Consiglio di Stato Sez. V n. 8451 del 30 ottobre 2025
Beni ambientali.Opere eseguite in aree vincolate
Per le opere abusive eseguite in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica in aree vincolate, vige il principio di indifferenza del titolo necessario all'esecuzione di interventi in dette zone, essendo legittimo l'esercizio del potere repressivo in ogni caso, a prescindere, appunto, dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l'intervento edilizio nella zona vincolata; ciò che rileva, ai fini dell'irrogazione della sanzione ripristinatoria, è il fatto che lo stesso sia stato posto in essere in zona vincolata e in assoluta carenza di titolo abilitativo, sotto il profilo paesaggistico ed urbanistico, indipendentemente dalla tipologia di abuso compiuto e dal titolo edilizio che la normativa richiede per realizzare l'intervento. Ove gli interventi edilizi ricadano in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, stante l'alterazione dell'aspetto esteriore, gli stessi risultano soggetti alla previa acquisizione dell'autorizzazione paesaggistica, con la conseguenza che, quand'anche si ritenessero le opere pertinenziali o precarie e, quindi, assentibili con mera denuncia di inizio attività, l'applicazione della sanzione demolitoria è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica
Pubblicato il 30/10/2025
N. 08451/2025REG.PROV.COLL.
N. 09363/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9363 del 2022, proposto da
Paulo Monteiro, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Annunziata, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Ravello, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), n. 01454/2022, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 22 ottobre 2025 il Cons. Maria Grazia Vivarelli e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il sig. Paulo Monteiro ha acquistato, giusto atto rep. n. 24238 del 06.05.2010, un immobile sito nel Comune di Ravello (SA), alla via Torello, n. 34, identificato catastalmente al foglio n. 7 p.lla n. 1136.
2. L’immobile, all’epoca dell’acquisto, consisteva in tre corpi di fabbrica: giardino agrumeto (sub. 1); abitazione a piano terra con antistante terrazzo (sub. 2); manufatto preesistente adibito a zona forno, cucina pranzo, deposito prodotti, con copertura piana e confinante con stradina comunale (sub. 3); locale deposito attrezzi agricoli ancora allo stato originale con copertura piana (sub. 4).
3. Con processo verbale, avente prot. n. 77/14 del 19.02.2014 della Polizia Locale del Comune di Ravello, il Comando della Polizia Municipale rilevava la sussistenza di un manufatto di metri 7.20 per 5.65, per un’altezza di metri 2.40, disponendo il sequestro dell’immobile e l’interruzione dei lavori.
4. A seguito di un ulteriore sopralluogo effettuato in data 15.04.2014, gli organi comunali descrivevano meglio la consistenza delle opere in una relazione di servizio nella quale si evidenziava la realizzazione di un manufatto costituito da n. 3 ambienti e n. 2 bagni. La relazione concludeva per la natura abusiva delle opere in quanto realizzate in assenza delle necessarie autorizzazioni edilizie, urbanistiche, paesaggistiche ed ambientali.
5. Pertanto, veniva adottata dall’Ufficio Tecnico Area Edilizia Privata del Comune di Ravello l’ordinanza di demolizione n. 29/14 del 29.04.2014 che qualificava quali “interventi di nuova costruzione”, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e.1) del d.P.R. n. 380/2001, gli interventi riscontrati. Nel provvedimento impugnato si dava atto che con DD. MM. del 16.02.1957 e del 16.06.1966, il territorio del Comune di Ravello è stato dichiarato “di notevole interesse pubblico” e, pertanto, sottoposto al vincolo paesaggistico ambientale. L’Autorità comunale riteneva, inoltre, che le opere fossero state realizzate in assenza del permesso di costruire di cui all’art. 10, comma 1, lett. a) del t.u. edilizia, in assenza della preventiva autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del d. lgs. n. 42/2004 e in violazione delle norme di salvaguardia del Parco dei Monti Lattari.
6. Il sig. Paulo Monteiro proponeva ricorso innanzi al TAR Campania, sede staccata di Salerno, deducendo due motivi di ricorso.
6.1. Con il primo, rubricato “Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10, 22 e 31 d.P.R. 6.6.2011 n. 380; [art.] 3, L. 7.8.1990 n. 241; [art.] 9, 42 e 97, Cost. – Eccesso di potere per presupposti erronei e carenti – Carenza assoluta di istruttoria e di motivazione – Illogicità, perplessità e arbitrarietà”, lamentava che il Comune avrebbe ignorato la reale consistenza delle opere abusive.
6.2. Con il secondo motivo, rubricato nello stesso modo, lamentava la violazione delle regole partecipative a la violazione dei presupposti di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
7. Il TAR per la Campania, sede staccata di Salerno, sez. II, con la sentenza del 30.05.2022, n. 1454 rigettava il ricorso e compensava le spese di lite.
8. Nell’estrema sinteticità della motivazione, il TAR per la Campania ricordava che per le opere abusive realizzate in zona vincolata in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica, vige un principio di indifferenza rispetto al titolo che sarebbe stato necessario acquisire. Pertanto, l’adozione dell’ordine di ripristino risultava pienamente legittimo e conforme al paradigma legale di riferimento.
9. Propone appello il sig. Paulo Monteiro, soccombente in primo grado, formulando un unico motivo di ricorso, seppur articolato in due parti: Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 2 e 3 e 7 della legge n. 241/1990 e ss.mm.ii.; art. 97 Cost.; artt. 3, comma 1, lett. d), 22 e 37 t.u. edilizia – Difetto assoluto d’istruttoria, difetto del presupposto, irragionevolezza manifesta .
10. Il Comune di Ravello non si è costituito nel grado.
11. Nell’udienza del 22 ottobre 2025, tenutasi da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente il Collegio rileva che l’istanza di verificazione non può essere accolta essendo il ricorso, per i motivi che seguono, palesemente infondato.
2. Deduce l’appellante che, sebbene le opere siano in area vincolata, esse sono consistite esclusivamente nel ripristino dell’originario corpo di fabbrica pertinenziale all’abitazione principale con la conservazione della sagoma, dei prospetti, del sedime e delle caratteristiche plano-volumetriche. L’attività dovrebbe essere sussunta come intervento di ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 380/2001, eseguita in assenza di s.c.i.a., ai sensi dell’art. 22 del medesimo Testo unico.
Pertanto, ai sensi dell’art. 37 del t.u. edilizia, si sarebbe dovuta applicare esclusivamente la sanzione pecuniaria.
Inoltre, le opere costituiscono un intervento di manutenzione di un immobile risalente a prima dell’entrata in vigore della legge n. 765/1967, come sarebbe comprovato dagli atti depositati in primo grado (l’atto notarile di compravendita e l’aerofotogrammetria dell’Istituto Geografico Militare).
Si duole, poi, che il Comune avrebbe erroneamente rilevato la realizzazione abusiva dell’intero fabbricato quando gli interventi – classificati dall’appellante come di manutenzione e/o di ristrutturazione parziale dei muri perimetrali – hanno riguardano esclusivamente il corpo di fabbrica adibito a zona forno, cucina-sala da pranzo e deposito prodotti (p.lla 1036 sub. 3) per dotare l’abitazione principale dei servizi necessari.
Pertanto, lamenta il difetto di istruttoria nell’accertare la reale consistenza degli abusi cui si riconnette anche la richiesta istruttoria formulata nell’atto d’appello.
3. Osserva il Collegio che l’area su cui è realizzato l’immobile risulta, incontestatamente, sottoposto a vincolo paesaggistico ambientale. L’art. 33, comma 3, del t.u. edilizia dispone che “Qualora le opere siano state eseguite su immobili vincolati ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, l'amministrazione competente a vigilare sull'osservanza del vincolo, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, ordina la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile dell'abuso, indicando criteri e modalità diretti a ricostituire l'originario organismo edilizio, ed irroga una sanzione pecuniaria da 516 euro a 5164 euro.”.
Sull’indifferenza del titolo edilizio che sarebbe stato necessario possedere rispetto alla legittimità dell’ordinanza di demolizione avente ad oggetto beni immobili in area vincolata, si è già pronunciata costante giurisprudenza amministrativa nel senso di ritenere che l'art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001 non distingue tra opere per cui è necessario il permesso di costruire e quelle per cui sarebbe stata necessaria la semplice D.I.A. (e ora, SCIA), in quanto impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite, senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesaggistico. Infatti, per le opere abusive eseguite in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica in aree vincolate, vige il principio di indifferenza del titolo necessario all'esecuzione di interventi in dette zone, essendo legittimo l'esercizio del potere repressivo in ogni caso, a prescindere, appunto, dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l'intervento edilizio nella zona vincolata; ciò che rileva, ai fini dell'irrogazione della sanzione ripristinatoria, è il fatto che lo stesso sia stato posto in essere in zona vincolata e in assoluta carenza di titolo abilitativo, sotto il profilo paesaggistico ed urbanistico, indipendentemente dalla tipologia di abuso compiuto e dal titolo edilizio che la normativa richiede per realizzare l'intervento.
La giurisprudenza ha ancora statuito che ove gli interventi edilizi ricadano in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, stante l'alterazione dell'aspetto esteriore, gli stessi risultano soggetti alla previa acquisizione dell'autorizzazione paesaggistica, con la conseguenza che, quand'anche si ritenessero le opere pertinenziali o precarie e, quindi, assentibili con mera denuncia di inizio attività, l'applicazione della sanzione demolitoria è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica (così, T.A.R. Campania – Napoli, sez. VIII, 18 agosto 2020, n. 3607; Id., sez. VI, 22 ottobre 2015, n. 4931; Id., sez. IV, 23 ottobre 2013, n. 4676; TAR Calabria, sez. II, 8 marzo 2016, n. 490).
4. L’appellante deduce poi che l’immobile originario sarebbe stato costruito prima del 1967. Tuttavia, gli “indizi” citati nell’appello presentano alcune criticità:
• l’attestazione contenuta nell’atto notarile di compravendita è stata effettuata dalla parte alienante ed il notaio si è limitato a darne conto;
• le aerofotogrammetrie depositate in primo grado non appaiono far riferimento alla data in cui sono state scattate.
Sull’onere della prova relativamente alla dimostrazione dell’epoca di realizzazione del manufatto, si riporta precisa giurisprudenza, essendosi recentemente pronunciato il Cons. Stato, sez. IV, sent. 19.03.2025, n. 2262 affermando che l’onere della prova dell'ultimazione di un’opera edilizia abusiva in data antecedente al 1967 - allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale ovvero fra quelle per cui non era richiesto un titolo ratione temporis, perché realizzate legittimamente senza titolo - incombe in linea generale sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad avere la disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l'epoca di realizzazione del manufatto (cfr. anche Consiglio di Stato sez. VI, 24/06/2024, n.5547).
Quindi, va posto in capo al proprietario (o al responsabile dell’abuso) assoggettato a ingiunzione di demolizione l’onere di provare il carattere risalente del manufatto, collocandone la realizzazione in epoca anteriore alla c.d. legge ponte n. 761 del 1967 che con l’art. 10, novellando l’art. 31, l. n. 1150 del 1942, ha esteso l’obbligo di previa licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano; tale conclusione vale non solo per l’ipotesi in cui si chiede di fruire del beneficio del condono edilizio, ma anche - in generale - per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione, appunto, di opera risalente ad epoca anteriore all'introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi; tale criterio di riparto dell’onere probatorio tra privato e amministrazione discende dall'applicazione, alla specifica materia della repressione degli abusi edilizi, del principio di vicinanza della prova poiché solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto, mentre l’amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. II, 26/01/2024, n.858).
Applicando tali coordinate al caso di specie, gli elementi forniti da parte istante (in specie le foto del 1977) riguardano un’epoca successiva al 1967, quindi irrilevanti ai fini di causa.
5. Conclusivamente l’appello deve essere respinto in quanto infondato, nulla spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Nulla spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio da remoto del giorno 22 ottobre 2025 con l'intervento dei magistrati:
Giovanni Sabbato, Presidente
Carmelina Addesso, Consigliere
Maria Grazia Vivarelli, Consigliere, Estensore
Ugo De Carlo, Consigliere
Roberto Michele Palmieri, Consigliere




