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Consiglio di Stato Sez V sent. 22 giugno 2004, n. 4341

Autorizzazione paesaggistica ed aspetti idrogeologici
Si ringrazia N. GIRARDI per la segnalazione

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Fatto e diritto

1. La Società Agroittica Veneta srl (in seguito “Agroittica”), che aveva ottenuto l’autorizzazione ambientale per la realizzazione del primo stralcio di un progetto d’impianto destinato all’acquacoltura nel territorio del Comune di Carmignano di Brenta (bacino boschi di Camazzola), impugnava avanti al Tar del Veneto il diniego opposto dalla Provincia di Padova, con provvedimento presidenziale del 26 gennaio 1995, n. 64571/92/1947, alla richiesta di autorizzazione ambientale ex articolo 7 legge 1497/39 per l’esecuzione del secondo stralcio.
Il primo giudice, con la sentenza specificata in epigrafe, dopo aver estromesso dal giudizio il Comune di Carmignano di Brenta perché estraneo alla materia del contendere, accoglieva il gravame, annullando per l’effetto il suddetto diniego.
2. Avverso la decisione interponeva appello la Provincia di Padova, deducendone l’erroneità e domandandone la riforma.
Resisteva la Agroittica, promuovendo altresì appello incidentale.
3. Con decisione interlocutoria 1061/03 la Sezione ordinava incombenti istruttori.
4. All’udienza del 9 marzo 2004 l’affare era trattenuto in decisione.
5. Per un’esatta intelligenza dell’oggetto del contendere giova premettere in fatto che, con il precedente provvedimento di autorizzazione prot. n. 13662/90/671 del 27 settembre 1990, la Provincia appellante aveva consentito alla Agroittica di eseguire la prima parte di un intervento, finalizzato alla sistemazione ambientale di un’area recuperata per l’acquacoltura, prevedendo espressamente l’effettuazione di ulteriori verifiche sullo stato dei luoghi all’esito dell’escavazione di mc. 445.000 per mq. 71.200.
6. Una volta terminati i lavori in parola, l’Agroittica inoltrava alla Provincia di Padova un’istanza di rilascio di una nuova autorizzazione per la realizzazione di opere funzionali all’allevamento di salmonidi in gabbie galleggianti.
7. La Provincia di Padova, con l’atto impugnato in primo grado, negava l’assenso invocato avendo ritenuto che dall’intervento, relativo ad una superficie di mq. 93.000 per un volume da scavare di mc. 581.250, potesse derivare un grave pregiudizio all’ambiente «per la modificazione della falda freatica e quindi dei regimi idraulici dell’area di intervento, nonché richiamato l’articolo 13 dell(e) Nta del vigente Ptrc, per il possibile inquinamento derivante dall’attività di acquicoltura in relazione alle esistenti opere di prese acquedottistiche».
8. Il giudice di prima istanza, con la sentenza appellata, accoglieva il ricorso proposto dall’Agroittica, annullando il diniego provinciale perché asseritamente viziato da difetto di motivazione e di istruttoria; in particolare il Tar opinava che l’autorizzazione fosse stata negata sulla base di considerazioni che, in quanto attinenti a profili di difesa ambientale dall’inquinamento idrico, apparivano del tutto estranee alla valutazione dell’impatto dell’intervento sull’estetica dei luoghi.
Il Tribunale escludeva inoltre che la natura delle opere afferenti al secondo stralcio – consistenti nell’approfondimento delle restanti sezioni del bacino già in essere e nella collocazione delle gabbie di allevamento – potesse incidere sull’aspetto esteriore dei siti protetti, interessati alle modifiche.
9. L’appello dell’Amministrazione provinciale è affidato ai seguenti mezzi di gravame: 1) l’oggetto del secondo stralcio non consisteva affatto nel mero approfondimento dello scavo già esistente né l’autorizzazione già rilasciata contemplava la futura necessità di portare l’intero specchio acqueo alla profondità indicata nell’istanza respinta; piuttosto la richiesta del 28 settembre 1992 (II stralcio) implicava l’ampliamento della superficie da destinare ad itticoltura, con aumento della profondità dello scavo su area diversa da quella interessata dal primo stralcio e tanto emergeva dall’entità dei lavori di escavazione (estesi per mq. 93.000, per un volume di materiale da estrarre di ca. mc. 581.250) a fronte del modesto ampliamento (di soli mq. 562,50) necessario all’installazione delle gabbie di allevamento dei salmonidi, prevista nel I stralcio e mai autorizzata; 2) la preservazione dell’assetto idrogeologico dell’area in questione, costituita dalla golena del fiume Brenta ed interamente sottoposta al vincolo paesistico di cui alla legge 1497/39 ex lege 431/85 (articolo 1, commi 1, lettera c) ed 8), assumeva un’indubbia valenza ambientale sotto il profilo delle possibili ricadute negative dell’intervento sulla falda freatica ivi esistente e, quindi, il Tar non avrebbe potuto divisare nel senso che la valutazione di tali aspetti del progetto, non di interesse meramente idraulico, esorbitasse dall’ambito del controllo amministrativo riservato alla Provincia.
10. Con l’appello incidentale la Agroittica critica la sentenza impugnata nella parte relativa alla reiezione del motivo concernente la denunciata contraddittorietà del diniego all’esecuzione dei lavori pertinenti al II stralcio rispetto a quanto in precedenza autorizzato dalla stessa Provincia: l’Amministrazione invero avrebbe dovuto e potuto segnalare i potenziali rischi di inquinamento del bacino già in occasione dell’istruttoria esperita sul primo assenso.
11. L’appello della Provincia di Padova è fondato e merita accoglimento.
12. La controversia sottoposta all’esame del Collegio investe il problema dell’esatta individuazione della natura e delle finalità del controllo demandato alla Provincia appellante in materia di protezione delle bellezze naturali.
Si è detto infatti che, secondo il Tar del Veneto, all’Amministrazione provinciale competeva esclusivamente la verifica dell’eventuale impatto dell’intervento sull’aspetto estetico dei luoghi tutelati.
13. L’opinione espressa dalla primo giudice, pur condivisibile in linea generale, non si attaglia allo specifico oggetto delle opere da autorizzare.
14. Per chiarire quanto testé affermato, occorre muovere dalla considerazione che l’Agroittica intendeva realizzare un grande impianto per l’acquacoltura, comprendente l’attività di allevamento dei salmonidi.
Un’attività del genere appena descritto rientra indiscutibilmente nel novero di quelle imprenditoriali di tipo agricolo. A tale conclusione si perviene sulla scorta di numerosi formanti: segnatamente non in forza dell’articolo 2135, comma 2, Cc, siccome sostituito dalla D.Lgs 228/01, trattandosi di disposizione inapplicabile alla fattispecie ratione temporis, ma alla luce sia dell’articolo 2 legge 102/92, recante norme concernenti l’acquacoltura e già vigente all’epoca della presentazione dell’istanza di autorizzazione all’esecuzione del II stralcio dell’intervento, sia della giurisprudenza, anche di questo Consiglio (Sezione quinta, 1455/94), che tale previsione ha interpretato.
15. L’articolo 2 succitato (del quale, fra l’altro, è stato riconosciuto il carattere di norma di interpretazione autentica immediatamente applicabile, quale ius superveniens, alle controversie in corso; v. Cassazione, Sezione III, 8123/93), postulando il medesimo concetto di sviluppo di un ciclo biologico animale (articolo 1) successivamente recepito nel ridetto articolo 2135 Cc, recitava nel testo antecedente alle marginali modifiche introdotte dall’articolo 9 legge 122/01: «1. L’attività di acquicoltura è considerata a tutti gli effetti attività imprenditoriale agricola … 2. Sono imprenditori agricoli, ai sensi dell’articolo 2135 del Cc, i soggetti … che esercitano l’acquacoltura … sia in acque dolci si in acque salmastre».
16. Correttamente pertanto la Provincia di Padova censura la sentenza appellata laddove esclude che il controllo ad essa riservato non potesse investire l’ambito della tutela dell’assetto idrogeologico.
Il giudice di prime cure non ha invero adeguatamente valorizzato il disposto dell’ottavo comma dell’articolo 1 legge 431/85 che, riguardo all’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale, prevede la necessità del previo rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 7 della legge 1497/39, qualora la suddetta attività possa comportare alterazione permanente dello stato dei luoghi per opere civili e, comunque, dell’assetto idrogeologico del territorio.
17. Il tenore della previsione testé riferita chiarisce eloquentemente come l’autorità di protezione ambientale, nella fattispecie l’Amministrazione provinciale appellante, chiamata a rilasciare l’autorizzazione ex lege 1497/39, sia tenuta ad estendere le verifiche ad essa istituzionalmente demandate anche agli aspetti idrogeologici dell’intervento.
18. Alla luce di siffatte premesse, non si ravvisa nell’atto impugnato dall’Agroittica il vizio di eccesso di potere ravvisato dal Tar, posto che, almeno con riguardo all’autonomo e sufficiente profilo della valutazione dell’incidenza idrogeologica delle escavazioni, il provvedimento annullato in primo grado non poteva stimarsi illegittimo.
19. Nemmeno può poi sostenersi apoditticamente che le opere afferenti al II stralcio dell’intervento in questione non fossero suscettibili di alterare l’assetto in argomento. Ed invero, in disparte gli insindacabili profili di merito amministrativo sottesi al giudizio di pericolosità dell’intervento per il bene-interesse protetto, il Collegio comunque non reputa il diniego provinciale affetto da macroscopica illogicità né da patente arbitrarietà.
La Commissione Beni Ambientali, nella seduta del 30 novembre 1994, ebbe ad osservare che i lavori relativi al II stralcio interessavano una superficie di 93.000 mq., rispetto ai 71.200 mq. del I stralcio, ed un volume di materiale scavato di 581.250 mc., rispetto ai 445.000 mc. del I stralcio. A prescindere quindi da ogni disquisizione sul finalismo e sulla localizzazione delle opere (mero approfondimento, livellamento di quota, ecc.), appare difficilmente contestabile che l’entità delle opere fosse tale da poter influire sensibilmente sull’equilibrio idrogeologico del sito.
20. Posto che le superiori considerazioni conducono all’accoglimento dell’appello della Provincia di Padova, deve allora scrutinarsi il mezzo di gravame dedotto in via incidentale dall’Agroittica, dipendendo da esso l’esito del presente giudizio.
21. L’appellante incidentale si duole della sentenza del Tar del Veneto, nella parte in cui non è stata colta la pretesa contraddittorietà del diniego in questione con il precedente assenso relativo al I stralcio.
22. In via preliminare mette conto osservare che il giudice di prime cure non ebbe ad esaminare la doglianza nei termini esattamente riproposti in appello dall’Agroittica (v. alle pagg. 5-9 del ricorso originario); infatti la Corte veneta respinse la censura unicamente sotto il profilo dell’affermata estensione della prima autorizzazione anche alle opere relative al II stralcio.
23. Nondimeno, pur riconsiderando la doglianza nella sua corretta prospettazione, non si perviene ad un esito diverso da quello di primo grado: la Provincia di Padova aveva inteso chiaramente, sebbene implicitamente, subordinare il rilascio di ogni successiva autorizzazione all’esecuzione di ulteriori stralci funzionali del complesso intervento progettato, al riscontro della permanenza del presupposto della compatibilità ambientale delle opere: si spiega così sia l’approvazione parziale sia, soprattutto, l’espressa riserva dell’ulteriore verifica dello stato dei luoghi al termine dei lavori del I stralcio, esternata nel secondo alinea della parte dispositiva del provvedimento impugnato.
Quanto testé rilevato è sufficiente a superare la pretesa contraddittorietà dell’operato amministrativo della Provincia di Padova: la previsione prognostica della necessità di altri accertamenti sull’autorizzabilità futura di differenti tranches dell’intervento implicava indubbiamente l’eventualità di un possibile diniego dell’assenso all’effettuazione di altri lavori, dipendente da una diversa valutazione dell’interesse oggetto di protezione rispetto alla natura ed all’entità delle opere da eseguire.
Nessuna contraddizione discendeva, dunque, dall’aver valutato negativamente la realizzazione di una seconda escavazione ben più consistente della prima, già attuata.
24. Segue da ciò il rigetto dell’impugnativa incidentale.
25. Delle spese del presente grado di giudizio va disposta l’integrale compensazione tra le parti, sussistendo giustificati motivi.

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, definitivamente decidendo sul ricorso in epigrafe, disattesa ogni contraria istanza, difesa o eccezione,
accoglie l’appello della Provincia di Padova e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, respinge il ricorso di primo grado;
respinge l’appello incidentale dell’Agroittica.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.