SISTEMI DEGLI STANDARD VERSUS TASSE PIGOUVIANE. POLITICHE DI CONTENIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE.

di Lorenzo Calabrese

Ronald H. Coase nel suo celebre saggio del 1960 ipotizzò che in presenza di esternalità in un sistema economico, cioè di fattori che alterino negativamente il benessere degli individui, lo stesso sistema economico sia in grado autonomamente di eliminare tali anomalie e di ristabilire un’efficiente allocazione delle risorse grazie soprattutto alla contrattazione dei soggetti economici.

Tale teoria non solo è applicabile tutt’al più solo in sistemi di concorrenza perfetta, ma si scontra anche con il concetto di sviluppo sostenibile che sarebbe messo a dura prova da contrattazioni dei soggetti economici che perdano di mira l’interesse collettivo a un’ equa distribuzione delle risorse.

Dunque è chiaro che si renda necessario, ogni qualvolta si riscontrino anomalie da esternalità nel sistema economico, l’intervento del settore pubblico il quale opera sia attraverso un sistema di regole e controlli (sistema degli satndard di emissione) sia attraverso un sistema di tasse (sistema c.d. pigouviano) per curare anomalie nel sistema economico.

L’inquinamento è una tipica causa di esternalità negativa nel sistema economico, dunque la nostra domanda è: quale dei due strumenti precedentemente descritti può utilizzare il policy maker in caso di danni o minacce imminenti di danni ecologici?

Arthur C. Pigou propose l’introduzione di una tassa, detta appunto pigouviana, con cui il policy maker potesse correggere le anomali e le inefficienze in un sistema economico causate da inquinamento.

La tassa pigouviana grava sul soggetto attivo del reato ambientale ed è determinata in virtù del danno procurato all’ecosistema: più alto è il danno da inquinamento e più alti sono i costi che dovrà sostenere l’impresa.

La Carbon tax, introdotta in Italia nel 1998 secondo le conclusioni della Conferenza di Kyoto del 1997, è un tipico esempio di tassa pigouviana o di ecotassa la cui aliquota è fissata dal governo in base alle emissioni di anidride carbonica, tassa che l’Unione Europea ha recentemente tentato, senza successo, di estendere ache a tutte le compagnie aeree (Repubblica online, 2.08.12).

Non vi è dunque un livello massimo di emissione, ma l’obbligo per l’impresa di pagare una tassa per ogni quantità di inquinanti diffusa all’esterno.

La tassa pigouviana costringe le imprese più piccole a ridurre la produzione e quelle più grandi a installare nuove teconologie per ridurre l’inquinamento.

Inoltre la suddetta tassa non comporta costi eccessivi per l’ente pubblico che la applica senza sottoporre le imprese a periodici controlli ambientali.

L’obiezione a questo sistema è che l’ente pubblico si limita alla riscossione della tassa arrendendosi a un male considerato necessario: l’inquinamento

L’altro mezzo utilizzato dal policy maker è il sistema degli standard di emissione che sicuramente è oggi il più diffuso, ma che spesso non è efficacemente utilizzato.

Questa volta il settore pubblico determina dei livelli massimi di emissioni inquinanti che le imprese devono rispettare in base al principio “chi inquina paga” sancito dalla direttiva europea 2004/35/CE.

Tale meccanismo, come è ovvio, presuppone un sistema di costante monitoraggio ambientale.

Qualora tale meccanismo dimostrasse gravi mancanze il danno ambientale ovviamente si aggraverebbe e soprattutto, verrebbe meno quella funzione cautelare, preventiva tipica di un sistema di standard di emissione.

In un sistema basato su tasse pigouviane i danni da inquinamento, che sappiamo manifestarsi spesso tardivamente rispetto alla condotta umana, permangono con la sola conseguenza per l’impresa del pagamento di una tassa che paradossalmente potrebbe spingere l’impresa a continuare la produzione inquinante.

L’obiettivo in un sistema di standard invece è quello di porre dei limiti massimi oltre i quali sono irrogate delle sanzioni e oltre le quali le imprese non hanno interesse a proseguire la produzione.

Ed è questo il punto: in un sistema di standard inefficiente i danni da inquinamento non rilevati permarrebbero similmente a quanto accade in un sistema pigouviano e le imprese si troverebbero a subire una sanzione avendo però gia prodotto danni ecologici irreparabili e avendo economicamente approfittato di ciò.

Un sistema di standard è dunque più vantaggioso di un sistema di tasse pigouviane nel momento in cui i suddetti livelli massimi di inquinamento siano fatti rispettare in modo che la minima anomalia sia rilevata dalle autorità competenti; in caso contrario i due sistemi andrebbero sempre più a confondersi tra loro e concretamente ci troveremmo di fronte a danni ambientali di medesima gravità a cui il legislatore indifferentemente impone una tassa o per i quali commina una pena, dimostrando però di non essere in grado di prevenire il pericolo ambientale e di far rispettare limiti massimi di emissione stabiliti.

Di conseguenza la distinzione tra sistema di tasse pigouviane e di standard diventa labile e perde la sua importanza mortificando la vera ed efficace funzione del sistema di standard che è quella di prevenzione del reato ambientale.

In conclusione, sappiamo che il bene giuridico, l’oggetto del reato ambientale è ancora oggi di difficile definizione, ma sappiamo anche che la direttiva europea 2004/35/CE enuncia il principio “chi inquina paga” fortemente a tutela di tale bene e dunque per rendere più solida tale tutela è importante in primo luogo riuscire a tenere il sistema di tasse pigouviane e il sistema di standard di emissione ben distinti tra loro, perchè hanno finalità diverse, e in secondo luogo che il sistema di standard sia efficace e capillare per assolvere alla sua funzione preventiva.