SPEDIZIONI TRANSFRONTALIERE DEI RIFIUTI E POLITICA INDUSTRIALE

di Massimo Medugno

1. Su Lexambiente leggo che la disciplina relativa alla spedizione transfrontaliera dei rifiuti “è un argomento vieppiù gettonato nell'attuale contingenza economica e commerciale mondiale – in particolare quella italiana – dove i costi e i ricavi imprenditoriali stanno spingendo verso la scelta di (tendenzialmente) abbandonare le attività di recupero/riciclaggio (e quind'anche della trasformazione da materia prima secondaria a prodotto finale) a favore di quelle “commerciali” dei rifiuti, soprattutto verso i Paesi non OCSE (perlopiù l'Asia, soprattutto la Cina)”.

Mi riferisco all'ottimo “Disinsabbiare la disciplina delle spedizioni tranfrontaliere di rifiuti: una interpretazione realistica per le spedizioni verso Paesi non OCSE” di Alberto Pierobon.

A mio avviso occorre fare qualche approfondimento sulla “scelta”  di “abbandonare le attività di recupero/riciclaggio (e quind'anche della trasformazione da materia prima secondaria a prodotto finale) a favore di quelle “commerciali” dei rifiuti, soprattutto verso i Paesi non OCSE (perlopiù l'Asia, soprattutto la Cina)”.

Ne siamo sicuri? È la scelta di chi? Francamente se è così, mi sembra il frutto di una “non scelta”.

Si scrive, poi, che il Regolamento n. 1013 avrebbe l'obiettivo di “fornire un sistema armonizzato di procedimenti attraverso i quali limitare la circolazione dei rifiuti, al fine di garantire la tutela dell'ambiente”.

Il Regolamento ha questo unico obiettivo? Anche su questo meglio approfondire.

Cercherò di spiegarmi meglio proprio facendo innanzitutto ricorso alla nuova Direttiva 2008/98 in materia di rifiuti (che ci accingiamo a recepire) e al Regolamento stesso.

2. La nuova Direttiva riguarda l'ambiente, ma influenzerà profondamente le poltiche industriali. Così può essere sintetizzato il significato della Direttiva 98/2008 in materia di rifiuti il cui iter di recepimento è iniziato venerdì 16 aprile con la prima approvazione dello schema di decreto legislativo.

Infatti, la Direttiva in più parti (Considerando n. 28 e comma 2 dell'art. 11) indica l'obiettivo strategico di “una società europea del riciclaggio con un alto livello di efficienza delle risorse”. Il suo fulcro è quindi nel riciclo che dovrebbe diventare uno dei “motori” dello sviluppo dell’industria in Europa.

Per fare ciò la Direttiva (art. 11) e lo schema di recepimento in discussione (art. 7), indicano dei precisi obiettivi per filiera di materiale:

  • entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti da nuclei domestici, sarà aumentata complessivamente almeno del 50% in termini di peso: detta preparazione e riciclaggio potrà  comprendere flussi di altra origine se simili a quelli domestici;
    • sempre entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di rifiuti di costruzione e demolizione non pericolosi, escluso le terre e rocce non contenenti sostanze pericolose (voce 17 05 04), sarà aumentata almeno al 70% in termini di peso.

E saranno obiettivi vincolanti che verranno verificati dalla Commissione e rispetto al quale gli Stati membri dovranno inviare una relazione alla stessa ed i sistemi dovranno essere tali da“(….) soddisfare i necessari criteri qualitativi per i settori di riciclaggio pertinenti” (art. 11, comma 1 della Direttiva, art. 7 dello schema);

Sempre secondo l'art. 7 dello schema di recepimento, entro il 2015, gli Stati membri dovranno realizzare la raccolta differenziata almeno di carta, plastica, metalli e vetro. Non si tratta di una novità per l'Italia in quanto il Dlgs n. 152/2006 (c.d. “Codice Ambientale”) già contiene degli obiettivi di raccolta differenziata e che lo schema di decreto non cambia.

Ma ogni sistema - vecchio o nuovo - non potrà prescindere dal fatto che esso dovrà essere focalizzato sui rifiuti urbani (che sono la parte più difficile della raccolta) e garantire un’omogeneità tale che le organizzazioni che ne fanno parte siano accreditate come nazionali. Soprattutto, dovrà essere in grado di “reggere” anche le brusche cadute del mercato, come quella che si é verificata per i rifiuti di imballaggio tra ottobre 2009 e gennaio 2010. Insomma, gli obiettivi di tutela ambientale dovranno essere assicurati a prescindere dal mercato e non potranno non essere considerati prevalenti rispetto all’esigenza di applicazione delle regole poste a tutela del gioco della concorrenza.

Forse per questo in Francia si sta discutendo del “recyclage de prossimité”  (riciclaggio di prossimità e cioè vicino al territorio che produce i rifiuti) in modo da assicurare il raggiungimento degli obiettivi ambientali, senza prescindere da aspetti industriali e sociali. Visione del tutto diversa da quella di fare la raccolta differenziata in Europa e poi spedire il tutto in Cina, dove i rifiuti vengono riprocessati e spediti di nuovo in Europa sotto forma di manufatti, dove vengono di nuovo raccolti ecc ecc.

Ciò ha un senso da un punto di vista ambientale ed industriale?

2. Ma vediamo di approfondire anche i diversi contenuti del Regolamento. Il 26 novembre 2007 sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee (GUCE) è stato pubblicato il Regolamento n. 1379/2007 che modifica alcuni documenti già previsti dal Regolamento CE 14 giugno 2006, n. 1013/2006. Ma vediamo di approfondire il Regolamento con le sue diverse sfaccettature

Ancora, il successivo 4 dicembre 2007, è stato pubblicato sulla GUCE il Regolamento n. 1418/2007. Esso sostituisce il precedente Regolamento n. 801/2007 e riguarda le esportazioni di alcuni rifiuti destinati al recupero verso dei Paesi ai quali non si applica la decisione OCSE sul controllo dei movimenti transfrontalieri dei rifiuti. Tanto per intenderci si tratta delle esportazioni, ad esempio, verso la Moldova, l’Egitto, il Marocco, la Cina, l’India e tanti altri ancora.

Entrambi i Regolamenti sono collegati al Regolamento n. 1013/2006 sulle spedizioni dei rifiuti, entrato in vigore nel luglio 2007 e che ha sostituito il precedente Regolamento n. 259/1993.

Come è noto il Regolamento 1013 citato riduce le tre liste verde, ambra e rossa in due. Sotto il profilo procedurale per la verde è sufficiente che il materiale venga accompagnato dal nuovo modulo previsto dall’Allegato VII del Regolamento n. 1013 e venga gestito in impianti autorizzati, mentre per i rifiuti in lista ambra e rossa sarà necessaria la preventiva procedura di notifica scritta. Casi particolari sono previsti per alcuni Paesi dell’Unione Europea e dell’area non OCSE.

Il dettaglio di questi regolamenti ci darà anche l’occasione per ragionare sull’applicazione del Regolamento 1013.

Il Regolamento n. 1379 modifica gli allegati 1 A, 1 B, VII e VIII del Regolamento n. 1013 per tenere conto del progresso tecnico e dei cambiamenti concordati nella convenzione di Basilea relativa al controllo dei rifiuti.

Le modifiche introdotte negli allegati si riducono a poco. Esse sono riportate dal Considerando n. 1 e riguardano, in buona sostanza, la sostituzione delle unità di misura e capacità “kg” e “litro” con “tonnellate(mg)” e “m3”. Le modifiche sono entrate in vigore il 30 novembre 2007 (con una rapidità insolita, senza quasi avere il tempo di prendere visione della GUCE) . Ad esempio, per la spedizione dei rifiuti in lista verde occorrerà utilizzare il nuovo Allegato VII così come previsto dal Regolamento n. 1379. Infatti, trattandosi di Regolamento esso non ha bisogno di recepimento nell’ordinamento nazionale.

Inoltre, va considerato che Il D.Lgs. 152/2006 (c.d.”Codice Ambientale”) prevede che i documenti previsti dalla normativa comunitaria sostituiscano validamente il formulario per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere (art. 193, comma 7).

D’altro canto il successivo art. 194, comma 1, “chiarisce” definitivamente che “le spedizioni transfrontalieri dei rifiuti sono disciplinati dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui all’art. 19 del regolamento (CE) 1° febbraio 1993, n. 259, e dal decreto di cui al comma 3” (con quest’ultimo riferimento di individua il decreto sulle garanzie finanziarie).

Insomma, il D.Lgs. 152 prevede un “rinvio aperto “(non si riferisce cioè ad uno specifico regolamento ma alla “normativa comunitaria”, art. 193, comma 7) per quanto riguarda i documenti che sostituiscono il formulario, facendo, quindi espresso riferimento ai “regolamenti comunitari” (art. 194, comma 1).

Certo l’Allegato VII non ha un numero progressivo come il formulario. Ma ha senso in un documento internazionale? Avrebbe, comunque un senso aggiungere all’Allegato VII il formulario per la tratta interna?

Ragionando in termini di controllo, sempre con riferimento ai rifiuti in Lista Verde che sono soggetti all’Allegato VII, va considerato anche il contratto tra il soggetto che organizza la spedizione e destinatario (già comunque previsto dal precedente Regolamento n. 259/1993)(art. 18, Reg. 1013).

Il Regolamento n. 1013 specifica meglio i contenuti del contratto. Infatti, se la spedizione non va a buon fine, l’organizzatore dovrà riprendere i rifiuti o assicurare il recupero in maniera alternativa e provvedere, se necessario, al deposito dei rifiuti.

Inoltre, l’art. 18 prevede che “il soggetto che organizza la spedizione o il destinatario fornisce copia del contratto su richiesta dell’autorità competente interessata” (comma 2).

3. Ma se il Regolamento n. 1379 introduce delle modifiche di scarsa sostanza, il successivo Regolamento n. 1418 è fondamentale in quanto va ad incidere sulla regolamentazione delle spedizioni di rifiuti (ovvero i flussi di vere e proprie materie prime) nei Paesi in cui non si applica la decisione OCSE sul controllo dei movimenti transfrontalieri dei rifiuti.

Il Regolamento n. 1418 è stato redatto sulla base delle risposte fornite proprio dai Paesi ai quali non si applica la citata decisione OCSE, a seguito della richiesta scritta inviata dalla Commissione (art. 37, comma 1, Reg. 1013).

I Paesi ai quali era stata inviata la richiesta scritta potevano scegliere una delle seguenti opzioni:

  • divieto; o
  • una procedura di notifica o autorizzazione preventiva; o
    • nessun controllo nel Paese di destinazione.

Infine, detti Paesi potevano indicare l’eventuale procedura di controllo alla quale i rifiuti verrebbero assoggettati nel Paese di destinazione.

Un primo Regolamento (il n. 801/2007) era stato pubblicato il 7 luglio 2007 ed era immediatamente entrato in vigore.

Il Regolamento n. 1418 costituisce l’aggiornamento del precedente n. 801 e lo sostituisce integralmente. Peraltro, l’art. 37, comma 2 del Reg. 1013 prevede che “La Commissione aggiorna periodicamente il regolamento adottato”.

Il Regolamento n. 1418 va letto proprio tenendo in considerazione le tre opzioni a) , b) e c) indicate appena sopra, oltre ad una quarta (la d) che indica “altre procedure di controllo” a cui i rifiuti verranno assoggettati nel Paese di destinazione.

È molto interessante scorrere le quattro colonne e scoprire che, ad esempio, in Brasile non è possibile spedire indumenti usati, ma per i rifiuti di carta non sussiste alcuna limitazione.

Le pagine dedicate alla Cina rivelano che c’è il divieto di spedizione per una serie di metalli, mentre è possibile spedire rifiuti di carta e di plastica, i quali sono assoggettati a procedure di controllo interne. Guardando ai Paesi che si affacciano al Mediterraneo si “scopre” che in Tunisia, per i rifiuti di carta e tessili, c’è la procedura di notifica preventiva.

Sebbene il Regolamento n. 1418 è entrato in vigore il 18 dicembre 2007, si prevede una clausola transitoria che riguarda i rifiuti non soggetti a controllo nel Paese di destinazione (secondo il precedente Regolamento n. 801) e per i quali, da ora, sia, invece, prevista una notifica o un’autorizzazione preventiva. Questi rifiuti, per i successivi 60 giorni dall’entrata in vigore del Regolamento n. 1418, continueranno ad non essere assoggettati a controllo.

Se il Regolamento 1013 (insieme con i successivi n. 1379 e 1418) innova alcuni documenti, certe modalità e rafforza il monitoraggio, esso non cambia (né avrebbe potuto farlo) la definizione vigente in materia di rifiuto.

Il Regolamento n. 1013 citato fa, quindi, riferimento alla definizione contenuta nella Direttiva Comunitaria ma non la modifica. Come noto, nel novembre scorso, è stata pubblicata la nuova Direttiva rifiuti, la n.98/2008 approvata anche sulla base dell'esigenza di un’effettiva armonizzazione.

Per questo l’art. 28 dello stesso Regolamento n. 1013 ammettendo che vi possa essere disaccordo sulla definizione di rifiuto, prevede che si applichi la normativa sui rifiuti, ma comunque fa espressamente salva la possibilità di applicare la normativa dello stato di destinazione nel caso in cui essa sia conforme a quella comunitaria e internazionale.

Una fattispecie, quest’ultima, riferibile alla disciplina delle materie prime secondarie che è vigente e non è stata dichiarata in contrasto con la normativa comunitaria.

Ma il Regolamento n. 1013/2006 si fa carico, oltre che di esigenze ambientali, anche di quelle di competitività. In questo senso deve essere letto il riferimento a condizioni uniformi di riciclo nel Paese di destinazione: qualora queste non fossero conformi a quelle del paese di spedizione è prevista, a certe condizioni, la possibilità di opporsi alla spedizione.

Infatti, secondo il Regolamento n. 1013 il principio dell’autosufficienza viene ottemperato nel «caso di rifiuti pericolosi prodotti in uno Stato membro di spedizione in quantitativi annui talmente limitati per cui risulti antieconomico approntare nuovi impianti specializzati in detto Stato» (art. 11, paragrafo 3).

Le obiezioni alle spedizioni di rifiuti destinati al recupero sono regolamentate dall’art. 12. Se ne ricordano alcune:

  • se il rifiuto è destinato a smaltimento e non a recupero;
  • se l’attività è inclusa nella Direttiva IPPC, ma non applica le BAT;
  • se il rifiuto non viene trattato in linea con gli standard ambientali europei e gli obblighi previsti nella legislazione europea.

Quest’ultimo aspetto può essere meglio compreso se si rilegge il considerando n. 22, che fa riferimento «all’istituzione di condizioni uniformi per il riciclo e concorrere a garantire che non sia ostacolato lo sviluppo di un mercato del riciclo economicamente conveniente. È necessario, pertanto, sviluppare condizioni uniformi a livello comunitario per il riciclo, mediante l’applicazione di norme comuni in determinati settori, se del caso e anche in relazione ai materiali secondari, per migliorare la qualità del riciclo».

Quali e come accertare questi “standard” e “condizioni uniformi” resta questione irrisolta a livello comunitario e che, sembra, essere demandata ai singoli Stati.

Va detto che disposizioni e considerazioni del genere non sono più una rarità.

L’ultima Direttiva in materia di imballaggi (2004/12/CE) prevede, ad esempio, che i rifiuti di imballaggio esportati saranno presi in considerazione, ai fini dell’adempimento degli obblighi e del conseguimento dei nuovi obiettivi previsti, solo se esistono «prove tangibili» che l’operazione di recupero e/o riciclaggio sia stata effettuata con modalità «grosso modo equivalenti» a quelle previste al riguardo della legislazione comunitaria.

Regole di questo tipo non devono sorprendere neanche in prospettiva storica.

La Repubblica di Venezia durante il secolo XIV vietò l’esportazione degli stracci utilizzati per far carta, mentre durante la “guerra fredda” altri scarti (vere e proprie materie prime), erano considerati strategici.

Risolte, infine, le questioni terminologiche e definitorie (che di certo non sono ininfluenti sulle questioni competitive) il vero nodo sarà però un altro per il “decisore europeo”.

A quali condizioni verranno raccolti i rifiuti nel territorio europeo? Seguendo quali regole di responsabilità ambientale? A quali condizioni potranno essere esportati fuori dall’Europa?

Infatti, queste materie prime (siano esse classificate rifiuti o meno, ma merceologicamente note come carta da macero, rottami, residui plastici ecc) sono molto importanti per l’industria manifatturiera europea. E proprio in Europa assistiamo al maggiore impulso verso la “Recycling Society” e a sistemi di raccolta differenziata, secondo regole di responsabilità ambientale che coinvolgono produttori, distributori ed anche i normali cittadini.