Cons. Stato Sez. VI sent. 653 del 25 febbraio 2008
Beni ambientali. Nulla osta paesaggistico

L\'amministrazione statale non può sostituire la propria valutazione tecnico-discrezionale a quella effettuata dal Comune che, in sede di rilascio del nulla osta paesaggistico, ha ritenuto, anche se con motivazione sintetica, l’insussistenza di alcun pregiudizio alla conservazione delle caratteristiche ambientali dei luoghi interessati dall’intervento.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 5153/2007, proposto da:
- Lucci Salvatore, rappresentato e difeso dall’avv. Felice Laudadio e con lui elettivamente domiciliato presso lo studio del dott. Gian Marco Grez, Lungotevere Flaminio n. 46-IV B, Roma, appellante;
contro
- il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma, appellato;
- Soprintendenza per i beni artistici, paesaggio e patrimonio storico, artistico e demoantropologico e la Sovrintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio e per il patrimonio storico artistico e archeologico di Napoli e provincia, in persona dei rispettivi rappresentanti legali in carica, non costituite in giudizio, appellate;
per l’annullamento e/o la riforma, previa sospensione dell’efficacia,
della sentenza breve del T.a.r. Campania, Napoli, sezione VI, n. 4885/2007, concernente l’invito alla revoca, in sede di autotutela, della concessione edilizia a sanatoria n. 24967/2006 di cui al nulla osta del Comune di Pozzuoli in rapporto ad una tettoia in legno smontabile.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione appellata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2008, il consigliere Aldo SCOLA;
Uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Alessandra Bruni e l’avv. Ferone, su delega dell’avv. Felice Laudadio.
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Salvatore Lucci impugnava, dinanzi al T.a.r. Campania, gli atti in epigrafe individuati relativi all’invito formulato dalla Soprintendenza al Comune di Pozzuoli a revocare in regime di autotutela un provvedimento autorizzatorio in materia paesaggistica, reso nel contesto di un procedimento, instaurato dal Lucci ed inteso ad ottenere l’accertamento di compatibilità paesistica in relazione ad una tettoia smontabile realizzata alla via Scalandrone n. 12, nel Comune di Pozzuoli.
Nel procedimento era stato acquisito il parere favorevole della Commissione per il paesaggio del Comune di Pozzuoli a seguito del quale il Comune aveva emesso l’atto n.prot. 24967 del 3 luglio 2006, poi trasmesso alla Soprintendenza che, invece di rendere il proprio parere nel termine di legge, aveva emesso l’atto impugnato sul rilievo che la procedura di accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi edilizi realizzati in assenza dell’autorizzazione paesaggistica – di competenza dell’Amministrazione comunale – prevede il preventivo parere vincolante della Soprintendenza.
Il Lucci deduceva: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 167, comma 5, e 181, comma 1-quater, d.lgs. n. 42/2004: la normativa indicata prevederebbe la possibilità di ottenere il cd. condono ambientale di interventi realizzati su aree vincolate dopo il 30 settembre 2004, secondo un procedimento che prevede, dopo apposita istruttoria, la proposta di autorizzazione paesaggistica in sanatoria da parte dell’autorità competente alla gestione del vincolo alla Soprintendenza competente per territorio, tenuta a comunicare il proprio parere vincolante entro novanta giorni dalla ricezione della proposta; l’autorizzazione verrebbe rilasciata o negata dall’amministrazione competente entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla ricezione della richiesta, previo rilascio del predetto parere della Soprintendenza; nel caso di specie, alla proposta del Comune di Pozzuoli (atto prot. n.24967 del 3 luglio 2006) la Soprintendenza non avrebbe fatto seguire alcun parere nel termine di legge, ma si sarebbe limitata ad emanare l’atto impugnato, di carattere abnorme, non integrando il parere richiesto né il pur possibile annullamento dell’autorizzazione paesistica già rilasciata (ove tale si fosse ritenuto l’atto comunale), ai sensi dell’art. 159, comma 3, d.lgs. n. 42/2004; l’invito alla revoca dell’atto comunale indiccherebbe che la Soprintendenza avrebbe, in realtà, compiuto un riesame nel merito del provvedimento comunale, soprapponendo la propria valutazione tecnico-discrezionale a quella effettuata dal Comune che, in sede di rilascio del nulla-osta paesaggistico, aveva ritenuto l’insussistenza di alcun pregiudizio alla conservazione delle caratteristiche ambientali dei luoghi interessati dall’intervento, riesame considerato inammissibile ed illegittimo; 2) eccesso di potere per difetto di istruttoria; travisamento dei fatti; sviamento; violazione dell’art. 3, legge n. 241/1990): la Soprintendenza avrebbe negato il nulla osta sulla base dell’erroneo presupposto che il Comune avesse svolto il proprio procedimento ex art. 159, d.lgs. n. 42/2004, laddove l’iter procedimentale de quo sarebbe stato totalmente riconducibile al combinato disposto degli artt. 167, comma 5 e 181, comma 1-quater, d.lgs. n. 42/2004, configurandosi il provvedimento comunale come una semplice proposta di autorizzazione paesistica; 3) eccesso di potere per disparità di trattamento e manifesta ingiustizia: in relazione a fattispecie assolutamente identiche, la Soprintendenza avrebbe immotivatamente adottato provvedimenti del tutto differenti; 4) eccesso di potere per difetto di motivazione e perplessità: la Soprintendenza non avrebbe sufficientemente esternato le valutazioni di opportunità alla base della scelta discrezionale compiuta, limitandosi al generico richiamo delle norme di legge, in tal modo non risultando identificabile il potere esercitato dalla Soprintendenza nel negare il nulla osta paesaggistico, non essendo previsto che la Soprintendenza, accertato un eventuale vizio di legittimità, possa invitare l’amministrazione competente alla revoca della proposta di autorizzazione paesaggistica, dovendo l’ente statale limitarsi o ad annullare il provvedimento ex art. 159, d.lgs. n. 42/2004, ovvero rendere il proprio parere qualora si versi, come nel caso, nella diversa fattispecie di cui agli artt. 167 e 181 della normativa de qua.
Il Ministero si costituiva in giudizio e resisteva al gravame, che i primi giudici respingevano con sentenza poi impugnata dal Lucci per errore di giudizio, violazione dell’art. 159, d.lgs. n. 42/2004, omesso esame di un punto decisivo della vertenza; violazione degli artt. 167, comma 5, e 181, comma 1-quater, d.lgs. n. 42/2004, in relazione agli artt. 1366 e 1367, c.c., violazione dei principi in materia d’interpretazione degli atti amministrativi; violazione degli artt. 152 e 181, d.lgs. n. 42/2004, in rapporto agli artt. 3 e 97, Cost., e 114 e segg., legge cost. n. 3/2001 (non essendo consentito un riesame del merito delle valutazioni comunali: cfr. C.d.S., sezione VI, dec. n. 207/2006); violazione del principio di non contraddizione, in relazione a due altri casi identici ma trattati diversamente; violazione dell’art. 9, legge n. 205/2000 e dell’art. 3, legge n. 241/1990; eccesso di potere per travisamento e sviamento in relazione all’atto impugnato, mera proposta di autorizzazione paesistica; violazione del d.lgs. n. 42/2004 e del principio di tipicità e legalità dell’azione amministrativa, vizio motivazionale e perplessità.
All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, dopo l’abbandono della connessa istanza cautelare.
DIRITTO
L’appello è fondato e va accolto, dato che il collegio non può concordare con quanto statuito dal primo giudice, poiché l’amministrazione statale non poteva sostituire la propria valutazione tecnico-discrezionale a quella effettuata dal Comune che, in sede di rilascio del nulla osta paesaggistico, aveva ritenuto, anche se con motivazione sintetica, l’insussistenza di alcun pregiudizio alla conservazione delle caratteristiche ambientali dei luoghi interessati dall’intervento.
Il d.lgs. n. 42/2004 (cd. Codice Urbani) ha totalmente ridisegnato il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (art. 146), in particolare, per quanto rileva in questa sede, eliminando, nel sistema a regime, il potere della Soprintendenza di annullare l’autorizzazione paesaggistica già rilasciata dal Comune e prevedendo l’intervento della medesima Soprintendenza in sede endoprocedimentale, con facoltà di esprimere un parere che risulta qualificato, piuttosto che quale esercizio di potere consultivo, come espressione di un potere decisorio complesso, facente capo a due apparati distinti, così anticipando, già in sede procedimentale, l’apporto partecipativo dell’autorità statale (art. 146, commi 6, 7 e 8, d.lgs. cit.).
Il medesimo art. 146, comma 12, nella versione modificata dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 157/2006 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004 n.42, in relazione al paesaggio), prevede che non possano più essere rilasciate autorizzazione paesaggistiche “in sanatoria” ossia successive alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, come invece si riteneva possibile nel regime precedente.
A temperamento di tale previsione, la legge n. 308/2004 ha, comunque, inserito nell’art. 167, cit t.u., la possibilità di sanare ex post gli interventi abusivi, purché realizzati entro il 30 settembre 2004 (e comunque gli abusi minori puntualmente precisati nel comma 4 dell’art. 167, con il medesimo procedimento, ed a regime, secondo la disposizione inserita dal d.lgs. 24 marzo 2006 n. 157, già sopra citato), instaurando un’apposita procedura, ad istanza della parte interessata, contemplante, a differenza dell’ordinario procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, che l’accertamento di compatibilità paesaggistica possa essere compiuto dalla p.a. preposta alla gestione del vincolo, previa acquisizione del parere della Soprintendenza che, nella particolare fattispecie in esame (cd. condono ambientale), assume nondimeno carattere non solo obbligatorio, ma vincolante.
La particolare natura di parere vincolante sta ad indicare il peculiare e sicuro rilievo endoprocedimentale (ma con valenza anche esterna, come per tutti i pareri vincolanti atti a condizionare l’esito stesso del procedimento) dell’intervento che si giova, per la sua espressione, dell’istruttoria tecnica e documentale (acquisizione degli atti e di eventuali integrazioni, acquisizione del parere della Commissione paesaggistico-ambientale) svolta dall’autorità formalmente preposta alla tutela del vincolo, e, nel caso di specie, dal Comune, subdelegato dalla Regione, la cui posizione, nel particolare procedimento de quo inevitabilmente recede nel confronto con l’autorità statale (cfr. Corte cost., sent. 5 maggio 2006 n. 183), attesa l’attinenza del procedimento medesimo “al trattamento penale degli abusi” ed “all’autonomia delle sanzioni amministrative rispetto a quelle penali”; pertanto, “gli effetti dell’accertamento di conformità appaiono limitati alla punibilità degli abusi, che non investe le sanzioni amministrative, né quelle edilizie, ma neppure quelle paesaggistiche”; in ogni caso, l’accertamento “postumo” di compatibilità paesaggistica “non comporta autorizzazione in sanatoria (inammissibile alla luce dell’art. 146, comma 10, lettera c)” (cfr. Corte cost., sent. cit.).
Donde l’imprescindibilità dell’intervento dell’autorità statale, cui spetta “il potere di incidere sulla sanzionabilità penale” e cui “va riconosciuta discrezionalità in materia di estinzione del reato o della pena o di non procedibilità” e la riconducibilità solo formale del procedimento in esame a quello per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica; in realtà, “il comma 1-quater dell’art. 181 del codice Urbani, come aggiunto dall’art. 1, comma 36, lettera c), legge n. 304 del 2004, non fa altro che rendere applicabile, su iniziativa dell’interessato, il modello di procedimento regolato dall’art. 143 per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, estrapolando dalla sequenza degli atti (il provvedimento è emesso dall’organo titolare della funzione autorizzatoria, la Regione, appunto, od il Comune delegato) il parere di un organo statale, la Soprintendenza, ai soli fini del riscontro delle condizioni oggettive di irrilevanza penale degli interventi in assenza dell’autorizzazione od in difformità da essa: l’uniformità di metodi di valutazione sul territorio nazionale, che è inerente al trattamento penale degli abusi, è tale da giustificare la “chiamata in sussidiarietà” dello Stato nelle funzioni amministrative” (cfr. Corte cost., sent. cit.).
Nel caso di specie, il Comune, come prospettava l’attuale appellante, aveva trasmesso alla Soprintendenza una proposta di autorizzazione e non una vera e propria autorizzazione paesaggistica, chiaramente orientata a provocare l’ingresso della Soprintendenza nel peculiare procedimento de quo, essendo possibile esprimere un parere, per di più vincolante, ove la p.a., deputata per legge, solo alla formale emanazione del provvedimento finale, lo abbia richiesto.
L’intera sequenza manca dell’eventuale parere (vincolante) della Soprintendenza, che non è tempestivamente intervenuto e non può più intervenire tardivamente, per cui del tutto illegittimo si appalesa il rifiuto della Soprintendenza d’intervenire in un procedimento gestito e concluso interamente dal Comune di Pozzuoli e che si è svolto secondo modalità tali da esigere, nella forma e nella sostanza, l’espressione del parere vincolante ex legge n. 308/2004, tanto più in presenza di casi identici nei quali la Soprintendenza sembrerebbe essersi incontestatamente regolata in modo diverso, senza plausibili giustificazioni.
L’appello va, dunque, accolto, con contestuale riforma dell’impugnata sentenza e correlativo accoglimento del ricorso di primo grado, annullandosi gli atti ivi impugnati (ed assorbendosi ogni altra doglianza non espressamente esaminata, ma palesemente interdipendente rispetto a quanto già vagliato e condiviso), mentre le spese del doppio grado di giudizio possono integralmente compensarsi per giusti motivi tra le parti costituite, tenuto anche conto delle alterne vicende processuali.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta):
- accoglie l’appello;
- annulla l’impugnata sentenza;
- accoglie il ricorso di primo grado;
- annulla gli atti ivi impugnati;
- compensa spese ed onorari del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall\'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2008, con l\'intervento dei signori magistrati:
Claudio VARRONE Presidente
Carmine VOLPE Consigliere
Paolo BUONVINO Consigliere
Aldo SCOLA Consigliere rel. est.
Bruno Rosario POLITO Consigliere

Presidente
Claudio Varrone
Consigliere Segretario
Aldo Scola Glauco Simonini




DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il25/02/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
Maria Rita Oliva


CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa

al Ministero..............................................................................................

a norma dell\'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

Il Direttore della Segreteria