Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5919, del 1 dicembre 2014
Ambiente in genere.Legittimità ordinanza per progetto di bonifica e ripristino ambientale delle aree di proprietà

Il Comune aveva rilasciato autorizzazione per lo scarico su detta area di terra e macerie, con esclusione di qualsiasi materiale inquinante, al fine di coprire il dislivello prodotto dall’attività di escavazione già parzialmente ricoperto di rifiuti dal precedente proprietario dell’area. Con il provvedimento de quo, rilevata la sussistenza di una situazione di grave degrado ambientale e di pregiudizio all’integrità della falda acquifera sottostante l’area di cui trattasi, è stata paventata la possibilità di danni gravi ed irreparabili alle persone e all’ambiente, in dipendenza della presenza di materiali anche altamente inquinanti, infiammabili e decomposti che avevano provocato lo spandimento di percolato e di residui di cessione “derivati da R.S. acidi e dai tossico nocivi”. Il Sindaco ha quindi esercitato i poteri di sua spettanza, ai sensi dell’art. 28 della l. n. 142 del 1990, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciavano l'incolumità dei cittadini. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05919/2014REG.PROV.COLL.

N. 08193/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8193 del 2007, proposto da: 
da Nova Enrico, Nova Ludovico e Nova Alessandro, rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Scanzano, Luca Raffaello Perfetti e Oronzo De Donno, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Chiomenti, in Roma, via XXIV Maggio, n. 43;

contro

Comune di Vimodrone, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Chiarolanza, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Abbamonte, in Roma, via degli Avignonesi, n. 5; 
Provincia di Milano, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano, Sezione I, n. 2926/2006, resa tra le parti, di reiezione del ricorso n. 2184 del 1995, proposto per l’annullamento dell’ordinanza del Sindaco di Vimodrone n. 21 del 15 marzo 1995 (nella parte in cui ordinava ai ricorrenti di presentare, entro 60 giorni, un progetto di bonifica e ripristino ambientale delle aree di loro proprietà, nonché di effettuare, successivamente, la suddetta bonifica a loro spese e l’eventuale esecuzione d’ufficio nel caso di inosservanza); nonché di accoglimento, nei limiti indicati in motivazione, del ricorso n. 309/2000 (con cui è stata impugnata l’ordinanza sindacale n. 55 del 1999 e la nota della Provincia di Milano con cui era stato comunicato al Comune un elaborato da cui emergerebbe la necessità di disporre ulteriori indagini di carattere ambientale sull’area); inoltre di declaratoria di improcedibilità del primo ricorso per motivi aggiunti, per sopravvenuta carenza di interesse, e di reiezione del secondo ricorso per motivi aggiunti;



Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Vimodrone;

Vista la memoria prodotta dalla parte appellante a sostegno delle proprie difese;

Visto il decreto di perenzione 25 luglio 2013 n. 8960;

Vista la propria ordinanza 13 maggio 2014 n. 2425;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2014 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Paolo Lazzara, su delega dell'avvocato Luca Raffaello Perfetti, e Antonio Chiarolanza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO

1.- Ritiene il Collegio opportuno premettere una succinta ricostruzione in fatto della complessa vicenda di cui trattasi.

1.1.- Con atto del 31 maggio 1977 i signori Nova Enrico, Nova Ludovico e Nova Alessandro hanno acquistato, dall’Ente Comunale di Assistenza di Milano, un appezzamento di terreno, già destinato a cava, sito nel Comune di Vimodrone, di mq. 70.000, dei quali mq 25.000 ancora da colmare.

Prima del rogito notarile, il Comune di Vimodrone aveva rilasciato autorizzazione (con atto prot. 5561 del 19 maggio 1977) ai soggetti interessati ad effettuare, su detta area, lo scarico esclusivamente di terra e macerie, evitando qualsiasi tipo di materiale inquinante o incendiabile e prescrivendo che “l’ultimo strato di copertura (almeno 1 metro) debba essere fatto con terra di coltura e successivamente piantumata”.

Detta autorizzazione è stata poi revocata e la cava chiusa in data 26 settembre 1980.

Nel mese di dicembre 1994 il Comune suddetto ha disposto uno studio finalizzato alla determinazione di un’area su cui progettare e realizzare un Piano Particolareggiato d’Ambito, comprendente, come zona centrale, la cava “Giaggiolo”.

1.2.- Con ordinanza sindacale n. 21 del 15 marzo 1995 è stata disposta la presentazione da parte dei suddetti proprietari, entro 60 giorni, di un progetto di bonifica e ripristino ambientale delle aree di proprietà e l’effettuazione, successivamente, di opere di bonifica.

1.3.- Detta ordinanza è stata impugnata da detti proprietari presso il T.A.R. Lombardia, Milano con ricorso n. 2184 del 1995.

1.4.- Nel mese di luglio 1995 i suddetti signori Nova hanno inoltrato al Comune di Vimodrone, in ottemperanza alla citata ordinanza sindacale n. 21 del 1995, un progetto di bonifica dell’area e, successivamente, con nota 7809 del 15 aprile 1997, hanno prodotto un progetto denominato “linee guida progettuali per la messa in sicurezza di un’area ex discarica in Comune di Vimodrone di proprietà f.lli Nova ed Elfe sas”.

Con ordinanza n.64/97 del 26 settembre 1997 il Sindaco di detto Comune ha ordinato ai suddetti proprietari “di produrre entro 60 giorni a far data dai termini di notifica della presente, opportune analisi delle acque di prima falda ad integrazione del piano di caratterizzazione precedentemente eseguito; esecuzione in luogo di indagine finalizzata a verificare la presenza o meno di bio-gas … le spese di progettazione ed esecuzione per quanto ordinato saranno poste ad esclusivo carico della proprietà”.

I signori Nova hanno dato spontanea esecuzione all’ordinanza, presentando al Comune, in data 18 febbraio 1998, le analisi delle acque di prima falda, ad integrazione del piano precedentemente presentato, nonché l’indagine effettuata sull’eventuale presenza di bio-gas, dalle quali, assuntamente, emergeva l’assenza di agenti inquinanti.

Con relazione del 21 marzo 1998 lo studio geologico Bruzzi & Corno di Piacenza ha eseguito, per conto di detti proprietari, analisi sull’area, sintetizzando l’esito delle indagini effettuate a partire dal 1995.

La Provincia di Milano, in data 16 novembre 1999, ha comunicato al Sindaco del Comune di Vimodrone un elaborato contenente osservazioni tecniche ed ha evidenziato la necessità di disporre ulteriori indagini di carattere ambientale sull’area c.d. ex discarica E.C.A. di Vimodrone.

1.5.- Con ordinanza n. 55 del 22 novembre 1999, il Sindaco del Comune di Vimodrone ha prescritto ai signori Nova di produrre entro 60 giorni a far data dai termini di notifica: a) opportune e dettagliate informazioni circa lo stato qualitativo delle acque di falda in corrispondenza dell’area della ex discarica, con campione di validazione ufficiale del PMIP di competenza; b) di procedere all’esecuzione di una nuova piezometria su una rete di monitoraggio finalizzata al rilievo di prima falda e che tenesse in considerazione anche la presenza dei laghetti (cava Gaggiolo, dopolavoro Goal Cariplo e laghetto interno alla porzione settentrionale dell’ex discarica), prevedendone la misurazione dei livelli; c) di eseguire una nuova campagna analitica di prelievo delle acque di falda, seguendo le indicazioni di cui sopra e prevedendo, oltre al campionamento sui piezometri monte/valle, anche il contestuale prelievo delle acque di falda in corrispondenza del laghetto interno alla porzione settentrionale dell’ex discarica; d) di identificare con indagini ad hoc l’assenza di ulteriori focolai di rifiuti tossico-nocivi nella ex discarica, affinché il progetto di messa in sicurezza dell’area fosse dimensionato nel modo più corretto ed opportuno; e) di fornire documentazione tecnica ufficiale relativa ai risultati dei rilievi del bio-gas.

1.6.- Detta ordinanza è stata impugnata dai suddetti interessati presso il citato T.A.R. con ricorso n. 309 del 2000.

1.7.- Con ordinanze collegiali 8 febbraio 2000 n. 409 e 7 marzo 2000 n. 753 il T.A.R. suddetto ha accolto interinalmente la domanda incidentale di sospensiva.

1.8.- L’istanza cautelare è stata respinta poi con ordinanza 25 luglio 2000 n. 2651 e successivamente riformata da questo Consiglio con ordinanza 29 settembre 2000 n. 4866.

1.9.- Con ordinanza del Sindaco del Comune di Vimodrone n. 49 del 29 maggio 2001 è stato ordinato ai suddetti ricorrenti di produrre, entro 90 giorni, l’aggiornamento del progetto denominato “linee guida progettuali per la messa in sicurezza di un’area, ex discarica, in Comune di Vimodrone di proprietà f.lli Nova e Elfe sas” con “i risultati delle ultime analisi effettuate” nonché di integrarlo con “la quantificazione dei costi degli interventi di messa in sicurezza e della manutenzione e gestione del monitoraggio ad essa conseguente”.

1.10.- Con atto per motivi aggiunti al ricorso n. 309 del 2000 i signori Nova hanno impugnato detta ordinanza n. 49 del 2001 e gli atti preliminari ai quali la medesima aveva fatto riferimento, cioè: a) il verbale della conferenza di Servizi per la realizzazione della S.P. n. 160 Mirazzano-Vimodrone, tenutasi in data 14 marzo 2001; b) la deliberazione della Giunta Comunale n. 75 del 3 aprile 2001 avente ad oggetto “approvazione linee guida progettuali per la messa in sicurezza di un’area, ex discarica, in Comune di Vimodrone di proprietà f.lli Nove e Elfe sas”.

1.11.- Con ordinanza del 25 maggio 2001 n. 2051 il citato T.A.R. ha accolto l’istanza cautelare ed ha sospeso l’ordinanza del Comune di Vimodrone n. 49 del 29.05.2001, il verbale della conferenza di Servizi per la realizzazione della S.P. n. 160 Mirazzano-Vimodrone, tenutasi in data 14 marzo 2001, e la deliberazione della Giunta Comunale n. 75 del 3 aprile 2001.

1.12.- Con ordinanza n. 173 del 28 novembre 2002, il Comune di Vimodrone, dato atto che i signori Nova non avevano eseguito i provvedimenti con i quali erano stati richiesti accertamenti tecnici di varia natura (invece impugnati dinnanzi all’Autorità Giudiziaria) e premesso che il Comune aveva, pertanto, proceduto all’esecuzione d’ufficio dei rilievi necessari (poi approvati come integrazioni alle linee guida progettuali con delibera di giunta comunale n. 189 del 16 ottobre 2002), ha ordinato ai suddetti “di provvedere, entro 60 giorni dalla notifica, alla predisposizione del progetto definitivo in conformità al progetto preliminare costituito dalle linee guida progettuali per la messa in sicurezza di un’area ex discarica in Comune di Vimodrone di cui alla G.C. n. 75 del 03.04.01 come integrate dagli elaborati approvati dalla G.C. n. 189 del 16.10.2002”, nonché “di provvedere all’esecuzione dei lavori di messa in sicurezza entro 180 gg. dalla data di approvazione del progetto definitivo…”.

1.13.- Detta ordinanza n. 173 del 2002 è stata impugnata con atto per motivi aggiunti al ricorso n. 309 del 2000, unitamente al verbale della Conferenza di Servizi per la realizzazione della S.P. n. 160 Mirazzano-Vimodrone, del 4 ottobre 2002, e alla delibera di Giunta Comunale di Vimodrone n. 189 del 16 ottobre 2002, recante “integrazioni alle linee guida progettuali” per la messa in sicurezza dell’area in questione, richieste con ordinanza sindacale n. 49 del 2001.

1.14.- Con ordinanza 20 febbraio 2003 n. 355, il T.A.R. ha respinto l’istanza cautelare formulata con detti motivi aggiunti.

2.- Con la sentenza in epigrafe indicata il T.A.R. adito ha in seguito accolto il ricorso n. 309 del 2000, nei limiti seguenti: a) ha respinto la censura di incompetenza, b) ha riconosciuto fondato il motivo che il provvedimento impugnato era in realtà diretto ad ottenere una bonifica a spese del privato per costruire una strada, in violazione dei parametri e dei limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli individuati con riferimento alla specifica destinazione d’uso; ha inoltre dichiarato improcedibile l’impugnazione degli atti effettuata con i primi motivi aggiunti, per sopravvenuta carenza di interesse, ed ha respinto, in quanto infondato, il secondo ricorso per motivi aggiunti.

3.- Con il ricorso in appello in esame i signori Nova hanno chiesto la riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:

a) Con riguardo al ricorso n. 2184 del 1995

a.1) Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria e contraddittorietà.

Non sarebbero sussistiti i presupposti per imporre la bonifica al soggetto non inquinatore.

a.2) Violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 616 del 1977, dell’art. 11 della l.r. Lombardia n. 94 del 1980 e dell’art. 7 del d.P.R. n. 915 del 1982. Incompetenza.

Il T.A.R. avrebbe incondivisibilmente ritenuto che il potere di emanare ordinanza in materia di igiene e sanità da parte del Sindaco gli conferisse automaticamente anche la competenza di procedere a controlli spettanti ad altra Autorità.

a.3) Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento.

La sentenza avrebbe erroneamente ritenuto assorbito il terzo motivo di ricorso, con cui era stato dedotto sviamento di potere.

a.4) Eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità manifesta e difetto dei presupposti di fatto per l’emissione dell’ordinanza contingibile ed urgente.

Il T.A.R. avrebbe erroneamente sostenuto che sussisteva l’effettiva conoscenza dell’inquinamento ambientale che deve essere sottesa all’ordinanza contingibile ed urgente.

a.5) Violazione della l. n. 241 del 1990.

il T.A.R., in relazione alla censura di mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, avrebbe, contraddittoriamente, da una parte sostenuto che il carattere d’urgenza dell’ordinanza ne escludeva la necessità e, dall’altra, affermato che il procedimento era iniziato tre anni prima.

b) Sul ricorso n. di r.g. 309 del 2000:

b.1) Violazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione, degli artt. 14 e 38 della l. n. 142 del 1990, degli artt. 3, 7 e 18 della l. n. 241 del 1990, degli artt. 17 e 19 del d.lgs. n. 22 del 1997, nonché dell’art. 7 della l.r. Lombardia n. 94 del 1980. Incompetenza del Sindaco del Comune di Vimodrone. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e diritto, nonché per illogicità ed ingiustizia manifeste.

Il giudice di primo grado non avrebbe considerato alcuni motivi di illegittimità dell’ordinanza n. 55 del 1999 sollevati nel primo motivo del secondo ricorso, né le censure svolte al punto B) del primo motivo di ricorso, in ordine alla carenza di congrua motivazione dell’ordinanza contingibile ed urgente di bonifica.

c) Sui motivi aggiunti al ricorso n. 309 del 2000 avverso l’ordinanza del Sindaco n. 173 del 2002:

c.1.) Violazione dell’ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 4866 del 2000. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 e dell’art. 54 del d. lgs. n. 267 del 2000. Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, travisamento dei presupposti di fatto e diritto. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta.

c.2) Illegittimità degli atti impugnati per illegittimità derivata da quella dei provvedimenti impugnati con il ricorso principale.

4.- Con atto depositato il 30 gennaio 2008 si è costituito in giudizio il Comune di Vimodrone, che ha contestato tutti i motivi d’appello ed ha sostanzialmente evidenziato che i Nova avevano continuato ad utilizzare l’area come discarica dopo l’acquisto, sicché avrebbero poi potuto rivalersi nei confronti del precedente inquinatore.

5.- Con memoria depositata il 19 giugno 2013 gli appellanti hanno dedotto la sussistenza del permanere di interesse alla decisione del gravame.

6.- Con decreto 25 luglio 2013 n. 8960 il ricorso in appello è stato dichiarato perento.

7.- Con atto notificato il 15.10.2013 e depositato il 19.10.2013 gli appellanti hanno proposto opposizione a detto decreto di perenzione

8.- Con ordinanza 13 maggio 2014 n. 2425 la Sezione ha accolto detta opposizione e ha revocato il decreto di perenzione n. 960, fissando l'udienza di trattazione del merito.

9.- Alla pubblica udienza del 14 ottobre 2014 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

10.- L’appello è infondato.

11.- Vanno innanzi tutto esaminate le censure attinenti alla parte della gravata sentenza relativa al ricorso n. 2184 del 1995, con il quale era stata impugnata l’ordinanza sindacale n. 21 del 15 marzo 1995 (nella parte in cui ordinava ai ricorrenti di presentare, entro 60 giorni, un progetto di bonifica e ripristino ambientale delle aree di loro proprietà e di effettuare, successivamente, la suddetta bonifica a loro spese e l’eventuale esecuzione d’ufficio nel caso di inosservanza).

11.1.- Con il primo motivo di gravame è stato dedotto che nell’area di proprietà dei ricorrenti non erano stati rinvenuti rifiuti tossici o nocivi, sicché, in assenza di pericolo incombente per la salute pubblica, sarebbe stata palese l’assenza dei presupposti per l’adozione da parte del Sindaco di una ordinanza contingibile ed urgente.

Anche l’istruttoria sarebbe stata carente, non essendo state compiute adeguate indagini per l’individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento (il quale sarebbe il solo che può essere legittimamente chiamato a realizzare direttamente interventi di bonifica).

Non sarebbero quindi sussistiti i presupposti per imporre la bonifica al soggetto non inquinatore.

11.1.1.- Rileva il Collegio che il giudice di primo grado ha respinto la censura relativa al mancato rinvenimento di rifiuti tossici o nocivi perché infondata in fatto, dal momento che con il provvedimento impugnato non era stato contestato il rinvenimento di rifiuti speciali o tossici nelle aree di proprietà dei Nova, bensì di rifiuti solidi urbani non ammessi dall’autorizzazione comunale prot. n. 5561 del 19.05.1977 e, quindi, costituenti oggetto di condotta contrastante con le prescrizioni autorizzatorie. Ciò in quanto l’ordinanza sindacale aveva giustificato le prescrizioni imposte con riferimento al grave danno ambientale derivante da “materiali decomposti che hanno provocato lo spandimento sul terreno permeabile di percolato derivato dagli R.S.U…”.

11.1.2.- Va osservato in proposito che dalla disamina di detta ordinanza n. 21 del 1995 si evince che essa è stata adottata a seguito di presa visione della relazione, redatta su incarico del Comune, dell’ing. Ermanno Calcinati e del dott. geologo Aldo Sbrana, in cui è asserito che nell’area di proprietà pro quota della società Nova, erano presenti, sotto un primo strato di materiali di risulta ed inerti, rifiuti solidi urbani, mentre, in particolare nell’area n. 3, sotto un primo strato coltivo, si trovavano rifiuti non urbani, come barattoli di vernice e bidoncini con sostanze semisolide. Quindi con detta ordinanza, preso atto della ricorrenza di una situazione di grave degrado ambientale (con rischio di pregiudizio dell’integrità della falda acquifera sottostante, comportante la possibilità di danno grave ed irreparabile alle persone e all’ambiente, per la presenza di materiali altamente inquinanti infiammabili e decomposti) e stante la necessità e l’urgenza di assicurare la bonifica ambientale dei luoghi, il Comune ha ordinato la produzione del progetto esecutivo dei lavori di bonifica e ripristino ambientale dell’area, con spese a carico delle proprietà, fermo restando il diritto di rivalsa nei confronti degli aventi causa e degli altri soggetti individuati dalla l.r. n. 93 del 1983.

E’ quindi, secondo il Collegio, infondata la tesi, genericamente formulata nell’atto d’appello, che nell’area non si fosse verificato il rinvenimento di rifiuti tossici o nocivi, giustificante l’emissione dell’ordinanza, considerato che, secondo condivisibile giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. V, 17 maggio 1996, n. 563), è legittima l'adozione di una ordinanza contingibile e urgente da parte del Sindaco in materia di tutela del suolo da rifiuti tossici e nocivi.

11.1.4.- Quanto alla dedotta carenza di istruttoria con riguardo all’individuazione del responsabile dell’inquinamento che è tenuto a realizzare direttamente interventi di bonifica, rileva la Sezione che, secondo condivisa giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sezione VI, 17 luglio 2010, n. 4561), il proprietario del suolo, che sia imputabile in parte della contaminazione dello stesso per aver consentito l’aumento del livello di inquinamento dell’area, è legittimamente tenuto a predisporre un progetto di messa in sicurezza dell’area.

Nel caso che occupa è stato affermato dalla difesa del resistente Comune, a pag. 45 della memoria di costituzione, e non è stato adeguatamente smentito da controparte, che gli odierni appellanti “proseguirono anche se solo dopo i successivi tre anni dall’acquisto ad utilizzare la cava come discarica, e, pertanto, data pure la qualità dei rifiuti riportati alla luce, non v’è dubbio che, se pur il primo agente inquinatore fosse stato l’E.C.A. o chi per essa abbia esercitato l’attività di raccolta rifiuti e discarica, non v’è dubbio che successivamente in egual maniera hanno provveduto ad inquinare i F.lli Nova medesimi”.

Invero nel ricorso in appello è affermato che prima della stipulazione (in data 31 maggio 1977) dell’atto d’acquisto dell’area in questione da parte degli appellanti, in data 19 maggio 1977 il Comune aveva rilasciato autorizzazione per lo scarico su detta area di terra e macerie, con esclusione di qualsiasi materiale inquinante, al fine di coprire il dislivello prodotto dall’attività di escavazione già parzialmente ricoperto di rifiuti dal precedente proprietario dell’area; inoltre che l’autorizzazione era stata revocata in data 26 settembre 1980.

Orbene, poiché, ai sensi dell’art. 184, comma 3, lettera b. del d. lgs. n. 152 del 2006, sono rifiuti speciali “i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis”, le censure in esame possono quindi essere ritenute incondivisibili.

11.2.- Con il secondo motivo di appello è stato dedotto che il T.A.R. avrebbe omesso la disamina dell’art. 104 del d.P.R. n. 616 del 1977 (secondo cui sono attribuite alla Provincia le funzioni amministrative concernenti il controllo sulle discariche dei rifiuti), applicabile alla fattispecie, ed avrebbe incondivisibilmente ritenuto che il potere di emanare ordinanze in materia di igiene e sanità di cui è titolare il Sindaco gli conferisse automaticamente anche la competenza di procedere a controlli spettanti ad altra Autorità, da svolgere per emettere detti provvedimenti.

Inconferente sarebbe il riferimento effettuato dal primo giudice all’art. 9 del d.P.R. n. 915 del 1982, perché esso si riferirebbe all’abbandono incontrollato di rifiuti, mentre nel caso che occupa la discarica a suo tempo era stata autorizzata e detta norma non riguarderebbe il controllo sulle discariche ma sul territorio comunale.

L’incompetenza del Comune sarebbe dimostrata dall’avvenuto affidamento a professionisti dell’effettuazione del sopralluogo nell’ex discarica per effettuare rilievi planovolumetrici (a seguito del quale sarebbe stata abusiva la loro introduzione nell’area perché, invece di effettuare misurazioni del terreno, avrebbero svolto rilievi di carattere sanitario ambientale, pur essendo consci della loro incompetenza al riguardo).

Illogica sarebbe la sentenza impugnata laddove afferma che i ricorrenti avrebbero ben potuto nominare periti di parte a seguito della comunicazione di sopralluogo, ma che non lo avrebbero fatto per libera scelta. Essi non avrebbero infatti ritenuto di nominare periti di parte con riguardo ai prospettati rilievi planovolumetrici da effettuare, mentre li avrebbero nominati se avessero saputo che sarebbero stati effettuati rilievi sulla presenza di rifiuti, circostanza di cui non erano stati posti a conoscenza e tenuto conto che in precedenza non era stata prospettata l’esigenza di bonifica dell’area.

11.2.1.- Osserva al riguardo la Sezione che il primo giudice ha ritenuto correttamente esercitato il potere di indagine e di verifica del degrado dei suoli esercitato dai tecnici inviati dal Comune sulla base della relazione dei quali è stata emessa l’ordinanza contingibile ed urgente, che, essendo stata adottata in materia di igiene e sanità, trovava il proprio fondamento nell’allora vigente art. 38 della l. n. 142 del 1990, poi confluito nell’art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000 e nell’art. 9 del d.P.R. n. 915 del 1982.

La tesi è condivisibile, atteso che il provvedimento di diffida a procedere alla bonifica di un terreno, in quanto esplicitamente finalizzato a prevenire pericoli per la pubblica incolumità, per l'igiene e la salute pubblica, adottato richiamando il d.P.R. n. 915 del 1982, ha certamente natura di ordinanza contingibile ed urgente, ragion per cui è di competenza esclusiva del Sindaco.

L’art. 9 di detto d.P.R., all’epoca vigente, stabiliva che “é vietato l'abbandono, lo scarico o il deposito incontrollato dei rifiuti in aree pubbliche e private soggette ad uso pubblico.

In caso di inadempienza il sindaco, allorché sussistano motivi sanitari, igienici od ambientali, dispone con ordinanza, previa fissazione di un termine per provvedere, lo sgombro di dette aree in danno dei soggetti obbligati.

Ferme restando le disposizioni contenute nella legge 10 maggio 1976, n. 319, e successive modificazioni, è fatto divieto di scaricare rifiuti di qualsiasi genere nelle acque pubbliche e private”.

Ai sensi dell’art. 38, comma 2, della l. n. 142 del 1990, “Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini; per l'esecuzione dei relativi ordini può richiedere al prefetto, ove occorra, l'assistenza della forza pubblica”.

Con il provvedimento de quo, rilevata la sussistenza di una situazione di grave degrado ambientale e di pregiudizio all’integrità della falda acquifera sottostante l’area di cui trattasi, è stata paventata la possibilità di danni gravi ed irreparabili alle persone e all’ambiente, in dipendenza della presenza di materiali anche altamente inquinanti, infiammabili e decomposti che avevano provocato lo spandimento di percolato e di residui di cessione “derivati da R.S. acidi e dai tossico nocivi”.

Il Sindaco ha quindi esercitato i poteri di sua spettanza, ai sensi dell’art. 28 della l. n. 142 del 1990, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciavano l'incolumità dei cittadini.

A nulla vale che l’art. 9 del d.P.R. n. 915 del 1982 si riferisca all’abbandono incontrollato di rifiuti, mentre nel caso di specie, come dedotto dagli appellanti, si era in presenza di una discarica a suo tempo autorizzata, atteso che [a prescindere dalla circostanza che, come in precedenza evidenziato, in loco erano stati deposti rifiuti speciali (macerie) anche dopo la chiusura della discarica nell’anno 1977] comunque le funzioni amministrative attribuite alla Provincia ex art. 104 del d.P.R. n. 616 del 1977 (concernenti il controllo sulle discariche e sugli impianti di trasformazione e smaltimento dei rifiuti) non si estendono alla emanazione di ordinanze contingibili ed urgenti per motivi di salute pubblica, di competenza esclusiva del Sindaco.

Incondivisibile è poi la tesi che l’incompetenza del Comune sarebbe dimostrata dall’avvenuto affidamento a professionisti dell’effettuazione del sopralluogo nell’ex discarica per effettuare rilievi, atteso che non si vede a chi altri se non a tecnici competenti a tanto dovesse essere affidata la verifica in questione.

Quanto alla dedotta censura che essi tecnici si sarebbero introdotti nell’area al dichiarato scopo di effettuare rilievi planovolumetrici invece che attività di ricerca (che sarebbe stata effettivamente svolta), va rilevato che non appare smentito il rilievo effettuato dal primo giudice che essa era infondata in fatto.

Invero, già con nota prot. 20265 del 9 ottobre 1992, il Comune aveva comunicato ai ricorrenti che, con riguardo ai rischi di potenziale inquinamento delle acque sotterranee, conseguenti anche a situazioni pregresse, stava svolgendo, congiuntamente al PMIP di Milano e all’U.S.S.L. 58 - Servizio Tutela Ambientale, un piano di intervento finalizzato all’accertamento della tipologia del materiale usato nel riempimento della cava di cui trattasi e che a tale fine essi venivano informati della circostanza che in data 22.10.1992 il personale preposto si sarebbe trovato presso la cava in oggetto per effettuare un sopralluogo con escavazione di trincee; con l’atto era stata anche chiesta la presenza del titolare o di un suo incaricato, in modo da permettere l’accesso all’area.

Tanto dimostra che i ricorrenti non potevano del tutto ignorare che tipo di indagini sarebbero state effettuate nell’area in questione, essendo stati preavvisati dal Comune, con possibilità di nomina di periti di parte, non esercitata, sebbene nella citata nota prot. 20265 del 1992 fosse indicato che l’indagine era estesa alla tipologia del materiale usato nel riempimento della cava di cui trattasi.

11.3.- Con il terzo motivo di gravame è stato sostenuto che la sentenza avrebbe erroneamente ritenuto assorbito il terzo motivo di ricorso, con cui è stato dedotto sviamento di potere, in quanto il Comune che intendeva costruire una strada, invece di imporre al costruttore di predisporre l’area, previa bonifica, se del caso, ha avviato il procedimento di bonifica dell’intera area.

11.3.1.- Osserva la Sezione che il T.A.R. ha evidenziato che dagli atti di causa risultava che il Comune, pur avendo l’obiettivo finale della redazione di un piano di tipo urbanistico, intendeva apertamente procedere alla verifica dello “stato di fatto e delle cause del particolare degrado delle aree, al fine di far redigere il progetto di riqualificazione ambientale” (come da nota prot. 11342 del 3 giugno 1994); inoltre che nell’ordinanza impugnata era chiaramente affermato che non era possibile attivare le opere viarie senza previa effettuazione degli interventi di bonifica.

Tanto dimostra che è stato correttamente affermato in sentenza che dette circostanze comportavano l’assorbimento della censura di sviamento di potere, dal momento che non erano idonee a dimostrare l’insussistenza dell'effettiva e comprovata divergenza fra l'atto adottato e la sua funzione tipica, ovvero l'esercizio del potere per finalità diverse da quelle enunciate dal legislatore con la norma attributiva dello stesso, al fine di perseguire un interesse diverso da quello pubblico.

Solo infatti precisi e concordanti elementi di prova sono idonei a dare conto delle divergenze dell'atto dalla sua tipica funzione istituzionale, che devono supportare la censura di sviamento; non sono invece sufficienti semplici supposizioni o indizi che non si traducano nella dimostrazione dell'illegittima finalità perseguita in concreto dall'organo amministrativo, né il vizio è ravvisabile quando l'atto è comunque adottato, come nel caso che occupa, conformemente alle norme sulla sua forma e il suo contenuto e risulta comunque aderente al fine cui è istituzionalmente preordinato (Consiglio di Stato, sez. VI, 3 luglio 2014, n. 3355).

11.4.- Con il quarto motivo d’appello è stato dedotto che, con riguardo al quarto motivo di ricorso (con cui era stata censurata l’ordinanza per illogicità manifesta e difetto dei presupposti di fatto), il T.A.R. ha sostenuto che non sussisteva alcun vizio “dal momento che il Comune era a conoscenza dell’effettivo degrado ambientale dell’area” (tanto che 3 anni prima aveva palesato la necessità di indagini per accertare il potenziale inquinamento), ma l’effettiva conoscenza dell’inquinamento ambientale che era presupposto per l’emanazione dell’ordinanza contingibile ed urgente avrebbe potuto fondarsi solo su di un’indagine condotta dal soggetto competente e non dalla mera volontà di procedere ad un sopralluogo. Non si comprenderebbe quali risultati abbia prodotto l’indagine dell’anno 1992 della U.S.L. (che soli avrebbero potuto rilevare la presenza di sostanze inquinanti ed il pericolo per la pubblica incolumità giustificante l’ordinanza contingibile ed urgente) e comunque il Comune avrebbe omesso di verificare i risultati delle analisi da essa effettuate, limitandosi a disporre un’ispezione, i cui esiti sarebbero aleatori perché la presenza di rifiuti solidi urbani non postulerebbe il necessario inquinamento delle sottostanti falde per mancanza di falde acquifere o per impermeabilità del terreno.

11.4.1.- Osserva al riguardo la Sezione che il T.A.R. non ha al riguardo sostenuto, come affermato dagli appellanti, che non sussisteva alcun vizio “dal momento che il Comune era a conoscenza dell’effettivo degrado ambientale dell’area”, ma al contrario che “La circostanza, poi, che il Comune fosse a conoscenza dell’effettivo degrado ambientale in cui versava l’area, risulta smentito dalla documentazione in atti”, come risultante dalla citata nota prot. n. 20265 del 1992 con cui il Comune riferiva ai ricorrenti di indagini in corso dirette ad accertare “il potenziale inquinamento delle acque sotterranee”.

Quanto alla circostanza che la conoscenza dell’inquinamento ambientale (presupposto per l’emanazione dell’ordinanza contingibile ed urgente) avrebbe dovuto provenire da organo competente, va rilevato che l’impugnata ordinanza è basata sui risultati della ispezione dell’ing. Calcinati e del geologo dott. Sbrana, che avevano rilevato la presenza nel sottosuolo anche di rifiuti non urbani, come barattoli di vernice e bidoncini con sostanze semisolide, con palese sussistenza dello stato di pericolo alla sicurezza che ben giustificava l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente adottata (in cui è chiaramente affermato che al degrado ambientale si aggiungeva il rischio di pregiudizio dell’integrità della falda acquifera sottostante, concretante la possibilità di un danno grave ed irreparabile alle persone ed all’ambiente in dipendenza della presenza di materiali decomposti che hanno provocato lo spandimento sul terreno permeabile di percolato derivato dagli R.S.U.).

Il rischio di inquinamento non era poi meramente aleatorio, come affermato dagli appellanti, ma pienamente plausibile, anche secondo dati di comune esperienza circa l’attitudine dei percolati ad inquinare le falde sottostanti, a nulla valendo le generiche ipotesi formulate con l’atto d’appello circa la sua possibile insussistenza.

Anche le esaminate censure sono quindi insuscettibili di assenso.

11.5. Con il quinto motivo di gravame è stata dedotta violazione della l. n. 241 del 1990 perché il T.A.R., in relazione alla censura di mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, avrebbe, contraddittoriamente, da una parte sostenuto che il carattere d’urgenza dell’ordinanza ne escludeva la necessità e dall’altra affermato che il procedimento era iniziato tre anni prima (ma, se il Sindaco aveva impiegato tre anni per comprendere lo stato dei luoghi, sarebbe mancato il presupposto per l’emissione dell’ordinanza d’urgenza e comunque non sarebbe chiara quale circostanza avesse fatto mutare la situazione di fatto e richiedere l’intervento urgente).

11.5.1.- La Sezione ritiene la censura incondivisibile, innanzi tutto perché il presupposto per l'adozione dell'ordinanza contingibile è la sussistenza e l'attualità del pericolo, cioè del rischio concreto di un danno grave e imminente per l'incolumità pubblica e per l'igiene, a nulla rilevando che la situazione di pericolo sia nota da tempo; nel caso di specie l’esistenza del pericolo era venuta alla luce a seguito della citata relazione tecnica.

In secondo luogo perché, in caso di emanazione di un'ordinanza contingibile ed urgente, non occorre il rispetto delle regole procedimentali poste a presidio della partecipazione del privato, ex art. 7 della l. n. 241 del 1990, essendo queste incompatibili con l'urgenza di provvedere, anche in ragione della perdurante attualità dello stato di pericolo, che può aggravarsi con il trascorrere del tempo; di fatto, la comunicazione di avvio del procedimento nelle ordinanze contingibili e urgenti del Sindaco non può che essere di pregiudizio per l'urgenza di provvedere (Consiglio di Stato, sez. V, 19 settembre 2012, n. 4968).

12.- Sul ricorso n. di r.g. 309 del 2000 con cui è stata impugnata l’ordinanza n. 55 del 22 novembre 1999, con la quale era stata prescritta l’esecuzione di ulteriori analisi sulle aree in questione:

12.1.- Con il primo motivo di gravame è stato dedotto che il giudice di primo grado non avrebbe considerato alcuni motivi di illegittimità dell’ordinanza n. 55 del 1999 sollevati nel primo motivo del secondo ricorso, in particolare non avrebbe fatto riferimento alla censura di violazione dell’art. 38 della l. n. 142 del 1990 sotto il profilo della carenza dei presupposti per emanare l’ordinanza contingibile ed urgente, cioè della grave minaccia all’incolumità pubblica richiesta da detta norma per l’esercizio del potere sindacale, perché non solo non sarebbe sussistito tale pericolo, ma l’ordinamento avrebbe previsto altri rimedi per far fronte al controllo dell’inquinamento dell'area, peraltro non di competenza comunale ma provinciale. Inconferente sarebbe stato il richiamo all’art. 17, comma 4, del d.P.R. n. 915 del 1982, contenuto in sentenza, per incardinare in capo al Sindaco la competenza sul controllo delle discariche.

La sentenza non si sarebbe pronunciata neppure sulle censure svolte al punto B) del primo motivo di ricorso, in ordine alla carenza di congrua motivazione sulle ragioni che avevano indotto il Sindaco ad emanare l’ordinanza contingibile ed urgente di bonifica. Inoltre nel caso di specie la normativa richiamata dall’Amministrazione sarebbe stata inconferente perché la l.r. n. 94 del 1980 (che impone contestualmente al rilascio dell’autorizzazione l’obbligo di individuare le misure per il ripristino dei luoghi dopo la chiusura) sarebbe stata inapplicabile alla fattispecie, perché la discarica era stata chiusa nell’anno 1977 e comunque era tenuto al ripristino il soggetto che aveva gestito la discarica.

12.1.1.- Osserva la Sezione,riguardo al primo di detti motivi d’appello, che con l’ordinanza sindacale n. 55 del 22 novembre 1999 era stato prescritto agli attuali appellanti di produrre informazioni circa lo stato qualitativo delle acque, di eseguire una nuova piezometria e una campagna analitica di prelievo delle acque di falda, di identificare l’assenza di ulteriori focolai di rifiuti tossico nocivi e di fornire documentazione tecnica ufficiale con riguardo ai risultati dei rilievi del biogas.

Risulta dall’impugnata sentenza che, con riguardo a detta ordinanza sindacale n. 55 del 1999, era stata lamentata violazione, per errata applicazione, degli artt. 14 e 38 della l. n. 142 del 1990, perché essa sarebbe stata viziata da incompetenza in quanto, non essendo qualificabile come ordinanza contingibile ed urgente, non sarebbe stata di competenza del Comune.

Va osservato in proposito che detto art. 14 indica le funzioni spettanti alla Provincia e l’art. 38 quelle del Sindaco; in proposito il T.A.R. ha affermato che, poiché la pregressa ordinanza n. 21 del 1995 presentava le caratteristiche del provvedimento contingibile ed urgente ed era di competenza del Comune, anche il procedimento che ne era seguito era di competenza comunale.

Detta condivisibile tesi esclude che il primo giudice fosse tenuto a dedurre anche in ordine alla lamentata carenza dei presupposti (minaccia alla pubblica incolumità ed insussistenza di altri possibili rimedi) per emanare l’ordinanza contingibile ed urgente, che, peraltro, con riguardo all’ordinanza n. 21 del 1995, è stata riconosciuta sussistente per le considerazioni pregresse cui si fa richiamo.

Dette considerazioni escludono anche la condivisibilità del rilievo formulato dagli appellanti in ordine alla mancata pronuncia circa le ragioni che avevano indotto il Sindaco ad utilizzare uno strumento d’emergenza per imporre operazioni di bonifica dell’area e all’inconferenza della normativa richiamata dall’Amministrazione; ciò tenuto conto che l’ordinanza n. 55 del 1999 impugnata non richiedeva, come in precedenza evidenziato, la bonifica dell’area ma solo lo svolgimento di indagini sullo stato del suolo.

13.- Sui motivi aggiunti al ricorso n. 309 del 2000 avverso l’ordinanza del Sindaco di Vimodrone n. 173 del 2002:

13.1.- Con detta ordinanza, che imponeva nuovamente ulteriori verifiche ed analisi, sarebbe stata violata l’ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 4866 del 2000, non essendo stata chiesta la predisposizione di un progetto definitivo di bonifica, ma ordinata la messa in sicurezza dell’area, che può essere addossata solo all’inquinatore, indipendentemente dall’accertamento delle responsabilità.

13.1.1.- Osserva il Collegio che con l’ordinanza del Consiglio di Stato n. 4866 del 29 settembre 2000 è stata sospesa l’efficacia dell’ordinanza del Sindaco di Vimodrone n. 55 del 1999, con cui, come in precedenza evidenziato, era stato chiesta la produzione di informazioni circa lo stato qualitativo delle acque di falda, l’esecuzione di una nuova piezometria, l’esecuzione di una campagna analitica di prelievo delle acque, l’effettuazione di indagini circa ulteriori focolai di rifiuti tossico nocivi nella discarica e documentazione tecnica ufficiale relativa ai rilievi del biogas; con essa ordinanza è stato aggiunto che rimaneva salva la facoltà dell’Amministrazione di provvedere a proprie spese ai prelievi, campionamenti ed analisi circa l’inquinamento ambientale, riservando l’addebito dei costi ai privati all’esito della causa (il che è stato effettuato con atti cui ha fatto seguito l’emanazione dell’ordinanza n. 49 del 29 maggio 2001, pure impugnata dai signori Nova).

L’ordinanza n. 173 del 2002 aveva un oggetto diverso e riguardava la predisposizione di un progetto di bonifica e messa in sicurezza da parte dei ricorrenti, con spese a carico, sicché essa non può essere stata emessa in violazione del giudicato formatosi su detta ordinanza n. 4866 del 2000.

Quanto alle censure rivolte all’ordine di messa in sicurezza dell’area, la Sezione rimanda alle considerazioni in precedenza svolte circa la legittimità di tale imposizione al proprietario dell’area corresponsabile del suo inquinamento.

13.2.- Con l’ultimo motivo d’appello è stato sostenuto che erroneamente il T.A.R. si sarebbe limitato a richiamare le argomentazioni svolte con riguardo alle ordinanze n. 21 del 1995 e n. 55 del 1999, essendosi riverberato il vizio di incompetenza del Sindaco ad emettere ordinanze contingibili ed urgenti sui provvedimenti successivi in via derivata, con particolare riguardo al dedotto vizio di incompetenza.

13.2.1.- Va rilevato in proposito che il T.A.R. ha riconosciuto l’infondatezza del secondo ricorso per motivi aggiunti nella parte i cui erano stati censurati i provvedimenti impugnati per tutti i vizi già evidenziati nel ricorso principale, perché risultavano in parte non pertinenti ed in parte infondati, per le ragioni esposte nella motivazione che precede relativa ai motivi del ricorso n. 309 del 2000.

Detti assunti sono, ad avviso del Collegio, pienamente confermabili, stante la riconosciuta infondatezza delle censure formulate con l’atto d’appello alle decisioni assunte dal T.A.R. circa l’infondatezza dei motivi posti a base di detto ricorso di primo grado n. 309 del 2000, non sussistendo alcuna illegittimità derivata da quella di precedenti provvedimenti.

14.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

15.- Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello in esame.

Pone in solido a carico degli appellanti Nova Enrico, Nova Ludovico e Nova Alessandro, con ripartizione interna in parti uguali, le spese del presente grado, liquidate a favore del Comune di Vimodrone nella misura di € 3.000,00 (tremila/00), oltre ai dovuti accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Mario Luigi Torsello, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/12/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)