Riflessioni a proposito della valutazione ambientale strategica: autorità coinvolte e autonoma impugnabilità della determinazione di assoggettamento a V.A.S. (Nota a T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 12 gennaio 2024, n. 52)

di Ilaria GENUESSI

pubblicato su giustiziainsieme.it.Si ringraziano Autore ed Editore

 

Sommario: 1. Il caso di specie. – 2. La complessità dell’istituto anche alla luce della normativa vigente. – 2.1. La V.A.S. nelle intenzioni del legislatore eurounitario. – 2.2. La frammentarietà della disciplina sul piano interno e ricadute sul piano pratico. – 3. Autorità procedente e competente e problematicità legate ai diversi livelli di competenza. – 4. L’aspetto problematico circa la natura stessa della V.A.S. – 5. Impugnabilità della determinazione di assoggettamento a V.A.S. e ulteriori profili processuali. – 6. Osservazioni conclusive.

1. Il caso di specie

La pronuncia presa in esame concerne l’istituto della valutazione ambientale strategica e, nello specifico, l’aspetto di ordine processuale dell’autonoma impugnabilità della determinazione di assoggettamento a V.A.S. in relazione ad una variante al piano delle regole emessa, nella fattispecie concreta in questione, dalla Autorità Procedente, anziché da quella Competente.

La sentenza riguarda nello specifico una variante al PGT avviata nell'ambito di una procedura di SUAP finalizzata al cambio di destinazione d'uso di un’area, da residenziale ad artigianale, determinante la modifica al Piano delle Regole e, pertanto, sottoposta a screening di valutazione ambientale strategica.

In dettaglio, la società ricorrente, ditta operante nella attività di stampaggio metallico, proponeva al Comune resistente nel giudizio in questione una variante al P.G.T., ai sensi e per gli effetti dell’art. 8 del d.P.R. n. 160/2010 e dell’art. 97 della l.r. n. 12/2005, concernente l’ampliamento di un opificio produttivo esistente, mediante la costruzione di un fabbricato artigianale da adibirsi ad uso magazzino, su area sita a margine di una via del Comune interessato avente destinazione residenziale, contigua e limitrofa al predetto opificio esistente.

Con delibera di Giunta n. 42 del 14 marzo 2017, il Comune esprimeva il proprio atto d’indirizzo favorevole rispetto all’avvio del procedimento istruttorio relativo alla variante allo strumento urbanistico e individuava nella fattispecie quale Autorità Procedente il Responsabile SUAP e quale Autorità Competente altro soggetto.

Mediante delibera n. 61 del 28 marzo 2017, di poco successiva, il Comune approvava l’avvio del procedimento di variante al Piano delle Regole attraverso la procedura di SUAP, nonché l’avvio del procedimento di assoggettabilità a V.A.S.

Ebbene, nel giugno 2017, l’Autorità Procedente adottava le determinazioni conclusive della conferenza indicando come si ritenesse doveroso sottoporre la proposta in oggetto alla procedura di V.A.S.; tale provvedimento veniva di seguito approvato, sempre dalla medesima Autorità Procedente, mediante specifica determina di assoggettabilità n. 292 del 27 luglio 2017.

Proprio avverso tale atto insorgeva pertanto la ricorrente, deducendone l’illegittimità per incompetenza, violazione della normativa di settore ed eccesso di potere sotto svariati profili. La società ricorrente impugnava l’atto predetto chiedendone l’annullamento, oltre alla condanna del Comune al risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa.

L’ente locale, costituitosi in giudizio, eccepiva, in rito, l’inammissibilità della domanda di annullamento per carenza d’interesse, in particolare sulla base dell’argomentazione della natura endoprocedimentale della determina di assoggettabilità a V.A.S., rilevando altresì l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse, in particolare, in considerazione del nuovo quadro normativo in materia introdotto dalla l. n. 108 del 29 luglio 2021, oltre che dalla l. n. 233 del 29 dicembre 2021.

Tale ultimo profilo, nello specifico, è ritenuto infondato dal giudice adito, il quale considera non condivisibile l’eccepita sopravvenuta carenza d’interesse per mutamento del quadro normativo, in applicazione del noto principio tempus regit actum.

Del pari, ritiene il collegio giudicante infondata l’ulteriore eccezione d’inammissibilità per carenza d’interesse sollevata dal Comune, per come si avrà modo di esporre in maniera più dettagliata oltre (cfr. § 5).

Con specifico riguardo all’aspetto processuale della autonoma lesività e, dunque, conseguente possibile immediata impugnabilità degli atti conclusivi della stessa procedura di valutazione di impatto ambientale e di screening, in particolare, il giudice ritiene condivisibile e, pertanto, richiama sul punto, l’orientamento già espresso dal medesimo Consiglio di Stato in materia di assoggettabilità a V.I.A., giudicato applicabile, in ragione dell’eadem ratio,anche al caso concreto in esame concernente come esposto una fattispecie di assoggettabilità a V.A.S. [i]

2. La complessità dell’istituto anche alla luce della normativa vigente

2.1. La VAS nelle intenzioni del legislatore eurounitario

Come noto, la valutazione ambientale (V.A.S.) trova il suo fondamento nella Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 e ha la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente innestandone la tutela anche nell’ambito del procedimento di adozione e di approvazione di piani e programmi idonei ad impattare significativamente sullo stesso, con lo scopo della promozione di uno sviluppo sostenibile[ii].

La V.A.S., peraltro, condivide con altri strumenti di valutazione, quale soprattutto la valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) su singoli progetti, l’ispirazione al rispetto del principio di precauzione, in una prospettiva di sviluppo durevole e sostenibile dell’uso del suolo, in maniera tale da costituire un unico sistema che vuole l’intero ciclo della decisione teleologicamente orientato alle predette esigenze di tutela[iii].

Peraltro, sebbene la locuzione di cui trattasi sia stata per la prima volta individuata proprio in ambito comunitario, si ravvisavano tuttavia, sia a livello internazionale, sia in taluni Stati, istituti simili già prima della introduzione della V.A.S. medesima[iv].

In ambito eurounitario, la scelta del legislatore si è collocata inizialmente nel senso della individuazione di una disciplina unicamente rivolta alla valutazione dei “progetti”, dunque con specifico riguardo alla V.I.A. e, solo in un secondo momento, con riferimento anche a “piani e programmi”, con la conseguente previsione di una disciplina differenziata per la V.A.S. rispetto a quella già disposta per la V.I.A.

In tal senso, pare che la Commissione europea, al fine di giustificare tale scelta di ordine legislativo, abbia posto in evidenza come i progetti possano potenzialmente produrre un impatto distorsivo sulla concorrenza maggiore rispetto a quello determinato da piani e programmi.

A ciò si aggiunga che, neppure in sede di modifica della disciplina in materia, condotta per mezzo della direttiva n. 2011/92/UE, si sia optato a livello europeo per una scelta di accorpamento sul piano normativo delle due predette discipline.

Di conseguenza, a livello interno, la dottrina ha posto in evidenza in senso pressochè unanime il merito della specifica disciplina dettata sul piano nazionale in materia di valutazione ambientale strategica: la stessa cioè sarebbe stata in grado di sopperire alle carenze proprie della procedura di valutazione di impatto ambientale, integrando i medesimi interessi ambientali all’interno del procedimento pianificatorio sin dalla fase inziale e, dunque, non a valle del procedimento, laddove le opzioni percorribili che residuano si riducono alla possibilità di dare assenso ovvero manifestare dissenso rispetto alla realizzazione di un progetto[v].

Mediante, l’esperimento della V.A.S., in altri termini, sarebbe possibile conoscere gli esiti della valutazione circa gli effetti di piani e programmi sul piano ambientale in una fase iniziale, considerando il procedimento pianificatorio in ottica complessiva, con conseguenti ricadute pratiche positive per gli stessi operatori abilitati a consultare il piano regolatore di un Comune e a conoscere in una fase preliminare in quali aree potrebbe essere consentito collocare un impianto avente potenziali effetti dannosi per l’ambiente[vi].

2.2. La frammentarietà della disciplina sul piano interno e ricadute sul piano pratico

Nell’ordinamento interno si è registrato anzitutto un notevole ritardo nel recepimento della menzionata direttiva in materia di valutazione ambientale di piani e programmi, in conseguenza del quale, come noto, si sono aperte due procedure di infrazione ad opera della Commissione europea nei confronti del nostro Paese.

Di seguito, la relativa disciplina è stata inserita nell’ambito del Codice dell’ambiente del 2006, con una successiva riscrittura della medesima per mezzo del d.lgs. n.4/2008 e, a seguire, del d.lgs. n. 128/2010. Da ultimo, si registra l’ulteriore modifica del Codice in questione ad opera del d.lgs. n. 104/2017, in attuazione della direttiva 2014/52/UE, dalla quale emerge un insieme di previsioni evidentemente complesso e articolato circa la valutazione in oggetto.

Ciò in ragione dei diversi livelli normativi che vengono in rilievo e, altresì, alla luce della presenza di diverse autorità coinvolte, con attribuzione di specifici compiti, secondo un riparto di competenze multiforme sul fronte prescrittivo: si contano in materia stratificate fonti, sovranazionali, nazionali e regionali, ma anche eterogenee fonti di rango primario e secondario, cui si affiancano in aggiunta strumenti di soft law.

A ciò si somma poi un ulteriore elemento di complessità, derivante dalla evidente difformità tra le singole discipline regionali sul tema, con discrepanze anche e soprattutto rispetto all’approccio nell’attribuzione delle competenze alle autorità coinvolte sul piano normativo, ma anche nel riscontro fattuale e sul piano della prassi.

Nell’ambito di tale frammentario quadro sul piano normativo interno, rispetto alle diverse legislazioni regionali si rinvengono punti comuni anche su aspetti qualificanti, bensì anche peculiarità significative della singola legislazione regionale: così talune Regioni hanno emanato normative organiche in tema di V.A.S.; altre, nell’ambito delle legislazioni di loro competenza, hanno puntualmente disciplinato le proprie competenze e quelle degli enti locali, così come i criteri al fine della individuazione degli enti locali territoriali interessati ed i soggetti competenti nella materia ambientale, ovvero ancora eventuali ulteriori modalità, rispetto a quelle indicate nel Codice, per l’individuazione di piani e programmi da sottoporre a V.A.S.

In particolare, come accennato, in talune realtà regionali si è in presenza di una normativa, di rango primario e secondario, oltre che di ulteriori numerosi provvedimenti quali delibere regionali sulla materia[vii].

Il medesimo art. 7 del d.lgs. 152/2006, infatti, dispone che la V.A.S. risulta assoggettata alla normativa dettata in sede statale rispetto a piani e programmi la cui approvazione compete ad organi dello Stato, mentre deve conformarsi alle disposizioni delle leggi regionali nell’ipotesi di piani e programmi la cui approvazione sia di competenza delle Regioni (o delle Province autonome) o degli enti locali.

In questo senso, difatti, la tutela ambiente rientra, ai sensi dell’art. 117, comma 2 lett. s), nell’ambito delle competenze esclusive statali, sebbene residui un margine di intervento facente capo alle singole Regioni, abilitate ad intensificare la tutela apprestata dalla legge statale (e non evidentemente a ridimensionarla) pur nel rispetto della c.d. “teoria del punto di equilibrio”, a condizione cioè che la disciplina locale più restrittiva non risulti lesiva di altri interessi ritenuti parimenti meritevoli di protezione.

In aggiunta, si consideri il disposto dell’art. 3-quinquies, comma 2, del d.lgs. 152/2006 il quale precisa che “le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare forme di tutela giuridica dell'ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, purché ciò non comporti un'arbitraria discriminazione, anche attraverso ingiustificati aggravi procedimentali[viii].

3. Autorità procedente e competente e problematicità legate ai diversi livelli di competenza

Ecco che, proprio rispetto a tale ultimo profilo, con riguardo alla fattispecie in esame i giudici ritengono nella sentenza in commento dirimente e, dunque, dotata di carattere assorbente, la specifica censura relativa alla incompetenza dell’autorità che nel caso di specie ha assunto la decisione e dunque, conseguentemente, ha emesso concretamente la determinazione di assoggettamento a VAS della variante al piano delle regole.

Proprio in ragione di tale difformità rispetto al dettato normativo sul punto i giudici ritengono nel caso in esame che la domanda di annullamento sia fondata e vada pertanto accolta[ix].

In particolare, nel caso di specie tale decisione veniva assunta dall’Autorità procedente, anziché da quella competente, come previsto sul piano normativo e specialmente dall’art. 4, comma 3 quater, della l.r. n. 12/2005. Peraltro, si rileva nella pronuncia come tale circostanza emerga ex actis e non sia stata contestata.

Sul punto si esprimeva peraltro il Comune resistente deducendo come la suddetta determina, seppur adottata dall’Autorità procedente sarebbe stata tuttavia di seguito ratificata, ex tunc, ad opera dall’Autorità competente, in ragione del fatto che la stessa vi avrebbe dato seguito senza alcuna contestazione.

Il giudice amministrativo interpellato nel caso de quo rileva nondimeno in merito come l’atto amministrativo di ratifica implicante la sanatoria del vizio di incompetenza relativa postuli specifici presupposti individuati in sede normativa, dei quali tuttavia non si ravvisa traccia nell’ambito del provvedimento in questione.

Si tratterebbe, in particolare, dei seguenti elementi: la necessità di esternazione delle “ragioni di interesse pubblico” giustificatrici del potere di sostituzione, intesa a far percepire se, nell'emendare il vizio di incompetenza dell'organo privo di legittimazione, l'organo a legittimazione naturale all'adozione dell'atto l'abbia ratificato sotto la spinta di effettive esigenze a valenza pubblicistica; la menzione dell'atto da convalidare; l'indicazione del vizio che lo inficia; una chiara manifestazione della volontà di eliminare il vizio (c.d. animus convalidandi ) e, da ultimo, la produzione degli stessi effetti che l'atto oggetto di convalida intendeva produrre.

Ebbene, la pronuncia in esame offre certamente spunti di riflessione a proposito di tale aspetto, ossia circa il riparto di competenze tra Autorità procedente e competente nell’ambito di una procedura di V.A.S., così come espresso nella normativa statale sull’istituto, oltre che più nel dettaglio nell’ambito della normativa regionale.

Peraltro, proprio a proposito di tale questione, nella presente sede, si impone necessariamente una attenta riflessione in chiave critica, la quale pare di maggiore interesse laddove si interseca con l’ulteriore profilo della natura stessa della V.A.S., così come emerge dal dato normativo, bensì anche come delineata nel tempo dalla prevalente dottrina e giurisprudenza[x].

Sul piano strettamente normativo occorre rilevare come l’art. 5 del d.lgs. 152/2006, recante Codice dell’Ambiente, operi un preciso riferimento all’Autorità procedente e all’Autorità competente, senza imporre, tuttavia, un principio di necessaria separazione tra le stesse.

Del resto, come posto in luce dallo stesso giudice amministrativo, la ricostruzione volta a sostenere a livello interpretativo il suddetto principio di separazione parrebbe basato sull’implicita convinzione che la V.A.S. rappresenti un momento di controllo sull’attività di pianificazione, posto che invece occorrerebbe intenderla come incentrata su di un rapporto di “collaborazione” tra le due autorità in vista del comune obiettivo dell’elaborazione di un piano o programma attento ai valori della tutela e sostenibilità ambientale, seppur in un contesto dialettico, essendo le predette autorità in questione deputate alla tutela di interessi diversi[xi].

Rispetto al riparto di competenze in caso di V.A.S. di rilievo locale, in particolare, si è approdati ad un complesso e articolato quadro sul piano normativo, il quale vede la coesistenza di una legislazione regionale, primaria e secondaria, caratterizzata da una pluralità di approcci, soprattutto con riferimento alle modalità procedimentali, tanto che risulta concretamente impraticabile una sintesi e comparazione tra le diverse discipline regionali.

In linea generale, tuttavia, emerge il dato comune e diffuso per cui le Regioni abbiano per lo più delegato sul punto gli altri Enti territoriali, sicché si assiste sovente ad una sovrapposizione tra l’Autorità proponente e l’Autorità competente quali articolazioni distinte della stessa Amministrazione.

In merito occorre ribadire come tale dato non si ponga però in contrasto con la disciplina eurounitaria, ai fini del rispetto della quale non rilevano i meccanismi concretamente impiegati dagli Stati membri, bensì unicamente “che essi siano idonei ad assicurare il risultato voluto di garantire l’integrazione delle considerazioni ambientali nella fase di elaborazione, predisposizione e adozione di un piano o programma destinato a incidere sul territorio. Sicché “per nulla illegittima, e anzi quasi fisiologica, è l’evenienza che l’autorità competente alla V.A.S. sia identificata in un organo o ufficio interno alla stessa autorità procedente”. [xii]

Sul piano europeo, in dettaglio, l'art. 6, 3 della direttiva 2001/42 non imporrebbe in altri termini che sia creata o designata un'altra Autorità consultiva in ragione di tale disposizione, “purché, in seno all'autorità normalmente incaricata di procedere alla consultazione in materia ambientale e designata a tal fine, sia organizzata una separazione funzionale in modo tale che un'entità amministrativa, interna a tale autorità, disponga di un'autonomia reale, la quale implichi, segnatamente, che essa abbia a disposizione mezzi amministrativi e risorse umane propri, sia in tal modo in grado di svolgere i compiti attribuiti alle autorità consultive ai sensi di tale art. 6, n. 3, e, in particolare, di fornire in modo oggettivo il proprio parere sul piano o programma previsto dall'autorità dalla quale essa promana[xiii].

Tale specifico aspetto, tuttavia, parrebbe oggi recepito nell’ordinamento interno sul piano normativo unicamente con riferimento alla valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell’art. 7 bis, comma 6 del Codice dell’ambiente.

In dettaglio, così come emerge dal Rapporto del 2017 redatto dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sullo stato di attuazione dei procedimenti di V.A.S., le Regioni avrebbero perlopiù delegato le funzioni di “Autorità competente” a province, città metropolitane e comuni, in quanto preposti alle scelte urbanistiche nell’ambito del proprio territorio di riferimento.

Posto tuttavia che tale delega non può non risolversi – al pari del resto di quanto avviene con riferimento alla tutela del vincolo paesaggistico – nella concentrazione delle attività istruttorie e di quelle valutative nel medesimo contesto organizzativo, si imporrebbe poi in capo alle Regioni un ruolo di garanzia circa la reale separazione e autonomia di giudizio tra le articolazioni interne indicate come competenti in concreto.

Nel medesimo Rapporto ministeriale, si pone in evidenza del pari come la frammentazione dei procedimenti derivata da tali deleghe abbia prodotto concretamente un onere aggiuntivo per le Regioni, chiamate a monitorare i procedimenti attivati sul territorio, garantendo la necessaria unitarietà della governance[xiv].

Nel solco dell’orientamento giurisprudenziale predominante, il Consiglio di Stato, a proposito del riparto di competenze, pertanto, come anticipato, è giunto ad affermare che dalle definizioni oggi contenute nell’art. 5, d.lgs. n. 152 del 2006 di “Autorità competente” e “Autorità procedente” risulta chiaro solo che entrambe siano “amministrazioni”, non che le stesse debbano essere diverse o separate (e che, pertanto, sia precluso individuare l’autorità competente in un diverso organo o articolazione della stessa amministrazione procedente)[xv].

4. L’aspetto problematico circa la natura stessa della V.A.S.

Un’ulteriore questione connessa a quella appena trattata riferita al problematico riparto di competenze nell’ambito della procedura di V.A.S. riguarda pertanto la natura stessa della V.A.S. quale fase interna nell’ambito del procedimento pianificatorio ovvero, secondo altra interpretazione affermatasi, quale procedimento a sé stante e dotato di una sua autonomia, un sub-procedimento autonomo cioè rispetto alla più generale procedura di pianificazione.

Alla luce dello stesso dettato di cui all’art. 11 del Codice dell’Ambiente, parrebbe maggiormente sostenibile quell’opzione ermeneutica che concepisce la V.A.S. non quale procedimento o subprocedimento autonomo rispetto alla procedura di pianificazione, bensì come un passaggio endoprocedimentale di esso[xvi].

Tale ricostruzione ermeneutica, inoltre, fa capo a talune specifiche pronunce del Consiglio di Stato nell’ambito delle quali si è sostenuta la tesi della valenza meramente endoprocedimentale della V.A.S., la quale si concretizzerebbe in un passaggio interno al procedimento e finalizzato alla espressione di un parere di verifica circa la sostenibilità ambientale della medesima pianificazione[xvii].

Secondo tale orientamento, peraltro, si ravviserebbe un’argomentazione a sostegno della tesi de qua proprio nel dato della sostanziale identità funzionale tra Autorità procedente e Autorità competente (così come espresso nel paragrafo precedente).

In altri termini, dal dettato normativo sull’argomento non emergerebbe che la valutazione ambientale strategica sia attribuita ad un’amministrazione diversa rispetto a quella competente rispetto all’adozione del piano.

Di contro, i sostenitori della tesi della autonomia della V.A.S. fondano invece tale assunto sull’argomentazione della distinzione tra Autorità procedente, chiamata all’elaborazione del piano o del programma e Autorità competente rispetto all’espletamento della V.A.S., anche in ragione della necessaria indipendenza e imparzialità che dovrebbe connotare l’Autorità competente al fine dello svolgimento della valutazione in oggetto[xviii].

5. Impugnabilità della determinazione di assoggettamento a V.A.S. e ulteriori profili processuali

Rispetto alle questioni di ordine processuale che vengono in rilievo nel caso in esame, si pone in evidenza come il giudice nella pronuncia in questione ritenga infondata l’eccezione di inammissibilità della domanda di annullamento sollevata dal Comune per carenza d’interesse, sulla base della argomentazione della natura endoprocedimentale della determina di assoggettabilità a VAS.

In merito, a proposito della autonoma lesività e, dunque, conseguente possibile immediata impugnabilità degli atti conclusivi della stessa procedura di valutazione di impatto ambientale e di screening, nella sentenza si ritiene condivisibile l’orientamento già espresso dal Consiglio di Stato, a proposito della procedura di V.I.A., giudicato applicabile in ragione dell’eadem ratioanche al caso concreto in esame.

In tal senso, infatti, si esplicita testualmente come “fin dal loro ingresso nell’ordinamento[xix], le procedure di VIA e di screening, pur inserendosi sempre all’interno del più ampio procedimento di realizzazione di un’opera o di un intervento, sono state considerate da dottrina e giurisprudenza prevalenti come dotate di autonomia, in quanto destinate a tutelare un interesse specifico (quello alla tutela dell’ambiente), e ad esprimere al riguardo, specie in ipotesi di esito negativo, una valutazione definitiva, già di per sé potenzialmente lesiva dei valori ambientali[xx]. Questo è il motivo per il quale anche gli atti conclusivi della procedura di screening, seppure connotati dal rilevato grado di provvisorietà, nell’accezione meglio esplicitata, sono stati ritenuti immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione di quei valori, ovvero dal privato che ritenga immotivato l’aggravio procedurale impostogli[xxi].

A proposito delle censure proponibili avverso le decisioni in materia di V.A.S., peraltro la giurisprudenza pare si sia assestata poi nel senso che le medesime siano ritenute ammissibili nella misura in cui la parte istante indichi la concreta lesione alla sua proprietà derivata dall’inosservanza delle norme sul procedimento, laddove in aggiunta si dimostri che proprio le determinazioni raggiunte in sede di V.A.S. abbiano inciso in maniera determinante sulla decisione finale concernente la destinazione urbanistica del suolo[xxii]; sarebbe di contro inammissibile una doglianza meramente “strumentale”, ritenuto che il generico interesse ad un rinnovato esercizio del potere pianificatorio ad opera dell’Amministrazione non sarebbe sufficiente a distinguere la posizione del ricorrente da quella del quisque de populo[xxiii].

In altri termini, sotto il profilo dell’interesse ad agire, la procedura di V.A.S. non sarebbe impugnabile al fine di ottenere ad opera dell’amministrazione una riedizione del potere pianificatorio.

Tale rigida opzione ermeneutica si spiegherebbe, nondimeno, in ragione del fatto che proprio la V.A.S. va a collocarsi nell’ambito di un procedimento di pianificazione caratterizzato da ampia ed evidente discrezionalità delle scelte urbanistiche, per natura insindacabili eccettuati i casi di manifesta erroneità, illogicità, ovvero arbitrarietà delle scelte operate dall’amministrazione.

Le limitazioni alle censure proponibili avverso i provvedimenti adottati in sede di V.A.S. incontrano, in definitiva, i limiti propri del medesimo sindacato esperibile in materia di valutazioni ambientali e dunque anche di valutazione di impatto ambientale, connotate del pari da discrezionalità tecnica, con tutte le implicazioni del caso. [xxiv]

Ancora, occorre considerare che le censure proposte in tema di V.A.S. dovrebbero essere essenzialmente e, in ultima istanza, orientate all’ottenimento di una più marcata ed effettiva tutela dei valori ambientali.

La complessità dell’istituto della V.A.S. evidentemente dà luogo a problematiche anche di ordine più strettamente processuale così come nel caso di specie, ma si pensi ad ulteriori implicazioni quali quelle della possibilità autonoma impugnabilità del parere V.A.S., in relazione alla natura giuridica del medesimo; il connesso aspetto degli effetti della mancata acquisizione del parere V.A.S., ovvero della configurabilità di una V.A.S. “postuma”, aspetto sul quale peraltro la giurisprudenza si è pronunciata con arresti di segno opposto.

In particolare, secondo un primo orientamento, la fase di valutazione della V.A.S. deve essere effettuata prima dell’approvazione del piano, o comunque durante la predisposizione del medesimo, in quanto gli impatti significativi sull’ambiente vanno necessariamente presi in considerazione ex ante.

In tal senso i sostenitori di tale tesi richiamano l’argomentazione per cui non esiste una disposizione per la V.A.S. corrispondente alla logica di cui all’art. 29 del d.lgs. n. 152/2006 in materia di V.I.A.; l’art. 11 del Codice, infatti, stabilisce semplicemente l’annullabilità del piano o del programma non assoggettato preventivamente a V.A.S., con l’unica mitigazione, quindi, di stabilizzare gli effetti del provvedimento qualora non venga impugnato[xxv].

Di contro, secondo altro orientamento del giudice amministrativo, il diritto dell’Unione non osta a che la valutazione sia effettuata ex post , purché le norme nazionali che consentono la regolarizzazione non forniscano agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto comunitario[xxvi].

6. Osservazioni conclusive

Rispetto alla sentenza in commento la peculiare statuizione che si ritiene di maggior rilievo non è tanto quella relativa alla predicata incompetenza dell’autorità che, nel caso di specie, ha emesso la determinazione di assoggettamento a V.A.S., quanto certamente quella concernente la ritenuta autonoma lesività del provvedimento di assoggettamento alla valutazione ambientale strategica della variante oggetto di causa.

Tale affermazione, infatti, concretizzatasi nel rigetto dell’eccezione d’inammissibilità per carenza d’interesse sollevata dal Comune resistente, viene di fatto a discostarsi dall’orientamento dominante della giurisprudenza amministrativa, volto alla esclusione della possibilità di far valere in giudizio vizi relativi alla proceduta di V.A.S. ad opera di soggetti privati interessati alla edificazione.

Come esplicitato difatti dalla predetta giurisprudenza amministrativa sul punto, a tale conclusione si dovrebbe pervenire ritenuto che l’istituto in questione è finalizzato ad esigenze di tutela ambientale, in quanto tali pertanto antitetiche rispetto alla posizione giuridica del cittadino interessato alla edificazione[xxvii].

Tuttavia, si ritiene che il caso di specie, se analizzato nel dettaglio, mostri come tale discostamento del giudice nel caso concreto rispetto alla consolidata giurisprudenza sul punto sia soltanto apparente. In altri termini, dalla pronuncia in questione non emergerebbe una negazione della natura meramente endoprocedimentale della V.A.S., così come esplicitato da ultimo dal supremo consesso amministrativo nell’ambito della nota sentenza n. 6152/2021[xxviii].

Tale ricostruzione sarebbe cioè confermata dal giudice amministrativo lombardo il quale, nel caso in esame, avrebbe piuttosto posto l’accento su altri aspetti dirimenti e, in particolare, sul fatto che nella fattispecie concreta non si discuterebbe dell’esito della pianificazione, bensì di una sezione procedurale iniziale dell’istituto della valutazione strategica interessata dal predetto vizio di incompetenza.

Ancora, nel caso di specie, il giudice giunge alla conclusione esplicitata sulla base dell’argomentazione determinante per cui la decisione di assoggettamento a V.A.S. rappresenterebbe senza dubbio un atto dotato di lesività, essenzialmente in quanto implicante un evidente aggravio procedimentale, in senso analogo rispetto agli effetti prodotti da uno screening negativo nell’ambito di una procedura di valutazione di impatto ambientale.

Detto altrimenti, la decisione di assoggettamento a V.A.S. in questione avrebbe vincolato il privato ad intraprendere tale fase endoprocedimentale, a cui il medesimo avrebbe potuto sottrarsi alla luce di una decisione spettante ad una Autorità diversa, ovvero quella competente[xxix].

[i] Tra le pronunce più recenti sul tema si v., in partic., TAR Veneto, sez. II, 22 maggio 2023, n. 680.

[ii] Sulla tematica si v. G.F. Ferrari, Valutazione ambientale strategica e di impatto ambientale , in S. Nespor, L. Ramacci (a cura di), Codice dell’ambiente: profili generali e penali , Milano, 2022, 2689 ss.; si v. altresì G. Delle Cave, La Valutazione Ambientale Strategica: ratio, caratteristiche e peculiarità (nota a Consiglio di Stato, Sez. II, 01 settembre 2021, n. 6152), in questa rivista; B. Giuliani,Valutazione ambientale strategica, valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale, in M. Allena-A. Bartolini-P. Chirulli (a cura di),Trattato di diritto del territorio, vol. II, Torino, 2018,pp. 1067 ss.; R. Greco, VIA, VAS e AIA: queste sconosciute, in www.giustizia-amministrativa.it, 2010.

[iii] V. sull’argomento Cons. Stato, sez. II, 1° settembre 2021, n. 6152.

[iv] Così, a titolo esemplificativo, in Inghilterra o in Olanda. Si v. peraltro in argomento M. D’Orsogna – L. De Gregoriis, La valutazione ambientale strategica, in AA.VV., Trattato di diritto dell’ambiente , diretto da P. Dell’Anno – E. Picozza, vol. II, Discipline ambientali di settore, Cedam, 2013, 561 ss.

[v] Cfr. in particolare, E. Boscolo, La valutazione degli effetti sull’ambiente di piani e programmi: dalla VIA alla VAS , in Urb. e app., 2002, 10, 1121 ss. e M. Cafagno, Principi e strumenti di tutela dell’ambiente come sistema complesso, adattativo, comune , Torino, 2007.

[vi] Sull’argomento si v. tra gli altri, L. Ugolini, F. Vanetti, La sottoposizione a Valutazione ambientale strategica (V.A.S.) degli strumenti di pianificazione urbanistica ed il coordinamento con la Valutazione di impatto ambientale (V.I.A.). Nota a sentenza: CGUE, sez. II, 7 giugno 2018, causa C-671/16; CGUE, sez. II, 7 giugno 2018, causa C-160/17, in RGA, 3, 2018, 529-534; A. Cassatella, Discrezionalità amministrativa e valutazione ambientale strategica , in Riv. giur. urbanistica, 1, 2016, 164-195; S. Amorosino, La Valutazione Ambientale Strategica dei piani territoriali ed urbanistici e il silenzio assenso di cui al nuovo art. 17 bis L. n. 241/1990, in Urb e app., 12, 2015, 1245-1251.

ivÈ il caso di Regione Lombardia ove, in relazione alla V.A.S., rilevano la l. r. 12/2005, bensì anche, tra le altre, le DGR n.6420/2007, n.761/2010; n. 3836/2012; n.6707/2017 e n. 2667/2019. Sul sistema lombardo cfr. in partic. P. Brambilla, L’autorità procedente non è competente. Ma l’autorità competente lo è? , in RGA online, 51, 2024, ove si chiarisce come le modalità organizzative della VAS nella Regione Lombardia siano rette da criteri e indirizzi di soft law e specialmente la DCR 351/2007 e la DGR 10971/2009, le quali dispongono che entrambe le Autorità, competente e procedente, siano collocate nella stessa amministrazione, con conseguente pretermissione della prerogativa della separazione. Ne consegue che nel modello lombardo è la stessa amministrazione che valuta e decide, sovente mediante figure appartenenti a uffici diversi, ma con il coinvolgimento diretto anche di sindaci o segretari comunali, specialmente ove siano interessati piccoli comuni, così come previsto nell’ambito della DGR 13071/2010.

[viii] Lo stesso giudice costituzionale si è pronunciato in numerose ipotesi sul tema. Si v., tra le altre: Corte cost. 29 marzo 2013, n. 58, pronunciatasi a proposito della legge della Regione Veneto, secondo la quale “è consentito alla legge regionale incrementare glistandard di tutela dell’ambiente, quando essa costituisce esercizio di una competenza legislativa della Regione e non compromette un punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato ”; Corte cost. 1° dicembre 2006, n. 398, ove, nel dichiarare legittima una legge Regione Friuli Venezia Giulia, si è precisato che “la valutazione ambientale strategica, disciplinata dalla direttiva 2001/42/CE, attiene alla materia ‘tutela dell’ambiente’. Da tale constatazione non deriva tuttavia la conseguenza che ogni competenza regionale sia esclusa”;Corte cost. 17 giugno 2010, n. 221, sempre su una l. Regione Friuli Venezia Giulia, che invece ha ritenuto non lesiva della potestà legislativa statale esclusiva in materia di tutela dell’ambiente la previsione, nella legislazione regionale, di termini procedimentali ridotti.

[ix] Sempre a proposito delle competenze nell’ambito della procedura “dinamica” di valutazione ambientale strategica si v. una recente pronuncia a proposito del caso del piano di gestione dei rifiuti di Roma: Cons. Stato, sez. IV, 9 febbraio 2024, n. 1349.

[x] V. sul tema E. Boscolo, La valutazione ambientale strategica di piani e programmi , in RGE, 1, 2008, 3-17.

[xi] Cfr. Cons. Stato, sez. II, 1° settembre 2021, n. 6152.

[xii] Si v. in partic. in questo senso Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2011, n. 133. Tra le pronunce più recenti a proposito della non indispensabile separazione tra le due autorità in oggetto si v. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 14 gennaio 2016, n. 81 e Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2023, n. 7130.

[xiii] Così Cons. Stato, sez. IV, 1° settembre 2015, n. 4081, ove si richiama CGUE, 20 ottobre 2011, C-474/10, Department of the Environment for Northern Ireland c. Seaport (NI) Ltd e al.

[xiv] V. Cons. Stato, sez. II, 1° settembre 2021, n. 6152.

[xv] Ibidem.

[xvi] V. in argomento F. Vanetti – E. Serra, Valutazione ambientale strategica e limiti del sindacato giurisdizionale , in RGA online, n. 50, febbraio 2024.

[xvii] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2011, n. 133; si v, inoltre, TAR Abruzzo, Pescara, 9 febbraio 2012, n. 51.

[xviii] Cfr. tra le altre TAR Lombardia, Milano, sez. II, 17 maggio 2010, n. 1526.

[xix] Si fa riferimento, in particolare, al d.P.R. 12 aprile 1996 in materia.

[xx] Si richiama in particolare sul punto Cons. Stato, sez. IV, 3 marzo 2009, n. 1213.

[xxi] Così la sentenza in commento, la quale opera un riferimento a Cons. Stato, sez. II, 7 settembre 2020, n. 5379.

[xxii] Così, tra le più recenti, TAR Toscana, Firenze, sez. I, 23 giugno 2023, n. 641.

[xxiii] In questo senso, tra le pronunce più recenti, si v. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 5 dicembre 2023, n. 2951; Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2023, n. 7130; TAR Lombardia, Milano, 4 aprile 2019 n. 451 e TAR Lombardia, Milano, sez. II, 7 luglio 2020, n. 1291.

[xxiv] Cfr. sul punto, ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2022, n. 4355 e Id., 28 marzo 2023, n. 3168.

[xxv] Si v., in tal senso, TAR Puglia Bari, n. 1677/2020 ove si è precisato che “è solo l’Amministrazione che può valutare funditus l’interesse pubblico ambientale e se vi siano profili nuovi non già considerati e quali essi siano e, per questo, è la stessa a dover, in prospettiva logico-giuridica, dar impulso, nel caso di specie, ad un nuovo procedimento di V.A.S., qualora lo ritenga in concreto indispensabile, alla luce del P.P.T.R .”.

Cfr. A. Forina, Le sopravvenienze urbanistico-edilizie e l'ammissibilità di una valutazione ambientale strategica postuma (commento a T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 22 dicembre 2020, n.1677), in Riv. giur. urbanistica, 3, 2021 655-685.

[xxvi] Così, in particolare, TAR Lombardia, Milano, n. 1319/2018 che, applicando le coordinate date dalla CGUE 27 luglio 2017, C‑196/16 e C‑197/16 sulla eliminazione delle conseguenze illecite derivanti dall’omessa effettuazione di una valutazione di impatto ambientale (VIA), ha ritenuto che il diritto dell’Unione non osta a che la valutazione sia effettuata ex post, purché le norme nazionali che consentono la regolarizzazione non forniscano agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto comunitario. Sebbene tali principi siano stati enucleati in materia di V.I.A. il T.A.R. Milano ha ritenuto di estendere l’approccio della CGUE ad una procedura di V.A.S., in ragione del simile schema procedimentale e del comune carattere preventivo delle due valutazioni.

[xxvii] In tal senso la stessa giurisprudenza ha rilevato sul punto come la valutazione ambientale (V.A.S.) trovi il suo fondamento nella Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 e abbia “la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente innestandone la tutela anche nel procedimento di adozione e di approvazione di piani e programmi astrattamente idonei ad impattare significativamente sullo stesso. Essa condivide con altri strumenti di valutazione, come la valutazione di impatto ambientale (VIA) su singoli progetti e quella di incidenza, riferita ai siti di Natura 2000, l’ispirazione al rispetto del principio di precauzione, in una prospettiva di sviluppo durevole e sostenibile dell’uso del suolo, in modo da costituire un unico sistema che vuole l’intero ciclo della decisione teleologicamente orientato a ridette esigenze di tutela”. Così, in particolare, Cons. Stato, sez. II, 1° settembre 2021, n. 6152.

[xxviii] Ibidem, laddove, in particolare, il Collegio nell’ambito della sentenza ha esplicitato di non condividere “l’approccio ermeneutico di fondo della parte appellante, che desume la necessaria “separatezza” tra le due autorità dalla implicita convinzione che la VAS costituisca una sorta di momento di controllo sull’attività di pianificazione svolta dall’autorità proponente, con il corollario dell’impossibilità di una identità o immedesimazione tra controllore e controllato, appunto. Siffatta ricostruzione, invero, è smentita dall’intero impianto normativo in subiecta materia, il quale invece evidenzia che le due autorità, seppur poste in rapporto dialettico in quanto chiamate a tutelare interessi diversi, operano “in collaborazione” tra di loro in vista del risultato finale della formazione di un piano o programma attento ai valori della sostenibilità e compatibilità ambientale: ciò si ricava, testualmente, dall’art. 11, d.lgs. n. 152 del 2006, che secondo l’opinione preferibile costruisce la V.A.S. non già come un procedimento o subprocedimento autonomo rispetto alla procedura di pianificazione, ma come un passaggio endoprocedimentale di esso, concretantesi nell’espressione di un “parere” che riflette la verifica di sostenibilità ambientale della pianificazione medesima. Ciò trova conferma anche nelle più recenti modifiche normative, peraltro in materia di V.I.A., che declinano l’esigenza di segnalare ogni situazione di conflitto, anche potenziale, alle competenti autorità (art. 50, comma 1, lett. c), punto 3, d.l. n. 76 del 2020, che ha modificato sul punto l’art. 7 bis, comma 6, d.lgs. n. 152 del 2006); ma senza incidere sulla previgente previsione inforza della quale l’autorità competente può coincidere con l’autorità proponente di un progetto, purché ne vengano separate in maniera appropriata, nell’ambito della singola organizzazione, le funzioni potenzialmente confliggenti”.

[xxix] V. sul punto P. Brambilla, L’autorità procedente non è competente. Ma l’autorità competente lo è? , cit.

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Pubblicato il 12/01/2024

N. 00052/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02616/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2616 del 2017, proposto da
Isef s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Cristina Colombo e Roberto Ragozzino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Carnago, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Ravizzoli e Rossana Colombo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Lombardia, Provincia di Varese, Agenzia di Tutela della Salute dell'Insubria, Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente - Lombardia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Gianfranco Giamberini, rappresentato e difeso dall'avvocato Cristina Seccia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Stefano Milani, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- della determina di assoggettabilità a VAS del Comune di Carnago n. 292 del 27 luglio 2017;

- del verbale conclusivo della conferenza di servizi del 7 giugno 2017;

- di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Carnago e di Gianfranco Giamberini;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, c.p.a.;

Data per letta all’udienza pubblica straordinaria del 18 ottobre 2023, celebrata nelle forme di cui all’art.17 del D.L. 9 giugno 2021, n.80 convertito in Legge 6 agosto 2021, n.113 ed al Decreto Presidente del Consiglio di Stato del 28 luglio 2021, la relazione della dott.ssa Donatella Testini ed ivi uditi in collegamento da remoto i difensori delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con istanza in data 11 gennaio 2017, la ricorrente, ditta che svolge attività di stampaggio metallico sin dal 1908 (classificata come e attività insalubre di I classe il 28 marzo 1989), ha proposto al Comune in epigrafe una variante al P.G.T., ai sensi e per gli effetti dell’art. 8 del D.P.R. n. 160/2010 e dell’art. 97 della L.R. n. 12/2005, avente ad oggetto l’ampliamento dell’opificio produttivo esistente, mediante la costruzione di un fabbricato artigianale da adibirsi ad uso magazzino, su area sita a margine della via Petrarca, contraddistinta catastalmente dal mappale 2581 foglio 7 ed avente destinazione residenziale, contigua e limitrofa al predetto opificio esistente, insistente sui mappali 5792, 5696, 7047 e 5792 foglio 7 Censuario di Carnago.

Con delibera giuntale n. 42 del 14 marzo 2017, il Comune ha espresso il proprio atto d’indirizzo favorevole all’avvio del procedimento istruttorio relativo alla variante allo strumento urbanistico e ha individuato quale Autorità Procedente il Geom. Giuseppe Pugliese, Responsabile SUAP e quale Autorità Competente l’Arch. Giuseppe Morrone.

Con delibera n. 61 del 28 marzo 2017, il Comune ha approvato l’avvio del procedimento di variante al Piano delle Regole attraverso la procedura di SUAP, nonché l’avvio del procedimento di assoggettabilità a VAS.

Il 7 giugno 2017, l’Autorità Procedente ha adottato le determinazioni conclusive della conferenza indicando che si “ritiene doveroso sottoporre la proposta in oggetto alla procedura di VAS”; provvedimento poi approvato, sempre dall’Autorità Procedente, con la Determina di Assoggettabilità n. 292 del 27 luglio 2017.

Avverso il predetto atto insorge la ricorrente, deducendone l’illegittimità per incompetenza, violazione della normativa di settore ed eccesso di potere sotto svariati aspetti.

Conclude per l’annullamento dell’atto gravato e per la condanna del Comune al risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa.

Il Comune intimato, costituitosi in giudizio, ha eccepito, in rito, l’inammissibilità della domanda di annullamento per carenza d’interesse in ragione della natura endo-procedimentale della determina di assoggettabilità a VAS e l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse in considerazione nuovo quadro normativo in materia introdotto dalla legge n. 108 del 29 luglio 2021 e dalla legge n. 233 del 29 dicembre 2021; nel merito, l’infondatezza delle avverse domande, invocandone la reiezione.

Il controinteressato Gianfranco Giamberini ha eccepito l’infondatezza del ricorso.

Le altre parti intimate, ancorché ritualmente evocate in giudizio, non si sono costituite.

Previo deposito di memorie e repliche, la causa viene ritenuta per la decisione all’udienza straordinaria di riduzione dell’arretrato del 18 ottobre 2023.

2.1 In via preliminare, rileva il Collegio che l’eccezione d’inammissibilità per carenza d’interesse sollevata dal Comune è infondata.

Il Collegio condivide l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato in materia di assoggettabilità a VIA, che ritiene applicabile anche al caso di specie in ragione dell’eadem ratio: “fin dal loro ingresso nell’ordinamento (D.P.R. 12 aprile 1996), le procedure di VIA e di screening, pur inserendosi sempre all’interno del più ampio procedimento di realizzazione di un’opera o di un intervento, sono state considerate da dottrina e giurisprudenza prevalenti come dotate di autonomia, in quanto destinate a tutelare un interesse specifico (quello alla tutela dell’ambiente), e ad esprimere al riguardo, specie in ipotesi di esito negativo, una valutazione definitiva, già di per sé potenzialmente lesiva dei valori ambientali» (Cons. Stato, sez. IV, 3 marzo 2009, n. 1213).

Questo è il motivo per il quale anche gli atti conclusivi della procedura di screening, seppure connotati dal rilevato grado di provvisorietà, nell’accezione meglio esplicitata, sono stati ritenuti immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione di quei valori, ovvero dal privato che ritenga immotivato l’aggravio procedurale impostogli” (Consiglio di Stato, Sez. II, 7 settembre 2020, n. 5379).

2.2 Parimenti non condivisibile è l’eccepita sopravvenuta carenza d’interesse per mutamento del quadro normativo, in applicazione del noto principio tempus regit actum.

3. Coglie nel segno la censura d’incompetenza, di carattere assorbente.

La determina di assoggettabilità a VAS, infatti, è stata adottata dall’Autorità procedente e non dall’Autorità competente, come richiesto, invece, dall’art. 4, comma 3 quater, della L.R. n. 12/2005.

Siffatta circostanza emerge ex actis e non è contestata.

Il Comune deduce che la determina sarebbe stata ratificata ex tunc dall’Autorità competente in quanto la stessa vi avrebbe dato seguito di fatto, senza alcuna contestazione.

Rileva il Collegio che l’atto amministrativo di ratifica, che comporta la sanatoria del vizio di incompetenza  relativa postula: a) l'esternazione delle “ragioni di interesse pubblico” giustificatrici del potere di sostituzione, esternazione intesa a far percepire se, nell'emendare il vizio di incompetenza dell'organo privo di legittimazione, l'organo a legittimazione naturale all'adozione dell'atto l'abbia ratificato sotto la spinta di effettive esigenze a valenza pubblicistica; b) la menzione dell'atto da convalidare; c) l'indicazione del vizio che lo inficia; d) una chiara manifestazione della volontà di eliminare il vizio (animus convalidandi); e) la produzione degli stessi effetti che l'atto oggetto di convalida intendeva produrre.

Nel caso di specie, non vi è traccia di un siffatto provvedimento.

La domanda di annullamento, pertanto, è fondata e va accolta.

4. La domanda risarcitoria, declinata in termini di danno da ritardo, invece, è infondata.

La parte ricorrente, invero, assume di aver avuto necessità “di reperire altrove le aree ove stoccare i materiali che avrebbero invece potuto essere mantenuti in loco”, ma non offre alcun principio di prova di siffatto pregiudizio, limitandosi a chiedere la quantificazione del danno in via equitativa.

Tuttavia, come è noto, l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli articoli 1226 e 2056 del codice civile, presuppone che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, sicché grava sulla parte interessata l'onere di provare non solo l'an debeatur del diritto al risarcimento, ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui possa ragionevolmente disporre nonostante la riconosciuta difficoltà, sì da consentire, al giudice il concreto esercizio del potere di liquidazione in via equitativa, che ha la sola funzione di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso (Cass., Sez. III, 5 marzo 2019, n. 6329).

Presupposti non ricorrenti nel caso di specie.

5. Le spese di lite possono essere compensate inter partes stante la soccombenza parziale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

- accoglie la domanda di annullamento e, per l’effetto, annulla la determina di assoggettabilità a VAS del Comune di Carnago n. 292 del 27 luglio 2017 per incompetenza;

- respinge la domanda risarcitoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella Camera di Consiglio del giorno 18 ottobre 2023, tenutasi con collegamento da remoto in videoconferenza tramite Microsoft Teams ai sensi dell’art. 17 del D.L. 9 giugno 2021, n.80 convertito in Legge 6 agosto 2021, n.113 e del Decreto Presidente del Consiglio di Stato del 28 luglio 2021, con l'intervento dei magistrati:

Gabriele Nunziata, Presidente

Alberto Di Mario, Consigliere

Donatella Testini, Consigliere, Estensore