Cass. Sez. III n. 50439 del 23 dicembre 2015 (Ud 7 ott 2015)
Pres. Franco Est. Andronio Ric. Aureli
Aria.Emissioni in atmosfera e attività libere

Con riferimento al regime previgente rispetto alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 128 del 2010, il combinato disposto dell'art. 269, comma 1, e dell'art. 272, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006 prevedeva l'esclusione delle attività di cui alla parte I dell'allegato IV alla parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006 dal regime autorizzatorio disciplinato dallo stesso art. 269. E le stesse dovevano dunque essere ritenute attività libere, a meno che non fossero sottoposte ad obblighi di comunicazione da parte dell'autorità competente, ai sensi dell'art. 272, comma 1

RITENUTO IN FATTO

1. - Con sentenza del 26 marzo 2013, il Tribunale di Roma ha condannato l'imputato alla pena dell'ammenda, per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 269, commi 1 e 3 e art. 279, comma 1, perchè, in qualità di legale rappresentante di una società esercente l'attività di depurazione delle acque reflue, non era in possesso delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera, nè aveva presentato la preventiva richiesta di autorizzazione di esercizio di impianti (il 26 agosto 2009).

2. - Avverso la sentenza l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo, con un unico motivo di doglianza, la manifesta illogicità della motivazione e l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 269 e 279.

La difesa premette che l'elenco delle attività in deroga al regime autorizzatorio ordinario ed ammesse ad un iter amministrativo semplificato, limitato alla presentazione di una autocertificazione da parte del gestore, attestante la mancanza di emissioni significative provenienti dall'impianto, era contenuto nella parte I dell'allegato 4^ alla parte quinta del decreto legislativo richiamato. In tale elenco erano inclusi gli impianti di trattamento acque (comma 4, lett. p), senza alcuna distinzione tra le varie parti che li compongono. Tale era la situazione alla data di accertamento dell'illecito (26 agosto 2009); quanto all'autocertificazione di cui sopra, la procedura amministrativa da seguire era stata disciplinata da una Delib. Giunta Regionale del Lazio, entrata in vigore il 7 maggio 2010 e, dunque, in epoca successiva rispetto alla data di accertamento del reato, ed era stata poi regolarmente seguita dalla società del ricorrente. Solo successivamente il D.Lgs. n. 128 del 2010, modificando il D.Lgs. n. 152 del 2006, aveva stabilito un regime autorizzatorio parzialmente diverso per gli impianti di trattamento acque: al punto p), comma 1, della parte 1 dell'allegato 4 alla parte quinta del D.Lgs. n. 152 del 2006, fra le attività in deroga, erano individuati gli impianti di trattamento acque, escluse le linee di trattamento fanghi; con la conseguenza che il provvedimento autorizzatorio ordinario doveva essere richiesto solo per la porzione di impianto relativa, appunto, al trattamento fanghi.

Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 281, comma 3, come modificato dal D.Lgs. n. 128 del 2010, art. 3, comma 14, indicava la data limite per la presentazione delle domande di autorizzazione all'immissione della linea fanghi nel 31 luglio 2012; e la domanda di autorizzazione era stata effettivamente presentata dall'imputato in data 16 luglio 2012, così che l'esercizio doveva essere ritenuto consentito fino alla pronuncia dell'autorità competente su tale domanda. Tale essendo il quadro normativo, si contesta l'assunto del Tribunale secondo cui la società dell'imputato, alla data del sopralluogo, avrebbe dovuto avere o, comunque, avere richiesto l'autorizzazione per le emissioni in atmosfera. Si sostiene, in particolare, che il fatto che la Delib.

Giunta regionale fosse intervenuta successivamente all'accertamento del reato non poteva voler escludere dalle attività in deroga impianti di trattamento acque. Si sostiene, altresì, che la contestazione elevata a carico dell'imputato era limitata alla mancanza dell'ordinaria autorizzazione all'immissione in atmosfera e non comprendeva la mancanza della comunicazione del gestore per l'attività in deroga.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. - Il ricorso è fondato.

3.1. - Secondo il testo del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 269, comma 1, vigente all'epoca dell'accertamento del fatto ((OMISSIS)), era necessario dotarsi di autorizzazione per gli impianti che producevano emissioni in atmosfera "fatto salvo quanto stabilito dall'art. 267, comma 3, dai commi 14 e 16 del presente articolo e dall'art. 272, comma 5". Tale ultima disposizione prevedeva in via generale che "il presente titolo, ad eccezione di quanto previsto dal comma 1, non si applica agli impianti e alle attività elencati nella parte 1 dell'Allegato 4 alla parte quinta del presente decreto".

Si trattava di una serie di attività che, sulla scorta di una presunzione di non significatività delle emissioni rilasciate in atmosfera, erano definite "in deroga" al regime autorizzatorio ordinario e seguivano, perciò, un iter amministrativo semplificato.

In forza di tale previsione dovevano, dunque, essere ritenute escluse dal regime autorizzatorio, previsto dall'art. 269 e assistito dalla sanzione penale di cui all'art. 279, comma 1 - disposizioni entrambe comprese nel titolo 1^ della parte quinta del D.Lgs. n. 152 del 2006 - tutte tali attività. L'eccezione a tale regola era costituita dalla previsione del cit. art. 272, comma 1, in forza della quale "l'autorità competente può prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori degli impianti o delle attività elencati nella parte 1 dell'Allegato 4 alla parte quinta del presente decreto comunichino alla stessa di ricadere in tale elenco nonchè, in via preventiva, la data di messa in esercizio dell'impianto o di avvio dell'attività, salvo diversa disposizione dello stesso Allegato".

3.2. - Venendo al caso di specie, risulta dagli atti e dalla stessa prospettazione del ricorrente che, alla data dell'accertamento ( (OMISSIS)) la sua società esercitava l'attività di depurazione delle acque reflue con emissioni in atmosfera senza essere in possesso di autorizzazione, senza avere presentato una preventiva richiesta di autorizzazione e senza avere presentato alcuna comunicazione relativa alla non significatività delle emissioni comandati dall'impianto. Ma è indubbio che nell'elenco delle attività in deroga all'epoca vigente, contenuto - come visto - nella parte 1^ dell'allegato 4^ alla parte quinta del D.Lgs. n. 152 del 2006, fossero inclusi gli impianti di trattamento acque (comma 4, lettera p), quale quello gestito dalla società dell'imputato.

Quanto, poi, alla previsione di obblighi di comunicazione a carico del soggetto esercente l'impianto, deve rilevarsi che all'epoca dell'accertamento del fatto ((OMISSIS)) la regione Lazio, autorità competente ai sensi dell'art. 272, comma 1, richiamato, non aveva emanato alcuna deliberazione in materia; cosicchè non sarebbe stato possibile per la società del ricorrente effettuare alcuna comunicazione. Tanto che la comunicazione era stata presentata solo in un momento successivo a quello dell'accertamento del reato, a seguito dell'entrata in vigore della Delib. della giunta regionale Lazio (7 maggio 2010) con cui si disciplinava il relativo procedimento amministrativo. E, in ogni caso, le vicende relative alla comunicazione risultano irrilevanti nel caso in esame, in cui oggetto dell'imputazione è la mancanza dell'autorizzazione o comunque della richiesta di autorizzazione e non la mancanza di comunicazione. Nè può evidentemente trovare applicazione nel caso in esame la più sfavorevole disciplina successivamente introdotta in materia dal D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, art. 3, comma 28, dovendosi avere riguardo al regime autorizzatorio vigente al momento del fatto.

3.3. - Deve conclusivamente affermarsi - con riferimento al regime previgente rispetto alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 128 del 2010, applicabile nel caso in esame ratione temporis - che il combinato disposto del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 269, comma 1 e art. 272, comma 5, prevedeva l'esclusione delle attività di cui alla parte 1 dell'allegato 4^ alla parte quinta D.Lgs. n. 152 del 2006 dal regime autorizzatorio disciplinato dallo stesso art. 269. E le stesse dovevano dunque essere ritenute attività libere, a meno che non fossero sottoposte ad obblighi di comunicazione da parte dell'autorità competente, ai sensi dell'art. 272, comma 1.

4. - Ne deriva, quanto al caso di specie, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perchè il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perchè il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2015.
Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2015