Cass. Sez. III n. 1401 del 17 gennaio 2012 (Ud.15 dic. 2011)
Pres.Mannino Est.Teresi Ric.Clerico
Alimenti.Produzione e commercio di mangimi non rispondenti alle prescrizioni di legge

La vendita, l'immissione in commercio, la preparazione conto terzi o, comunque, la distribuzione per il consumo di mangimi non rispondenti alle prescrizioni di legge, o risultanti all'analisi non conformi alle dichiarazioni, indicazioni e denominazioni, prevista come reato dall'art. 22 L. 15 febbraio 1962, n. 281, integra, a seguito dell'entrata in vigore della L. 3 febbraio 2011, n. 4, l'illecito amministrativo di cui all'art. 6 della legge citata.

OSSERVA

Con sentenza in data 10.05.2010 il Tribunale di Cuneo condannava C.L. alla pena di Euro 8.000 d'ammenda quale colpevole del reato di cui alla L. n. 281 del 1963, art. 22, per avere, essendo legale rappresentante della Ferrero Mangimi s.p.a., posto in commercio e distribuito per il consumo una partita di 54 sacchi (da kg. 25 ciascuno) di mangime complementare per pecore in lattazione risultante, all'analisi, di avere un tenore di ceneri gregge pari al 10,4% superiore al tenore dichiarato sull'etichettatura pari al 7%.

Rilevava il tribunale:

- che campioni di mangime erano stati prelevati dai verbalizzanti presso i locali di una ditta sarda esercente il commercio di prodotti per l'allevamento;

- che i risultati delle analisi erano stati notificati all'interessata per l'eventuale richiesta di revisione delle stesse;

- che la società non aveva contestato i risultati delle analisi, nè la regolarità formale delle operazioni di prelievo dei campioni mediante una sonda, nè di quelle inerenti alla formazione delle aliquote per la costituzione del campione finale;

- che il CT dell'imputata aveva osservato, in dibattimento, che non portava a univoci risultati il prelievo dei campioni a mezzo di una sonda potendo, invece, essere utilizzata una pala eventualmente vuotando separatamente le confezioni;

- che tale assunto non aveva supporto normativo.

Proponeva ricorso per cassazione, integrato da memoria, l'imputata denunciando inosservanza della legge penale e mancanza di motivazione;

- sul rigetto dell'eccezione d'incompetenza territoriale poichè il locus commissi delicti andava individuato presso la sede legale della società anzichè con riferimento al luogo in cui era ubicato lo stabilimento di produzione dei mangimi;

- sull'affermazione di responsabilità avendo il CT dimostrato l'inattendibilità dei risultati d'analisi "in virtù della struttura e composizione del suddetto mangime e viste le modalità di prelievo dei campioni da parte dei funzionarì preposti".

Chiedeva l'annullamento della sentenza.

Con memoria depositata il 29.11.2011 la ricorrente segnalava l'intervenuta depenalizzazione del reato a seguito dell'entrata in vigore della L. 3 febbraio 2011, n. 4, art. 6.

Osserva la Corte che, con l'entrata in vigore della legge sopraindicata non è più prevista come reato nessuna delle condotte prima contemplate dalla L. 15 febbraio 1963, n. 281, art. 22, e successive modificazioni, che è stato così sostituito dall'art. 6 n. 1 (Misure sanzionatorie per la produzione e per il commercio dei mangimi): "Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto di terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo prodotti disciplinati dalla presente legge non rispondenti alle prescrizioni stabilite, o risultanti all'analisi non conformi alle dichiarazioni, indicazioni e denominazioni, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 Euro a 15.000 Euro".

Il nuovo testo della L. n. 4 del 2011, artt. 23 e 6, nulla dispongono quanto alla disciplina sanzionatoria transitoria.

Si pone, quindi, il problema per il giudice penale di dover o meno disporre, all'esito della pronuncia assolutoria o di archiviazione per intervenuta depenalizzazione, la trasmissione degli atti all'autorità amministrativa competente per l'irrogazione della "nuova" sanzione amministrativa.

Sul punto sono intervenute più volte le Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

In una prima pronuncia, coeva all'entrata in vigore della c.d. legge di depenalizzazione (L. 24 novembre 1981, n. 689), la Corte precisò come detta legge non si fosse limitata a prevedere una mera abolitio criminis rispetto ai reati punibili con la pena della multa o dell'ammenda, ma avesse trasformato gli anzidetti reati in illeciti amministrativi, soggetti alla sanzione del pagamento di una somma di danaro, a tal fine valorizzando espressamente la disposizione transitoria dell'art. 41 della legge cit., secondo cui l'autorità giudiziaria, se non deve pronunciare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti all'autorità competente.

Alcune decisioni successive, anche a Sezioni Unite, hanno escluso tuttavia resistenza dell'obbligo per il giudice penale di disporre la trasmissione degli atti all'autorità amministrativa competente in caso di sopraggiunta depenalizzazione, ove difetti un'espressa disposizione transitoria costitutiva di tale obbligo.

Tale soluzione, infatti, sarebbe imposta, da un lato, dal necessario rispetto del principio di legalità dell'illecito amministrativo consacrato nella L. n. 689 del 1981, art. 1, e, dall'altro, dall'assenza di norme transitorie analoghe a quelle di cui alla citata L. n. 689, artt. 40 e 41, la cui operatività sarebbe dunque limitata agli illeciti da essa depenalizzati e non riguarda, pertanto, gli altri casi di depenalizzazione.

Espressione di un orientamento giurisprudenziale difforme, invece, sono le più recenti decisioni, anche a Sezioni Unite, che affermano diversamente l'esistenza di un obbligo di trasmissione anche a carico della Corte di Cassazione in caso di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non essere il fatto previsto dalla legge come reato, ma solo come illecito amministrativo, ciò in forza della disposizione di carattere generale di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689.17, art. 41.

Tanto premesso, questa Corte ritiene di aderire alla tesi sostenuta dalla giurisprudenza prevalente che esclude la sussistenza dell'obbligo di trasmissione da parte del giudice penale ogniqualvolta difetti una norma transitoria ad hoc, trattandosi di soluzione conforme ai principi generali in materia e, segnatamente, a quello di legalità e di irretroattività degli illeciti amministrativi (L. n. 689 del 1981, art. 1) (Sezione 4 n. 41564/2010, RV. 248456).

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 dicembre 2011.