TAR Emilia Romagna (BO), Sez. I, n. 544, del 23 maggio 2014
Ambiente in genere.Legittimità variante alle NTA del PRG per distanza di 400 m tra industria insalubre di 1° classe e residenziale

Legittimità variante alle Norme Tecniche di Attuazione del PRG diretta ad assicurare una distanza di almeno 400 m tra l’insediamento di un impianto destinato alla produzione di premiscelati per industrie cementifere, siderurgiche e delle argille espanse, mediante la lavorazione di rifiuti provenienti dai processi elettrochimici di produzione dell’alluminio, e quelli residenziali in essere. Il comune ha semplicemente operato una scelta discrezionale pianificatoria. Vero è che la variante urbanistica è stata emanata in occasione di un procedimento di V.I.A., ma la mera attivazione di una procedura di V.I.A. non crea alcun affidamento da tutelare. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00544/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00414/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 414 del 2006, proposto da: 
Remat Spa, ora Remat Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonino Morello, Fabio Alberto Roversi Monaco, con domicilio eletto presso Fabio Alberto Roversi Monaco in Bologna, via S.Vitale 55;

contro

il Comune di Ravarino, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Corrado Marzullo, Corrado Orienti, con domicilio eletto presso Francesca Minotti in Bologna, Galleria Marconi N.2;
Provincia di Modena;

per l'annullamento

delle deliberazioni consiliari del Comune di Ravarino n. 56 del 4/11/2005 con cui è stata adottata, e n. 7 del 18/1/2006 con cui è stata approvata la Variante specifica alle Norme Tecniche di Attuazione del PRG, nonchè della Giunta Provinciale n. 498 del 1/12/2005 con cui è stata espressa valutazione positiva sulla suddetta Variante;

per la condanna delle Amministrazioni intimate al risarcimento dell'ingiusto danno causato al progettato insediamento industriale in territorio comunale.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ravarino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2014 il dott. Ugo Di Benedetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Riferisce la società ricorrente che intendeva realizzare un impianto produttivo in località Stuffione presso il comune di Ravarino, destinato alla produzione di premiscelati per industrie cementifere, siderurgiche e delle argille espanse, mediante la lavorazione di rifiuti provenienti dai processi elettrochimici di produzione dell’alluminio.

Tale impianto, precisa la ricorrente, è classificato come industrie insalubri di 1° classe dal D.M. 5 settembre 1994, parte B, n. 100 e 101 in quanto impianto di trattamento di lavorazione di rifiuti.

A tal fine, riferisce la società, di aver stipulato un contratto di leasing immobiliare per l’utilizzo edificatorio di una vasta area, acquistata per tale necessità, avente la destinazione a zona D, zona destinata ad insediamenti produttivi di completamento e di aver demolito, conformemente al permesso di costruzione ottenuto in data 8 luglio 2005, un capannone industriale di rilevanti dimensioni e di avere, nel contempo, attivato una procedura autorizzatoria per realizzare detto impianto avviando un procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.).

L’amministrazione comunale procedeva ad approvare una variante specifica, sulla quale la Provincia ha espresso una valutazione positiva, modificando l’articolo 18 delle N.T.A. al P.R.G. diretta a disciplinare gli insediamenti edilizi nelle zone D, precludendo la realizzazione delle industrie insalubri di 1° classe, se non ad una distanza superiore a 400 metri dal confine delle zone residenziali.

L’area sulla quale la società ricorrente intendeva realizzare l’insediamento si trova a una distanza inferiore e ciò ha determinato l’arresto del procedimento di V.I.A. per la mancanza di conformità urbanistica della richiesta, ai sensi degli articoli 9 e17 della legge regionale n. 9 del 1999.

2. Avverso i provvedimenti in epigrafe indicati, concernenti l’approvazione della citata variante specifica, ha presentato ricorso al Tar la società interessata deducendone l’illegittimità e proponendo anche un’azione di condanna risarcitoria.

Si è costituito in giudizio il comune intimato che ha puntualmente contro dedotto alle avverse doglianze.

Le parti hanno sviluppato ampiamente le rispettive difese con memorie e repliche anche nel corso della discussione orale e la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna udienza.

3. Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità dell’impugnativa per carenza di interesse, avendo la ricorrente impugnato la norma regolamentare senza attendere il provvedimento applicativo.

Vero è che, in linea di principio, le norme tecniche di attuazione recano prescrizioni di natura normativa e programmatica, destinate a regolare la futura attività edilizia e, pertanto, non sono di per sé immediatamente lesive di posizioni giuridiche soggettive dei singoli, i quali debbono attendere un provvedimento applicativo sfavorevole che ne costituisca concreta applicazione per poterle contestare in sede giurisdizionale.

3.1. Tuttavia, tale principio, non può trovare applicazione nel caso concreto in cui è stato posto un generale divieto di realizzazione di industrie insalubri (T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 18/02/2013 n. 128), a meno di quattrocento metri dalle zone residenziali che ha determinato un arresto procedimentale nel procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.), già attivato dalla società ricorrente presso la Provincia, come sopra specificato.

3.2. Conseguentemente questa variante specifica è direttamente lesiva della posizione giuridica del ricorrente ed è, pertanto, immediatamente impugnabile.

3.3. Nè ha rilievo, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa del comune, la mancata prova da parte del ricorrente che il procedimento di V.I.A., necessario per l’attivazione dell’attività produttiva, si sarebbe concluso favorevolmente in caso di mancata approvazione della variante specifica in contestazione in quanto è sufficiente un interesse strumentale per legittimare l’impugnativa proposta, che indubbiamente sussiste nel caso in esame, in quanto la procedura di V.I.A. si è arrestata per mancanza della conformità urbanistica.

3.4. Nè ha rilievo la circostanza che nelle more del giudizio la società ricorrente ha deliberato lo scioglimento e la propria messa in liquidazione mantenendo quantomeno, comunque, un interesse risarcitorio alla decisione

4. Nel merito, tuttavia, il ricorso è infondato.

È opportuna una trattazione congiunta di tutte le censure dedotte che, sia pur autonomamente articolate, contestano l’esercizio del potere pianificatorio esercitato dal comune nel caso concreto.

5. In linea di diritto va osservato che le scelte pianificatore dell’amministrazione comunale, sia per quanto concerne la destinazione delle singole aree, sia per quanto concerne l’indice di edificabilità, costituiscono valutazioni discrezionali, espressione di scelte di merito, sottratte al sindacato giurisdizionale.

Ne è necessario, quindi, una specifica motivazione concernente le singole aree o i singoli comparti dovendo soltanto valutarsi l’eventuale incoerenza con i criteri seguiti dall’amministrazione nell’ambito della pianificazione urbanistica.

5.1. Nel caso concreto non può che trovare applicazione il citato principio giurisprudenziale seguito dalla sezione, espresso in un caso del tutto analogo, concernente la localizzazione di industrie insalubri di 1° classe, con cui è stato osservato che, se è da escludere la legittimità di un divieto di insediamento di dette attività esteso all'intero territorio comunale, è tuttavia al contempo vero che lo strumento urbanistico, nell'ambito dei poteri di gestione del territorio che fanno capo agli enti locali, può inibire la localizzazione di industrie insalubri in determinate zone di carattere storico o residenziale o in aree che siano già in condizioni particolarmente difficili sul piano ambientale (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2005 n. 1190).

5.2. Ciò è quanto avvenuto nel caso in esame in cui il comune ha semplicemente operato una scelta discrezionale pianificatoria, diretta ad assicurare una distanza di almeno 400 m tra tali tipologie di insediamento e quelli residenziali in essere.

6. Vero è che la variante urbanistica. che ha inibito gli insediamenti industriali insalubri di 1° classe in tutte le aree collocate ad una distanza inferiore di 400 m dagli insediamenti residenziali è stata emanata in occasione di un procedimento di V.I.A. attivato dalla società ricorrente, ma ciò non determina alcun eccesso di potere nella scelta effettuata.

Il prospettato insediamento industriale della ricorrente ha solo reso attuale l’interesse del comune ad una revisione di carattere generale dello strumento urbanistico per evitare, appunto, che tutte le industrie insalubri di 1° classe siano collocate ad una distanza inferiore di 400 metri dagli insediamenti residenziali ed anche, quindi, quello che aveva intenzione di realizzare il ricorrente.

Infatti, il nuovo testo normativo dell’articolo 18 delle N.T.A., modificato con la variante urbanistica specifica, ha dettato una disciplina generale per tutte le aree collocate ad una distanza inferiore di 400 metri conformando lo jus aedificandi in modo tale da garantire un ordinato assetto del territorio e, in quest'ottica, anche la distribuzione equilibrata delle attività industriali astrattamente suscettibili di determinare rischi aggiuntivi per l'ambiente se concentrate in àmbiti prossimi a quelli residenziali.

La possibilità che simili attività si insedino in altri comparti e ad una distanza maggiore dall’abitato del medesimo territorio comunale, appare diretta a salvaguardare al contempo le esigenze produttive ed economiche locali contemperandole con i molteplici interessi, anche di ordine ambientale, della comunità.

7. Non era, poi, necessaria una specifica valutazione della posizione della società ricorrente, trattandosi di "variante normativa" estesa all'intero comparto territoriale e non finalizzata ad incidere solo su singole situazioni soggettive, anche in ragione del fatto che, contrariamente a quanto dedotto con le censure contenute nel ricorso, non vi era un affidamento qualificato della ricorrente suscettibile di dare luogo all'obbligo di puntuale motivazione da parte dell'Amministrazione.

7.1. La mera attivazione di una procedura di V.I.A., infatti, non crea alcun affidamento da tutelare nè risultava rilasciato alcun titolo edilizio concernente la realizzazione dell’industria insalubre di 1° classe in quanto, come puntualmente documentato dalla difesa del comune, il titolo edilizio rilasciato alla società ricorrente riguardava un “capannone industriale ad uso deposito -magazzino”(doc.. 7 ed 8 prodotti dalla difesa comunale).

8. In conclusione il ricorso è infondato.

9. Ciò determina il rigetto anche della domanda risarcitoria azionata, non potendo derivare un danno ingiusto da una scelta legittima dell’amministrazione.

10. Va, infine, respinta anche l’azione di indennizzo esercitata sul presupposto erroneo di una intervenuta revoca di un precedente provvedimento amministrativo.

Infatti, la variante urbanistica specifica non revoca alcunché ma detta ex novo una disciplina regolamentare urbanistica, di natura generale, diretta a disciplinare, per il futuro, l’assetto del territorio nelle zone “D” del P.R.G. del Comune.

11. Per tali ragioni il ricorso va respinto.

12. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di causa in favore del comune intimato che si liquidano in euro 3.000 (tremila), oltre C.P:A. ed I.V.A.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Carlo d'Alessandro, Presidente

Alberto Pasi, Consigliere

Ugo Di Benedetto, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)