Note in materia di prescrizioni, Parte VI-bis del Testo Unico (dlv 152\06)

di Giovanni LENGUEGLIA

OGGETTO: ATTI DI PRESCRIZIONE AI SENSI DELLA PARTE VI BIS TESTO UNICO AMBIENTALE - IPOTESI DI IMPUGNAZIONE
Risulta ormai dalle statistiche nazionali che l’applicazione delle norme inserite dalla novella introdotta con la Legge 22/5/2015 n.68 è molto diffusa ed impiegata dagli organi di Polizia Giudiziaria che si cimentano nei controlli delle norme ambientali previste dal c.d. T.U. Ambientale.
Le norme in questione hanno avuto un primo momento di incertezza interpretativa e applicativa, che ha visto il proliferare di numerose iniziative di indirizzo (linee guida) ad opera di varie Procure d’Italia e del Gruppo di lavoro nazionale ISPRA/ARPA/APPA del SISTEMA NAZIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE, ma ormai la loro applicazione si è consolidata.
È pacifico che si tratta di norme che hanno l’intento di favorire la protezione dell’ambiente, mediante la rimozione di situazioni di criticità, e favorire la riduzione dei procedimenti penali, attraverso la trasformazione in sanzione amministrativa delle pene previste dalle norme violate.
La struttura normativa è del tutto simile a quella prevista dalle norme in materia di violazione delle disposizioni poste a tutela della salute, della sicurezza dei lavoratori (d.lgs. 758/1994).
Anche la giurisprudenza, molto limitata a dire il vero, riconduce a queste ultime norme ricordate, le proprie decisioni.

Il sistema sembra funzionare. Celerità nella rimozione dei pericoli per l’ambiente mediante la prescrizione asseverata qualificata e riduzione dei carichi di lavoro per gli uffici giudiziari.
L’efficacia dello strumento, però, non deve far dimenticare che resistono ancora delle criticità applicative, soprattutto per quanto riguarda la negata possibilità di impugnazione dell’atto di prescrizione.
Dottrina e redattori delle linee guida delle varie Procure e del SNPA sono concordi nel ritenere l’atto di prescrizione un atto di polizia giudiziaria, quindi non soggetto alla censura tipica degli atti amministrativi (ricorso al TAR e neppure ricorso straordinario al Presidente della repubblica). Le sentenze copiose in materia di sicurezza sul lavoro sostengono tale opinione.
Questa interpretazione è condivisibile, ma resta la aberrazione di un atto che non è in alcun modo contestabile se non “disobbedendo” alle prescrizioni in esso contenute e aspettando il processo che, inevitabilmente, dovrà essere incardinato.
L’esperienza di questi ormai tre anni e mezzo di applicazione mi ha fatto notare che spesso gli atti di prescrizione sono privi di fondamento giuridico o quantomeno sono giuridicamente immotivati, spesso sono formalmente incompleti, non permettendo neppure in modo certo di capire i fatti o gli atti contestati, spesso sono emanati per sopperire a presunte carenze formali e sono, spesso, carenti di motivazioni chiare e coerenti.
Tali situazioni si verificano quando l’ufficiale di P.G. che dovrebbe operare sotto la direzione e nell’ambito di indirizzi disposti dall’autorità giudiziaria non è organo preposto alla vigilanza delle norme presunte violate e quindi risulta per così dire “poco ferrato in materia”.
A dire il vero, per evitare la produzione di atti che possono sembrare “mal pensati e mal fatti”, il legislatore ha pensato di far intervenire un organo, che dovrebbe essere “ferrato in materia”, al quale affidare la obbligatoria asseverazione della prescrizione.
L’art.318ter prevede infatti “l’asseverazione tecnica dell’ente specializzato competente nella materia trattata”.
Tale Ente,quindi dovrebbe fungere da garante tecnico, in merito a
- Pertinenza ed efficacia delle prescrizioni rispetto agli obiettivi da conseguire
- Fattibilità, adeguatezza, ragionevolezza delle prescrizioni e coerenza con le finalità, non solo nel rimuovere il reato, ma anche nel far cessare situazioni di pericolo ovvero prosecuzione di attività potenzialmente pericolose
- Chiarezza e non equivocità delle prescrizioni
- Congruità dei tempi previsti per la regolarizzazione
- Presenza di criteri chiari per valutarne l’osservanza
- Oggettività e riscontrabilità
- Verifica di corrispondenza con le norme tecniche di settore e di coerenza con le finalità del provvedimento

Sono tutti aspetti che si trovano nelle varie Linee guida delle Procure e nel documento del SNPA.
Risulta, dagli stessi atti, pacifico che l’asseverazione non è atto di P.G.
Ergo è atto amministrativo, impugnabile nanti il TAR competente per territorio ovvero nanti il Presidente della Repubblica con ricorso straordinario.

CONCLUSIONI
Si ritiene che un atto di prescrizione fondato sul presupposto, errato, della violazione formale di una norma (ad esempio necessità di ottenere una autorizzazione per esercitare una attività), asseverato dall’organo competente in tal senso, non possa essere impugnato/contrastato se non seguendo le disposizioni del Codice di procedura penale e quindi in sede processuale.
È in prima istanza applicabile l’art. Art. 367 del Cod proc.pen che attribuisce ai difensori la facoltà di presentare memorie e richieste scritte al pubblico ministero. Resta però da capire, in tal caso, qualora il magistrato si renda conto della assoluta erroneità dei convincimenti degli ufficiali di P.G., quale atto potrebbe essere adottato che ponga fine al contempo al procedimento penale, iniziato con la comunicazione della notizia di reato, e al procedimento di prescrizione, verifica dell’adempimento, pagamento e chiusura del procedimento penale.
Diverso è il caso dell’atto di asseverazione, che, stante la sua natura di atto amministrativo, può essere valutato e impugnato nel caso sia viziato dalle tipiche ipotesi di vizi di legittimità o di merito.
Anche in questo caso restano incerte le conseguenze di una eventuale caducazione della asseverazione. Da capire, insomma, se si ripercuoterebbe sulla validità dell’atto di prescrizione.
A margine di quanto sopra credo sia opportuno chiarire che la ricerca di una forma di contraddittorio in merito alle sopra ricordate situazioni, nelle quali le convinzioni di un uffciale di P.G., sia pur asseverate da un organo tecnico, non sembrano corrette, non è sostenuta dall’intento di denigrare o contrastare l’operato di organi di P.G., ma dalla necessità di tutelare coloro che a causa di un errore di valutazione rischiano di veder compromessa la propria attività.

Mentre scrivo ho in mente casi nei quali ad aver subito la contestazione/prescrizione ci sono Sindaci di Comuni o dirigenti che si trovano nella condizione di dover scegliere tra l’acquiescenza alle prescrizioni dubbie degli ufficiali di P.G., e quindi pagare quanto questi e le norme prevedono, ovvero resistere all’azione e accettare il processo, con conseguenze immaginabili sul piano della credibilità politica e morale.
Resta, inoltre, da considerare che le somme di denaro vengono incassate, secondo le disposizioni maggioritarie delle Procure italiane che si sono espresse in merito, dall’organo/ente accertatore, che quindi appare quantomeno interessato alla applicazione veloce di quella che, in estrema sintesi, consiste in una procedura che garantisce l’estinzione del reato, o del presunto reato, in modo silenzioso e pecuniario.

OGGETTO: PROCEDURE ESTINTIVE DELLE CONTRAVVENZIONI AMBIENTALI - DIVERSI SOGGETTI CONTRAVVENTORI – IPOTESI DI ESTINZIONE “UNO PER TUTTI”.
La legge 68/2015 ha introdotto nel c.d. Testo unico ambientale (D.L.vo 152/2006) un Titolo che prevede in diversi articoli una procedura di estinzione delle ipotesi di reato contravvenzionale previste dallo stesso T.U.

Gli articoli dal 318 bis al 318 octies prevedono una forma di estinzione delle contravvenzioni molto simile a quella prevista dal D.L.vo 758/1994 in tema di sicurezza sul lavoro.
Di fatto si prevede che, previo adempimento di specifiche prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza o dalla polizia giudiziaria, la sanzione penale (ammenda) si trasformi in sanzione amministrativa e, dopo il pagamento di una somma pari al quarto del massimo della pena (ammenda), il reato si estingua.
In materia si trovano molte linee guida applicative emanate da molte Procure della Repubblica d’Italia, e da Agenzie per l’ambiente regionali, rese necessarie a causa di alcuni passaggi ambigui delle norme.

Non è intenzione di indagarle tutte con questo minimo lavoro.
È sufficiente ricordare che un gruppo di lavoro nazionale composta da ISPRA/ARPA/APPA definito Ecoreati n.61 – Area 8 ha svolto un approfondito lavoro di indagine e valutazione di tutte le documentazioni esistenti e di sinossi di tutte le principali linee interpretative e indirizzi emersi a livello nazionale, producendo un documento intitolato

INDIRIZZI PER L’APPLICAZIONE DELLA PROCEDURA DI ESTINZIONE DELLE CONTRAVVENZIONI AMBIENTALI EX PARTE VI-BIS D.L.vo 152/2006.
Per eventuali approfondimenti è doveroso invitare alla consultazione.
In questo lavoro si intende valutare un caso specifico e particolare.
L’ipotesi è che a causa della commissione di una contravvenzione ambientale venga contestata, a più soggetti trasgressori, la violazione, e venga prescritto, secondo la procedura degli art.318bis eseguenti, di regolarizzare la situazione.
Nel frattempo il procedimento penale, aperto da un Pubblico ministero doverosamente avvisato, resta per così dire “congelato”.

Ammesso che la situazione sia regolarizzata nei tempi indicati dagli ufficiali accertatori, gli stessi procederanno ad intimare a tutti i soggetti trasgressori il pagamento della somma prevista dalle norme (1/4 del massimo dell’ammenda prevista per il reato).
In questi casi, la Procura della Repubblica di Busto Arsizio, rileva quanto segue:
“Poiché non è possibile un adempimento “disgiunto” o “pro-parte” della prescrizione, il puntuale adempimento da parte di uno qualunque dei soggetti obbligati (per esempio, da parte del legale rappresentante dell’azienda da cui dipende il contravventore) giova a tutti i contravventori. Anche per quanto riguarda il pagamento della sanzione pecuniaria la corresponsione della somma di denaro, comunque avvenuta, giova a tutti i responsabili. Ciò in virtù dell’interpretazione, invalsa nell'analogo campo delle violazioni in materia di sicurezza sul lavoro, per cui occorre privilegiare al massimo l’ambito di operatività della speciale causa di estinzione del reato, chiaramente introdotta dal legislatore allo scopo di interrompere l’illegalità e di ricreare le condizioni di sicurezza ambientale. Pertanto, il raggiungimento del risultato (eliminazione dell’illecito) fa passare in secondo piano l’interesse dello Stato alla punizione dello specifico responsabile, seppure il pagamento provenga da altri.”

Le fa eco la Procura della Repubblica di Velletri

“Nel caso in cui i contravventori siano più persone, in concorso o cooperazione tra loro, vale il principio per cui il puntuale adempimento da parte di uno qualunque dei soggetti obbligati giova a tutti i contravventori, così come il versamento della somma a titolo di sanzioni, effettuato da uno dei contravventori, estenderà i suoi effetti favorevoli su tutti gli altri, mutuando tale conclusione dalla giurisprudenza formatasi nell'analogo campo dell’estinzione delle violazioni in materia di sicurezza e igiene sul lavoro (art. 21 D.L.vo 758/1994).
Dello stesso avviso la Procura della Repubblica di Varese.
Il Documento elaborato dal Gruppo di lavoro nazionale più sopra citato non affronta l’argomento.
Il tenore perentorio delle indicazioni delle Procure sopra richiamate, pur mancando di un preciso riferimento giurisprudenziale, fa ritenere che il principio sia condiviso e supportato da giurisprudenza costante e consolidata.

Per sopperire a tale mancanza si ritiene opportuno evidenziare le seguenti sentenze, rese in materia di applicazione del modello di estinzione delle contravvenzioni delle norme di sicurezza e igiene sul lavoro.

Cassazione Penale, Sez. 3, 28 agosto 2017, n. 39449 - Il pagamento della sanzione amministrativa effettuato ai sensi dell'art. 24 d.lgs. 758/94 dal legale rappresentante riverbera l'effetto estintivo anche a favore del dipendente-contravventore.
Cassazione Penale, Sez. 3, 17 maggio 2012, n. 18914 - L'estinzione mediante pagamento della sanzione amministrativa, fatta dall'amministratore della società, non può che riverberare anche a favore della persona fisica contravventore che operi nella società perché - come ricordato da questa S.C. recentemente in relazione a fattispecie assimilabile alla presente - è da ritenere un principio generale, che, nel caso in cui l'obbligazione faccia capo a persona che operi in una società che provveda ad ottemperare alle prescrizioni, l'oblazione amministrativa di cui al D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 24, opera a favore della persona fisica dipendente che abbia contravvenuto.

CONCLUSIONI
Si ritiene che, nel caso in cui i contravventori siano più persone, in concorso o cooperazione tra loro, il puntuale adempimento delle prescrizioni operative e del pagamento della somma prevista dall’art. 318 quater comma 2 da parte di uno qualunque dei soggetti contravventori giova a tutti i contravventori responsabili.
In effetti, inoltre, sarebbe incongruente con le motivazioni ispiratrici della norma di favore che prevede l’estinzione del reato (interrompere l’illegalità e creare o ricreare le condizioni di sicurezza ambientale – ridurre il numero dei processi), applicare un principio opposto e non considerare estinto il reato per tutti i concorrenti per la sola causa del mancato pagamento di una somma che non è sanzione penale (non è neppure inquadrabile nelle somme pagate a titolo di Oblazione ex art 162bis del cod. pen.).
Letteralmente è espressamente definita come una somma che si deve “pagare in sede amministrativa”, ma non è neppure inquadrabile alla stregua delle somme pagate a titolo di Oblazione ex art 162bis del cod. pen.