in vigore del decreto" (art. 62, comma 11).
L’autorizzazione è rilasciata "al titolare dell’attività da cui origina lo scarico" (art. 45, comma 2), indipendentemente – deve ritenersi – dall’eventuale affidamento a terzi in gestione dell’impianto di depurazione; peraltro, in altre disposizioni (v. per esempio art. 59, comma 6, sul quale ritorneremo) la responsabilità per eventuali superamenti tabellari viene attribuita "al gestore di impianti di depurazione".
Molto interessante (e probabilmente destinato a larga applicazione anche in una prospettiva di possibile "privatizzazione" di parte delle reti fognarie) è l’art. 45, comma 2, in base al quale "ove tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per l’effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l’autorizzazione è rilasciata in capo al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli consorziati e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni del presente decreto". La norma precisa poi che la richiesta di autorizzazione deve essere presentata alla scadenza di quella attuale "e comunque non oltre quattro anni dall’entrata in vigore del presente Decreto" (art. 62, comma undicesimo, richiamato dall’art. 45). Il confronto con la precedente versione della norma – contenuta nello schema di Decreto legislativo che era stato approvato dal Governo nel gennaio 1999 – dimostra che il legislatore pensa alla formale costituzione di un Consorzio, ai sensi degli artt. 2602 e ss. del codice civile. D’altra parte, la facoltà, prevista dall’art. 62, undicesimo comma, di presentare la domanda entro quattro anni dall’entrata in vigore del Decreto legislativo, offre un ragionevole appiglio per interpretazioni volte a sanare situazioni preesistenti che possano presentare margini di irregolarità formale.
Il rilascio dell’autorizzazione deve avvenire entro 90 giorni dalla richiesta.
In caso di inosservanza delle prescrizioni di autorizzazione, la sequenza dei provvedimenti da adottare (v. art. 51) è la medesima (diffida, sospensione e revoca) prevista dalla normativa sui rifiuti (art. 28 D. Lgs. n. 22/1997).
Per quanto infine riguarda la possibilità di utilizzare impianti di trattamento di acque urbane per lo smaltimento di rifiuti liquidi conferiti tramite autobotte, l’art. 36: a) consente (comma 3) al gestore del servizio idrico integrato di accettare reflui prodotti nel medesimo ambito territoriale ottimale; b) subordina, in ogni altro caso (mancata attivazione del servizio idrico integrato o accettazione da parte del gestore di tale servizio di acque reflue provenienti da fuori ambito), la possibilità di accettare i reflui a specifica autorizzazione (comma 2); c) limita comunque l’accettabilità di questi reflui a quelli "compatibili con il processo di depurazione" e non tali da far superare i limiti allo scarico finale.
5.2 Con riferimento all’ampia problematica dei controlli:
Il nuovo Decreto legislativo impone in modo chiaro, per la prima volta, l’adozione, da parte dell’autorità di vigilanza, di un "programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli preventivi e successivi" (art. 49, comma 1).
La stessa autorità può imporre strumenti di controllo in automatico (art. 52).
Accanto ai controlli esterni di competenza dell’autorità di vigilanza, il Decreto legislativo impone modalità prefissate di "autocontrollo" da parte dei titolari di alcune categorie di scarichi (cfr. paragrafo 1.1 e paragrafo 2 dell'Allegato 5).
Per quanto infine riguarda i metodi di campionamento, l’allegato 5 prevede, per gli scarichi di acque reflue industriali (paragrafo 1.2) , un campionamento medio nell’arco di tre ore che sembrerebbe eliminare la possibilità del campionamento istantaneo; resta da vedere come si orienterà, su questo punto, la giurisprudenza della Cassazione, che in passato ha sempre difeso – anche forzando il dato legislativo – la legittimità e la rappresentatività del campionamento istantaneo. Per gli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, il medesimo allegato prevede (paragrafo 1.1) modalità di campionamento medio che tengono conto delle medie giornaliere e della possibilità di alcuni risultati non conformi, in attuazione di quanto previsto dalla Direttiva n. 91/271/CEE.
5.3 Con riferimento alla fissazione dei valori di emissione:
Per gli scarichi industriali in acque superficiali occorrerà fare riferimento principalmente alla Tabella 3 dell’Allegato 5 (art. 31, comma 1 e 28, comma 2);
Per gli scarichi di pubbliche fognature occorrerà far riferimento (per gli scarichi esistenti, con la tempistica di cui all’art. 31, comma 3): a) sempre alla Tabella 1 dell’allegato 5; b) se lo scarico è in area sensibile, anche alla Tabella 2 dell’Allegato 5; se la fognatura convoglia anche scarichi industriali, anche alla Tabella 3 dell’Allegato 5 (art. 31, comma 3 e paragrafo 1.1 dell’Allegato 5).
Per gli scarichi industriali in pubblica fognatura dotata di depuratore occorrerà fare riferimento alle prescrizioni dell’Ente gestore, fatta salva l’inderogabilità – per i parametri relativi alle sostanze della Tabella 5 – dei valori indicati nella Tabella 3 dell’Allegato 5 (art. 33, comma 1; va tuttavia sottolineato che la nota 2 in calce alla tabella 5 sembra limitare – in contrasto con l’art. 33, comma 1 – l’inderogabilità ai valori relativi ad alcune soltanto delle sostanze della Tabella 5).
Il nuovo Decreto legislativo non chiarisce esattamente entro quali confini possano essere stabiliti, per i vari tipi di scarichi, limiti di emissione meno restrittivi di quelli indicati nelle tabelle dell’allegato 5; né chiarisce quale autorità possa approvare i limiti meno restrittivi. Da un lato infatti l’art. 28, comma secondo, afferma perentoriamente che "per le sostanze indicate nelle tabelle 1, 2, 5, e 3/A dell’allegato 5 le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nel medesimo allegato 5". D’altro lato, una nota in calce alla tabella 3 precisa che "i limiti per lo scarico in pubblica fognatura" (perché usare una espressione diversa da quella – rete fognaria – definita nell’art. 2?) "sono obbligatori in assenza di limiti stabiliti dall’autorità d’ambito o in mancanza di un impianto finale di trattamento in grado di rispettare i limiti di emissione dello scarico finale". Ma non è finita. La nota in calce alla tabella 3 prosegue affermando che "Limiti diversi stabiliti dall’ente gestore" (l’autorità d’ambito è scomparsa?) "devono essere resi conformi a quanto indicato alla nota 2 della tabella 5 relativa alle sostanze pericolose"; per completare il quadro, quest’ultima nota afferma che, "per gli scarichi in fognatura" (pubblica?), purché sia garantito che lo scarico finale rispetti i limiti, l’ente gestore può stabilire limiti meno restrittivi di quelli indicati dalla Tabella 3 anche per le sostanze pericolose, "ad eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 11, 14, 15, 16 e 17" della Tabella 5 (Cadmio, Cromo esavalente, Mercurio, Piombo, Fenoli non di tipo naturale, Composto organici azotati pericolosi, Composti organici alogenati, Pesticidi fosforati, Composti organici dello stagno). Infine, l’art. 33, comma primo, ritorna sull’argomento affermando perentoriamente che resta ferma, per gli scarichi "in reti fognarie" (questa volta sono scomparse le pubbliche fognature) "l’inderogabilità dei valori limite di emissione per le sostanze della Tabella 5 dell’Allegato 5". Vi sono sufficienti elementi per prevedere difficoltà applicative e contrasti giurisprudenziali di notevole importanza.
L’art. 28, comma quinto, disciplina i divieti di diluizione degli scarichi attraverso affermazioni simili a quelle contenute nella normativa previgente (art. 9 della legge n. 319/1976), ma, purtroppo, altrettanto equivoche. Scontato che i valori limite di emissione non possono essere in alcun caso conseguiti mediante diluizione "con acque prelevate esclusivamente allo scopo", la nuova normativa avrebbe dovuto chiarire in modo definitivo se in alcuni casi sia consentita la diluizione "con acque di raffreddamento o di lavaggio". Infatti, come si ricorderà, benché la legge n. 319/1976 sembrasse ammettere, in alcuni casi, tale diluizione, la giurisprudenza della Cassazione riteneva esistente un divieto assoluto di diluizione (si veda su ciò la rassegna giurisprudenziale pubblicata in altro articolo). Il Decreto legislativo, contenendo sul punto una formulazione analoga a quella della legge n. 319/1976, non chiarisce l’equivoco.
Per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie, l’art. 33, comma secondo, contiene una disposizione non identica a quella contenuta nella normativa previgente. Esso infatti stabilisce che tali scarichi siano sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati "dal gestore dell’impianto di depurazione delle acque reflue urbane"; una disposizione analoga, ma non identica, è contenuta nell’art. 45, comma quarto, che fa riferimento ai regolamenti emanati "dal gestore del servizio idrico integrato". La legge n. 319/1976 faceva invece riferimento ai regolamenti emanati "dall’ente gestore della pubblica fognatura". La modifica sembra chiaramente finalizzata all’obiettivo di rafforzare la posizione del soggetto gestore del servizio idrico integrato (o comunque, in attesa dell’attuazione della legge n. 36/1994, del soggetto gestore dell’impianto finale di depurazione), rispetto a quella dei comuni.
5.4 Con riferimento al nuovo sistema sanzionatorio per gli scarichi di acque reflue industriali
Rinviando su questo aspetto agli altri commenti pubblicati, mi limito a segnalare le importanti innovazioni riguardanti l’illecito consistente nella violazione dei limiti tabellari di emissione. E precisamente:
Tale violazione costituisce oggi reato soltanto se sono superati "i valori limite fissati nella tabella 3 dell’allegato 5 in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5" (si tratta di 18 sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bioaccumulabili) ovvero limiti più restrittivi fissati, sempre per tali sostanze, dalle regioni (art. 59, comma quarto); negli altri casi, il superamento dei valori di emissione, anche da parte di scarichi industriali, costituisce illecito amministrativo (art. 54, comma primo).
Per gli illeciti commessi prima dell’entrata in vigore del nuovo decreto legislativo, ma ancora non definiti con sentenza passata in giudicato:
- se un fatto che costituiva reato è oggi punito con illecito amministrativo (per esempio: superamento di limiti non tossici da parte di uno scarico industriale), le nuove sanzioni amministrative si applicano retroattivamente (art. 56, comma terzo, analogo all’art. 55, comma terzo, del D. Lgs. n. 22/1997 sui rifiuti e Cass., sezioni unite civili, 27 giugno 1994, n. 7394, ric. Mazza);
- il superamento di limiti tossici da parte di uno scarico industriale, penalmente sanzionato sia prima che dopo l’entrata in vigore del nuovo Decreto legislativo, comporta, ai sensi dell’art. 2 del codice penale, l’applicazione delle previgenti meno gravi sanzioni (arresto o ammenda anziché arresto e ammenda).
Per gli illeciti commessi prima dell’entrata in vigore del nuovo decreto legislativo, definiti con sentenza penale di condanna passata in giudicato, e che oggi non sono più reato (per esempio: superamento di limiti non tossici da parte di uno scarico industriale), è possibile richiedere al giudice dell’esecuzione la revoca della sentenza per abolizione del reato (art. 673 del codice di procedura penale), che comporta fra l’altro l’eliminazione dell’iscrizione sul certificato del casellario (art. 687, comma secondo, lettera a) del codice di procedura penale).
5.5 Con riferimento al nuovo sistema sanzionatorio per gli scarichi delle pubbliche fognature e dei relativi impianti di depurazione:
Come si ricorderà, la legge n. 319/1976 (nel testo modificato per effetto della legge n. 172/1995), sanzionava penalmente solo il superamento dei parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile, mentre il superamento di altri parametri era sanzionato in via amministrativa (ma con l’esclusione di responsabilità in presenza di "progetti esecutivi cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque").
Il nuovo Decreto legislativo:
mantiene una distinzione fra illecito penale ed amministrativo analoga a quella precedente;
limita tuttavia la sanzionabilità penale del superamento di parametri tossici ai soli casi di "dolo o grave negligenza" (quali sanzioni sono applicabili ai casi di negligenza non "grave");
non prevede alcuna espressa esenzione – analoga a quella della normativa previgente – per le situazioni di superamento dei parametri non tossici accompagnate dalla presenza di "progetti esecutivi cantierabili";
prevede poi – con una disposizione che, se interpretata alla lettera, ha un contenuto sorprendentemente permissivo – che "gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane" ancora non realizzati devono essere conformi ai limiti di emissione soltanto "dalla loro entrata in esercizio" (allegato 5, paragrafo 1.1).
5.6 Con riferimento, in generale, alle nuove sanzioni amministrative
La competenza per l’applicazione è della regione (del Comune solo in due ipotesi marginali) (art. 56, comma 1).
Non è ammesso, con una disposizione probabilmente incostituzionale, il pagamento in misura ridotta (art. 56, comma 4).
I proventi devono essere destinati al risanamento dei corpi idrici (art. 57).