Consiglio di Stato Sez. VI n. 7732 del 11 agosto 2023
Beni ambientali.Intervento repressivo ente parco e non sanabilità delle opere effettuate senza nulla osta

Un intervento che determina una radicale trasformazione di una porzione estesa di territorio e non è assistito dal preventivo nulla osta dell’Ente Parco, richiesto dalla disposizione di cui all’art. 13 della L. n. 394/1991 e finalizzato a verificare l’impatto dell’intervento sul contesto ambientale oggetto di tutela nonché la conformità dello stesso con tutti gli aspetti di protezione del territorio, giustifica l’intervento repressivo dell’Ente Parco, che deve ritenersi pienamente legittimo, trattandosi di un intervento non assistito da preventiva istanza di nulla-osta, con conseguente non configurabilità del silenzio-assenso. Né risulta rilevante l’istanza di autorizzazione paesaggistica postuma eventualmente depositata che riguarda il diverso aspetto paesaggistico e non anche l’impatto sul contesto ambientale che, come spiegato, è oggetto della valutazione di cui all’art. 13 della L. n. 394/1991. Inoltre, tale articolato normativo non prevede la sanabilità delle opere poste in essere senza nulla osta dell'Ente e contrarie al Piano e al regolamento del Parco.

Pubblicato il 11/08/2023

N. 07732/2023REG.PROV.COLL.

N. 02697/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2697 del 2019, proposto da:
Luigi Bifulco, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Carbone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

- Ente Parco Nazionale del Vesuvio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- Comune di San Giuseppe Vesuviano, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Terza) n. 05295/2018, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ente Parco Nazionale del Vesuvio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2023 il Consigliere Lorenzo Cordi' e udito, per parte appellante, l’avvocato Andrea Abbamonte per delega dell’avvocato Angelo Carbone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il sig. Luigi Bifulco ricorre in appello avverso la sentenza n. 5295/2018 con la quale il T.A.R. per la Campania – sede di Napoli (Sezione Terza) respinge il ricorso, come integrato da motivi aggiunti, proposto avverso:

i) l’ordinanza n. 23 del 25 febbraio 2013, prot. n. 6437/13, con la quale l’Amministrazione comunale di San Giuseppe Vesuviano ingiunge la demolizione di opere abusive, eseguite in difformità all’autorizzazione edilizia prot. n. 12912/2002;

ii) l’ordinanza n. 73 del 30 settembre 2013, prot. gen. n. 5575, con la quale il Direttore dell’Ente Parco ingiunge la demolizione delle stesse opere di cui al provvedimento indicato alla precedente lettera i);

iii) il verbale prot. n. 352 pos. VI – 1/6 di sopralluogo e accertamento di inadempimento all’ordinanza n. 73/13, redatto dal Corpo Forestale dello Stato - Comando Stazione di Ottaviano.

2. In punto di fatto l’appellante deduce che, con autorizzazione edilizia n. 12912/2001, erano stati assentiti sull’immobile di proprietà lavori consistenti nella realizzazione di una recinzione con pali in legno e rete metallica, nella regimentazione delle acque meteoriche e reflue, nella spicconatura e nel rifacimento degli intonaci interni ed esterni, nella sostituzione degli infissi, nell’abbattimento e ricostruzione dei solai, nello scavo per pareti e sottofondazione, nella realizzazione di un vespaio, nella ridistribuzione interna, nel ripristino degli impianti tecnologici, nello svallimento e posa in opera di pavimenti e rivestimenti, nella ricostruzione del solaio a falda in precedenza crollato.

2.1. A seguito di un sopralluogo, l’Amministrazione comunale adottava l’ordinanza di demolizione impugnata con il ricorso introduttivo del giudizio, con la quale contestava l’abusiva realizzazione di una serie di opere. In particolare, si accertava:

i) la creazione, al piano terra, di una pensilina in legno incompleta a falda di mt 1.20 ca. sui lati ovest, nord ed est;

ii) la costruzione, al primo piano, di una pensilina in legno ancora priva di tegole a falda di metri 1.20 c.a. sui lati est, nord, sud, e, sul lato ovest, la realizzazione di tre pensiline a protezione delle finestre che risultano ancora incomplete;

iii) l’apertura di un vano al primo piano lato nord, di circa 1,20 metri e l’allargamento di un vano lato sud di circa cm. 30;

iv) a nord dell’immobile, la chiusura di un vano porta e la realizzazione di una finestra non prevista;

v) la realizzazione di una pavimentazione intorno all’immobile formata da ciottoli di pietra lavica, creazione di terrazzamenti delimitati da murature di scardoni di pietra lavica, terrazzi delimitati da muretti sempre di pietra lavica sormontati da balaustre, con superficie complessiva stimata di circa 5.000 mq.;

vi) la formazione di svariate fioriere di pietra lavica;

vii) la recinzione da muratura di pietra lavica e scalone con diverse altezze da mt 1,30 a mt. 2,50 circa.

2.3. Il provvedimento comunale trovava fondamento nel verbale di sequestro eseguito dagli agenti del Corpo Forestale dello Stato. Al fine di consentire all’odierno appellante la rimozione delle opere abusive e il ripristino dello stato dei luoghi, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nola (con decreto n. 1529/13, mod. 21 del 27.02.2013, prot. 266), ordinava il dissequestro temporaneo per la durata di quindici giorni dell’immobile. In sig. Bifulco depositava, 06.03.2013, comunicazione di avvenuta eliminazione delle opere non sanabili. Con decreto n. 1529/12 mod. 21, la Procura disponeva il dissequestro definitivo dell’immobile, dopo aver acquisito il verbale della Guardia forestale del 18.03.2013 con cui viene accertato il predetto ripristino.

2.4. L’appellante ha premesso che il fabbricato di proprietà è stato realizzato prima della L. n. 1150 del 17/08/1942 e rientra in zona omogenea “E”, nella zona P.I. del Piano Territoriale Paesaggistico dei Comuni Vesuviani e nella zona 2 del Parco Nazionale del Vesuvio.

2.5. Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado il sig. Bifulco ha dedotto l’illegittimità dell’ordinanza comunale per:

i) violazione della previsione di cui all’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001 in quanto l’ordinanza di demolizione non è preceduta da un ordine di sospensione dei lavori;

ii) violazione delle previsioni di cui agli artt. 36 e 37 del D.P.R. n. 380/2001 per omessa valutazione dell’intervenuta presentazione – in data 24.4.2013 – di istanza ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001;

iii) violazione della previsione di cui all’art. 37 del D.P.R. n. 380/2001 per possibilità di sanare le opere esterne che non comportano alcuna trasformazione del territorio;

iv) violazione delle previsioni di cui agli artt. 22 e 37 del D.P.R. n. 380/2001 per omessa valutazione delle possibili ripercussioni della demolizione sulle parti legittime dell’immobile;

v) violazione delle previsioni di cui agli art. 146 e 167 del D.Lgs. n. 42/2004 non essendo necessaria un’autorizzazione paesaggistica;

vi) violazione della previsione di cui all’art. 3 della L. n. 241/1990 per difetto di motivazione e di istruttoria anche in relazione all’interesse pubblico alla demolizione delle opere.

2.6. Con successiva ordinanza del 6.12.2013 l’Ente Parco Nazione del Vesuvio ingiungeva al sig. Bifulco la demolizione delle stesse opere assunte come abusive dal Comune di San Giuseppe Vesuviano nella precedente ordinanza n. 23/2013.

2.6.1. Tale provvedimento è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti deducendone l’illegittimità per:

i) violazione delle N.T.A. del Piano che consente interventi di riqualificazione dell’infrastrutturazione rurale (strade interpoderali, siepi, muretti divisori in pietra, fossi di drenaggio, filari arborei);

ii) omessa istruttoria ed erronea rappresentazione dei fatti in relazione all’intervenuta eliminazione delle opere non sanabili;

iii) invalidità derivata per i vizi articolati con il ricorso introduttivo del giudizio.

2.7. Con verbale prot. n. 352 pos. VI del 23.04.2014 il Corpo Forestale dello Stato - Comando Stazione Forestale di Ottaviano accertava l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 73/13 resa dall’Ente Parco Nazionale del Vesuvio. Il sig. Bifulco ha proposto, quindi, nuovo ricorso per motivi aggiunti avverso tale provvedimento, reiterando le censure relative all’omessa considerazione, nella presupposta ordinanza di demolizione e, per derivazione, nel verbale di sopralluogo, dell’attività di rimozione degli abusi contestati e di messa in pristino.

3. Si costituiscono nel giudizio di primo grado il Comune di San Giuseppe Vesuviano e l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio chiedendo di respingere il ricorso e i ricorsi per motivi aggiunti.

4. Con la sentenza appellata il T.A.R. ha respinto il ricorso introduttivo del giudizio osservando che:

i) l’assenza della preventiva ingiunzione a sospendere non comporta l’illegittimità dell’ingiunzione a demolire;

ii) l’istanza di accertamento di conformità è successiva all’ordinanza di demolizione che ha come presupposto il compimento di opere senza titolo, senza che possa rilevare la conformità urbanistica o meno delle stesse, la quale può interessare soltanto ai fini della loro eventuale sanatoria;

iii) in ogni caso, risulta formatosi il silenzio-diniego, non impugnato dalla parte;

iv) la presentazione di un’istanza di accertamento di conformità non incide sulla legittimità dei provvedimenti demolitori in precedenza emessi ma comporta solo l’interinale sospensione degli effetti sino alla definizione del relativo procedimento;

v) le opere compiute non possono essere classificate quali interventi di manutenzione ordinaria né straordinaria né tantomeno di risanamento conservativo;

vi) il ripristino effettuato dal sig. Bifulco è solo parziale e non riguarda le opere di maggior impatto paesaggistico e ambientale;

vii) l’intervento deve, quindi, qualificarsi come di nuova costruzione per il quale occorre acquisire un permesso di costruire nonché l’autorizzazione paesaggistica, stante i vincoli presenti sull’area;

viii) gli eventuali pregiudizi che la demolizione potrebbe comportare per le parti legittime dell’immobile è questione da valutare in sede esecutiva e non inficia, pertanto, la legittimità dell’ordinanza.

4.1. Il T.A.R. ha respinto, inoltre, il primo ricorso per motivi aggiunti osservando che gli interventi non sono ridimensionabili a mere opere di riqualificazione, comportando, al contrario, un’alterazione definitiva del territorio con aumento della superficie edile utile e consumazione del suolo. L’area interessata dalle opere ricade nella zona C del Parco per la quale, senza la preventiva autorizzazione del competente Ente, non sono ammesse modifiche strutturali come quelle realizzate, non strettamente necessarie alla riqualificazione agricola della zona o al potenziamento delle strutture recettive già esistenti e comunque connesse alla fruizione del parco (art. 14, commi 2, 8 e 10 nonché l’art 23 co. 1 e 2 delle NTA del Piano per il Parco). In secondo luogo, il T.A.R. osserva come la stessa comunicazione del sig. Bifulco 6.3.2013 evidenzi la rimozione delle opere meno rilevanti sotto il profilo paesaggistico e ambientale.

4.2. In relazione al secondo ricorso per motivi aggiunti il T.A.R. osserva come lo stesso debba ritenersi inammissibile in quanto il verbale impugnato ha natura meramente ricognitiva; in ogni caso, il T.A.R. respinge anche tale ricorso per motivi aggiunti stante la permanente presenza delle opere di maggior impatto sotto il profilo paesaggistico e ambientale e tenuto conto della mancata proposizione di querela di falso.

5. Il sig. Bifulco ricorre ora in appello articolando due motivi che saranno esaminati infra.

6. Si costituisce in giudizio il solo Ente Parco nazionale del Vesuvio.

7. In vista dell’udienza pubblica del 6.7.2023 il sig. Bifulco deposita memoria conclusionale ribadendo le censure articolate nel ricorso in appello. A tale udienza la causa è trattenuta in decisione.

8. Entrando in medias res il Collegio osserva come, con il primo motivo di ricorso in appello, il sig. Bifulco deduca l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ritiene legittima l’ordinanza di demolizione dell’Ente Parco. In particolare, ricostruita la sequenza dei fatti, il sig. Bifulco osserva come l’ordinanza del Parco menzioni tutte le opere “già sanzionate con la precedente ordinanza n. 23 del 25.2.2013, per cui non soltanto le opere di cui sopra oggetto di istanza di sanatoria ex art 37 del D.P.R. 380/01, per le quali, non essendosi pronunciata l’Amministrazione, si era formato il silenzio diniego, ma anche quelle per le quali era già intervenuto il ripristino”. Secondo l’appellante l’ordinanza del Parco non tiene, quindi, conto dell’attività di ripristino compiuta in relazione alle opere di cui al c.d. corpo 1 del compendio immobiliare, con conseguente difetto di motivazione della decisione amministrativa. Osserva, inoltre, come di tali circostanze sia fornita prova versando in giudizio i verbali ed i decreti di dissequestro temporaneo e definitivo della Procura della Repubblica di Nola da cui si evince chiaramente la situazione di fatto immediatamente successiva al ripristino posto in essere. Pertanto, l’Ente avrebbe “dovuto sì emanare una nuova ordinanza, ma limitatamente alle opere di cui al corpo 2”.

8.1. Osserva, in primo luogo, il Collegio come il motivo si riferisca alla sola ordinanza di demolizione dell’Ente Parco. Tale motivo è infondato per le ragioni di seguito esposte.

8.2. Si consideri, in primo luogo, come l’ordinanza dell’Ente Parco non muova da un’autonoma istruttoria ma prenda atto di quanto comunicato dal Corpo Forestale dello Stato e dal Comune di San Giuseppe Vesuviano, limitandosi a decretare l’illegittimità degli interventi anche per la violazione delle regole poste a tutela dell’area naturale. Ora, il Giudice di primo grado tiene in considerazione il dedotto ripristino parziale osservando, tuttavia, come tali interventi riguardino la sola eliminazione delle pensiline, la chiusura del vano sul lato nord al primo piano e il restringimento del vano al lato sud. Osserva, inoltre, il T.A.R. come “rimane in ogni caso la realizzazione della pavimentazione, dei terrazzamenti e dei terrazzi, elementi costruttivi comportanti incrementi di superficie”, e quindi gli interventi più significativi sotto il profilo strutturale, “avendo prodotto un considerevole ampiamento della superficie con conseguente consumo di suolo ed inevitabile aggressione dell’habitat naturale alla cui tutela la legislazione in materia di Parchi è preposta”. Si tratta, pertanto, degli interventi di maggior rilievo che lasciano, quindi, inalterate le esigenze di ripristino dell’assetto ambientale di cui è espressione il provvedimento dell’Ente Parco. Del resto, l’avvenuta rimozione di alcune delle opere indicate nell’ordinanza non si traduce nell’illegittimità della stessa ma comporta, esclusivamente, l’impossibilità di applicare in parte qua le ulteriori sanzioni che derivano in caso di inottemperanza. Pertanto, non può predicarsi una illegittimità del provvedimento del Parco per la sola circostanza che alcune delle opere indicate dal Comune e dal Corpo Forestale sono medio tempore rimosse, sia in quanto si tratta delle opere meno rilevanti sotto il profilo ambientale sia perché, in ogni caso, tale rimozione rileva esclusivamente come elemento preclusivo all’adozione in parte qua delle ulteriori sanzioni previste dall’ordinamento.

9. Con il secondo motivo di ricorso in appello il sig. Bifulco contesta la decisione del T.A.R. nella parte in cui ritiene che le opere sono realizzate senza nulla osta del Parco e non possono essere oggetto di sanatoria. Secondo il sig. Bifulco si tratta, al contrario, di opere che non producono alterazione del territorio; inoltre, deve considerarsi come si sarebbe formato il silenzio assenso sull’istanza di autorizzazione paesaggistica postuma depositata in data 24.4.2013.

9.1. Il motivo è infondato. In primo luogo, le opere che residuano dopo il parziale ripristino sono, come già esposto, gli interventi di maggior impatto da punto di vista ambientale, sostanziandosi nella realizzazione di una pavimentazione intorno all’immobile, nella creazione di terrazzamenti e terrazzi per una superficie complessiva di circa 5.000 mq. Si tratta, quindi, di un intervento che determina una radicale trasformazione di una porzione estesa di territorio. Intervento che non è assistito dal preventivo nulla osta dell’Ente Parco, richiesto dalla disposizione di cui all’art. 13 della L. n. 394/1991 e finalizzato a verificare l’impatto dell’intervento sul contesto ambientale oggetto di tutela nonché la conformità dello stesso con tutti gli aspetti di protezione del territorio. In questa situazione, l’intervento repressivo dell’Ente Parco deve ritenersi pienamente legittimo, trattandosi – come spiegato – di un intervento non assistito da preventiva istanza di nulla-osta, con conseguente non configurabilità del silenzio-assenso, diversamente da altri casi esaminati dalla Sezione (cfr., Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 marzo 2023, n. 2897). Né risulta rilevante l’istanza di autorizzazione paesaggistica postuma depositata dal sig. Bifulco che riguarda, per l’appunto, il diverso aspetto paesaggistico e non anche l’impatto sul contesto ambientale che, come spiegato, è oggetto della valutazione di cui all’art. 13 della L. n. 394/1991. Inoltre, tale articolato normativo non prevede la sanabilità delle opere emesse senza nulla osta dell'Ente e contrarie al Piano e al regolamento del Parco.

10. Il ricorso in appello deve, pertanto, respingersi in quanto infondato.

11. Le questioni esaminate esauriscono la disamina dei motivi, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante; cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 settembre 2021, n. 6209; Id., 13 settembre 2022, n. 7949), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

12. Le spese di lite del presente grado possono eccezionalmente compensarsi tra l’appellante e l’Ente Parco, stante la mancata articolazione di difese da parte dell’appellata. Nulla sulle spese tra l’appellante e il Comune di San Giuseppe Vesuviano, non costituito in giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa le spese del presente grado di giudizio tra il sig. Bifulco e l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio. Nulla sulle spese del Comune di San Giuseppe Vesuviano, non costituito in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Hadrian Simonetti, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere, Estensore