Cass. Sez. III Sent. 47044 del 19 dicembre 2007 (ud. 26 ott. 2007)
Pres. Vitalone Est. Fiale Ric. Calisti ed altro
Urbanistica. Opere realizzate da terzi (onere della prova)

In ordine alla responsabilità per l'esecuzione di una costruzione abusiva, grava, comunque, sull'interessato l'onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 23.6.2006, confermava la sentenza 2.10.2003 del Tribunale di Bologna - Sezione distaccata di P.T., che aveva affermato la responsabilità penale di C.L. e Ca.La. in ordine al reato di cui:

- alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), per avere realizzato in zona assoggettata a vincolo paesaggistico (fascia di rispetto del fiume (OMISSIS)), in assenza della prescritta concessione edilizia, un manufatto di mt. 6,20 x 5,00 con annesso portico - acc. in (OMISSIS) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, aveva condannato ciascuno alla pena di giorni 18 di arresto ed Euro 6.888,00 di ammenda, concedendo ad entrambi i doppi benefici.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso congiunto gli imputati, i quali hanno eccepito, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione: - la carenza assoluta di prova in ordine alla riconducibilità dell'attività di edificazione abusiva alle loro persone.


MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè manifestamente infondato.

1. In ordine alla ritenuta responsabilità per l'esecuzione della costruzione abusiva, la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte Suprema è orientata nel senso che non può essere attribuito ad un soggetto, per il solo fatto di essere proprietario di un'area, un dovere di controllo dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione abusiva.

Occorre considerare, invece, la situazione concreta in cui si è svolta l'attività incriminata, tenendo conto della disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest"), nonchè di tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all'esecuzione delle opere vedi, tra le decisioni più recenti, Cass., Sez. 3^: 27.9.2000, n. 10284, Cutaia ed altro; 3.5.2001, n. 17752, Zorzi ed altri; 10.8.2001, n. 31130, Gagliardi; 18.4.2003, n. 18756, Capasso ed altro; 2.3.2004, n. 9536, Mancuso ed altro; 28.5.2004, n. 24319, Rizzuto ed altro; 12.1.2005, n. 216, Fucciolo; 15.7.2005, n. 26121, Rosato; 2.9.2005, n. 32856, Farzone).

Grava, comunque, sull'interessato l'onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (vedi Cass., Sez. feriale, 16.9.2003, n. 35537, Vitale ed altro).

Alla stregua di tali principi, nella fattispecie in esame, i giudici del merito hanno fondato correttamente la responsabilità degli imputati sulla disponibilità giuridica e di fatto del suolo del quale erano comproprietari, non avendo essi mai prospettato l'eventualità di condotte tra loro dissociate nè che altri, a loro insaputa, ne avessero potuto disporre ed avessero intrapresa sullo stesso l'attività edilizia abusiva in contestazione.

2. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui non può riconoscersi alcun rilievo alla prescrizione del reato venuta a scadere in epoca successiva 20.10.2006 alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione dell'atto di gravame (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca).

3. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "le parti abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere solidale delle spese del procedimento nonchè, per ciascun ricorrente, quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.


P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, visti gli arti 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali e ciascuno di essi al versamento della somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2007.