Consiglio di Stato, Sez, V, n. 263, del 22 gennaio 2015
Ambiente in genere.Non è necessaria la VAS laddove il singolo progetto importi varianti relative alla sola ubicazione dell’impianto potenzialmente pericoloso

Al fine di evitare inutili duplicazioni e dunque di aggravare il procedimento amministrativo autorizzatorio, non è necessaria la valutazione ambientale strategica laddove il singolo progetto importi varianti relative alla sola ubicazione dell’impianto potenzialmente pregiudizievole per l’ambiente nell’ambito territoriale considerato dallo strumento pianificatorio di settore. Non è per contro consentito apportare alla pianificazione settoriale alcuna modifica della destinazione di un sito in esso compreso, attraverso il rilascio di sede di esame di singoli progetti di autorizzazioni concernenti attività antropiche estranee al novero di quelle considerate nella prodromica attività di pianificazione. Pur rispondendo alla medesima logica, la valutazione ambientale strategica e quella di impatto ambientale si collocano in snodi differenti dell’esame delle possibili ricadute sull’ecosistema di attività potenzialmente nocive: la prima attiene alla verifica dei possibili impatti derivanti dall’attuazione di piani, mentre la seconda è circoscritta al singolo progetto. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00263/2015REG.PROV.COLL.

N. 02299/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2299 del 2014, proposto dal signor Mario Lameri, in proprio ed in qualità di legale rappresentante della Lameri s.p.a., rappresentato e difeso dagli avvocati Elia Di Matteo, Giulio Di Matteo e Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, corso del Rinascimento n. 11; 

contro

La Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall’avvocato Piera Pujatti, con domicilio eletto presso la signora Emanuela Quici in Roma, via Nicolò Porpora n. 16; 
la Provincia di Cremona, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Guffanti e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, via Federico Confalonieri n. 5; 
Comune di Cappella Cantone, Arpa Lombardia - Dipartimento di Cremona, Comune di San Bassano, Comune di Soresina, Comune di Castelleone, Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Azienda sanitaria locale - distretto di Cremona; 

nei confronti di

Cave Nord s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Giancarlo Tanzarella e Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Principessa Clotilde n. 2; 

per la riforma

delle sentenze del T.A.R. Lombardia, Sez. di Brescia, Sez. I, nn. 41/2014 e 2006/2012, rese tra le parti, concernenti il procedimento di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale per la realizzazione di una discarica per lo smaltimento di rifiuti contenenti amianto;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lombardia, della Provincia di Cremona e Cave Nord s.r.l., contenente un appello incidentale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2015 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Giulio Di Matteo, Gianluigi Pellegrino, Luca Mazzeo, su delega dell'avv. Andrea Manzi, Angelo Clarizia e Giancarlo Tanzarella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Oggetto del presente giudizio sono gli atti con i quali la Regione Lombardia ha autorizzato la Cave Nord s.r.l. a realizzare una discarica per lo smaltimento dell’amianto con capacità superiore a 100.000 metri cubi nell’area già adibita a cava, sita in Comune di Cappella Cantone, località Cascina Retorto (il giudizio di compatibilità ambientale di cui al decreto dirigenziale n. 11029 del 28 ottobre 2009 e l’autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto dirigenziale n. 8614 del 26 settembre 2011).

L’autorizzazione e gli atti del procedimento venivano impugnati con separati ricorsi proposti davanti al TAR Lombardia – sez. staccata di Brescia dal sig. Mario Lameri, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Lameri s.p.a. (ricorso n. di r.g. 1245/2009, integrato da tre atti di motivi aggiunti) e dal C.I.S.E. - Consorzio intercomunale di sviluppo economico e dai Comuni di Castelleone e Pizzighettone (n. di r.g. 70/2010).

2. Riuniti i ricorsi e disposta una consulenza tecnica d’ufficio diretta ad accertare se il progetto approvato fosse stato sostanzialmente modificato nel corso del procedimento e se la discarica prevista possa arrecare pregiudizio alla sicurezza e la salubrità della falda acquifera sottostante, nonché costituire fonte di emissioni inquinanti nell’atmosfera circostante (sentenza non definitiva n. 2006 del 27 dicembre 2012), con sentenza definitiva n. 41 del 17 gennaio 2014 il TAR di Brescia ha respinto l’impugnativa.

3. Entrambe queste pronunce sono ora appellate dal solo sig. Lameri, nella duplice qualità sopra riferita.

4. Resistono all’appello la Regione Lombardia, la Provincia di Cremona e la Cave Nord. Quest’ultima ha anche proposto appello incidentale, diretto a contestare il rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione ad agire dell’odierno appellante pronunciato dal TAR Brescia con la sentenza definitiva.

5. All’udienza del 13 gennaio 2015 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. In via prioritaria deve essere esaminata l’istanza di rinvio dell’udienza, formulata in memoria conclusionale dall’appellante principale e motivata dalla pendenza del giudizio penale relativo alla vicenda oggetto del presente contenzioso.

2. L’eccezione deve essere respinta, perché non è ravvisabile un rapporto di pregiudizialità necessaria ex art. 295 cod. proc. civ. tra il giudizio avente ad oggetto presunti reati commessi in sede di rilascio dell’autorizzazione ambientale per la realizzazione della discarica rilasciata in favore della Cave Nord da esponenti di questi ultimi ed amministratori e funzionari della Regione, condannati in primo grado dal Tribunale di Milano (come documentato dal sig. Lameri nel presente giudizio d’appello). Ciò in considerazione del fatto che, malgrado i numerosi riferimenti allo svolgimento del giudizio penale contenuti nel proprio appello, quest’ultimo non ha formulato alcuna censura di illegittimità dei provvedimenti impugnati in esclusiva conseguenza della commissione di reati in occasione del rilascio dei medesimi.

3. La Regione Lombardia e la controinteressata Cavenord hanno dal canto loro formulato alcune eccezioni preliminari che di seguito si esaminano in base al seguente ordine logico-giuridico.

4. Inammissibile ed in ogni caso infondata è in primo luogo l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione ad agire del sig. Mario Lameri, sollevata dalla Regione.

L’inammissibilità discende dal fatto che su tale questione il TAR si è pronunciato con espresso riguardo all’odierno appellante (§§ 3 e 12 della sentenza definitiva n. 41 del 17 gennaio 2014), cosicché, al fine di evitare la formazione del giudicato interno sulla questione, l’amministrazione, sul punto soccombente, avrebbe dovuto proporre appello incidentale e non già limitarsi a riproporla mediante memoria non notificata, come invece avvenuto nel caso di specie.

Nel merito l’eccezione è in ogni caso infondata, come sopra accennato, giacché la Regione ricava l’assenza di questa condizione dell’azione dalle risultanze della consulenza tecnica esperita in primo grado, la quale ha escluso rischi di emissioni inquinanti nei confronti dello stabilimento industriale nei confronti dello stabilimento.

Tuttavia, in questo modo si anticipano valutazioni di merito sull’esito del ricorso al distinto e prodromico piano della verifica circa l’esistenza di una condizione dell’azione.

Quest’ultima infatti si fonda sulla prospettazione della domanda e non già sul riscontro probatorio della sua fondatezza.

L’infondatezza dell’eccezione è ricavabile in base ad un altro rilievo e cioè dal fatto che il sig. Lameri agisce anche in proprio e quale residente nei pressi della discarica di amianto in contestazione, adducendo dunque quale titolo autonomamente legittimante la proposizione dell’impugnativa la propria vicinitas personale all’impianto, non specificamente contestata dalla Regione, rispetto ad un impianto avente potenzialità inquinante (in termini si veda: Sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1217; Sez. V, 16 aprile 2013, n. 2108).

5. Per le medesime ragioni, deve essere respinta l’eccezione sollevata dalla Cave Nord, che essendo stata proposta con appello incidentale è invece ammissibile.

La controinteressata specifica che l’abitazione e lo stabilimento industriale del sig. Lameri distano <<quasi un chilometro>> dalla cava, a fronte dei 200 metri previsti quale fascia minima di rispetto prevista nel piano regionale dei rifiuti della Regione Lombardia per le discariche di rifiuti non pericolosi non putrescibili (delibera di giunta regionale n. 8/1226 del 30 novembre 2005, emanata i sensi del punto 2.1., allegato A al decreto discariche d.lgs. n. 36/2003).

Tuttavia, premesso che la distanza stimata dal collegio peritale nominato nel giudizio di primo grado è di 800 metri (pag. 81 della relazione), va in ogni caso evidenziato che la legittimazione ad agire non può essere limitata da disposizioni di carattere pianificatorio emanate dalla competente autorità amministrativa, ma discende dalla prospettazione di una posizione differenziata rispetto alla generalità dei consociati, che del tutto plausibilmente il sig. Lameri formula nel presente giudizio, in relazione ad una distanza che non esclude in astratto una potenzialità diffusiva delle polveri dell’amianto destinato ad essere conferito nella contestata discarica in seguito alla loro dispersione nell’aria (costituente uno dei veicoli attraverso il quale si realizza l’esposizione umana alle fibre cancerogene di tale materiale: cfr. il par. 5.2.2 della relazione del collegio peritale nominato dal giudice di primo grado).

Ad ulteriore conferma di ciò, deve anche sottolinearsi che la consulenza tecnica d’ufficio ha in sostanza rimesso alla corretta applicazione da parte della Cavenord - delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione integrata ambientale - la prevenzione del fenomeno di <<migrazione di fibre di amianto>> presso la residenza dell’odierno appellante (pag. 81), con ciò evidenziando una stretta correlazione causale tra l’attività autorizzata e le condizioni ambientali del luogo di residenza dell’appellante.

Inoltre, lo stesso collegio peritale si è anche soffermato sui rischi di contaminazione della falda acquifera sottostante alla progettata discarica, da cui i pozzi utilizzati dall’azienda agroalimentare del medesimo appellante emungono acqua, non escludendo possibili interferenza, ma anche in questo caso affidando al sistema di monitoraggio attraverso piezometri, imposto a Cave Nord nell’autorizzazione qui impugnata, la rilevazione di <<eventuali segnali di peggioramento qualitativo delle acque sotterranee>>, finalizzata agli <<opportuni interventi di salvaguardia>> (pag. 83).

Tutto ciò consente quindi di respingere l’eccezione di difetto di legittimazione riproposta a mezzo di appello incidentale dalla società controinteressata.

6. Nell’ordine logico, deve quindi essere respinta l’eccezione, questa volta sollevata dalla Regione Lombardia, di irricevibilità parziale dell’appello relativamente alla sentenza non definitiva n. 2006 del 27 dicembre 2012, perché non oggetto di riserva ex art. 103 cod. proc. amm.

Essendo privo di qualsiasi contenuto decisorio, anche solo su una parte della domanda proposta, il provvedimento in questione ha sostanza di ordinanza, benché rivestito della forma di sentenza. Infatti, con esso il giudice di primo grado ha riunito i ricorsi e disposto un incombente istruttorio (consulenza tecnica d’ufficio), emettendo dunque statuizioni di carattere ordinatorio non idonee a divenire giudicato in senso sostanziale. Pertanto, in applicazione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, deve concludersi sul punto nel senso che il sig. Mario Lameri odierno appellante non fosse onerato di alcuna riserva facoltativa ai sensi della citata disposizione del codice del processo a pena di irricevibilità dell’appello.

7. Fondata è invece l’eccezione di inammissibilità dei motivi meramente richiamati dal predetto appellante e non riproposti nella presente impugnazione, sempre dedotta dall’amministrazione resistente ed odierna appellata.

Va sul punto fatta applicazione del costante orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato secondo cui non soddisfa l’onere di espressa riproposizione dei motivi di primo grado gravante sull’appellante un mero richiamo di stile a questi ultimi senza alcuna ulteriore precisazione del loro contenuto (da ultimo si è espressa nel senso ora esposto questa Sezione, nelle sentenze 5 dicembre 2014, n. 6008, 1° dicembre 2014, n. 5939; 17 giugno 2014, n. 3073, 27 maggio 2014, n. 2697 e 11 febbraio 2014, n. 661; nonché la Sez. VI, nella sentenza 3 giugno 2014, n. 2843).

L’esame delle censure di legittimità avverso i provvedimenti impugnati sarà dunque condotto nei limiti di quelle contenute nell’appello.

8. Anche la Provincia di Cremona ha formulato un’eccezione preliminare, di inammissibilità parziale dell’impugnativa nei confronti dell’unico atto da essa amministrazione emanato ed oggetto del presente giudizio avviato sul ricorso del sig. Lameri, e cioè la delibera giuntale n. 414 del 9 settembre 2009, di modifica del piano provinciale dei rifiuti.

Questa eccezione, non esaminata dal TAR, è fondata, perché nel proprio ricorso introduttivo l’odierno appellante non ha formulato alcuna specifica censura di legittimità nei confronti del provvedimento ora citato, benché formalmente indicato tra quelli impugnati.

9. Può dunque passarsi al merito, in relazione al quale sono innanzitutto fondate le censure che l’appellante indirizza (nel IV motivo) alla delibera di giunta regionale n. 1594 del 20 aprile 2011 (intitolata <<atto di indirizzo per il coordinamento delle procedure amministrative di VIA e di autorizzazione di impianti di gestione dei rifiuti da localizzarsi in ambiti estratti dei piani cave vigenti>>), con cui l’organo di governo regionale ha disposto, con specifico riguardo al procedimento autorizzativo in esame, e dopo che sul progetto in origine presentato dalla Cavenord era stato preannunciato il rigetto (preavviso ex art. 10-bis l. n. 241/1990 del 17 novembre 2010), che le istanze relative alla realizzazione di impianti di smaltimento rifiuti in ambiti estrattivi e comportanti una diversa utilizzazione dei siti interessati dalla pianificazione di quest’ultimo settore sarebbero state esaminate e decise, se favorevolmente valutate in sede di verifica di impatto ambientale, nel procedimento di autorizzazione integrata ambientale.

Come infatti deduce il sig. Lameri, in questo modo si è determinata la modificazione delle prescrizioni contenute in sede di pianificazione estrattiva in assenza della previa necessaria valutazione ambientale strategica e non colmabile con la valutazione di impatto ambientale sul singolo progetto.

10. A questo riguardo, nell’approfondire i rapporti tra i due istituti a presidio degli interessi ambientali, questo Consiglio di Stato (Sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2569) ha chiarito che modifiche alla pianificazione attraverso scelte progettuali non prefigurate dalla prima possono essere legittimate dalla valutazione di impatto ambientale, senza la necessità di rinnovare quella ambientale strategica, se dette modifiche abbiano carattere <<esclusivamente localizzativo>> (ex art. 6, comma 12, t.u. ambientale, il quale recita: <<Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere>>).

Al fine di evitare inutili duplicazioni e dunque di aggravare il procedimento amministrativo autorizzatorio, non è necessaria la valutazione ambientale strategica laddove il singolo progetto importi varianti relative alla sola ubicazione dell’impianto potenzialmente pregiudizievole per l’ambiente nell’ambito territoriale considerato dallo strumento pianificatorio di settore.

Non è per contro consentito apportare alla pianificazione settoriale alcuna modifica della destinazione di un sito in esso compreso, attraverso il rilascio di sede di esame di singoli progetti di autorizzazioni concernenti attività antropiche estranee al novero di quelle considerate nella prodromica attività di pianificazione.

Pur rispondendo alla medesima logica, la valutazione ambientale strategica e quella di impatto ambientale si collocano in snodi differenti dell’esame delle possibili ricadute sull’ecosistema di attività potenzialmente nocive: la prima attiene alla verifica dei possibili impatti derivanti dall’attuazione di piani, mentre la seconda è circoscritta al singolo progetto.

Conseguentemente, la prima sarebbe vanificata laddove possano essere apportate variazioni connesse ad attività non considerate.

A ciò aggiungasi che l’anomala sovrapposizione procedimentale è stata autorizzata dalla giunta regionale lombarda dopo un preavviso di rigetto dell’istanza autorizzativa conseguente a specifiche criticità emerse nel corso dell’istruttoria con riguardo alla preservazione della sottostante falda acquifera, per ovviare alla quale la Cave Nord ha modificato in modo sostanziale il progetto (come incontestabilmente riconosciuto dal collegio peritale), prevedendo un rialzamento del piano di campagna sul quale depositare l’amianto, in relazione al quale non è stato effettuato alcun ulteriore approfondimento nella relativa sede procedimentale.

11. Non risulta condivisibile la conclusione cui è giunto il TAR per rigettare il motivo in esame e cioè la mancanza di prova del fatto che - se l’atto di indirizzo della giunta non fosse stato emanato - l’esito del procedimento di autorizzazione della discarica sarebbe stato diverso da quello avversato dal sig. Lameri.

E’ infatti evidente che con un simile ragionamento si finisce per far gravare - su colui che contesta l’approvazione di progetti di impianti aventi possibili impatti ambientali - una prova “diabolica”, richiedendosi a questo di preconizzare un possibile esito procedimentale alternativo.

In questo modo il TAR ha in altri termini applicato ai provvedimenti espressivi di poteri ampiamente discrezionali e coinvolgenti complessi ambiti di valutazione tecnica, quali quello oggetto del presente contenzioso, la regola invece prevista dall’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, l. n. 241/1990, per le violazioni procedimentali relative a provvedimenti a contenuto vincolato.

12. Fondate sono inoltre le censure contenute nel V e nel VI motivo d’appello, in cui il sig. Lameri si duole dell’utilizzo dello strumento della consulenza tecnica d’ufficio, utilizzato dal giudice di primo grado.

Avendo richiesto al collegio peritale di accertare se il progetto di discarica proposto dalla Cavenord abbia ricadute ambientali e per la salute pregiudizievoli - rispettivamente con riguardo alle abitazioni ad alle attività produttive circostanti (quali quelle dell’odierno appellante) e per la falda acquifera sottostante - il TAR ha in questo modo surrogato le carenze e le contraddizioni emerse nell’istruttoria svolta nel presente giudizio in ordine ai fondamentali profili in considerazione, sulle quali si sarebbe dovuta pronunciare la Regione con una adeguata motivazione dell’autorizzazione integrata ambientale impugnata, e non già demandando tutte le necessarie verifiche preventive ad una fittissima rete di prescrizioni contenute nell’autorizzazione integrata.

13. Non giova rilevare che tali modifiche hanno <<migliorato l’inserimento ambientale della discarica>> (pag. 31 della relazione peritale).

Anche in questo caso i consulenti hanno effettuato valutazioni che avrebbe invece dovuto svolgere la Regione in sede procedimentale.

Conseguentemente, in applicazione del principio espresso da questo Consiglio di Stato secondo cui è necessaria la rinnovazione del giudizio di compatibilità ambientale quando le varianti progettuali determinino la costruzione di un intervento significativamente diverso da quello già esaminato (Sez. IV, 22 agosto 2013, n. 4255), deve ritenersi illegittimo il parere favorevole in sede di verifica di impatto ambientale censurato dal sig. Lameri.

14. Risulta conseguentemente assorbito il motivo VII, con cui l’appellante principale si duole della condanna alle spese comminatagli dal TAR, mentre deve essere respinta la domanda risarcitoria dallo stesso riproposta (motivo VII.2), perché del tutto carente di specifiche allegazioni e prove degli asseriti danni subiti.

15. In conclusione, accolti nei sensi finora esposti i motivi d’appello dal IV al VI, in riforma delle sentenze impugnate devono essere accolti il ricorso ed il secondo atto di motivi aggiunti proposti dal sig. Lameri, ad annullati gli atti con esso impugnati.

16. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del doppio grado di giudizio nei rapporti tra l’appellante principale, la Regione Lombardia e la Cave Nord vanno poste a carico solidale di queste ultime due, ed a favore del primo, mentre possono essere compensate nei rapporti tra il medesimo appellante e la Provincia di Cremona. Per la relativa liquidazione si rinvia al dispositivo.

Anche le spese di Ctu vanno definitivamente poste a carico delle due parti soccombenti nel presente contenzioso.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, così provvede:

- respinge l’appello incidentale di Cave Nord s.r.l.;

- accoglie l’appello principale del signor Mario Lameri;

- per l'effetto, in riforma delle sentenze appellate, accoglie il ricorso ed il secondo atto di motivi aggiunti del sig. Mario Lameri (r.g. n. 1245/2009), annullando gli atti con esso impugnati.

- condanna la Regione Lombardia e Cave Nord s.r.l., in solido tra loro, a rifondere al sig. Mario Lameri le spese del doppio grado di giudizio, complessivamente liquidate in € 18.000,00, oltre agli accessori di legge; le compensa nei rapporti tra quest’ultimo e la Provincia di Cremona;

- pone definitivamente a carico solidale delle medesime parti soccombenti le spese della Ctu disposta nel giudizio di primo grado;

- dispone che, in solido tra loro, la Regione Lombardia e la s.r.l. Cave Nord rimborsino all’appellante quanto effettivamente corrisposto a titolo di contributo unificato per i due gradi del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/01/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)