Cass. Sez. III n. 5022 del 7 febbraio 2007 (ud. 19 dicembre 2006)
Pres. De Maio Est. Petti Ric. Greco ed altro
Beni Ambientali. Notorietà dell'imposizione del vincolo

L'eventuale mancanza di segnalazioni circa la presenza di un vincolo non esclude l'elemento psicologico del reato paesaggistico qualora la natura stessa dell'intervento (nella fattispecie, sbancamento di roccia e taglio di alberi su una superficie di 11.000 mq). Inoltre il decreto istitutivo di una riserva naturale viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della regione con l'indicazione della delimitazione del territorio e quindi deve ritenersi noto ai proprietari dei suoli siti nella zona


Udienza Pubblica  19.12.2006
SENTENZA N. 2136
REG. GENERALE n. 17280/06

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dai sigg. magistrati:
Dott. Guido De Maio presidente
Dott. Ciro Petti consigliere
Dott. Alfredo Teresi consigliere
Dott. Claudia Squassoni consigliere
Dott. Giovanni Amoroso consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA


sui ricorsi proposti dai difensori di Greco Paolo, nato a Siracusa il 9 febbraio del 1933 e Prosperino Salvatore, nato in Rosolini il 10 maggio del 1964, avverso la sentenza della corte d'appello di Catania del 10 maggio del 2005;


udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;


sentito il sostituto procuratore generale dott. Gioacchino Izzo, il quale ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi ;


udito l'avv. Silvio Aliffi, quale difensore di Greco Paolo, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso;


letti i ricorsi e la sentenza denunciata osserva quanto segue,


IN FATTO


Con sentenza del 10 maggio del 2005, la corte d'appello di Catania confermava quella pronunciata il 4 novembre del 2004 dal tribunale di Siracusa, con cui Greco Paolo e Prosperino Salvatore erano stati condannati ciascuno alla pena di mesi quattro di arresto ed € 17.000,00 di ammenda, quali responsabili, in concorso tra di loro, del reato di cui agli artt. 110 c.p. 146 lett. f) ,151 e 163 D. L.vo n 490 del 1999, per avere effettuato nel fondo del Greco, sito nella Riserva Naturale Grotta Monello, in assenza dell'autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela della riserva stessa, lavori di sbancamento della roccia e taglio di alberi per un'estensione di circa 11.000 mq allo scopo di aumentare la superficie coltivabile. Fatto commesso il 24 luglio del 2002 in agro di Siracusa.


A fondamento della decisione la corte osservava che l'assunto del Greco, secondo il quale i lavori erano stati effettuati dal precedente proprietario, era del tutto sfornito di prove; che il Prosperino, quale esecutore dei lavori, prima d'intraprendere quell'attività avrebbe dovuto informarsi sull'esistenza delle autorizzazioni; che la mancanza di cartelli non rendeva il fatto scusabile in quanto, secondo l'ordinaria diligenza, il proprietario del fondo e l'esecutore materiale dei lavori avrebbero dovuto verificare la possibilità di trasformare quel luogo senza l'autorizzazione; che la pena irrogata era congrua e, d'altra parte, gli appellanti non avevano fornito elementi per giustificare una riduzione.


Ricorrono per cassazione entrambi i prevenuti deducendo:


la violazione della norma incriminatrice nonché dell'articolo 42 cod. pen. per la mancanza dell'elemento soggettivo del reato, in quanto la riserva non era segnalata con cartelli;


l'illogicità della motivazione per avere la corte impropriamente assimilato la violazione in questione a quelle urbanistiche in relazione alle quali il proprietario del terreno è a conoscenza del piano regolatore.


Il solo Greco ribadisce la propria tesi in base alla quale lo sbancamento era stato effettuato dal precedente proprietario del suolo e chiede in via subordinata la riduzione della pena.


IN DIRITTO


I ricorsi sono inammissibili per la manifesta infondatezza dei motivi. Quello proposto dal Greco é altresì tardivo. La sentenza é stata pronunciata il 10 maggio del 2005 e la motivazione è stata depositata il 12 maggio successivo. Al Greco, contumace, l'estratto è stato notificato il 30 giugno del 2005 per cui l'impugnazione doveva essere proposta entro il 30 luglio successivo. E' stata invece proposta il 23 settembre.


I motivi di entrambi i ricorsi, come già accennato, sono manifestamente infondati. Invero, l'eventuale mancanza di segnalazioni, nella fattispecie, non esclude l'elemento psicologico del reato per la natura stesso dell'intervento che era costituito da uno sbancamento della roccia e dal taglio di alberi, il tutto su una superficie di 11.000 mq come risulta dalla sentenza di primo grado. D'altra parte, il decreto istitutivo di una riserva naturale viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della regione con l'indicazione della delimitazione del territorio e quindi si deve ritenere noto ai proprietari dei suoli siti nella zona. Inoltre, come già puntualizzato dalla corte territoriale, la stessa natura dell'intervento, che ha interessato un'area di 11.000 mq, esclude la buona fede perché rientra nell'ordinaria diligenza del proprietario del fondo e dell'esecutore dei lavori l'onere di accertarsi delle condizioni di modificabilità del terreno .


La corte territoriale non ha illegittimamente assimilato il vincolo imposto da una riserva naturale alle prescrizioni urbanistiche. Anzi si deve rilevare che per la realizzazione di interventi in aree protette (parchi nazionali e regionali, riserve naturali ecc) occorrono tre distinti ed autonomi provvedimenti autorizzativi: il permesso di costruire, l'autorizzazione paesaggistica e, ove necessario, il nulla osta dell'ente che gestisce la riserva naturale. Invero il permesso di costruire é necessario tutte le volte che venga alterata la morfologia del territorio anche con scavi e sbancamenti diversi da quelli agricoli mentre gli le altre due autorizzazioni servono a valutare la compatibilità paesaggistica dell'intervento.


Il trattamento sanzionatorio rientra nella cognizione del giudice del merito e si sottrae al sindacato di legittimità se adeguatamente motivato, come è avvenuto nella fattispecie.


Dall'inammissibilità dei ricorsi discende l'obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in € 1000,00, in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa dei ricorrenti nella determinazione della causa d'inammissibilità secondo l'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.


P.Q.M.

LA CORTE

Letto l'articolo 616 c.p.p.


Dichiara


Inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali e individualmente al versamento della somma di € 1000,00 in favore della cassa delle Ammende.


Così deciso in Roma il 19 dicembre del 2006


L' estensore              Il presidente
 Ciro Petti                   Guido de Maio