Corte di giustizia (Sesta Sezione) 27 marzo 2025
« Inadempimento di uno Stato – Trattamento delle acque reflue urbane – Direttiva 91/271/CEE – Articoli 4, 5 e 10 – Inquinamento di aree sensibili – Impianti di trattamento delle acque reflue urbane – Sentenza della Corte che constata un inadempimento – Mancata esecuzione – Articolo 260, paragrafo 2, TFUE – Sanzioni pecuniarie – Penalità – Somma forfettaria »

La Repubblica italiana, non avendo adottato tutte le misure necessarie per l’esecuzione della sentenza del 10 aprile 2014, Commissione/Italia (C‑85/13, EU:C:2014:251), è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE ed è stata pertanto condannata a pagare alla Commissione europea una somma forfettaria di EUR 10 milioni. Nel caso in cui l’inadempimento persista al giorno della pronuncia della sentenza, la Repubblica italiana è condannata a pagare alla Commissione europea una penalità di EUR 13.687.500 per ciascun semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 10 aprile 2014.

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

27 marzo 2025 (*)

« Inadempimento di uno Stato – Trattamento delle acque reflue urbane – Direttiva 91/271/CEE – Articoli 4, 5 e 10 – Inquinamento di aree sensibili – Impianti di trattamento delle acque reflue urbane – Sentenza della Corte che constata un inadempimento – Mancata esecuzione – Articolo 260, paragrafo 2, TFUE – Sanzioni pecuniarie – Penalità – Somma forfettaria »

Nella causa C‑515/23,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, proposto il 10 agosto 2023,

Commissione europea, rappresentata da G. Gattinara e E. Sanfrutos Cano, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Di Benedetto, M. Russo e M.F. Severi, avvocati dello Stato,

convenuta,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da A. Kumin, presidente di sezione, F. Biltgen (relatore), presidente della Prima Sezione, e I. Ziemele, giudice,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: G. Chiapponi, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 novembre 2024,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocata generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il proprio ricorso, la Commissione europea chiede che la Corte voglia:

–        dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di adottare tutte le misure necessarie all’esecuzione della sentenza pronunciata dalla Corte il 10 aprile 2014, Commissione/Italia (C‑85/13, in prosieguo: la «sentenza C‑85/13», EU:C:2014:251), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE;

–        condannare la Repubblica italiana al pagamento alla Commissione di una penalità giornaliera di EUR 122 760, meno un’eventuale riduzione come risultante dalla formula di degressività proposta, per ciascun giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza C‑85/13, a decorrere dalla data della pronuncia della sentenza nella presente causa e sino alla data in cui sarà data esecuzione alla sentenza C‑85/13;

–        condannare la Repubblica italiana al pagamento alla Commissione di una somma forfettaria giornaliera di EUR 13 640, meno un’eventuale riduzione come risultante dalla formula di degressività proposta, con un importo totale minimo di EUR 9 548 000, a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza C‑85/13 e sino alla data della pronuncia della sentenza nella presente causa o sino alla data di esecuzione della sentenza C‑85/13, ove tale data di esecuzione sia anteriore alla data della pronuncia della sentenza nella presente causa, e

–        condannare la Repubblica italiana al pagamento delle spese processuali.

 Contesto normativo

2        L’articolo 1 della direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU 1991, L 135, pag. 40), come modificata dal regolamento (CE) n. 1137/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008 (GU 2008, L 311, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 91/271»), prevede quanto segue:

«La presente direttiva concerne la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane, nonché il trattamento e lo scarico delle acque reflue originate da taluni settori industriali.

Essa ha lo scopo di proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dai summenzionati scarichi di acque reflue».

3        Ai sensi dell’articolo 2 di tale direttiva:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

1)      “Acque reflue urbane”: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, acque reflue industriali e/o acque meteoriche di dilavamento.

2)      “Acque reflue domestiche”: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche.

(...)

4)      “Agglomerato”: area in cui la popolazione e/o le attività economiche sono sufficientemente concentrate così da rendere possibile la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un impianto di trattamento di acque reflue urbane o verso un punto di scarico finale;

5)      “Rete fognaria”: un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane.

6)      “1 a.e. (abitante equivalente)”: il carico organico biodegradabile, avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) di 60 g di ossigeno al giorno.

(...)

8)      “Trattamento secondario”: trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazioni secondarie, o un altro processo in cui vengano rispettati i requisiti stabiliti nella tabella 1 dell’allegato I.

9)      “Trattamento appropriato”: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo e/o un sistema di smaltimento che dopo lo scarico garantisca la conformità delle acque recipienti ai relativi obiettivi di qualità e alle relative disposizioni della presente direttiva e di altre direttive comunitarie pertinenti.

(...)».


4        L’articolo 3 di detta direttiva così dispone:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché tutti gli agglomerati siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane,

–        entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti (a.e.) superiore a 15 000 e

–        entro il 31 dicembre 2005 per quelli con numero di a.e. compreso tra 2 000 e 15 000.

Per le acque reflue urbane che si immettono in acque recipienti considerate “aree sensibili” ai sensi della definizione di cui all’articolo 5, gli Stati membri garantiscono che gli agglomerati con oltre 10 000 a.e. siano provvisti di reti fognarie al più tardi entro il 31 dicembre 1998.

Laddove la realizzazione di una rete fognaria non sia giustificata o perché non presenterebbe vantaggi dal punto di vista ambientale o perché comporterebbe costi eccessivi, occorrerà avvalersi di sistemi individuali o di altri sistemi adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale.

2.      Le reti fognarie di cui al paragrafo 1 devono soddisfare i requisiti pertinenti dell’allegato I, sezione A. (...)».

5        L’articolo 4 della medesima direttiva è così formulato:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, secondo le seguenti modalità:

–        al più tardi entro il 31 dicembre 2000 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15 000 a.e.;

–        entro il 31 dicembre 2005 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 10 000 e 15 000;

–        entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi in acque dolci ed estuari provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 2 000 e 10 000.

(...)

3.      Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane descritti ai paragrafi 1 e 2 devono soddisfare i requisiti pertinenti previsti all’allegato I, sezione B. (...)

(...)».


6        L’articolo 5, paragrafi da 1 a 5, della direttiva 91/271 così dispone:

«1.      Per conseguire gli scopi di cui al paragrafo 2, gli Stati membri individuano, entro il 31 dicembre 1993, le aree sensibili secondo i criteri stabiliti nell’allegato II.

2.      Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico in aree sensibili, ad un trattamento più spinto di quello descritto all’articolo 4 al più tardi entro il 31 dicembre 1998 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 10 000 a.e.

3.      Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane descritti al paragrafo 2 devono soddisfare i pertinenti requisiti previsti dall’allegato I, sezione B. (...)

4.      In alternativa, i requisiti stabiliti ai paragrafi 2 e 3 per i singoli impianti non necessitano di applicazione nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in quella determinata area è pari almeno al 75% per il fosforo totale e almeno al 75% per l’azoto totale.

5.      Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all’interno dei bacini drenanti in aree sensibili e che contribuiscono all’inquinamento di tali aree, sono soggetti ai paragrafi 2, 3 e 4.

(...)».

7        Ai sensi dell’articolo 10 di tale direttiva:

«Gli Stati membri provvedono affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli da 4 a 7 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali. La progettazione degli impianti deve tener conto delle variazioni stagionali di carico».

8        L’allegato I di detta direttiva, intitolato «Requisiti relativi alle acque reflue urbane», è formulato nei termini seguenti:

«A.      Reti fognarie (...)

Per le reti fognarie vanno prese in considerazione le prescrizioni relative al trattamento delle acque reflue.

La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie vanno effettuate adottando le tecniche migliori che non comportino costi eccessivi, tenendo conto in particolare:

–        del volume e delle caratteristiche delle acque reflue urbane,

–        della prevenzione di eventuali fuoriuscite,

–        della limitazione dell’inquinamento delle acque recipienti, dovuto a tracimazioni causate da piogge violente.

B.      Scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane ed immessi in acque recipienti (…)

1.      La progettazione o la modifica degli impianti di trattamento delle acque reflue va effettuata in modo da poter prelevare campioni rappresentativi sia delle acque reflue in arrivo sia dei liquami trattati, prima del loro scarico nelle acque recipienti.

2.      Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane sottoposti a trattamento ai sensi degli articoli 4 e 5 devono soddisfare [i] requisiti figuranti nella tabella 1.

3.      Gli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in talune aree sensibili soggette ad eutrofizzazione quali individuate nell’allegato II, punto A. a), devono inoltre soddisfare i requisiti figuranti nella tabella 2 del presente allegato.

4.      Requisiti più severi di quelli figuranti nelle tabelle 1 e/o 2 vanno applicati, ove necessario, per garantire che le acque recipienti risultino conformi a quanto stabilito dalle altre direttive pertinenti.

5.      I punti di scarico delle acque reflue urbane sono scelti, per quanto possibile, in modo da ridurre al minimo gli effetti sulle acque recipienti.

(…)».

 Sentenza C‑85/13

9        Con la sentenza C‑85/13, la Corte ha dichiarato che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che:

–        gli agglomerati di Melegnano, Mortara, Olona Nord, Olona Sud, Robecco sul Naviglio, San Giuliano Milanese Est, Trezzano sul Naviglio e Vigevano (Lombardia), aventi un numero di a.e. superiore a 10 000 e scaricanti acque reflue urbane in acque recipienti considerate «aree sensibili» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 91/271, siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane, conformemente all’articolo 3 di tale direttiva;

–        negli agglomerati di Pescasseroli (Abruzzi), Cormons, Gradisca d’Isonzo, Grado (Friuli-Venezia Giulia), Broni, Calco, Casteggio, Melegnano, Mortara, Orzinuovi, Rozzano, Trezzano sul Naviglio, Valle San Martino, Vigevano (Lombardia), Pesaro, Urbino (Marche), Alta Val Susa (Piemonte), Nuoro (Sardegna), Castellammare del Golfo I, Cinisi, Terrasini (Sicilia), Courmayeur (Valle d’Aosta) e Thiene (Veneto), aventi un numero di a.e. superiore a 10 000, le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, conformemente all’articolo 4 della direttiva 91/271;

–        negli agglomerati di Pescasseroli (Abruzzi), Aviano Capoluogo, Cividale del Friuli, Codroipo/Sedegliano/Flaibano, Cormons, Gradisca d’Isonzo, Grado, Latisana Capoluogo, Pordenone/Porcia/Roveredo/Cordenons, Sacile, Udine (Friuli-Venezia Giulia), Frosinone (Lazio), Francavilla Fontana, Trinitapoli (Puglia), Dorgali, Nuoro, ZIR Villacidro (Sardegna) e Castellammare del Golfo I, Cinisi, Partinico, Terrasini e Trappeto (Sicilia), aventi un numero di a.e. superiore a 10 000 e scaricanti in acque recipienti considerate «aree sensibili» ai sensi della direttiva 91/271, le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento più spinto di un trattamento secondario o equivalente, conformemente all’articolo 5 di detta direttiva, e

–        la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati dagli articoli da 4 a 7 della direttiva 91/271 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e che la progettazione degli impianti tenga conto delle variazioni stagionali di carico negli agglomerati di Pescasseroli (Abruzzi), Aviano Capoluogo, Cividale del Friuli, Codroipo/Sedegliano/Flaibano, Cormons, Gradisca d’Isonzo, Grado, Latisana Capoluogo, Pordenone/Porcia/Roveredo/Cordenons, Sacile, Udine (Friuli-Venezia Giulia), Frosinone (Lazio), Broni, Calco, Casteggio, Melegnano, Mortara, Orzinuovi, Rozzano, Trezzano sul Naviglio, Valle San Martino, Vigevano (Lombardia), Pesaro, Urbino (Marche), Alta Val Susa (Piemonte), Francavilla Fontana, Trinitapoli (Puglia), Dorgali, Nuoro, ZIR Villacidro (Sardegna), Castellammare del Golfo I, Cinisi, Partinico, Terrasini, Trappeto (Sicilia), Courmayeur (Valle d’Aosta) e Thiene (Veneto),

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 3 e/o dell’articolo 4 e/o dell’articolo 5 nonché dell’articolo 10 della direttiva 91/271.

 Procedimento precontenzioso e procedimento dinanzi alla Corte

10      Al fine di controllare l’esecuzione della sentenza C‑85/13, la Commissione ha chiesto alla Repubblica italiana, con lettera del 12 maggio 2014, informazioni sulle misure adottate a tal fine. Il 15 gennaio e il 15 ottobre 2015, nonché il 31 gennaio 2017, tale istituzione ha invitato detto Stato membro a fornire informazioni aggiornate sui progressi compiuti in materia di conformità a tale sentenza degli agglomerati oggetto di quest’ultima, e ha presentato una propria valutazione della situazione degli agglomerati dichiarati conformi dalle autorità italiane.

11      Con lettere del 15 e 25 luglio 2014, del 20 febbraio, 19 marzo, 22 settembre e 23 novembre 2015, del 2 marzo, 23 settembre e 30 settembre 2016, del 12 gennaio, 27 febbraio, 24 maggio e 27 luglio 2017, nonché del 18 gennaio 2018, la Repubblica italiana ha fornito alla Commissione informazioni sulle misure adottate e sulla loro attuazione.

12      Ritenendo che la Repubblica italiana avesse rispettato solo in parte la sentenza C‑85/13, la Commissione le ha inviato, il 18 maggio 2018, una lettera di costituzione in mora ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, relativa a quattordici degli agglomerati oggetto di tale sentenza che ancora non soddisfacevano i requisiti della direttiva 91/271, e ha invitato tale Stato membro a presentare le sue osservazioni nel termine di due mesi dalla ricezione di tale lettera.

13      Con lettera del 12 luglio 2018, la Repubblica italiana ha risposto alla lettera di costituzione in mora. Successivamente, tale Stato membro ha fatto pervenire alla Commissione varie comunicazioni e note contenenti, in particolare, aggiornamenti semestrali sullo stato di esecuzione della sentenza C‑85/13.

14      Ritenendo, alla luce degli elementi forniti, che la Repubblica italiana non avesse ancora dato piena esecuzione alla sentenza C‑85/13, tenuto conto della persistente situazione di non conformità a tale sentenza di cinque agglomerati oggetto di quest’ultima, vale a dire Castellammare del Golfo I, Cinisi, Terrasini, Trappeto (Sicilia) e Courmayeur (Valle d’Aosta), nove anni dopo la pronuncia di detta sentenza e oltre vent’anni dopo la scadenza dei termini per il raggiungimento della conformità previsti agli articoli 4 e 5 della direttiva 91/271, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

 Sul ricorso

 Sull’inadempimento

 Argomenti delle parti

15      La Commissione contesta alla Repubblica italiana di non aver adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza C‑85/13, in quanto, alla scadenza del termine fissato nella lettera di costituzione in mora, ossia il 18 luglio 2018, ma altresì alla data del 30 giugno 2023, data dell’ultimo aggiornamento sullo stato di esecuzione di tale sentenza comunicato da tale Stato membro a detta istituzione, gli obblighi derivanti dagli articoli 4, 5 e 10 della direttiva 91/271 non erano ancora stati rispettati nei cinque agglomerati oggetto del presente ricorso, ossia Castellammare del Golfo I, Cinisi, Terrasini, Trappeto (Sicilia) e Courmayeur (Valle d’Aosta), aventi un numero di a.e. superiore a 10 000.

16      La Commissione sostiene, in primo luogo, che dalla valutazione delle risposte fornite dalla Repubblica italiana alla lettera di costituzione in mora risulta che tale Stato membro non aveva ancora adottato, alla data rilevante ai fini del presente procedimento, ossia il 18 luglio 2018, tutte le misure necessarie per garantire che, in quattro dei cinque agglomerati oggetto di tale ricorso, ossia Castellammare del Golfo I, Cinisi, Terrasini e Courmayeur, aventi un numero di a.e. superiore a 10 000, le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie fossero sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, conformemente all’articolo 4 della direttiva 91/271. Del resto, le autorità italiane avrebbero ammesso nel corso del procedimento precontenzioso la persistenza della violazione di tale articolo.

17      La Commissione sostiene, in secondo luogo, alla luce delle risposte fornite dalla Repubblica italiana alla lettera di costituzione in mora, che tale Stato membro non aveva ancora adottato, alla data indicata al punto precedente, tutte le misure necessarie per garantire che, in quattro dei cinque agglomerati oggetto del presente ricorso, ossia Castellammare del Golfo I, Cinisi, Terrasini e Trappeto, aventi un numero di a.e. superiore a 10 000 e in cui si scaricano acque reflue urbane in acque recipienti considerate «aree sensibili», le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie fossero sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento più spinto di un trattamento secondario o equivalente, conformemente all’articolo 5 della direttiva 91/271.

18      Per quanto riguarda, più specificamente, l’agglomerato di Trappeto, la Commissione precisa che dalle risposte della Repubblica italiana alla lettera di costituzione in mora e dagli aggiornamenti presentati da tale Stato membro sullo stato di esecuzione della sentenza C‑85/13 risulta che, alla data rilevante ai fini del presente procedimento, ossia il 18 luglio 2018, la situazione di tale agglomerato non era ancora conforme all’articolo 5 della direttiva 91/271, circostanza che le autorità italiane avrebbero confermato anche in occasione dell’ultimo aggiornamento comunicato in data 30 giugno 2023.

19      La Commissione osserva, in tale contesto, che le autorità italiane hanno dichiarato, nell’ambito del procedimento precontenzioso relativo alla presente causa, un carico di 7 783 a.e. generato dall’agglomerato di Trappeto, inferiore a quello precedentemente dichiarato nella loro risposta al parere motivato ai sensi dell’articolo 258 TFUE e convalidato dalla Corte nella sentenza C‑85/13. Esse non avrebbero tuttavia fornito una motivazione chiara e precisa, suffragata da elementi concreti a dimostrazione della riduzione del carico. A tal proposito, i dati prodotti dalla Repubblica italiana nell’allegato del suo controricorso, a sostegno dell’esistenza di un carico di 8 910 a.e. generato da tale agglomerato, non possono sopperire retroattivamente alla mancanza di prove, bensì potrebbero avere effetto soltanto a partire dalla data in cui sono stati prodotti, ossia il 18 ottobre 2023.


20      Inoltre, dato che le acque reflue dell’agglomerato di Trappeto sono scaricate in un’area sensibile con un’importante affluenza turistica e che sussiste un dubbio quanto all’interpretazione dei dati forniti dalle autorità italiane, la Commissione propone di privilegiare una lettura di tali dati nel senso che tale agglomerato resti soggetto agli obblighi derivanti dall’articolo 5 della direttiva 91/271. Una siffatta lettura sarebbe, infatti, la sola conforme all’obiettivo di tale direttiva, che mira a proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di acque reflue.

21      La Commissione ricorda, in terzo luogo, che una violazione dell’articolo 4 o dell’articolo 5 della direttiva 91/271 implica necessariamente una violazione dell’articolo 10 della stessa [v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Commissione/Italia (Sistema di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane), C‑668/19, EU:C:2021:815, punti da 94 a 96]. Orbene, alla luce delle risposte fornite dalla Repubblica italiana alla lettera di costituzione in mora e tenuto conto della persistenza della violazione, da parte di tale Stato membro, degli obblighi derivanti dagli articoli 4 e 5 di tale direttiva, si dovrebbe constatare che detto Stato membro non aveva ancora adottato, alla data rilevante ai fini del presente procedimento, ossia il 18 luglio 2018, tutte le misure necessarie per garantire che, nei cinque agglomerati oggetto del presente ricorso, ossia a Castellammare del Golfo I, Cinisi, Terrasini, Trappeto e Courmayeur, gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane costruiti per ottemperare ai requisiti di cui agli articoli da 4 a 7 di detta direttiva fossero progettati, costruiti, gestiti e mantenuti in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e affinché gli impianti di trattamento fossero progettati in modo da tenere conto delle variazioni stagionali del carico, come richiesto dall’articolo 10 della medesima direttiva.

22      La Commissione ne conclude che la Repubblica italiana non si è pienamente conformata alla sentenza C‑85/13 e, pertanto, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE.

23      La Repubblica italiana, senza contestare la situazione di fatto descritta nel ricorso della Commissione, menziona, in primo luogo, gli interventi necessari per rendere gli agglomerati di Castellammare del Golfo I, Cinisi e Terrasini conformi agli obblighi derivanti dagli articoli 4, 5 e 10 della direttiva 91/271. Tali interventi consisterebbero, da un lato, nel dotare l’agglomerato di Castellammare del Golfo I di un nuovo impianto di trattamento interrato nonché, dall’altro, nell’adeguamento e potenziamento dell’impianto di trattamento consortile della Contrada Ciachea a Carini, ai fini del trattamento delle acque reflue degli agglomerati di Cinisi e Terrasini. Il cronoprogramma per il completamento delle misure necessarie a tal fine, presentato nel controricorso, prevede il raggiungimento della conformità dell’agglomerato di Castellammare del Golfo I a tale direttiva nel luglio 2027, nonché degli agglomerati di Cinisi e Terrasini nel mese di marzo 2027.


24      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’agglomerato di Trappeto, la Repubblica italiana eccepisce l’irricevibilità della censura vertente su una violazione dell’articolo 5 della direttiva 91/271, a causa di variazioni del carico avvenute in data successiva a quella della pronuncia della sentenza C‑85/13.

25      La Repubblica italiana rileva, a tal riguardo, che la sentenza C‑85/13 e la lettera di costituzione in mora del 18 maggio 2018 riguardavano soltanto gli agglomerati aventi un numero di a.e. superiore a 10 000, e che quindi anche la presente controversia è limitata a tali agglomerati. Sebbene, nell’ambito del procedimento di constatazione di un inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, le autorità italiane abbiano comunicato alla Commissione un carico generato superiore a 10 000 a.e. per l’agglomerato di Trappeto, la relazione dell’Assemblea Territoriale Idrica (Italia), allegata al controricorso, attesterebbe un carico generato di 8 910 a.e. per tale agglomerato, calcolato secondo un metodo consistente nell’esclusione dell’apporto delle cosiddette «case sparse» e dei «nuclei isolati» dal calcolo del carico generato da detto agglomerato. Ne conseguirebbe che il medesimo agglomerato, il cui carico generato reale sarebbe inferiore a 10 000 a.e., non sarebbe più soggetto agli obblighi derivanti dalla direttiva 91/271, disattesi dagli inadempimenti addebitati.

26      La Repubblica italiana aggiunge che i lavori per dotare l’agglomerato di Trappeto di un impianto di trattamento delle acque reflue idoneo a garantire il rispetto dei valori limite di emissione stabiliti agli articoli 4 e 5 della direttiva 91/271 sono stati conclusi e che i test statici e tecnico-funzionali erano in corso di realizzazione alla data del deposito del suo controricorso. Tale Stato membro allega a detto controricorso analisi di campionamento semestrale effettuate tra il mese di aprile e il mese di settembre 2023 a dimostrazione del corretto funzionamento di tale impianto di trattamento.

27      Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’agglomerato di Courmayeur, la Repubblica italiana precisa che esso dovrebbe essere ritenuto conforme «dal punto di vista fisico» agli obblighi derivanti dagli articoli 4 e 10 della direttiva 91/271 al più tardi entro il 31 dicembre 2023. Inoltre, tale Stato membro fa riferimento ai dati già comunicati alla Commissione, il 31 luglio 2020, nell’ambito del procedimento precontenzioso e ai nuovi dati contenuti nel suo controricorso al fine di dimostrare che la non conformità agli obblighi derivanti dall’articolo 4 di tale direttiva riguarda non già l’intero carico generato da detto agglomerato, pari a 60 000 a.e., ma solo 37 200 a.e., in quanto i restanti 22 800 a.e. sarebbero già conformemente trattati presso l’impianto di trattamento di La Salle, comune facente parte dell’agglomerato di Courmayeur. Detto Stato membro aggiunge che, a conclusione dei lavori di realizzazione dei tratti fognari per il convogliamento delle acque reflue provenienti dal Comune di Courmayeur all’impianto di trattamento di La Salle, esso dovrà ancora trasmettere alla Commissione la certificazione attestante la conclusione dei lavori e l’analisi allo scarico, a dimostrazione della corretta funzionalità di tale impianto.

28      La Commissione considera, nella sua replica, per quanto riguarda l’agglomerato di Courmayeur, che, in primo luogo, i dati comunicati dalla Repubblica italiana nel suo controricorso non sono sufficientemente affidabili, tenuto conto del margine di errore che essi presentano, in secondo luogo, tali dati non possono influire sulla formula di riduzione proposta per il calcolo della penalità giornaliera poiché a tal fine rileva la conformità dell’agglomerato nel suo insieme e, in terzo luogo, sono le stesse autorità italiane a riconoscere che si tratta di dati di carattere variabile e non definitivo.

29      La Repubblica italiana rileva, nella sua controreplica, che sono state adottate nuove misure per accelerare l’esecuzione della sentenza C‑85/13. Detto Stato membro menziona, a tale titolo, il decreto legge del 9 dicembre 2023, n. 181, convertito in legge n. 11 del 2 febbraio 2024 (GURI n. 31 del 7 febbraio 2024), che integra i poteri del commissario unico, incaricato di detta esecuzione, per la realizzazione degli interventi in materia di acque reflue urbane. Le disposizioni così adottate fornirebbero una risposta puntuale alle principali criticità riscontrate dal commissario unico, che avrebbero rallentato l’esecuzione di tali interventi.

30      Detto Stato membro fornisce, inoltre, indicazioni supplementari relative alla prevista evoluzione della situazione dei cinque agglomerati oggetto del ricorso della Commissione.

31      In primo luogo, per dare impulso e accelerazione alla progettazione e alla realizzazione degli interventi necessari ai fini dell’esecuzione della sentenza C‑85/13, il commissario unico avrebbe applicato misure di accelerazione per gli appalti pubblici non ancora aggiudicati, che dovrebbero consentire, da un lato, di raggiungere la conformità di Castellammare del Golfo I alla direttiva 91/271 nel dicembre 2026 e, dall’altro, di anticipare di circa sei mesi la conclusione dei lavori previsti per Cinisi e Terrasini.

32      In secondo luogo, per quanto riguarda l’agglomerato di Trappeto, i lavori di adeguamento e potenziamento dell’impianto di trattamento di quest’ultimo, eseguiti per porre rimedio all’infrazione al diritto dell’Unione, sarebbero stati conclusi e la conduzione dell’impianto di trattamento sarebbe stata affidata, il 22 dicembre 2023, a AMAP SpA, gestore del servizio idrico integrato dell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) di Palermo (Italia). La Repubblica italiana presenta, nella sua controreplica, i risultati dei rapporti di prova eseguiti presso l’impianto di trattamento di Trappeto nel periodo compreso tra il 23 giugno e il 15 dicembre 2023, da cui risulterebbe che tale impianto di depurazione garantisce ormai il rispetto dei limiti di emissione di cui alla direttiva 91/271 per lo scarico di acque reflue urbane in acque recipienti considerate aree sensibili.

33      In terzo luogo, per quanto riguarda l’agglomerato di Courmayeur, i lavori di collettamento e allaccio di tale agglomerato sarebbero stati conclusi nel mese di dicembre 2023, consentendo di completare la rete fognaria di tale agglomerato. Secondo le analisi effettuate nel gennaio 2024, allegate alla controreplica, l’impianto di trattamento di detto agglomerato, che riceverebbe ormai tutti i reflui di quest’ultimo, si sarebbe dimostrato efficiente nel trattamento delle acque provenienti dalle ultime direttrici allacciate e rispetterebbe i limiti di emissione fissati dalla direttiva 91/271 per lo scarico delle acque reflue urbane nelle aree sensibili. Di conseguenza, l’agglomerato di Courmayeur sarebbe conforme a tale direttiva non solo dal punto di vista fisico, con il completamento e l’allaccio delle reti fognarie all’impianto di trattamento di La Salle, ma anche dal punto di vista funzionale e dell’efficienza del trattamento. Di conseguenza, tale agglomerato dovrebbe essere escluso dall’oggetto del ricorso.

 Giudizio della Corte

34      Ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, se ritiene che lo Stato membro in questione non abbia preso le misure che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta‚ la Commissione, dopo aver posto tale Stato in condizione di presentare osservazioni, può adire la Corte, precisando l’importo della somma forfettaria o della penalità da versare da parte dello Stato membro in questione, che essa consideri adeguato alle circostanze.

35      Nel caso di specie, al fine di stabilire se la Repubblica italiana abbia adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza C‑85/13, occorre verificare se essa abbia pienamente rispettato gli articoli 4 e/o 5, nonché 10, della direttiva 91/271.

36      Inoltre, per quanto riguarda il procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, la data di riferimento per valutare l’esistenza di un siffatto inadempimento è quella della scadenza del termine fissato nella lettera di costituzione in mora emessa in forza di tale disposizione [v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2024, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale II), C‑123/22, EU:C:2024:493, punto 56 e giurisprudenza ivi citata].

37      Nel caso di specie, poiché la Commissione ha inviato la lettera di costituzione in mora il 18 maggio 2018, la data di riferimento per valutare l’esistenza dell’inadempimento menzionato al punto precedente della presente sentenza è quella della scadenza del termine fissato in tale lettera, ossia il 18 luglio 2018.

38      Per quanto riguarda, in primo luogo, gli agglomerati di Castellammare del Golfo I, Cinisi e Terrasini, la Repubblica italiana riconosce la persistenza dell’inadempimento degli articoli 4, 5 e 10 della direttiva 91/271. In tal senso, nelle sue risposte alla lettera di costituzione in mora e nelle sue memorie dinanzi alla Corte, tale Stato membro ha indicato che i lavori di infrastruttura necessari per dotare tali agglomerati di sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane conformi agli obblighi derivanti da tali articoli non erano ancora stati eseguiti alla data del 18 luglio 2018. Secondo gli ultimi elementi presentati da tale Stato membro nella sua controreplica, il raggiungimento della conformità di questi tre agglomerati dovrebbe avvenire entro la fine del 2026.

39      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’agglomerato di Trappeto, l’argomento della Repubblica italiana relativo all’irricevibilità della censura vertente sulla persistenza dell’inadempimento per quanto attiene alla violazione dell’articolo 5 della direttiva 91/271, in ragione del fatto che per tale agglomerato avrebbe dovuto essere preso in considerazione un carico inferiore a 10 000 a.e., il che l’avrebbe dispensata dall’obbligo di rispettare i requisiti previsti da tale articolo, non può essere accolto.

40      Infatti, consentire a uno Stato membro, nell’ambito del procedimento a norma dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, di far valere dinanzi alla Corte, per la prima volta, un cambiamento del metodo di calcolo del carico generato da un agglomerato oggetto della sentenza che ha constatato l’inadempimento rispetto a quello su cui la Corte ha basato le proprie constatazioni in tale sentenza rischierebbe di pregiudicare il carattere definitivo di detta sentenza, che ha autorità di cosa giudicata.

41      Anche se un siffatto argomento fosse accolto, i nuovi elementi invocati dalla Repubblica italiana non consentono di dimostrare, né alla data del 18 luglio 2018 né in data successiva, che il carico generato dall’agglomerato di Trappeto sarebbe inferiore a 10 000 a.e. e, pertanto, che tale agglomerato sarebbe esentato dall’obbligo di rispettare i requisiti di cui all’articolo 5 della direttiva 91/271.

42      Infatti, da un lato, il carico di 7 783 a.e. comunicato dalle autorità italiane alla Commissione nel corso del procedimento precontenzioso non è stato comprovato, come ammesso dalla Repubblica italiana nelle sue memorie. Dall’altro, tale Stato membro ha menzionato nel suo controricorso un carico di 8 910 a.e. generato dall’agglomerato di Trappeto, risultante da una relazione dell’Assemblea Territoriale Idrica e da una cartografia ad essa allegata. Tuttavia, tali nuovi elementi sono stati comunicati da detto Stato membro solo al momento del deposito del suo controricorso, il 23 ottobre 2023, e, quindi, successivamente alla data rilevante ai fini della valutazione dell’esistenza dell’inadempimento contestato, ossia il 18 luglio 2018. Inoltre, tale relazione non è datata e non precisa la data a partire dalla quale è intervenuta la riduzione del carico generato da tale agglomerato. Inoltre, detta relazione indica un carico generato dall’agglomerato di Trappeto pari talvolta a 8 618 a.e., talaltra a 11 816 a.e. A tal proposito, la Commissione ha sostenuto, senza essere contraddetta dalla Repubblica italiana, che, se non si tenesse conto del cambiamento del metodo di calcolo invocato da quest’ultima, il carico generato da detto agglomerato ammonterebbe, secondo i dati forniti dalle autorità italiane, a 11 816 a.e.

43      Inoltre, dalle memorie della Repubblica italiana risulta che tale cambiamento del metodo di calcolo del carico generato dallo stesso agglomerato consiste nell’esclusione da tale calcolo dell’apporto delle case sparse e dei nuclei isolati, in cui si concentra una popolazione fluttuante. Orbene, tale Stato membro non ha fornito spiegazioni quanto alle ragioni giustificanti tale cambiamento di metodo di calcolo del carico generato da un agglomerato come Trappeto, situato in una regione turistica, in cui case sparse e nuclei isolati possono avere un impatto ecologico significativo.

44      Per il resto, la Repubblica italiana non ha né dedotto né tantomeno dimostrato di aver posto rimedio, alla scadenza del termine fissato nella lettera di costituzione in mora, ossia il 18 luglio 2018, alle violazioni degli obblighi derivanti dagli articoli 5 e 10 della direttiva 91/271 accertate nel dispositivo della sentenza C‑85/13 per quanto riguarda l’agglomerato di Trappeto. A tal proposito, dal controricorso di tale Stato membro risulta che i test statici e tecnico-funzionali effettuati a seguito delle opere infrastrutturali realizzate sull’impianto di trattamento di Trappeto erano ancora in corso alla data del deposito del controricorso, ossia il 23 ottobre 2023. Inoltre, dalla controreplica e dai suoi allegati risulta che i lavori di adeguamento e potenziamento di tale impianto di trattamento, volti a porre rimedio alle infrazioni al diritto dell’Unione, sono stati conclusi solo nel dicembre 2023. Occorre aggiungere che i rapporti di prova allegati a tale controreplica, attestanti la conformità degli scarichi provenienti da tale impianto di trattamento ai limiti di emissione fissati dall’articolo 5 di tale direttiva, sono stati eseguiti tra il 23 giugno e il 15 dicembre 2023. Pertanto, gli elementi di prova relativi alla conclusione di tali lavori ed i rapporti di prova relativi a detto impianto di trattamento sono successivi alla data rilevante ai fini della valutazione dell’esistenza dell’inadempimento contestato, ossia il 18 luglio 2018, cosicché essi non possono essere presi in considerazione a tal fine.

45      Ne consegue che la Repubblica italiana non ha dimostrato che la situazione dell’agglomerato di Trappeto fosse conforme agli obblighi derivanti dagli articoli 5 e 10 della direttiva 91/271 alla data di scadenza del termine indicato nella lettera di costituzione in mora.

46      Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’agglomerato di Courmayeur, la Repubblica italiana riconosce nel suo controricorso che la situazione di tale agglomerato non era ancora conforme agli obblighi derivanti dagli articoli 4 e 10 della direttiva 91/271. A tal proposito, dalla risposta di tale Stato membro alla lettera di costituzione in mora del 10 luglio 2018, nonché dalle sue memorie dinanzi alla Corte, risulta che, sebbene le acque reflue di quattro comuni di detto agglomerato, ossia i comuni di La Salle, Morgex, Pré-Saint Didier e Thuile, fossero già trattate nel nuovo impianto di trattamento del comune di La Salle, i lavori di collettamento per allacciare Courmayeur, ossia il quinto comune dell’agglomerato, a tale impianto di trattamento erano ancora in corso e dovevano essere terminati entro il 31 dicembre 2023. Inoltre, le certificazioni attestanti la conclusione dei lavori e l’analisi allo scarico, a dimostrazione della corretta funzionalità di tale impianto, non erano ancora state comunicate alla Commissione. Ne consegue che la Repubblica italiana non ha dimostrato che la situazione di tale agglomerato fosse conforme agli obblighi derivanti dagli articoli 4 e 10 della direttiva 91/271 alla scadenza del termine fissato nella lettera di costituzione in mora, ossia il 18 luglio 2018.

47      Peraltro, l’argomento della Repubblica italiana secondo cui la non conformità riguarderebbe solo una parte dell’intero carico generato dall’agglomerato di Courmayeur, ossia 37 200 a.e. su un totale di 60 000 a.e. per tale agglomerato, non può essere accolto. Tale argomento non fa che confermare che il trattamento della totalità delle acque reflue urbane di detto agglomerato non era garantito, alla data di riferimento, in violazione degli obblighi derivanti dagli articoli 4 e 10 della direttiva 91/271.

48      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza C‑85/13, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.

 Sulle sanzioni pecuniarie

 Argomenti delle parti

49      Considerato che la Repubblica italiana non ha adottato tutte le misure che l’esecuzione della sentenza C‑85/13 comporta, la Commissione propone, sulla base dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, di infliggere a tale Stato membro il pagamento di una penalità e di una somma forfettaria.

50      Ai fini della determinazione degli importi di tali sanzioni pecuniarie, essa si basa sulla comunicazione della Commissione 2023/C 2/01, intitolata «Sanzioni pecuniarie nei procedimenti d’infrazione» (GU 2023, C 2, pag. 1; in prosieguo: la «comunicazione del 2023»). In particolare, tale istituzione precisa che tale determinazione deve basarsi sui criteri fondamentali costituiti dalla gravità dell’infrazione, dalla sua durata e dalla necessità di assicurare un effetto dissuasivo della sanzione per evitare recidive.

51      In primo luogo, per quanto riguarda la gravità dell’infrazione, la Commissione propone di fissare il coefficiente di gravità a 4, su una scala da 1 a 20, tenuto conto, da un lato, dell’importanza delle norme del diritto dell’Unione violate e, dall’altro, delle conseguenze di tale violazione su interessi di ordine generale o particolare.

52      Per quanto riguarda l’importanza di tali norme, la Commissione ricorda che la direttiva 91/271 mira a proteggere l’ambiente dagli effetti negativi delle acque reflue urbane e delle acque scaricate da determinati settori industriali, e stabilisce i requisiti per la raccolta e il trattamento delle acque reflue in funzione delle dimensioni degli agglomerati interessati. I requisiti di tale direttiva sarebbero più rigorosi quando le acque reflue sono scaricate in aree identificate come «sensibili», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, sulla base dei criteri definiti nell’allegato II di quest’ultima.

53      La Commissione precisa che la presente causa riguarda la violazione degli obblighi di trattamento previsti dalla direttiva 91/271 e, in particolare, dagli articoli 4 e 5 di quest’ultima, il cui mancato rispetto ha effetti particolarmente dannosi negli agglomerati che scaricano acque reflue in aree sensibili. Il trattamento delle acque reflue urbane italiane sarebbe fondamentale per mantenere e migliorare la qualità dei corpi idrici superficiali e degli ecosistemi acquatici e terrestri direttamente dipendenti da tali corpi idrici, nonché per garantire l’attuazione delle pertinenti direttive dell’Unione e, in particolare, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1), della direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU 2000, L 435, pag. 1), e della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7).

54      La Commissione rileva, nel suo ricorso, che, nel caso di specie, cinque agglomerati oggetto della sentenza C‑85/13, il cui carico totale generato è pari a 149 069 a.e. e che scaricano in aree sensibili, non sono ancora conformi alla direttiva 91/271. Orbene, l’assenza o l’insufficienza di sistemi di raccolta o di trattamento delle acque reflue urbane rischia di arrecare danni all’ambiente e deve essere considerata come particolarmente grave (sentenza del 31 maggio 2018, Commissione/Italia, C‑251/17, EU:C:2018:358, punto 72). Inoltre, l’importanza del danno ambientale dipenderebbe, in larga misura, dal numero di agglomerati interessati dall’inadempimento di cui trattasi. Pertanto, un numero di agglomerati non conformi pari a cinque dovrebbe essere considerato significativo.

55      Per quanto riguarda gli effetti della mancata esecuzione della sentenza della Corte sugli interessi privati e pubblici, la Commissione sottolinea che la mancata completa esecuzione della sentenza C‑85/13 implica, per quanto concerne i cinque agglomerati non ancora conformi alla direttiva 91/271, rischi significativi di inquinamento per l’ambiente e la salute umana. Tale istituzione evoca, inoltre, un rischio di incidenza negativa sull’attuazione di altre direttive dell’Unione, e, segnatamente, di quelle menzionate al punto 53 della presente sentenza. L’incompleta esecuzione della sentenza C‑85/13 inciderebbe altresì sulla possibilità di disporre di corpi idrici superficiali sufficientemente puliti e sulle attività ricreative ed economiche.

56      Inoltre, la Commissione ritiene che occorra tener conto di tre circostanze aggravanti.

57      Anzitutto, l’obbligo che lo Stato membro era e continua ad essere tenuto a rispettare, ossia la costruzione di adeguati impianti di trattamento delle acque reflue urbane, sarebbe chiaro. Le autorità italiane riconoscerebbero, peraltro, l’infrazione e avrebbero comunicato alla Commissione, sin dalla pronuncia della sentenza C‑85/13, le misure di costruzione di infrastrutture previste per rendere conforme ogni agglomerato in questione a tale sentenza.

58      Inoltre, tale sentenza farebbe parte di una giurisprudenza consolidata relativa alla direttiva 91/271 e sei sentenze sarebbero già state pronunciate contro la Repubblica italiana per la mancata corretta applicazione di tale direttiva. Pertanto, in Italia persisterebbe da decenni una situazione generalizzata di inosservanza di detta direttiva. Il presente procedimento costituirebbe, peraltro, uno dei quattro procedimenti di infrazione pendenti contro tale Stato membro, che interessano congiuntamente oltre 800 agglomerati.

59      Infine, gli inadempimenti accertati negli agglomerati di cui trattasi persisterebbero oltre nove anni dopo la pronuncia della sentenza C‑85/13 e oltre 24 anni dopo la scadenza del termine stabilito all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 91/271.

60      A titolo di circostanze attenuanti, la Commissione propone di tenere in considerazione, anzitutto, la cooperazione della Repubblica italiana durante tutto il presente procedimento e, in aggiunta, il fatto che sia stato compiuto un significativo progresso nell’esecuzione della sentenza C‑85/13.

61      In secondo luogo, per quanto riguarda la durata dell’infrazione, la Commissione rileva che, conformemente al punto 3.3 della comunicazione del 2023, il coefficiente di durata è espresso come un moltiplicatore compreso tra 1 e 3 ed è calcolato a un tasso mensile pari a 0,10 a decorrere dalla data della prima sentenza che accerta l’inadempimento. Nel caso di specie, sarebbero trascorsi 109 mesi tra il 10 aprile 2014, data della pronuncia della sentenza C‑85/13, e il 1º giugno 2023, data in cui la Commissione ha deciso di adire la Corte. Pertanto, tale istituzione propone di fissare a 3 il coefficiente di durata.

62      In terzo luogo, per quanto attiene alla necessità di garantire l’effetto dissuasivo della sanzione, tenendo conto della capacità finanziaria dello Stato membro interessato, la Commissione precisa che tale effetto dissuasivo si riflette in un fattore «n», che, per la Repubblica italiana, è fissato a 3,41.

63      Di conseguenza, da un lato, la Commissione propone di calcolare la somma forfettaria sulla base di un importo giornaliero pari a EUR 13 640, ottenuto moltiplicando un importo forfettario, ai sensi del punto 4.2 della comunicazione del 2023, fissato in EUR 1 000, per il coefficiente di gravità di 4 e il fattore «n» di 3,41. Conformemente al punto 4.2.1 di tale comunicazione, occorrerebbe moltiplicare tale somma forfettaria giornaliera per il numero di giorni durante i quali l’inadempimento è persistito. Tale istituzione precisa che il pagamento della somma forfettaria così ottenuta deve essere imposto alla Repubblica italiana se tale somma è superiore a EUR 9 548 000, importo della somma forfettaria minima fissata per tale Stato membro.

64      Inoltre, conformemente al punto 2.1 della comunicazione del 2023, la Commissione propone di adeguare l’importo della somma forfettaria qualora la situazione di alcuni agglomerati oggetto della sentenza C‑85/13 diventasse conforme a tale sentenza durante il procedimento. Tale istituzione ritiene che occorrerebbe allora dividere l’importo della somma forfettaria giornaliera per il numero totale di a.e. inadempienti al fine di ottenere il coefficiente di riduzione giornaliero, pari, nel caso di specie, a EUR 0,09. Tale coefficiente giornaliero di riduzione dovrebbe essere dedotto dall’importo della somma forfettaria giornaliera per ciascuna unità di a.e. degli agglomerati la cui situazione sarà effettivamente conforme alla direttiva 91/271.

65      Dall’altro lato, la Commissione propone di fissare l’importo della penalità in EUR 122 760 al giorno, ottenuto moltiplicando l’importo forfettario della penalità, fissato al punto 1 dell’allegato I della comunicazione del 2023, pari a EUR 3 000 al giorno, per il coefficiente di gravità di 4, il coefficiente di durata di 3 nonché per il fattore «n» di 3,41.

66      Tuttavia, la Commissione propone, conformemente alla sezione 2.1 di tale comunicazione, di applicare una penalità giornaliera decrescente, il cui importo effettivo sarà calcolato ogni sei mesi, riducendo l’importo totale relativo a ciascuno di tali periodi di una quota percentuale corrispondente alla percentuale di a.e. degli agglomerati che hanno reso i loro sistemi di raccolta e di trattamento conformi alla sentenza C‑85/13. Spetterebbe alla Repubblica italiana comunicare a tale istituzione gli elementi di prova che consentano di dimostrare che la conformità è stata raggiunta prima della fine di ogni periodo semestrale.

67      La Commissione ritiene inoltre che, in caso di adempimento progressivo, occorrerà allora, per calcolare la riduzione graduale della penalità giornaliera, dividere l’importo della penalità giornaliera per il numero totale degli a.e. generati dagli agglomerati che, ad oggi, non sarebbero ancora conformi alla sentenza C‑85/13.

68      La Repubblica italiana, pur concordando con la Commissione sull’esistenza di un ritardo persistente nell’esecuzione della sentenza C‑85/13, ritiene tuttavia che l’importo delle sanzioni pecuniarie richiesto da tale istituzione sia eccessivo e deduce molteplici argomenti a sostegno di tale constatazione.

69      In primo luogo, occorrerebbe tener conto della complessità degli interventi materiali da effettuare, che implicano la realizzazione di infrastrutture complesse, il cui costo può essere soggetto a variazioni, nonché della necessità di collaudare, mettere in esercizio e monitorare il funzionamento delle infrastrutture realizzate. Ai fini di tali operazioni, sarebbe necessario ricorrere a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, le quali presenterebbero un rischio elevato di contenzioso.

70      In secondo luogo, occorrerebbe tener conto della leale cooperazione delle autorità italiane con la Commissione nel corso dell’intero procedimento.

71      In terzo luogo, la Repubblica italiana avrebbe stanziato notevoli risorse economiche e finanziarie per attuare le misure necessarie sia per dare esecuzione alla sentenza C‑85/13 sia per la risoluzione del contenzioso che la oppone all’Unione europea nel settore delle acque reflue urbane, in generale. Tale Stato membro dichiara di aver stanziato un importo totale pari a oltre EUR 3 miliardi a tal fine.

72      In quarto luogo, la Repubblica italiana dichiara di aver nominato un commissario straordinario unico, incaricato dell’esecuzione della sentenza C‑85/13, al fine di dare impulso e accelerazione alla progettazione e alla realizzazione degli interventi necessari ai fini di tale esecuzione.

73      In quinto luogo, si dovrebbe tener conto dell’irricevibilità del ricorso della Commissione, nella parte che riguarda l’agglomerato di Trappeto, avente un numero di a.e. generati non superiore a 10 000.

74      In sesto luogo, la Repubblica italiana dichiara che, mentre la sentenza C‑85/13 riguardava 41 agglomerati, con un carico totale di 2 281 847 a.e., la lettera di costituzione in mora della Commissione del 18 maggio 2018 concerneva 14 agglomerati, con un carico totale di 462 266 a.e., e il ricorso di tale istituzione riguarda 5 agglomerati, con un carico totale di 149 069 a.e.

75      In settimo luogo, occorrerebbe tener conto dei significativi progressi compiuti nel corso del presente procedimento al fine di ridurre sia il numero totale degli agglomerati non conformi alla direttiva 91/271 sia il numero di a.e. di questi ultimi. Infatti, nel corso del periodo compreso tra il 2014 e il 2023, il numero di agglomerati non conformi sarebbe diminuito dell’88% e il numero di a.e. non conformi sarebbe stato ridotto del 94%. Inoltre, tali cifre dovrebbero essere adattate per tener conto degli argomenti esposti ai punti 26 e 27 della presente sentenza, per quanto riguarda gli agglomerati di Trappeto e di Courmayeur.

76      In ottavo luogo, la Repubblica italiana ritiene inappropriato che la Commissione prenda in considerazione nel suo ricorso altri procedimenti di infrazione avviati nei suoi confronti nel settore delle acque reflue urbane. In ogni caso, dai dati relativi agli altri tre procedimenti di infrazione contro tale Stato membro risulterebbe che il numero totale di oltre 800 agglomerati non conformi è stato progressivamente ridotto a un numero totale di 622 alla data di deposito del controricorso.

77      In nono luogo, per quanto riguarda la qualità delle acque di balneazione, la Repubblica italiana ritiene che il rischio di danno sia solamente teorico e puramente potenziale. Peraltro, i dati completati e aggiornati relativi alla qualità delle acque di balneazione nelle zone costiere situate in prossimità degli agglomerati di Castellammare del Golfo I, Cinisi, Terrassini e Trappeto rispecchierebbero una qualità delle acque in tali zone diversa da quella risultante dal ricorso della Commissione e rivelerebbero una tendenza al miglioramento.

78      In decimo luogo, la Repubblica italiana sostiene che, se le proposte della Commissione fossero accolte, tale Stato membro rischierebbe paradossalmente di essere condannato al pagamento di sanzioni pecuniarie di importo notevolmente maggiore di quelle che la Corte gli ha imposto nella sentenza del 31 maggio 2018, Commissione/Italia (C‑251/17, EU:C:2018:358), sebbene tale sentenza vertesse su violazioni della direttiva 91/271 riguardanti un numero maggiore di agglomerati e un numero totale di a.e. maggiore che nella presente causa.

79      Di conseguenza, la Repubblica italiana chiede che il coefficiente di gravità sia fissato ad un livello inferiore rispetto a quello proposto dalla Commissione.

80      Per quanto riguarda la domanda della Commissione di applicazione cumulativa di una somma forfettaria e di una penalità, la Repubblica italiana sostiene che, quando è certo o ragionevolmente probabile che lo Stato membro in questione non sarà in grado di dare esecuzione alla sentenza che constata l’inadempimento, poiché il cronoprogramma presentato dalle autorità nazionali volto a garantire la completa esecuzione di tale sentenza eccede la durata del procedimento, mancherebbe la condizione preliminare per l’imposizione della somma forfettaria, ossia la possibilità oggettiva per lo Stato membro inadempiente di conformarsi in tempo utile. Pertanto, in un caso del genere, l’imposizione di una somma forfettaria dovrebbe essere evitata, in quanto la funzione dissuasiva è già pienamente espletata dalla sola penalità.

81      Ciò avverrebbe precisamente nella presente causa, in cui sarebbe materialmente impossibile per la Repubblica italiana garantire l’attuazione di tutte le operazioni necessarie a dare esecuzione alla sentenza C‑85/13 prima della chiusura del procedimento a norma dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE dinanzi alla Corte. Pertanto, tale Stato membro chiede, in via principale, l’imposizione di una penalità, ad esclusione di una somma forfettaria, nell’ambito di tale causa.

82      In subordine, la Repubblica italiana chiede di essere condannata unicamente al pagamento di una somma forfettaria, che sarebbe sufficiente a reprimere l’inosservanza agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell’Unione. Infatti, l’imposizione di una somma forfettaria di importo rilevante in aggiunta ad una penalità sarebbe sproporzionata e rischierebbe di produrre un effetto opposto a quello perseguito, rendendo maggiormente difficoltosa l’esecuzione della sentenza C‑85/13 a causa delle gravi conseguenze finanziarie pregiudizievoli che essa comporterebbe.

83      In ulteriore subordine, la Repubblica italiana chiede che l’obbligo di pagamento di una penalità abbia effetto solo a far data dalla conclusione dei cronoprogrammi previsti. Infatti, la determinazione del periodo temporale di riferimento per l’applicazione della penalità rientrerebbe nella piena discrezionalità della Corte.

84      Nella sua controreplica, la Repubblica italiana aggiunge che, alla data del deposito di tale memoria, solo tre agglomerati aventi un carico totale di 78 069 a.e. non erano ancora conformi alla sentenza C‑85/13. Pertanto, dopo la pronuncia di tale sentenza, il numero di agglomerati non conformi sarebbe diminuito del 93%, il che rappresenterebbe una riduzione del 96,6% del carico non conforme generato.

 Giudizio della Corte

85      In via preliminare, si deve rammentare che il procedimento previsto dall’articolo 260, paragrafo 2, TFUE ha lo scopo di indurre uno Stato membro inadempiente a dare esecuzione a una sentenza per inadempimento e, di conseguenza, di garantire l’applicazione effettiva del diritto dell’Unione, e che le misure previste da tale disposizione, ossia la somma forfettaria e la penalità, mirano entrambe a questo stesso obiettivo [sentenza del 13 giugno 2024, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale II), C‑123/22, EU:C:2024:493, punto 96 e giurisprudenza ivi citata].

86      Secondo una giurisprudenza costante, l’applicazione di una penalità e di una somma forfettaria dipende dall’idoneità di ciascuna a conseguire l’obiettivo perseguito in funzione delle circostanze del caso di specie e, in tale contesto, non è escluso il ricorso ai due tipi di sanzioni previste (sentenza del 17 settembre 2015, Commissione/Italia, C‑367/14, EU:C:2015:611, punto 114 e giurisprudenza ivi citata).

87      Anche se l’imposizione di una penalità sembra particolarmente adatta per indurre uno Stato membro a porre fine, quanto prima, ad un inadempimento che, in mancanza di una misura siffatta, tenderebbe a persistere, l’imposizione di una somma forfettaria si basa maggiormente sulla valutazione delle conseguenze della mancata esecuzione degli obblighi dello Stato membro interessato sugli interessi privati e pubblici, in particolare qualora l’inadempimento sia continuato per un lungo periodo dopo la sentenza che lo ha inizialmente accertato (sentenza del 17 settembre 2015, Commissione/Italia, C‑367/14, EU:C:2015:611, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

88      Spetta alla Corte, in ciascuna causa e in funzione delle circostanze del caso di specie sottoposto al suo esame, nonché del livello di persuasione e di dissuasione che le appaia necessario, stabilire le sanzioni pecuniarie appropriate, in particolare per prevenire il reiterarsi di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione [sentenza del 13 giugno 2024, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale II), C‑123/22, EU:C:2024:493, punto 97 e giurisprudenza ivi citata].

89      Pertanto, le proposte della Commissione non possono vincolare la Corte e costituiscono soltanto un utile punto di riferimento. Parimenti, orientamenti quali quelli contenuti nelle comunicazioni della Commissione non vincolano la Corte, ma contribuiscono a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza del diritto in merito all’azione condotta da tale istituzione [sentenza del 12 marzo 2020, Commissione/Italia (Aiuti illegittimi al settore alberghiero in Sardegna), C‑576/18, EU:C:2020:202, punto 136 e giurisprudenza ivi citata].

–       Sulla possibilità di cumulare una penalità e una somma forfettaria

90      Secondo una giurisprudenza costante, la Corte è legittimata, nell’esercizio del potere discrezionale attribuitole nell’ambito in questione, a imporre cumulativamente una penalità e una somma forfettaria (sentenza del 17 settembre 2015, Commissione/Italia, C‑367/14, EU:C:2015:611, punto 116 e giurisprudenza ivi citata), e ciò in particolare qualora l’inadempimento, nel contempo, sia perdurato a lungo e tenda a persistere (v. sentenza del 12 luglio 2005, Commissione/Francia, C‑304/02, EU:C:2005:444, punto 82).

91      Orbene, alla luce degli elementi risultanti dai punti 38, 44 e 46 della presente sentenza, occorre constatare che le stesse circostanze menzionate nella giurisprudenza citata al punto precedente della presente sentenza caratterizzano l’inadempimento di cui trattasi nella presente causa. Pertanto, la Repubblica italiana non può utilmente contestare l’applicazione cumulativa, nei suoi confronti, delle due sanzioni pecuniarie.

–       Sulla somma forfettaria

92      Secondo la giurisprudenza della Corte, la condanna al pagamento di una somma forfettaria e la fissazione dell’eventuale importo di detta somma devono restare correlati, in ciascun caso di specie, al complesso degli elementi rilevanti relativi tanto alle caratteristiche dell’inadempimento constatato quanto all’atteggiamento specifico dello Stato membro interessato dal procedimento avviato in base all’articolo 260 TFUE. A tal proposito, detto articolo attribuisce alla Corte un ampio potere discrezionale nel decidere in merito all’irrogazione o meno di una siffatta sanzione e nel determinarne eventualmente l’importo [sentenza del 13 giugno 2024, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale II), C‑123/22, EU:C:2024:493, punto 98 e giurisprudenza ivi citata].

93      Nella presente causa, l’insieme degli elementi di diritto e di fatto che hanno indotto la Corte a constatare, con la sentenza C‑85/13, l’inadempimento contestato, nonché il fatto che quattro procedimenti di infrazione sono pendenti contro la Repubblica italiana nel settore del trattamento delle acque reflue urbane, vertenti su un numero totale di oltre 800 agglomerati, e che tale Stato membro è già stato oggetto di diverse sentenze che hanno constatato un inadempimento in tale settore specifico di azione dell’Unione, ossia la sentenza del 31 maggio 2018, Commissione/Italia (C‑251/17, EU:C:2018:358), e quelle citate al punto 98 di tale sentenza, costituiscono un indicatore del fatto che la prevenzione effettiva del futuro ripetersi di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione rende necessaria l’adozione di una misura dissuasiva quale l’imposizione di una somma forfettaria.

94      Inoltre, spetta alla Corte, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, fissare l’importo di tale somma forfettaria di modo che essa sia, da un lato, adeguata alle circostanze e, dall’altro, proporzionata all’infrazione commessa. Figurano tra i fattori rilevanti al riguardo elementi quali la gravità e la durata dell’infrazione nonché la capacità finanziaria dello Stato membro di cui trattasi [sentenza del 13 giugno 2024, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale II), C‑123/22, EU:C:2024:493, punti 100 e 101 nonché giurisprudenza ivi citata].

95      Per quanto riguarda, in primo luogo, la gravità dell’infrazione, da un lato, come risulta dall’articolo 1, secondo comma, della direttiva 91/271, quest’ultima ha lo scopo di proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di acque reflue. Orbene, l’assenza o l’insufficienza di sistemi di raccolta o di trattamento delle acque reflue urbane rischia di arrecare danni all’ambiente e deve essere considerata come particolarmente grave. Dall’altro lato, l’entità del danno all’ambiente dipende, in larga misura, dal numero di agglomerati interessati dall’inadempimento addebitato (sentenza del 31 maggio 2018, Commissione/Italia, C‑251/17, EU:C:2018:358, punti 72 e 73 nonché giurisprudenza ivi citata).

96      Nel caso di specie, per quanto riguarda, sotto un primo profilo, gli agglomerati di Castellammare del Golfo I, Cinisi e Terrasini, è pacifico che gli obblighi derivanti dagli articoli 4, 5 e 10 della direttiva 91/271, come constatati nella sentenza C‑85/13, non erano stati ancora rispettati alla data dell’udienza dinanzi alla Corte nella presente causa, ossia il 13 novembre 2024.

97      Per quanto riguarda, sotto un secondo profilo, l’agglomerato di Trappeto, occorre rilevare, come risulta dal punto 32 della presente sentenza, che i lavori relativi all’impianto di trattamento di tale agglomerato sono stati conclusi e la conduzione di tale impianto è stata affidata, il 22 dicembre 2023, ad AMAP, gestore del servizio idrico integrato dell’ATO di Palermo. Inoltre, la prova del rispetto dei limiti di emissione fissati dalla direttiva 91/271, per il periodo compreso tra il 23 giugno e il 15 dicembre 2023, è stata fornita nella controreplica.

98      In tali circostanze, si deve ritenere, come ha altresì convenuto la Commissione in udienza, che la Repubblica italiana, alla data del 15 dicembre 2023, abbia adottato tutte le misure necessarie per rendere l’agglomerato di Trappeto conforme agli obblighi derivanti dagli articoli 4, 5 e 10 della direttiva 91/271, come constatati nella sentenza C‑85/13.

99      Per quanto riguarda, sotto un terzo profilo, l’agglomerato di Courmayeur, come risulta dal punto 33 della presente sentenza, la Repubblica italiana ha affermato, nella sua controreplica, che la situazione di tale agglomerato era conforme alla direttiva 91/271 non solo dal punto di vista fisico, con il completamento e l’allaccio delle reti fognarie all’impianto di trattamento di La Salle, ma anche dal punto di vista funzionale e dell’efficienza del trattamento. Inoltre, tale Stato membro si è basato, in udienza, su nuove analisi comunicate alla Commissione, che confermerebbero il rispetto dei limiti di emissione fissati da tale direttiva.

100    Ciò premesso, la Commissione ha contestato, in tale udienza, che la Repubblica italiana avrebbe fornito la prova della conformità della situazione dell’agglomerato di Courmayeur alle prescrizioni di tale direttiva. Tale istituzione ha infatti rilevato, senza essere contraddetta da detto Stato membro, che, da un lato, i nuovi elementi da esso presentati riguardavano soltanto una parte di tale agglomerato e non dimostravano quindi la conformità di detto agglomerato, nel suo insieme, a detta direttiva, e, dall’altro, il rapporto di collaudo della seconda parte dei lavori di costruzione e di allacciamento delle reti fognarie a tale impianto, il certificato di collaudo dell’installazione che ne risulta e il certificato di funzionamento di detto impianto non erano stati comunicati.

101    Ciò premesso, si deve ritenere che la Repubblica italiana non abbia dimostrato, alla data dell’udienza, di aver adottato tutte le misure necessarie per rendere l’agglomerato di Courmayeur conforme agli obblighi derivanti dagli articoli 4 e 10 della direttiva 91/271, come constatati nella sentenza C‑85/13.

102    Ne consegue che il numero di agglomerati che, a tale data, non erano conformi alla direttiva 91/271, pari a 4, è stato significativamente ridotto rispetto al numero totale di agglomerati oggetto della sentenza C‑85/13, pari a 41, e, correlativamente, il danno ambientale è diminuito rispetto a quello risultante dall’inadempimento iniziale constatato in detta sentenza (v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2016, Commissione/Portogallo, C‑557/14, EU:C:2016:471, punto 75). Pertanto, la Repubblica italiana ha notevolmente ridotto il danno ambientale derivante dall’infrazione accertata dalla sentenza C‑85/13.

103    Ciò non toglie che persiste un pregiudizio, seppur minore, all’ambiente. Tale pregiudizio è tanto più grave se si considera che tutti e quattro gli agglomerati non conformi scaricano le loro acque reflue in acque recipienti considerate aree sensibili. Classificando i territori interessati come «aree sensibili», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 91/271 e dell’allegato II della stessa, la Repubblica italiana ha infatti riconosciuto la necessità di una tutela ambientale rafforzata di tali territori. Orbene, il mancato trattamento delle acque reflue urbane arreca un pregiudizio all’ambiente (v., in tal senso, sentenza del 17 ottobre 2013, Commissione/Belgio, C‑533/11, EU:C:2013:659, punto 55).

104    In considerazione dei rischi che, alla luce della giurisprudenza di cui al punto 95 della presente sentenza, l’infrazione di cui trattasi comporta per gli interessi pubblici rilevanti in gioco, legati alla tutela dell’ambiente, né la complessità degli interventi materiali da effettuare né il fatto, anche supponendolo accertato, che il rischio di danno alla qualità dell’acqua di balneazione nelle zone costiere in questione sia teorico e puramente potenziale o che la qualità di tale acqua presenti, in ogni caso, una tendenza al miglioramento, possono condurre ad una valutazione meno severa della gravità di tale infrazione.

105    Tuttavia, occorre tener conto, quali circostanze attenuanti, sotto un primo profilo, della cooperazione della Repubblica italiana con i servizi della Commissione nel corso dell’intera procedura; sotto un secondo profilo, dei progressi che tale Stato membro ha compiuto nell’esecuzione della sentenza C‑85/13; sotto un terzo profilo, degli sforzi d’investimento rilevanti che detto Stato membro ha intrapreso per dare esecuzione a tale sentenza e, sotto un quarto profilo, della nomina di un commissario straordinario unico a tal fine.

106    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la durata dell’infrazione, occorre prendere in considerazione il periodo compreso tra la pronuncia della sentenza che ha accertato il primo inadempimento e il momento in cui la Corte valuta i fatti [v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2024, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale II), C‑123/22, EU:C:2024:493, punto 126 e giurisprudenza ivi citata].

107    Nel caso di specie, la mancata esecuzione della sentenza C‑85/13 perdurava, alla data della valutazione dei fatti da parte della Corte, da circa undici anni, il che costituisce una durata eccessiva, sebbene occorra tener conto del periodo significativo di diversi anni che i necessari lavori infrastrutturali richiedevano.

108    Per quanto riguarda, in terzo luogo, la capacità finanziaria dello Stato membro interessato, la Commissione ha proposto, conformemente ai punti 3.4 e 4.2 della comunicazione del 2023, di prendere in considerazione il prodotto interno lordo (PIL) di tale Stato membro rispetto alla media del PIL degli Stati membri per due terzi del calcolo nonché la sua popolazione rispetto alla media della popolazione degli Stati membri, quale criterio demografico, per un terzo del calcolo.

109    A tal riguardo, dalla giurisprudenza recente della Corte risulta che la determinazione della capacità finanziaria dello Stato membro interessato non può includere nel metodo di calcolo del fattore «n», che rappresenta la capacità finanziaria dello Stato membro interessato rispetto alla capacità finanziaria degli altri Stati membri, la presa in considerazione di un criterio demografico secondo le modalità previste ai punti 3.4 e 4.2 della comunicazione del 2023 [sentenza del 25 aprile 2024, Commissione/Polonia (Direttiva sugli informatori), C‑147/23, EU:C:2024:346, punto 86].

110    Pertanto, al fine di determinare la capacità finanziaria della Repubblica italiana, occorre basarsi sul PIL di quest’ultima, quale fattore predominante, e prendere in considerazione l’evoluzione recente di tale PIL, quale si presenta alla data dell’esame dei fatti da parte della Corte [v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2024, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale II), C‑123/22, EU:C:2024:493, punto 131 e giurisprudenza ivi citata].

111    Alla luce delle considerazioni che precedono e in mancanza di determinazione, da parte della Commissione, di un criterio valido per il calcolo del fattore «n», che stabilisca la capacità finanziaria della Repubblica italiana, l’importo della somma forfettaria dev’essere fissato tenendo conto della media del PIL di tale Stato membro calcolata sugli ultimi tre anni. La Corte ritiene equa una valutazione delle circostanze del caso di specie che comporti la quantificazione dell’importo della somma forfettaria da imporre a detto Stato membro in EUR 10 milioni.

–       Sulla penalità

112    Secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’irrogazione di una penalità è giustificata, in linea di principio, soltanto se l’inadempimento relativo alla mancata esecuzione di una precedente sentenza perdura fino all’esame dei fatti da parte della Corte [sentenza del 13 giugno 2024, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale II), C‑123/22, EU:C:2024:493, punto 135 e giurisprudenza ivi citata].

113    Nel caso di specie, come risulta dai punti da 96 a 102 della presente sentenza, alla data dell’udienza le misure necessarie all’esecuzione della sentenza C‑85/13 non erano state ancora integralmente adottate.

114    In tali circostanze, la condanna della Repubblica italiana al pagamento di una penalità costituisce un mezzo finanziario appropriato al fine di indurre tale Stato membro ad adottare le misure necessarie per porre fine all’inadempimento constatato e per garantire la completa esecuzione della sentenza C‑85/13.

115    A tal proposito, secondo costante giurisprudenza, tale penalità deve essere stabilita in funzione del grado di persuasione necessario affinché lo Stato membro interessato modifichi il proprio comportamento e ponga fine al comportamento censurato [sentenza del 13 giugno 2024, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale II), C‑123/22, EU:C:2024:493, punto 138 e giurisprudenza ivi citata].

116    Nell’esercizio del suo potere discrezionale in materia, spetta alla Corte fissare detta penalità in modo tale che essa sia, da una parte, adeguata alle circostanze e, dall’altra, proporzionata all’inadempimento constatato nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro interessato [sentenza del 13 giugno 2024, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale II), C‑123/22, EU:C:2024:493, punto 139 e giurisprudenza ivi citata].

117    Nel fissare l’importo di una penalità, i criteri di base da prendere in considerazione per garantire la natura coercitiva di quest’ultima, ai fini di un’applicazione uniforme ed effettiva del diritto dell’Unione, sono, in linea di principio, la gravità delle infrazioni, la durata delle stesse e la capacità finanziaria dello Stato membro in questione. Per l’applicazione di tali criteri occorre tenere conto, in particolare, delle conseguenze della mancata esecuzione degli obblighi dello Stato membro interessato sugli interessi privati e pubblici nonché dell’urgenza che lo Stato membro interessato si conformi ai propri obblighi [sentenza del 13 giugno 2024, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale II), C‑123/22, EU:C:2024:493, punto 141 e giurisprudenza ivi citata].

118    Per quanto riguarda tali fattori, le circostanze che devono essere prese in considerazione emergono, in particolare, dai motivi esposti ai punti da 96 a 110 della presente sentenza, relativi alla gravità e alla durata dell’infrazione di cui trattasi nonché alla capacità finanziaria della Repubblica italiana.

119    Occorre inoltre prendere in considerazione, quale circostanza aggravante, il fatto che la completa esecuzione della sentenza C‑85/13 dovrebbe avvenire, secondo le ultime indicazioni fornite dalla Repubblica italiana nella controreplica, solo nel 2026, il che equivale ad un ritardo compreso tra i 26 e i 28 anni rispetto alla data in cui gli Stati membri avrebbero dovuto garantire il rispetto degli articoli 4 e/o 5, nonché 10, della direttiva 91/271.

120    Inoltre, la Commissione ha proposto alla Corte di ridurre progressivamente la penalità in funzione dei progressi compiuti nell’esecuzione della sentenza C‑85/13.

121    A questo proposito, occorre ricordare che, anche se, per garantire la piena esecuzione della sentenza della Corte, la penalità deve essere richiesta nella sua interezza fintantoché lo Stato membro non abbia adottato tutte le misure necessarie per porre termine all’inadempimento constatato, in taluni casi specifici può nondimeno ipotizzarsi una sanzione che tenga conto dei progressi eventualmente realizzati dallo Stato membro nell’esecuzione dei propri obblighi (sentenza del 31 maggio 2018, Commissione/Italia, C‑251/17, EU:C:2018:358, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

122    Nel caso di specie, si deve constatare che, a seguito del raggiungimento della conformità dell’agglomerato di Trappeto agli obblighi derivanti dalla direttiva 91/271, il numero di a.e. degli agglomerati che non disponevano di un sistema di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane conformi alle disposizioni pertinenti di tale direttiva ammontava, alla data dell’udienza, a 137 253.

123    Tenuto conto di tutte le circostanze della presente causa, la Corte reputa appropriata l’imposizione di una penalità decrescente dell’importo di EUR 75 000 al giorno.

124    Per quanto riguarda la periodicità della penalità, la componente degressiva di quest’ultima viene fissata, in conformità della proposta della Commissione, su una base semestrale, dato che la dimostrazione e l’analisi della prova della conformità della situazione degli agglomerati di cui trattasi alla direttiva 91/271 possono esigere un certo lasso di tempo, nonché per tener conto dei progressi eventualmente realizzati dalla Repubblica italiana. Pertanto, occorrerà ridurre l’importo complessivo relativo a ciascuno di questi periodi di una quota percentuale corrispondente alla percentuale che rappresenta il numero di a.e. degli agglomerati i cui sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane sono stati messi in conformità con quanto statuito dalla sentenza C‑85/13 (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2018, Commissione/Italia, C‑251/17, EU:C:2018:358, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

125    Occorre dunque condannare la Repubblica italiana a pagare alla Commissione una penalità di EUR 13 687 500 per ciascun semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza C‑85/13, a partire dalla data della pronuncia della presente sentenza e fino alla completa esecuzione della sentenza C‑85/13, penalità il cui importo effettivo deve essere calcolato alla fine di ciascun periodo di sei mesi riducendo l’importo complessivo relativo a ciascuno di questi periodi di una quota percentuale corrispondente alla percentuale che rappresenta il numero di a.e. degli agglomerati i cui sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane sono stati messi in conformità con quanto statuito dalla sentenza C‑85/13, alla fine del periodo considerato, in rapporto al numero di a.e. degli agglomerati che non dispongono di tali sistemi al giorno della pronuncia della presente sentenza.

 Sulle spese

126    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La Repubblica italiana, non avendo adottato tutte le misure necessarie per l’esecuzione della sentenza del 10 aprile 2014, Commissione/Italia (C‑85/13, EU:C:2014:251), è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.

2)      La Repubblica italiana è condannata a pagare alla Commissione europea una somma forfettaria di EUR 10 milioni.

3)      Nel caso in cui l’inadempimento constatato al punto 1 persista al giorno della pronuncia della presente sentenza, la Repubblica italiana è condannata a pagare alla Commissione europea una penalità di EUR 13 687 500 per ciascun semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 10 aprile 2014, Commissione/Italia (C‑85/13, EU:C:2014:251), a partire dalla data della pronuncia della presente sentenza e fino alla completa esecuzione della sentenza del 10 aprile 2014, Commissione/Italia (C‑85/13, EU:C:2014:251), penalità il cui importo effettivo deve essere calcolato alla fine di ciascun periodo di sei mesi riducendo l’importo complessivo relativo a ciascuno di questi periodi di una quota percentuale corrispondente alla percentuale che rappresenta il numero di abitanti equivalenti degli agglomerati i cui sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane sono stati messi in conformità con quanto statuito dalla sentenza del 10 aprile 2014, Commissione/Italia (C‑85/13, EU:C:2014:251), alla fine del periodo considerato, in rapporto al numero di abitanti equivalenti degli agglomerati che non dispongono di tali sistemi al giorno della pronuncia della presente sentenza.


4)      La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 marzo 2025.