Consiglio di Stato Sez. VI n. 6862 del 31 luglio 2024
Beni ambientali.Bellezze d'insieme

Non è necessario, ai fini della legittimità delle scelte relative alla perimetrazione delle aree da tutelare come 'bellezze d’insieme’, ex art. 136, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 42 del 2004, che ogni singolo elemento compreso nell'area presenti i caratteri della bellezza naturale, poiché ciò che s'intende tutelare è per l'appunto l'insieme. E’ stato infatti ritenuto che il vincolo imposto con deliberazione regionale su bellezze d'insieme e non su bellezze individue non postula necessariamente che ogni singola cosa compresa nel paesaggio abbia i caratteri di bellezza naturale e non richiede, sotto il profilo procedimentale, gli adempimenti della notifica e della trascrizione previsti dall'art. 6 l. n. 1497 del 1939. L'eliminazione con la lettera d) del comma 1 dell'art. 136 del riferimento alle bellezze panoramiche “considerate come quadri naturali”, dapprima previsto nell'art. 1 della l. 1497 del 1939 (poi limitato alla sola parola “quadri” nel d. lgs. n. 490 del 1999), non comporta, di per sé, effetti di limitazione della proprietà privata equivalendo sempre la visione delle bellezze panoramiche a quella di quadri naturali ed essendo perciò siffatta nozione, in quanto ulteriormente esplicativa di un già chiaro contenuto estetico, priva di valenza giuridica aggiuntiva, tanto più essendo rimasta identica la restante parte della disposizione; pertanto, il vincolo paesaggistico relativo alle bellezze naturali (art. 136, comma 1, lett. d), del d. lgs. n. 42/2004) riguarda la bellezza estetica e panoramica offerta dalla natura, il c.d. “quadro naturale”, salvaguarda il panorama e le visuali e protegge il paesaggio quale interesse pubblico alla tutela della bellezza dei luoghi nel loro insieme, quindi rispetto alla sua fruibilità visiva da parte della collettività.


Pubblicato il 31/07/2024

N. 06862/2024REG.PROV.COLL.

N. 05710/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5710 del 2023, proposto da
Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Giada Cantamessa Società Semplice Agricola in liquidazione (già Mourglia Erika Società Semplice Agricola in liquidazione), in persona della rappresentante pro tempore e liquidatrice Giada Cantamessa, nonché Rachele Petrecca, Claudio Luigi Petrecca e Daniele Petrecca, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Francesco Stallone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Comune di Marino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Lanzillotta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Lazio, non costituita in giudizio

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Quater, n. 7164 del 2023.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Giada Cantamessa Società Semplice Agricola in liquidazione e dei signori Rachele Petrecca, Claudio Luigi Petrecca e Daniele Petrecca;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Marino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2024, il Cons. Roberto Caponigro e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Paola Maria Zerman, l’avvocato Francesco Stallone e l’avvocato Paolo Lanzillotta.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I profili di fatto della vicenda controversa sono stati compiutamente ricostruiti nella impugnata sentenza di primo grado.

Le parti appellate sono titolari di alcuni terreni siti in zona Castelluccia del Comune di Marino (RM), ubicata a ridosso dell’intersezione tra la strada statale Nettunense e la via Boville, in adiacenza di quello che è attualmente denominato Centro Gnosis (ex Casale di Santa Firminia).

All’esito di un procedimento urbanistico conclusosi nel 2004, è stata assegnata al comparto di cui trattasi, di estensione pari a circa mq 87.500 e avente originariamente destinazione agricola, destinazione “D7 industriale – commerciale”, da attuarsi mediante Piano Urbanistico Attuativo (P.U.A.); il P.U.A., approvato dal Comune di Marino nel corso del 2007 con parere favorevole della Regione, ha previsto l’edificazione di un centro commerciale.

Al fine di realizzare le opere di urbanizzazione primaria e secondaria da specificarsi in forza della stipulanda convenzione urbanistica, la Società semplice agricola precedentemente denominata Mourglia Erika e i signori Raffale Petrecca e Claudio Luigi Petrecca si sono riuniti in apposito consorzio denominato “Consorzio Urbanistico Mourglia – Petrecca”.

In data 6 marzo 2009, il Consorzio ha sottoscritto con il Comune di Marino la convenzione urbanistica per l’attuazione del suddetto P.U.A., la cui durata è stata prorogata in forza di diverse disposizioni di legge (cfr. da ultimo art. 10, co. 4 bis, del d.l. n. 76/2020, convertito dalla legge n. 120/2020).

Dal punto di vista paesaggistico, l’area era classificata nel P.T.P.R. adottato dalla Regione Lazio nel 2007 quale “paesaggio agrario di valore”, in quanto identificata come “Area agricola identitaria della campagna romana e delle bonifiche agrarie”, e tutelata quale area di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 136, lett. c), del d. lgs. n. 42 del 2004.

Con due provvedimenti adottati in data 9 settembre 2009 ai sensi dell’art. 146 del Codice dei beni culturali, la Regione Lazio ha autorizzato rispettivamente la realizzazione dell’opificio commerciale e delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria previste dal piano di lottizzazione, ritenendo che “le opere previste nel progetto (…) sono risultate compatibili con i valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo presente nella zona; congrui con i criteri di gestione dell’area; coerenti con gli obiettivi di qualità paesaggistica stabiliti dall’art. 62 comma 2-5 delle NTA del PTPR adottato (…)”.

L’efficacia di tali titoli autorizzatori è stata prorogata fino al settembre 2021.

Il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (ora Ministero della cultura), con decreto in data 11 marzo 2020, ha dichiarato di notevole interesse pubblico l’area denominata “La Campagna romana tra la via Nettunense e l’Agro romano (Tenuta storica di Palaverta, Quarti di S. Fumia, Casette, S. Maria in Fornarolo e Laghetto) sita nei Comuni di Marino (RM), Castel Gandolfo (RM) e Albano Laziale (RM)”, comprendente anche il comparto di proprietà degli appellati, ai sensi degli artt. 136, co. 1, lett. c) e d), 138, co. 3, e 141, co. 1, del d.lgs. n. 42 del 2004.

Con decreto del 24 luglio 2020, comunicato agli interessati in data 4 agosto 2020, il MIBACT ha proceduto alla “rettifica” della dichiarazione di notevole interesse pubblico precedentemente adottata: per quanto specificamente interessa, nella risposta all’Osservazione n. 30 del Comune di Marino le parole “paesaggio agrario di continuità” sono state sostituite con quelle “paesaggio agrario di rilevante valore”, avendo la Soprintendenza considerato che trattasi di “errore evidente e riconoscibile, obiettivamente rilevabile dal contenuto dispositivo del Decreto e da tutti gli Allegati”, che classificano l’area interessata come paesaggio agrario di rilevante valore.

Il Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e la provincia di Rieti, con atto del 10 febbraio 2022, ha espresso parere negativo in merito alla conformità paesaggistica per il rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica del 9 settembre 2009 ai fini della realizzazione di un opificio commerciale nel Piano di Lottizzazione – Consorzio Mourglia Petrecca.

L’Amministrazione ha specificato che “la non conformità dell’intervento rispetto alle norme tecniche del piano territoriale paesistico regionale e nello specifico al Paesaggio Agrario di Rilevante Valore in cui il sito ricade vieta qualsiasi tipo di intervento non conforme e quindi di valutazione paesaggistica di compatibilità”.

La Regione Lazio, con atti del 29 marzo 2022 e del 1° aprile 2022, ha conseguentemente adottato determinazioni negative in ordine sia al progetto per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria da cedere alla pubblica amministrazione nel PUA zona D7 località Castelluccia via Nettunense sia al progetto per la realizzazione di un opificio commerciale nel piano di lottizzazione – Consorzio Mourglia Petrecca – zona D7 nell’area distinta all’Agenzia del Territorio allo stesso foglio ed alle stesse particelle.

In particolare, l’Amministrazione regionale, nella determinazione n. G03740 del 29 marzo 2002, ha considerato, tra l’altro, che “successivamente all’adozione del PTPR e delle autorizzazioni paesaggistiche già rilasciate è stata approvata con decreto 11 marzo 2020, la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area sita nei Comuni di Marino, Castel Gandolfo e Albano Laziale, denominata ‘La campagna romana tra la via Nettunense e l’Agro romano (tenuta storica di Palaverta, Quarti di S. Fumia, Casette, S. Maria in Fornarolo e Laghetto’ che classifica l’area oggetto di intervento come paesaggio agrario di rilevante valore per il quale è fatto divieto di realizzare ulteriori manufatti a destinazione d’uso residenziale, produttivo, commerciale e terziario anche se previsti dagli strumenti urbanistici comunali (cfr. punto 4, tabella B, di ciascun ‘Paesaggio’) e di realizzare ulteriori nuove strade carrabili asfaltate ad alto scorrimento” e che Tale decreto integra il PTPR adottato”.

Gli interessati hanno impugnato tali atti dinanzi al Tar per il Lazio con il ricorso introduttivo del giudizio e con successivi motivi aggiunti.

Il Tar per il Lazio, Sezione Seconda Quater, con la sentenza n. 7164 del 26 aprile 2023, ha accolto il ricorso ed i ricorsi per motivi aggiunti, ai sensi e nei termini precisati in motivazione, con conseguente annullamento del DM 11 marzo 2020, come rettificato ad opera del DM 1014 del 2020, del parere della Soprintendenza del 10 febbraio 2022, nonché delle determinazioni del 29 marzo 2022 e del 1° aprile 2022.

Di talché, il Ministero della Cultura ha interposto il presente appello, articolando i seguenti motivi:

I. Error in iudicando - violazione e falsa applicazione dell’art. 146 e 136, c.1, lettere c) bellezze panoramiche e d) punto di visuale, del d.lvo 42/2004. Infondatezza. Erronea motivazione circa la definizione di ambito intercluso.

Contrariamente a quanto affermato dal Giudice di primo grado, il terreno di proprietà dei ricorrenti non presenterebbe caratteristiche tali da poterlo ritenere un “ambito intercluso”.

In primo luogo, l’area di cui si discute costituisce un comprensorio particolarmente ampio, la cui estensione – pari a circa 9 ettari – non consentirebbe di ascriverlo alla categoria degli “ambiti interclusi”.

Per costante e pacifica giurisprudenza, infatti, tale nozione – mutuata dal diritto urbanistico – andrebbe limitata ai soli “lotti di piccole dimensioni destinati a saturare e a completare "parti del territorio" adeguatamente urbanizzate, cioè provviste di opere che le rendano immediatamente idonee all'edificazione”.

Il terreno di proprietà dei ricorrenti – oltre a non essere di “piccole dimensioni” – non si inserirebbe in un contesto “saturo” ed “urbanizzato” (tanto che, dal punto di vista urbanistico, la sua edificazione è stata subordinata all’approvazione di uno strumento attuativo) e, pur collocandosi nella parte marginale del comprensorio sottoposto a tutela del MIC (giusta D.D. dell’11.3.2020), non potrebbe ritenersi circondato su tre lati da aree urbanizzate, essendo confinante su due dei quattro lati con la via Nettunense e con la via Boville (la cui importanza – sia in termini di rilevanza archeologica che sotto il profilo della “visuale” sulla Campagna romana – sarebbe stata ampiamente e diffusamente emarginata nell’ambito del decreto).

Peraltro, anche laddove si ritenesse che l’area in questione presenti caratteristiche tali da doverla considerare un “ambito intercluso”, detta circostanza non sarebbe stata ex se sufficiente a rendere “accoglibili” le osservazioni presentate dai ricorrenti.

Infatti, sulla base dei criteri di valutazione delle osservazioni, avrebbero dovuto essere respinte tutte le osservazioni riferite ad ambiti ancora totalmente o per la maggior parte della loro estensione integri in cui siano riconoscibili i caratteri identitari della Campagna romana; in cui siano presenti beni paesaggistici appartenenti alla categoria degli ope legis (quali elementi vegetazionali, fossi, ecc.), siti di interesse storicoculturali che si intende salvaguardare. Allo stesso modo sono state escluse le richieste riferibili allo stralcio di particelle la cui classificazione di «Paesaggio» per quanto concerne la disciplina d’uso rimanda alle previsioni dello strumento urbanistico vigente nel territorio comunale”.

II. Error in iudicando circa la presenza di una motivazione postuma.

Contrariamente a quanto affermato dal T.A.R., il richiamo alla localizzazione dell’ambito in questione in adiacenza alla via Nettunense non costituisce alcuna integrazione postuma della motivazione del provvedimento, trattandosi di un elemento puntualmente valorizzato dall’Amministrazione in sede di controdeduzione alle osservazioni trasmesse dai ricorrenti.

La controdeduzione alle osservazioni presentate dagli odierni ricorrenti (contraddistinte con il n. 61) è avvenuta mediante integrale rinvio alle considerazioni già formulate in merito al lotto confinante, di proprietà della Gnosis Coop. Soc. Onlus (oggetto delle osservazioni contraddistinte con il n. 22), ove si è dato espressamente atto che “l’area in esame presenta una particolare valenza dettata dalla posizione all’incrocio tra due assi viari di rilevanza storica, quali l’antica via Nettunense e il suo diverticolo oggi ricalcato da via Boville, come graficizzato nell’allegato n. 9, nel quale sono posti in evidenza anche i numerosi siti di interesse archeologico legati a tale viabilità (nn. 36-37-38-39-40)”.

La circostanza per cui – in sede difensiva – la collocazione dell’area “all’incrocio tra i due assi viari di rilevanza storica” sia stata ulteriormente specificata (al fine di sostenere e dimostrare la non interclusione del lotto di proprietà dei ricorrenti), non costituirebbe un’integrazione postuma (e come tale inammissibile) della motivazione del decreto di vincolo, quanto piuttosto una migliore esplicitazione di un elemento costitutivo della fattispecie già enucleato in sede provvedimentale.

III. Error in iudicando. Violazione dell’art. 136, C.1, d), punto di visuale del T.U. 42/2004.

L’area in questione sarebbe tutelata non solo in considerazione della sua “intrinseca” valenza paesaggistica (i.e. in ragione dei caratteri identitari della Campagna romana di cui la stessa è portatrice, evincibili, oltre che dalle considerazioni espresse nella relazione illustrativa del Decreto – dalle stesse fotografie dell’area, che la pongono in evidente continuità al terreno adiacente, con il quale condivide, senza soluzione di continuità, un importante filare alberato), ma anche (e soprattutto) per la sua posizione strategica di “apertura” verso l’intero comprensorio sottoposto a tutela.

Tale ultimo aspetto non potrebbe essere tralasciato, tenuto conto che il vincolo paesaggistico di cui è causa sarebbe stato apposto al fine di tutelare un insieme omogeneo di aree (pur se contraddistinte da tratti naturalistici parzialmente diversi) e che il provvedimento adottato dall’Amministrazione sarebbe volto a proteggere e salvaguardare (anche) le c.d. “bellezze panoramiche”, delle quali deve essere garantita non solo la protezione, ma anche la piena fruizione e la libera percezione visiva (quanto meno dalle principali arterie stradali, qual è senz’altro la via Nettunense).

Il provvedimento di vincolo di cui si discute è stato adottato ai sensi dell’art. 136, comma 1 lett. c) e d) del D. Lgs. n. 42 del 2004.

IV. Error in iudicando. Violazione della discrezionalità tecnica della Sovrintendenza.

Il decreto di vincolo del terreno di proprietà di parte appellata, avrebbe una chiara giustificazione nella tutela di un luogo unico al mondo e che sarebbe inciso in modo irreparabile dall’annullamento della tutela e dalla commercializzazione dell’area.

Gli appellati hanno analiticamente controdedotto, concludendo per il rigetto dell’appello.

Il Comune di Marino ha sostenuto la propria carenza di legittimazione passiva, non essendo parte necessaria del processo.

Il Ministero della Cultura e gli appellati hanno prodotto altre memorie a sostegno delle rispettive difese.

L’istanza cautelare formulata dal Ministero appellante è stata accolta da questa Sezione con ordinanza n. 3045 del 21 luglio 2023, con la seguente motivazione:

“Considerato che, alla delibazione propria della presente fase, l’istanza cautelare non può ritenersi sprovvista di fumus boni iuris, in quanto:

- il decreto ministeriale dell’11 marzo 2020 richiama la nota n. 2694/2020, con cui la Soprintendenza ha comunicato i criteri utilizzati per valutare le richieste contenute nelle osservazioni;

- l’area in discorso rientra in un ambito all’interno del quale sono riconoscibili i caratteri identitari della campagna romana;

- la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area, di conseguenza, non appare prima facie immotivata o irragionevole;

Ritenuto che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, è da ritenersi prevalente l’interesse pubblico alla conservazione della res adhuc integra sino alla definizione del giudizio nel merito”.

All’udienza pubblica del 23 maggio 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. Il Collegio, in via preliminare, dispone l’estromissione dal giudizio del Comune di Marino, in quanto l’Amministrazione, non avendo posto in essere gli atti in contestazione, non può essere ritenuta parte necessaria del processo.

3. Nel merito, l’appello proposto dal Ministero della Cultura è fondato e va accolto.

4. In linea generale, occorre rilevare che i provvedimenti impugnati, con particolare riferimento al decreto ministeriale dell’11 marzo 2020 (che funge da atto presupposto ai successivi anch’essi oggetto di contestazione), con cui l’area è stata dichiarata di notevole interesse pubblico, vista la proposta della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio della Città metropolitana di Roma, della provincia di Viterbo e dell’Etruria meridionale, costituisce espressione di ampia discrezionalità, sub specie di discrezionalità tecnica, sicché la conclusiva valutazione è un apprezzamento di merito, di per sé non sindacabile, ma soggetto in limiti assai ristretti al giudizio di legittimità, proprio in quanto espressione di discrezionalità tecnica.

La discrezionalità tecnica, infatti, è censurabile in sede giurisdizionale solo quando il suo esercizio appaia ictu oculi viziato da manifesta illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento dei fatti o laddove sia carente di istruttoria e di motivazione.

L’Amministrazione, nell’effettuare le valutazioni di competenza, in linea di massima, applica concetti non esatti, ma opinabili, con la conseguenza, già evidenziata, che può ritenersi illegittima solo la valutazione che, con riguardo alla concreta situazione, si riveli manifestamente illogica, vale a dire che non sia nemmeno plausibile, e non già una valutazione che, pur opinabile nel merito, sia da considerare comunque ragionevole, ovvero la valutazione che sia basata su un travisamento dei fatti.

Il ricorso a criteri di valutazione tecnica, infatti, in qualsiasi campo, non offre sempre risposte univoche, ma costituisce un apprezzamento non privo di un certo grado di opinabilità e, in tali situazioni, il sindacato del giudice, essendo pur sempre un sindacato di legittimità e non di merito, è destinato ad arrestarsi sul limite oltre il quale la stessa opinabilità dell'apprezzamento operato dall'amministrazione impedisce d'individuare un parametro giuridico che consenta di definire quell'apprezzamento illegittimo (cfr., ex multis, Cass. Civ., SS.UU., 20 gennaio 2014, n. 1013).

Sugli atti in discorso, essendo gli stessi sindacabili dal giudice amministrativo per vizi di legittimità e non di merito, non è consentito al giudice amministrativo esercitare un controllo intrinseco in ordine alle valutazioni tecniche opinabili, in quanto ciò si tradurrebbe nell'esercizio da parte del suddetto giudice di un potere sostitutivo spinto fino a sovrapporre la propria valutazione a quella dell'amministrazione, fermo però restando che anche sulle valutazioni tecniche è esercitabile in sede giurisdizionale il controllo di ragionevolezza, logicità, coerenza ed attendibilità.

La differenza tra giurisdizione di legittimità e giurisdizione di merito, in sostanza, può individuarsi nel fatto che, nel giudizio di legittimità, il giudice agisce “in seconda battuta”, verificando, nei limiti delle censure dedotte, se le valutazioni effettuate dall’organo competente sono viziate da eccesso di potere per manifesta irragionevolezza o da travisamento dei fatti, vale a dire se le stesse, pur opinabili, esulano dal perimetro della plausibilità, mentre nel giudizio di merito, il giudice agisce “in prima battuta”, sostituendosi all’Amministrazione ed effettuando direttamente e nuovamente le valutazioni a questa spettanti, con la possibilità, non contemplata dall’ordinamento se non per le eccezionali e limitatissime ipotesi di giurisdizione con cognizione estesa al merito di cui all’art. 134 c.p.a., di sostituire la propria valutazione alla valutazione dell’Amministrazione anche nell’ipotesi in cui quest’ultima, sebbene opinabile, sia plausibile.

In altri termini, nella giurisdizione di legittimità, la domanda a cui il giudice deve rispondere non è se sia d’accordo o meno con la valutazione effettuata dall’Amministrazione competente, atteso che in tal caso il suo sindacato trasmoderebbe nel merito amministrativo, ma se tale manifestazione di giudizio sia o meno abnorme, la qual cosa, invece, concreterebbe il vizio di eccesso di potere.

5. Il Tar per il Lazio, nella sentenza appellata ha premesso che:

“Questa Sezione ha già avuto modo di pronunciarsi sul provvedimento di cui trattasi, seppure con precipuo riferimento ad altre porzioni della “campagna romana” ricomprese nel perimetro della dichiarazione (cfr. sentenze del 17.03.2021, n. 3238, 4.06.2021, n. 6595, e 23.12.2021, n. 13428).

In tali precedenti è stata ritenuta pienamente legittima la scelta di avvincere in un unico vincolo un territorio alquanto ampio, all’esito di un apprezzamento di insieme atto a valorizzare “l’intera area nella sua unitaria complessità (…), non essendo la tutela isolata delle sue singole componenti equivalente alla tutela del complesso in cui ciascun elemento si correla agli altri integrandosi nell’insieme, rapportandosi ai tratti comuni di questo insieme i sistemi paesaggistici che lo compongono anche con le trasformazioni intervenute” (così sent. n. 3238/2021).

In particolare, preme qui valorizzare il passaggio in cui si argomenta che “il tratto nel quale si esprime con maggiore nettezza la discrezionalità amministrativa sottesa al vincolo, e che va esente da vizi logici, consiste nella dichiarata volontà di ricucire in un unico tessuto un'area, storicamente a vocazione agricola, che, prima dell'atto oggi impugnato, era invece consegnata ad una tutela a macchia di leopardo, poiché inframmezzata dal territorio, al quale si è infine estesa la finalità conservatrice” (in tal senso cfr. sent. nn. 3238/2021 e 6595/2021)”.

Tuttavia, il giudice di primo grado ha accolto il ricorso, essenzialmente, per le seguenti ragioni:

- “l’eccesso di potere in cui sarebbe incorsa la competente Soprintendenza: l’organo periferico, infatti, avrebbe incomprensibilmente rigettato le osservazioni dai medesimi presentate in sede procedimentale, così contravvenendo ai criteri generali che la stessa amministrazione aveva predeterminato al fine precipuo di vagliare le deduzioni alla proposta di vincolo formulate ai sensi dell’art. 139 del Codice”;

- “la circostanza che la specifica porzione territoriale di cui trattasi fosse circondata da aree urbanizzate era stata evidenziata nella medesima sede procedimentale anche dal Comune di Marino, che nell’osservazione contrassegnata dal n. 30 aveva rappresentato che l’area avente urbanistica D7, ubicata in zona Castelluccia, risultava “attorniata da un tessuto edilizio totalmente degradato”.

Ed invero, trattasi di una situazione fattuale che risulta comprovata dalla copiosa documentazione, anche fotografica, versata in atti dai ricorrenti: da essa si evince incontestabilmente che i terreni di loro proprietà costituiscono un “lembo” dell’area vincolata, collocandosi ai margini di essa e dunque immediatamente a ridosso del perimetro del vincolo, configurando una porzione incuneata “a tassello” tra (e dunque circondata su tre lati da) zone che appaiono chiaramente occupate da numerose edificazioni.

In particolare: i) quanto al lato delimitato dalla Via Nettunense, al di là della carreggiata sorgono, in sequenza e senza apparente soluzione di continuità (come si apprezza dalla visuale offerta dalle numerose aerofotogrammetrie prodotte in atti), molteplici edifici (i ricorrenti deducono trattarsi di “vasti insediamenti di tipologia industriale e commerciale”, il che è stato comprovato dalla documentazione fotografica versata in atti in data 21.12.2022 – cfr. soprattutto foto n. 3, 6 e 9 di cui al doc. 24); ii) il lato prospiciente la via Boville risulta fronteggiato da una “linea” di costruzioni (cfr. anche aerofotogrammetrie accluse alla relazione di approfondimento versata in atti in data 29.04.2022 al doc. 1); iii) anche lungo il lato opposto a quello delineato da via Boville sorgono una serie di fabbricati; iv) il quarto lato del comprensorio è immediatamente contiguo all’ambito territoriale (“compagna romana”) coperto dal vincolo.

La documentazione in atti, dunque, conferma che la porzione di cui trattasi è circondata su tre lati da aree urbanizzate, collocandosi all’interno di una zona fortemente antropizzata (oltre che degradata, come evidenziato dal Comune nelle proprie osservazioni).

Tanto precisato, nel fornire risposta alle osservazioni formulate dagli interessati, la Soprintendenza sarebbe stata tenuta a considerare la specifica ubicazione dei lotti in questione (oltre alla loro attuale vocazione, profilo su cui si tornerà infra): ciò proprio in considerazione dei macro-criteri predeterminati dalla stessa in sede procedimentale al fine di auto-vincolare la propria discrezionalità tecnica, che avrebbero imposto l’accoglimento delle osservazioni relative, tra l’altro, agli “ambiti interclusi” su tre lati da aree urbanizzate”;

- “quanto alle controdeduzioni che sul punto sono prospettate dalla difesa ministeriale nella memoria del 15.10.2022 (pagg. 18-20), le quali escludono che il comparto sia intercluso in quanto confinante su uno dei lati con la via Nettunense (che rappresenterebbe “uno dei pochi tratti ancora liberi di visuale verso la campagna romana lungo questa strada”), esse non appaiono frutto di valutazioni espresse in sede procedimentale, ma sono state formulate per la prima volta solo nel presente giudizio, e dunque configurano un’inammissibile integrazione postuma della motivazione;

- “… il deficit istruttorio che inficia le gravate determinazioni si coglie anche considerando sia le attuali caratteristiche dell’area sia la preesistenza in loco di un vincolo di tutela paesaggistica, tali da rendere illogica e irragionevole una classificazione della medesima in termini di “Paesaggio agrario di rilevante valore”, come fondatamente dedotto con il secondo mezzo.

Sotto il primo profilo, i ricorrenti hanno reiteratamente rappresentato nei propri scritti difensivi, con deduzione mai specificamente contestata dalla difesa ministeriale, che la porzione di territorio di loro proprietà, seppur originariamente coltivata, oramai da diverso tempo ha perso del tutto la sua originaria vocazione agricola, a causa del forte inquinamento cagionato dal sostenuto traffico veicolare esistente sulla confinante via Nettunense.

Né il mero rinvio alla risposta resa all’osservazione n. 22 consente di apprezzare se gli uliveti attualmente esistenti sulla particella adiacente, in cui riposerebbe la sua assimilazione al paesaggio agrario retrostante, e dunque la sua rilevante valenza paesaggistica, siano presenti anche sui lotti dei ricorrenti: viceversa, la documentazione fotografica versata in atti non offre alcuna evidenza di uliveti o altri tipi di colture, emergendo semmai la presenza di una distesa di vegetazione incolta (v. ad esempio fotografie di cui ai docc. 14 e 24 del 21.12.2022).

Il provvedimento, dunque, anche sotto tale ulteriore profilo appare viziato da una non completa ed esaustiva considerazione dell’effettivo stato dei luoghi, non essendo stato adeguatamente vagliato se la porzione di cui trattasi esprima concretamente quei caratteri di vocazione agricola e particolare pregio paesaggistico che il provvedimento ministeriale ha inteso salvaguardare”;

- “… appare priva di proporzionalità la scelta di elevare il grado di tutela già impresso ad un’area collocata al margine estremo della “campagna romana”, circondata sui tre lati da un tessuto edilizio e produttivo-commerciale fortemente sviluppato e priva di un’attuale vocazione agricola, dunque sprovvista di quei caratteri di particolare valore agrario ed elevato pregio paesaggistico in cui riposa il tratto distintivo del “Paesaggio agrario di rilevante valore”, come definito dal P.T.P.R”.

6. Le doglianze proposte dal Ministero della Cultura sono complessivamente fondate.

6.1. In primo luogo, anche volendo tenere conto della differenza tra ambito intercluso, di carattere paesaggistico, e lotto intercluso, di carattere urbanistico, l’area in discorso non potrebbe essere sic et simpliciter considerata un ambito intercluso su tre lati da aree urbanizzate, come richiesto dai criteri elaborati dalla Soprintendenza di cui alla nota n. 2694 del 2020, richiamata nel decreto ministeriale dell’11 marzo 2020.

Infatti, l’estensione dell’area, pari a circa 9 ettari, è evidentemente di dimensioni non ridotte, ma ampiamente apprezzabili, per cui la circostanza che l’ambito sia interamente intercluso su tre lati da aree urbanizzate avrebbe dovuto essere rigorosamente dimostrato dalla parte, il che non è compiutamente avvenuto.

Anzi, come correttamente rilevato dall’appellante, da un puto di vista urbanistico, l’edificazione è stata subordinata all’approvazione di uno strumento attuativo, sicché il lotto non può essere stato considerato come completamente intercluso.

Inoltre, la presenza di un ambito intercluso, dal punto di vista paesaggistico, dovrebbe essere escluso dalla considerazione che l’area confina su due dei quattro lati con la via Nettunense e con la via Boville.

6.2. Una ulteriore circostanza dirimente a fondamento delle doglianze proposte dal Ministero della Cultura riposa nel fatto che i criteri emanati dalla Soprintendenza con la nota n. 2694 del 2020, non oggetto di impugnazione, hanno indicato come dovessero essere respinte “tutte le osservazioni riferite ad ambiti ancora totalmente o per la maggior parte della loro estensione integri in cui siano riconoscibili i caratteri identitari della campagna romana”.

Tale è stata la ragione dell’inclusione dell’area de qua nella perimetrazione dell’area dichiarata di notevole interesse pubblico, con la conseguente sottoposizione a vincolo ed applicazione degli articoli 136, comma 1, lett. c) e d), 138, comma 3, e 141, comma 1, del d.lgs. n 42 del 2004.

Infatti, ai sensi dell’art. 136, lett. c) e d) del d.lgs. n. 42 del 2004, sono soggetti alle disposizioni del relativo titolo (che disciplina la tutela e la valorizzazione dei beni paesaggistici) del codice dei beni culturali e del paesaggio “i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici” e “le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si gode lo spettacolo di quelle bellezze”, mentre, ai sensi dell’art. 138, comma 3, del detto codice “è fatto salvo il potere del Ministero, su proposta motivata del soprintendente, previo parere della regione interessata che deve essere motivatamente espresso entro e non oltre trenta giorni dalla richiesta, di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all’articolo 136”.

Insomma, è stato considerato ed è alla base della scelta compiuta, il valore in sé del paesaggio che risponde ad interessi pubblici costituzionalmente rilevanti ai sensi dell’art. 9 Cost.

6.3. La signora Petrecca Rachele, il signor Petrecca Claudio Luigi e la Mourglia Erika Società Semplice Agraria, proprietari di terreni siti nel Comune di Marino, hanno presentato in opposizione alla proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico le seguenti osservazioni:

- l’area in oggetto risulta già essere tutelata in base al PTPR, che la individua come “Area Agricola identitaria della Campagna Romana”;

- l’area in oggetto è circondata da diffusi insediamenti abitativi e industriali, pertanto si ritiene il contesto già fortemente urbanizzato.

Pertanto, i suddetti proprietari hanno chiesto:

1) in via principale, che la Soprintendenza non adotti la dichiarazione di notevole interesse pubblico proposta;

2) in subordine, di escludere i terreni in oggetto dal vincolo della proposta.

Il MIBACT, nel respingere l’osservazione, ha rimandato alla risposta di cui all’osservazione n. 22, anch’essa respinta, vale a dire:

“Per quanto riguarda il merito e le competenze della proposta di Dichiarazione di Notevole Interesse Pubblico, nonché il suo rapporto con il PTPR e con i piani locali, si rimanda a quanto già notato nella risposta alle osservazioni nn. 4-5.

Il fatto che i lotti in esame confinino con aree edificate e compromesse non è motivazione sufficiente per affermare che tale porzione di territorio non abbia valenze paesaggistiche.

La Dichiarazione di Notevole Interesse Pubblico si basa su un giudizio di valore che interessa un ambito territoriale esteso, omogeneo per determinate caratteristiche paesaggistiche, con riferimento a “valori storici, culturali, naturali, morfologici, estetici”, prescindendo da sparsi ed isolati fenomeni di compromissione di cui un territorio come quello dei Castelli difficilmente può essere privo in senso assoluto. Tale giudizio è materia di valutazione di questo Ufficio, eseguita da organi tecnici nell’ambito di una specifica attività istruttoria, come illustrato dalla documentazione allegata alla proposta di vincolo.

Nel caso specifico poi, l’area in esame presenta anche una particolare valenza dettata dalla posizione all’incrocio tra due assi viari di rilevanza storica, quali l’antica via Nettunense e il suo diverticolo oggi ricalcato da via Boville, come graficizzato nell’allegato n. 9, nel quale sono posti in evidenza anche i numerosi siti di interesse archeologico legati a tale viabilità (nn. 36-37-38-39-40). Attualmente la particella in oggetto è in massima parte coperta da uliveti, che la assimilano interamente al Paesaggio agrario che si apre a ovest della via Nettunense e a sud della via Boville, le quali fungono da spartiacque tra la zona compromessa e quella da salvaguardare (si veda anche l’osservazione n. 61). A tale proposito, si ribadisce che il singolo lotto va considerato nell'ambito in cui è inserito, riconosciuto nel suo insieme come unicum di valenze culturali da tutelare in quanto compreso in un ambito paesaggistico, storico-agricolo e archeologico che si vuole salvaguardare e del quale il lotto in esame fa parte integrante e non può essere stralciato. Si rimanda sul punto al concetto di “bellezze di insieme” come richiamato nelle premesse.

Per quanto riguarda infine il rapporto tra la proposta di vincolo e il diritto di proprietà e dello ius aedificandi i vincoli di carattere “paesistico-ambientale” non sono inquadrabili negli schemi dell’espropriazione e dei vincoli indennizzabili.

L’imposizione dei vincoli su un determinato bene, compreso nelle categorie elencate dall’art 136 d.lgs. 42/04 non determina l’insorgere di un diritto all’indennizzo, poiché l’interesse paesaggistico, appunto in quanto proprio del bene, preesisteva all’emanazione provvedimento. In questo senso depone da tempo la giurisprudenza costituzionale ma anche quella ordinaria. (cfr. Corte Cost. n. 6/1966, 262/97, Tar Campania, n. 163/2011)

Si rimanda altresì a quanto osservato alla lettera b) della replica alle osservazioni nn. 11, 24, 25, 39.

(respinta)”.

Per quanto concerne, il merito e le competenze della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico, nonché il suo rapporto con il PTPR e con i piani locali, la risposta alle osservazioni nn. 4-5 ha posto in rilievo quanto segue:

“Si chiarisce che la proposta di Dichiarazione di Notevole Interesse pubblico non entra nel merito della pianificazione urbanistica, per la quale vengono riconosciute le competenze della Regione e dei Comuni ma riguarda il riconoscimento delle valenze paesaggistiche del territorio in base all’istruttoria tecnica condotta da questo Ufficio. Si rammenta la gerarchia della pianificazione territoriale che subordina i piani locali al PTPR, il quale a sua volta determina specifiche prescrizioni d’uso, fatto salvo il dettato delle Dichiarazioni di Notevole Interesse Pubblico (artt. 143 e 145), che pertanto sono sovraordinate e prevalgono sul PTPR, nel caso di discordanze. Si ribadisce che l’autorità statale può disporre il vincolo su un ambito meritevole di dichiarazione di interesse pubblico in qualsiasi momento, anche quando vi sia stata una pianificazione urbanistica, come confermato dalla giurisprudenza”. Tanto chiarisce l’autonomia del vincolo d’insieme posto dall’Amministrazione statale che non può essere ostacolato dalle previsioni del PTPR ma solo verificato nei presupposti di congruenza motivazionale, senza sconfinamenti nel merito amministrativo.

La motivazione, a questo riguardo, si presenta ampia ed esaustiva e non può ritenersi integrata in corso di giudizio della stessa, avendo l’Amministrazione chiaramente rappresentato – come si è rilevato - che “l’area in esame presenta una particolare valenza dettata dalla posizione all’incrocio tra due assi viari di rilevanza storica, quali l’antica via Nettunense e il suo diverticolo oggi ricalcato da via Boville, come graficizzato nell’allegato n. 9, nel quale sono posti in evidenza anche i numerosi siti di interesse archeologico legati a tale viabilità” e che “il singolo lotto va considerato nell'ambito in cui è inserito, riconosciuto nel suo insieme come unicum di valenze culturali da tutelare in quanto compreso in un ambito paesaggistico, storico-agricolo e archeologico che si vuole salvaguardare e del quale il lotto in esame fa parte integrante e non può essere stralciato”.

In definitiva, nessun vizio di violazione di legge o figura sintomatica dell’eccesso di potere è ravvisabile nell’azione amministrativa, avendo la stessa applicato norme e principi di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004) ed avendo operato, nell’includere l’area in discussione nel perimetro dell’area dichiarata di notevole interesse pubblico, con le conseguenti ricadute vincolistiche, una scelta certo opinabile nel merito, ma plausibile, in quanto non manifestamente illogica, né basta su un travisamento dei fatti, e corredata da idonea motivazione, sicché secondo le coordinate ermeneutiche in precedenza esposte, il sindacato giurisdizionale di legittimità deve necessariamente arrestarsi, non potendo la valutazione giurisdizionale impingere nel merito amministrativo.

In particolare, la scelta dell’Amministrazione di inserire il sito nella dichiarazione di notevole interesse pubblico non si rivela incoerente con le richiamate previsioni di cui all’art. 136, lett. c) e d), del codice dei beni culturali e del paesaggio.

6.4. In tale contesto, non assume decisivo rilievo l’argomentazione degli appellati secondo cui l’area sarebbe stata classificata come “paesaggio agrario di rilevante valore”, in sostanziale violazione dell’art. 25 del PRPT, in quanto si tratta di terra e vegetazione incolta, senza la possibilità di mantenimento di uso agricolo del suolo.

In primo luogo, occorre rilevare che, sulla base degli atti del procedimento, al quale gli interessati hanno partecipato formulando, come visto, specifiche osservazioni, non sono ictu oculi rilevabili specifiche contestazioni atte ad evidenziare la discrasia tra l’attribuzione di tutela del paesaggio agrario di rilevante calore e l’effettivo stato dei luoghi.

Inoltre, da un lato, deve rilevarsi che per un’area di così rilevanti dimensioni un quadro probatorio certo non può ritenersi raggiunto, per cui, in assenza di ulteriori elementi, non può essere escluso che, almeno in parte, l’area, unitariamente considerata, possa avere una destinazione agricola, dall’altro, deve evidenziarsi che l’art. 25 del PTPR, rubricato Paesaggio agrario di rilevante valore, tutela la salvaguardia della continuità del paesaggio agricolo mediante il mantenimento di forme di uso agricolo del suolo (comma 4).

Di talché, la definizione data dal comma 1 dell’art. 25 del PTPT, secondo cui “il paesaggio agrario di rilevante valore è costituito da porzioni di territorio caratterizzate dalla naturale vocazione agricola che conservano i caratteri propri del paesaggio agrario tradizionale” non può essere intesa nel senso che quel territorio debba necessariamente essere oggetto di utilizzazione agricola.

In altri termini, la vocazione agricola di un’area deve essere tenuta distinta dalla sua utilizzazione strettamente agricola, potendo essere piuttosto funzionale alla limitazione del consumo di suolo in un’area paesaggisticamente da tutelare, evitando insediamenti di costruzioni ed infrastrutture.

La circostanza che, in un dato momento, una porzione di territorio non sia utilizzata a fini agricoli, quindi, non implica che la stessa abbia necessariamente perso la sua vocazione agricola.

Insomma, la scelta dell’Autorità amministrativa di tutelare non solo le colture, ma anche e soprattutto la visuale delle zone da cui si vede la campagna romana – tutelata complessivamente per le caratteristiche richiamate e mediante una operazione di ricucitura dei segmenti e delle porzioni di territorio afferenti all’insieme - e, quindi, il carattere identitario ed estetico complessivo della campagna romana coincidente con il nucleo più antico ( c.d. agro romano ) spesso connotato da emergenze archeologiche ( anche se non tutelate nella loro singolarità ), non può essere giudicata manifestamente illogica né violativa della normazione in materia. Non è necessario, ai fini della legittimità delle scelte relative alla perimetrazione delle aree da tutelare come 'bellezze d’insieme’, ex art. 136, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 42 del 2004, che ogni singolo elemento compreso nell'area presenti i caratteri della bellezza naturale, poiché ciò che s'intende tutelare è per l'appunto l'insieme. E’ stato infatti ritenuto che il vincolo imposto con deliberazione regionale su bellezze d'insieme e non su bellezze individue non postula necessariamente che ogni singola cosa compresa nel paesaggio abbia i caratteri di bellezza naturale e non richiede, sotto il profilo procedimentale, gli adempimenti della notifica e della trascrizione previsti dall'art. 6 l. n. 1497 del 1939. ( CdS IV n. 8145 del 2003 ).

L’operazione di ricucitura delle porzioni dell’agro romano mira a salvaguardarne il godimento della visuale complessiva, compromessa dall’espansione urbanistica e dall’intervento edificatorio dell’uomo ed in questo senso si apprezza il valore estetico tutelato dal vincolo d’insieme ( in giurisprudenza, rileva sul punto Cons. Stato, Sez. IV, 19 febbraio 2013 n. 1022, ove si legge che « l'eliminazione con la lettera d) del comma 1 dell'art. 136 del riferimento alle bellezze panoramiche “considerate come quadri naturali”, dapprima previsto nell'art. 1 della l. 1497 del 1939 (poi limitato alla sola parola “quadri” nel d. lgs. n. 490 del 1999), non comporta, di per sé, effetti di limitazione della proprietà privata equivalendo sempre la visione delle bellezze panoramiche a quella di quadri naturali ed essendo perciò siffatta nozione, in quanto ulteriormente esplicativa di un già chiaro contenuto estetico, priva di valenza giuridica aggiuntiva, tanto più essendo rimasta identica la restante parte della disposizione »; pertanto, il vincolo paesaggistico relativo alle bellezze naturali (art. 136, comma 1, lett. d), del d. lgs. n. 42/2004) riguarda la bellezza estetica e panoramica offerta dalla natura, il c.d. “quadro naturale”, salvaguarda il panorama e le visuali e protegge il paesaggio quale interesse pubblico alla tutela della bellezza dei luoghi nel loro insieme, quindi rispetto alla sua fruibilità visiva da parte della collettività e nello stesso senso sono Cons. Stato, Sez. VI, 17 aprile 2018 n. 2309, ; Cons. Stato, Sez. VI, 11 gennaio 2013 n. 120, .; Cons. Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2013 n. 18,; Cons. Stato, Sez. VI, 30 dicembre 2011 n. 7004).

7. L’appello, in ragione di tutto quanto esposto, va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado.

8. Le spese del doppio grado di giudizio, considerata la peculiarità e la complessità in fatto ed in diritto della vicenda controversa, possono essere integralmente compensate tra le parti

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, disposta l’estromissione dal giudizio del Comune di Marino, accoglie l’appello in epigrafe (R.G. 5710 del 2023) e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado.

Compensa integralmente le spese del doppio grado di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2024, con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore

Giovanni Gallone, Consigliere

Thomas Mathà, Consigliere