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Tribunale di NOLA Ufficio GUP ordinanza 23 settembre 2004
Est. Taddeo Imp. Russo Roberto + 3
1) art.51, co.3. d. lgs.22/97; art.51 bis d. lgs.22/97; art.449 c.p.; art.328 c.p.

Costituzione di parte civile di associazioni ambientaliste nell'ambito di procedimenti per reati ambientali.

CON MOTIVAZIONE

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Il GUP, dott. Elia Taddeo,

sulla richiesta di esclusione delle costituite parti civili proposta dai difensori degli imputati, motivata: 1) per quanto riguarda il “Comitato per la difesa dell’agro nolano”, facendo riferimento alla sua natura di associazione non riconosciuta, ai sensi degli artt.13 e 18 L. Istitutiva del Ministero dell’Ambiente; 2) per quanto riguarda Napoletano Francesco +2, ritenendo che il bene ambientale leso dai reati per i quali si procede non sarebbe nella titolarità delle persone che intendono costituirsi parte civile;

sentito il P.M. che non si è opposto alla costituzione delle parti civili

osserva

Le associazioni ambientaliste non sono titolari del diritto al risarcimento del danno ambientale, che la L.349/86 (istitutiva del Ministero dell’Ambiente) riconosce spettare allo Stato, con possibilità per quest’ultimo, e per gli enti territoriali interessati, di agire in giudizio per il relativo risarcimento. Il danno ambientale, sulla scorta della disposizione di cui all’art.18 della L.349/86 è stato definito dalla Corte Costituzionale come: “compromissione (dell’ambiente) e, cioè, alterazione, deterioramento o distruzione, cagionato da fatti commissivi o omissivi, dolosi o colposi, violatori delle leggi di protezione e di tutela e dei provvedimenti adottati in base ad essi” (cfr. Corte Costit. n.641/87).

Quella legge (L.349/86) attribuisce alle associazioni ambientaliste “riconosciute” ai sensi dell’ art.13 L.349/86 la possibilità di intervenire nei giudizi per danno ambientale; tale intervento deve ritenersi – nell’ambito del processo penale – quello di cui alle forme ed agli effetti previsti dagli artt.91 e ss. c.p.p., essendo tale interpretazione imposta dal chiaro dettato dell’art.212 disp. att. c.p.p.

E’ quindi evidente, ed è stato precisato anche dalla sentenza della corte costituzionale n.641 del 1987, che sono legittimati ad agire per il risarcimento del danno ambientale solo “…lo Stato e gli enti sul cui territorio incidono i beni oggetto del fatto lesivo”. In tali occasioni, alle associazioni ambientaliste riconosciute (art.13 L.349/86) spetta, nell’ambito del processo penale, una facoltà di intervento quali enti rappresentativi degli interessi lesi dal reato, anche a prescindere dal consenso espresso della persona offesa di cui all’art.92 c.p.p.; ed, infatti, tale consenso può ritenersi presunto, e cioè preventivamente attribuito a tali associazioni in virtù del diritto di intervenire in giudizio ex art.18 L.349/86 (cfr. Cass.12.01.96, Amendola; Cass.03.12.02, Veronese).

Di recente, però, prima con la disposizione di cui all’art.4 L.265/99, poi con quella di cui all’art.9, co.3, d. lgs.267/00, si è attribuito alle associazioni riconosciute ai sensi dell’art.13 L.349/86 la possibilità di proporre azioni risarcitorie per il danno ambientale spettante al Comune ed alla Provincia, nell’eventualità di inerzia degli enti territoriali. In questi casi, però, l’eventuale liquidazione del risarcimento è in favore dell’ente territoriale sostituito, spettando all’associazione ambientalista riconosciuta solo la liquidazione delle spese processuali.

La giurisprudenza, comunque, ammette, ormai pacificamente, la possibilità per le associazioni ambientaliste – anche quelle non riconosciute – di costituirsi parte civile iure proprio nei procedimenti per reati ambientali; ed, infatti, anche sulla scorta di quanto ha affermato la stessa Corte Costituzionale (la già citata sentenza n.641/87), se dal danno propriamente ambientale derivano ulteriori danni materiali e/o morali, i soggetti da questi danneggiati possono agire in giudizio per il risarcimento. A tale proposito, deve ricordarsi quanto più volte sostenuto dalla suprema corte, ossia che in occasione del danno ambientale non si ha soltanto una compromissione dell’ambiente susseguente alla violazione delle leggi ambientali (ossia il danno ambientale), ma anche un’offesa della persona nella sua dimensione individuale e sociale, intesa, cioè, come lesione del diritto fondamentale, ed a rilevanza costituzionale, ad un ambiente salubre, quale elemento integrante della personalità umana; ed, infatti, la nostra Costituzione, nei suoi principi fondamentali, recepisce una concezione aperta dei diritti inviolabili dell’uomo (art.2 Cost.) e, alla luce di questi principi, deve riconoscersi che nel danno ambientale è inscindibile l’offesa ai valori naturali e culturali e la contestuale lesione dei valori umani e sociali di ogni persona (cfr., tra le altre, Cass.05.04.2002 Kiss Gmunther; Cass.01.10.96, Locatelli; Cass.12.01.96 Amendola; Cass.08.07.96, Perotti).

La costituzione di parte civile delle associazioni ambientaliste - si ripete anche non riconosciute - viene ammessa dalla giurisprudenza della suprema corte anche sotto altro profilo, ossia come possibilità di far valere in giudizio un danno di natura non patrimoniale collegato ad un diritto della personalità dell’associazione, allorquando l’interesse diffuso da essa perseguito sia volto alla salvaguardia di una situazione storicamente circostanziata, la quale sia stata fatta propria, come scopo specifico del sodalizio. Ogni pregiudizio a questa finalità, che esprime l’affectio societatis, comporta un danno non patrimoniale per la frustazione e l’afflizione degli associati. Quindi, la costituzione di parte civile è possibile quando, dall’offesa all’interesse, derivi in modo diretto ed immediato una lesione al diritto di personalità del sodalizio, con riferimento allo scopo ed ai suoi componenti (cfr., tra le altre, Cass.30.06.95, Montone; Cass.29.04.97, Circolo Aleramo).

Riassumendo, si può dire, pertanto, che: “la legittimazione a costituirsi parte civile delle associazioni ambientaliste deriva sia dalla tutela del diritto assoluto all’ambiente salubre, che, in quanto riferito ad una dimensione collettiva, si invera pure in tutte quelle associazioni di protezione ambientale rappresentative delle singole comunità partecipi dell’ambiente che si assume danneggiato o leso e si presentano quindi come enti esponenziali delle comunità in cui trovasi il bene collettivo oggetto di lesione, sia dalla protezione del diritto della personalità per il discredito derivante alla propria sfera funzionale” (cfr. Cass.02.02.96, Russo).

Tale tesi della legittimazione delle associazioni ambientaliste a costituirsi parte civile si articola, quindi, nei seguenti passaggi logico-giuridici: a) il danno ambientale, in quanto lesivo di un bene rilevante ex art.2 Cost, reca, di per sé, un’offesa alla persona umana nella sua dimensione individuale e sociale; b) per le associazioni ambientaliste la lesione riguarda anche il diritto della personalità del sodalizio, in relazione allo scopo perseguito; c) il danno ha tipica natura non patrimoniale (per le frustrazioni degli associati, nonché per il discredito derivante dal mancato raggiungimento dello scopo, che potrebbe indurre gli associati a privare il sodalizio del loro sostegno personale e finanziario), ma può essere anche patrimoniale (per i costi sostenuti nello svolgimento delle attività di propaganda e di sensibilizzazione della pubblica opinione).

Ovviamente, non è sufficiente che un’associazione, o un comitato, pongano l’interesse di tutela ambientale del proprio territorio come scopo del sodalizio per legittimarli a costituirsi parte civile in processi per reati ambientali; in altri termini, occorre qualcosa di più di un interesse semplice alla tutela dell’ambiente genericamente inteso. Occorre, cioè, un interesse specifico dell’ente, e territorialmente localizzato, al fine di poter prospettare che la lesione dello stesso abbia dato vita ad un danno diretto, immediato e risarcibile, ossia le condizioni che legittimano una costituzione di parte civile. Ed, infatti, solo se si soggettivizza l’interesse di cui l’ente è portatore si può ritenere che lo stesso si differenzi da quello semplice della generalità dei consociati, relativo al corretto esercizio della tutela dei beni ambientali, che in sé è una mera finalità di interesse pubblico. Secondo la giurisprudenza della suprema corte (v. le sentenze citate sopra), gli elementi che valgono a differenziare la posizione delle associazioni ambientaliste - attraverso le quali si svolge la personalità di ogni uomo titolare del diritto umano all’ambiente - consistono: nella continuità di azione; nell’aderenza al territorio; nella rilevanza del loro contributo; in sostanza, l’interesse diffuso alla tutela ambientale deve essersi concretizzato in una determinata realtà storica di cui il sodalizio ha fatto il proprio scopo.

Naturalmente, in questa fase, per ritenere la legittimità della costituzione di parte civile è sufficiente la prospettazione di una causa petendi nella quale si faccia riferimento a dati concreti che avvalorino la specificità degli interessi lesi, ed il radicamento sul territorio dell’azione ambientale dell’ente; restando, invece, riservata all’eventuale fase dibattimentale la prova concreta della fondatezza della propria pretesa risarcitoria.

Orbene, la legittimazione a costituirsi parte civile del “Comitato per la difesa dell’agro nolano” non deriva dal solo fatto che tale ente non riconosciuto abbia posto la tutela ambientale del proprio territorio come scopo del sodalizio (v. atto di costituzione e statuto), né deriva dal solo fatto che l’ente abbia la propria sede in Roccarainola (v. Statuto), ossia il territorio interessato dai fatti-reato oggetto della richiesta di rinvio a giudizio, ma deriva, invece, dalla concreta attività che detto Comitato ha svolto - in nome proprio e attraverso le persone riconducibili ad esso - per la tutela della specifica situazione ambientale che ha portato, prima alla genesi ed allo sviluppo delle indagini preliminari, e poi alla richiesta di rinvio a giudizio per cui si procede; ed, infatti, dagli atti del fascicolo processuale emergono numerosi esposti, ed inviti alle Autorità ad interessarsi alla relativa situazione ambientale, relativi alla discarica sita in località “Difesa” di Roccarainola, in area di cava, provenienti dal detto “Comitato per la difesa dell’agro nolano” (v., tra l'altro: esposto al Comando NOE di Napoli ed alla Procura della Repubblica di Nola del 02.02.01, a firma dei membri del comitato; altro esposto al Procuratore della Repubblica di Nola, con richiesta di sequestro del 29.01.01, a firma del legale rappresentante del Comitato; ulteriore, e circostanziato, esposto con allegati rivolto al Procuratore della Repubblica di Nola, datato 19.02.01).

In altri termini, con la predetta, specifica e continua attività volta alla tutela del proprio territorio, rispetto ad una ben individuata fonte di danno, il predetto Comitato ha dimostrato quella continuità di azione, quell’aderenza al territorio e quella rilevanza del contributo (alla fine vi è stato l’esercizio dell’azione penale) che sostanzia la sua natura di ente esponenziale di quell’interesse diffuso alla tutela ambientale, che si è concretizzato in una determinata realtà storica di cui il sodalizio ha fatto il proprio scopo.

Per quanto riguarda, poi, la costituzione di parte civile di Napolitano Francesco + 2, deve, anzitutto, rilevarsi che la legittimazione ad esercitare l’azione civile nel processo penale non è necessario essere titolari del bene giuridico protetto dai reati per i quali si procede, essendo sufficiente qualificarsi come soggetti danneggiati dai relativi fatti-reato; orbene, questo è proprio quello che hanno prospettato nell’atto di costituzione di parte civile Napolitano Francesco, Granata Carmine e Fusco Antonio, i quali hanno prospettato (richiamando, pure, il contenuto della relazione dei consulenti tecnici del P.M.) danni specifici ai proprio pozzi, o ai terreni della propria azienda floricola, eziologicamente derivanti dai fatti di reati per i quali si procede.

Tanto è sufficiente a ritenere la sussistenza della loro legitimatio ad causam, contestata dai difensori degli imputati.

p.q.m.

Da atto delle costituzioni di parte civile sia del “Comitato per la difesa dell’agro nolano”, che di Napolitano Francesco, Granata Carmine e Fusco Antonio. Rigetta la richiesta di esclusione di parte civile formulata dai difensori degli imputati. Dispone procedersi oltre.

Si Alleghi al verbale di udienza del 23.09.2004