Consiglio di Stato Sez. VI n. 4329 del 15 maggio 2024
Beni culturali.Eliminazione barriere architettoniche in edificio vincolato

L’ordinamento richieda (ancora), ai fini dell’istallazione di un ascensore la deliberazione del condominio, anche nel caso in cui questo sia finalizzato ad eliminare le barriere architettoniche per le persone con disabilità (o altri soggetti fragili), ancorché realizzato a proprie spese. Tale soluzione è il frutto della necessità di trovare il punto di equilibrio tra i diversi interessi contrapposti quelli domenicali, quelli sottesi alla tutela dei beni storici, quelli delle persone con disabilità 

Pubblicato il 15/05/2024

N. 04329/2024REG.PROV.COLL.

N. 00287/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 287 del 2024, proposto da
Mariella Lorusso, rappresentata e difesa dall'avvocato Silva Gotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bologna e le Provincie di Modena Reggio Emilia e Ferrara, Condominio via San Vitale n. 49 (Casa Guinani Pasquini), non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 344/2023, resa tra le parti, per l’annullamento del parere negativo della Soprintendenza espresso in merito alla realizzazione di un ascensore su immobile vincolato del 19 luglio 2022 n. 0018830-P e atti presupposti e connessi;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2024 il Cons. Thomas Mathà e udito per la parte appellante l’avvocato Silva Gotti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La signora Mariella Lorusso è proprietaria di una unità immobiliare ad uso residenziale all’ultimo piano di un Palazzo storico sito in Bologna, via San Vitale, n. 49, denominato “Casa Guinani Pasquini”, un edificio del XVI secolo vincolato dal 1910 ai sensi della legge n. 364/1909.

2. Nel gennaio del 2020 la Signora Lorusso presentava domanda alla competente Soprintendenza per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un ascensore per consentire alla madre disabile di accedere all’appartamento.

3. In data 10 gennaio 2021 la Soprintendenza comunicava il preavviso di rigetto, individuando come motivi ostativi l’esiguità dello spazio per la costruzione dell’ascensore e la circostanza che un intervento di tale portata avrebbe determinato una snaturazione dell’assetto storico architettonico del bene immobile vincolato.

4. A seguito del silenzio serbato dall’amministrazione l’odierna appellante ha proposto ricorso dinanzi al TAR dell’Emilia-Romagna, che lo ha accolto con la sentenza n. 1068 del 29 dicembre 2021.

5. Nelle more dell’insediamento del Commissario ad acta, in data 19 luglio 2022 la Soprintendenza ha adottato un parere definitivo sfavorevole alla realizzazione dell’ascensore così motivato:

1) in virtù della rilevanza storico artistica dell’immobile in questione, caratterizzato dalla presenza di raffinati capitelli in facciata a cui si riferiscono stilisticamente i capitelli, anch’essi originari, del piccolo cortile, l’inserimento dell’ascensore nella piccola corte comprometterebbe, per sempre, la configurazione spaziale e architettonica dello spazio;

2) la corte entro cui si vuole istallare l’ascensore risulta estremamente ridotta nelle sue dimensioni, ma anche particolarmente armonica ed articolata;

3) dalla documentazione fotografica allegata è evidente la presenza di numerose finestre e aggetti costituiti da terrazzini, pianerottoli e piccoli sporti di gronda;

4) la realizzazione di una serie di pianerottoli di sbarco chiuderebbe la vista e creerebbe ulteriori elementi orizzontali, snaturando completamente l’articolazione spaziale del palazzo;

5) sarebbe possibile l’installazione di un’opera reversibile, il montascale.

6. L’odierna appallante impugnava tale provvedimento davanti al TAR Emilia-Romagna deducendo i seguenti motivi:

1) violazione degli artt. 1, 2, 4 e 5 della legge n. 13 del 1989 e delle linee guida ministeriali del 2008;

2) violazione dell’art. 10, comma 3, del d.l. n. 76 del 2020;

3) violazione del D.M. n. 236 del 1989, della legge n. 104 del 2004, del d.lgs. n. 42 del 2004, difetto e illogicità della motivazione, travisamento dei fatti, violazione degli artt. 2, 3, 32 e 97 Cost.

7. Il TAR dell’Emilia-Romagna, Sezione Prima, con la sentenza n. 344 del 5 giugno 2023, rigettava il ricorso, alla luce delle seguenti considerazioni:

- la Soprintendenza non aveva adottato una motivazione di mero stile, ma aveva diffusamente argomentato in merito alla contrarietà dell’intervento proposto rispetto alle esigenze di salvaguardia del bene tutelato “ovvero di un palazzo cinquecentesco (con cortile interno definito “fine gioiello”)

caratterizzato dalla presenza di raffinati capitelli in facciata e contemperando le esigenze di tutela del patrimonio artistico con l’eliminazione delle barriere architettoniche mediante l’installazione di un montascale ovvero di una opera reversibile, meno impattante ed ugualmente funzionale allo scopo di consentire l’accesso da parte della madre della ricorrente all’abitazione della figlia;”

- tale valutazione, espressione di discrezionalità di tipo tecnico, appare ragionevole ed immune dalle doglianze dedotte, tenuto conto sia del fatto che la madre della ricorrente non risulta residente nel palazzo oggetto di tutela e dunque delle esigenze personali non continuative sia perché parte ricorrente non allega le ragioni per cui l’installazione di un montascale non possa essere funzionale

all’accesso all’appartamento di proprietà;

- nel caso di specie la soluzione del montascale costituisce il giusto contemperamento dei due interessi contrapposti, entrambi di rilievo costituzionale (art. 2 e 32 Cost.), possibile anche in

assenza dell’autorizzazione del condominio mentre l’installazione dell’ascensore, rientrando fra le opere di cui all'articolo 27, comma 1, della legge 118/1971 e all'articolo 1, comma 1, del D.P.R.

384/1978, costituisce un'innovazione che, ai sensi dell'articolo 2, commi 1 e 2, della legge n. 13/1989, va approvata dall'assemblea con la maggioranza prescritta.

8. Avverso la suindicata sentenza la Signora Lorusso ha proposto appello deducendo i seguenti motivi.

8.1 Con il primo motivo, l’odierna appellante censura la sentenza di primo grado per difetto e erroneità della motivazione, nonché errata applicazione dell’art. 4 della legge n. 13 del 1989, in quanto la Soprintendenza non avrebbe fornito motivazione circa il pregiudizio specifico e serio che l’intervento edilizio determinerebbe al palazzo storico. Non si capirebbe la compromissione del bene e perché l’ascensore costituirebbe un pregiudizio. Le finestre non sarebbero toccate dall’ascensore posto al centro della corte, mentre i pianerottoli di sbarco, che, creando ulteriori elementi orizzontali, modificano l’articolazione spaziale del palazzo, non sarebbero però un serio pregiudizio per il palazzo. Il TAR si sarebbe limitato ad affermare che l’amministrazione avrebbe diffusamente motivato il provvedimento, ma senza concludere che la motivazione sia pertinente e legittima. Il vincolo non potrebbe impedire la realizzazione di strutture oggi essenziali e sacrificare necessità primarie.

8.2 Con il secondo motivo si deduce l’illegittimità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto necessaria la presenza di esigenze personali continuative ai fini del rilascio del parere positivo sull’opera. L’appellante rappresenta, in particolare, come la madre non abiti più in tale palazzo proprio a causa della mancanza di un ascensore. La residenza anagrafica non sarebbe rilevante ai fini della decisione sull’ammissibilità o meno dell’intervento e la disabilità certificata e permanente non sarebbe necessaria ai fini dell’eliminazione delle barriere architettoniche. La semplice esistenza dell’ascensore sarebbe funzionale ad assicurare la vivibilità dell’appartamento, rivestendo pertanto un carattere essenziale.

8.3 Con il terzo motivo si evidenzia l’illegittimità della sentenza nella parte in cui ritiene che la soluzione migliore per contemperare i due contrapposti interessi che vengono evidenzati in siffatta ipotesi sia la realizzazione di un montascale. Secondo l’appellante la legge n. 13/1989 parlerebbe però di un servoscale, un dispositivo tecnico con caratteristiche diverse. Il TAR avrebbe oltrepassato il thema decidendum in quanto l’oggetto della richiesta era un ascensore, mentre la praticabilità della soluzione alternativa non sarebbe provata. Nemmeno l’assenso da parte del condominio sarebbe stato oggetto del ricorso di primo grado, ma unicamente la legittimità del parere della Soprintendenza.

8.4 Con il quarto motivo d’appello si rileva la contraddittorietà della sentenza nella parte in cui pone come ulteriore argomento a sostegno della legittimità del provvedimento di diniego la circostanza che la costruzione di un ascensore nel palazzo richiederebbe l’autorizzazione dell’assemblea condominiale, mentre non sarebbe necessaria nel caso del montascale. La questione se l’ascensore sia o meno un’innovazione (necessitando l’approvazione del Condominio) sarebbe estranea all’oggetto di causa.

8.5 Con l’ultimo motivo l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’ascensore rappresenti un’innovazione e, come tale, richiederebbe l’approvazione da parte della maggioranza dell’assemblea condominiale.

9. Con l’ordinanza n. 455/2024 del 8 febbraio 2024 la Sezione ha ritenuto che le esigenze cautelari prospettate, anche in ordine all’età ultranovantenne della madre dell’appellante, siano tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito, ai sensi dell’art. 55, co. 10, c.p.a.

10. La causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 9 maggio 2024 in occasione della quale è stata trattenuta in decisione.

11. L’appello non merita alcuna condivisione.

12. Risulta dirimente, ai fini della delibazione del presente appello lo scrutinio del primo motivo, che verte sul punto centrale della controversia: la legittimità (o meno) del parere negativo in merito alla realizzazione di un ascensore in un palazzo vincolato e la rispettiva discrezionalità tecnica della Soprintendenza.

13. È opportuno ricordare che l'Amministrazione Pubblica non può limitarsi ad esprimere valutazioni apodittiche e stereotipate ma deve specificare le ragioni del diniego, ovvero esplicitare i motivi del contrasto tra le opere da realizzarsi e le ragioni di tutela dell'immobile interessato dall'apposizione del vincolo. Pertanto è insufficiente la motivazione del diniego all'istanza di autorizzazione fondata su una generica incompatibilità, non potendo l'amministrazione limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio, utilizzando espressioni vaghe e formule stereotipate (ex multis Cons. Stato, sez. VII, n. 11591/2022, e la giurisprudenza ivi richiamata). D’altro canto, è pure pacifica la giurisprudenza di questo Consiglio sull’intensità e sui limiti del controllo giurisdizionale in merito alla discrezionalità tecnica, ritenendo che il sindacato non possa estendersi fino al punto in cui non diventi sostitutivo delle scelte frutto di discrezionalità tecnica o espressione di puro merito compiute dall’Amministrazione, potendo quindi sindacare i giudizi affermati laddove contrastino con dati di fatto o costituiscano una condotta contraddittoria o illogica (Cons. Stato, sez. IV, n. 11363/2022).

14. Tutto ciò premesso, in linea con quanto supposto dalla sentenza di primo grado, il parere espone le ragioni per cui l’intervento determina una compromissione del contesto culturale di pregio, per la cui conservazione sono stati emanati i provvedimenti ministeriali di vincolo. La motivazione del parere è pertanto adeguata nel suo complesso, sia con riguardo all’esposizione dei vincoli insistenti, sia con riguardo al contesto culturale in cui esso si colloca. Ed invero, il parere negativo della Soprintendenza risulta esaustivamente motivato e pluristrutturato circa il grave pregiudizio che l’istallazione dell’ascensore arrecherebbe al palazzo cinquecentesco. La Soprintendenza ha motivato il suo diniego deducendo che la realizzazione dell’opera nella minuscola corte, unitamente alla realizzazione di pianerottoli di sbarco per i singoli piani, comprometterebbe la configurazione spaziale e architettonica dell’edificio andando a snaturare la sua conformazione originaria. La particolarità del Palazzo (e quindi l’elemento principale per la tutela), come emerge dal provvedimento gravato, risiede nel fatto che la Casa Guinani Pasquini risulta essere uno dei pochi esempi di Palazzi cinquecenteschi con un impianto chiaro e ben conservato nelle proprie caratteristiche artistiche ed architettoniche presenti sul territorio del Comune di Bologna, avvalorato da raffinati capitelli in facciata con elementi fitomorfi, a cui corrispondono i peducci del sottoportico e a cui si riferiscono stilisticamente i capitelli, anch’essi originari, del piccolo cortile. Aveva rilevato la Soprintendenza che, essendo tale ultimo così ridotto nelle sue dimensioni, aveva rilevato la Soprintendenza, ma contestualmente particolarmente armonico ed articolato, con numerose finestre, terrazzini, pianerottoli e piccoli sporti di gronda (tutte presente fortemente strutturate e complesse), l’ascensore comporterebbe proprio un azzeramento del carattere peculiare come “fine gioiello dei cortili interni bolognesi”. La sua posizione centrale nel cortile significherebbe, secondo la Soprintendenza, la chiusura della vista e la creazione di elementi orizzontali che modificherebbero l’articolazione spaziale del bene. Risulta quindi provato l’effetto gravemente impattante rispetto alla pregevole composizione degli spazi del bene vincolato. Ciò è ulteriormente visibile dalla documentazione fotografica dimessa dalla Soprintendenza in primo grado.

15. Sotto queste doverose premesse il Collegio può accertare che il TAR ha correttamente scrutinato il ricorso. La Soprintendenza non ha genericamente adottato il parere negativo ma ha puntualmente chiarito perché l’ascensore era da considerarsi un pregiudizio di fronte al bene culturale protetto. Come emerge dalla piana lettura del provvedimento impugnato, il parere negativo della competente Soprintendenza è puntualmente motivato. Alla descrizione del contesto interessato dall’intervento si dà atto delle caratteristiche tecniche dell’opera, per poi considerare il bene tutelato ed esplicitare, infine, le ragioni per cui l’intervento si porrebbe in contrasto con l’ambito di tutela, a causa della modificazione permanente della lettura e del godimento dei caratteri architettonici dello stato dei luoghi, in quanto i lavori risulterebbero esteticamente non idonei ai caratteri storici dell’edificio comportando il degrado degli ambienti.

16. Una volta accertato il corretto esercizio della discrezionalità nel parere gravato, le altre doglianze non sono idonee a condurre ad un risultato diverso.

17. Il secondo e il terzo motivo d’appello, che possono essere valutati congiuntamente, sono pure infondati. Come rappresentato correttamente dalla stessa parte appellante, il fatto che la madre dell’odierna appellante non è residente nel palazzo non ha alcun effetto sulla legittimità del parere negativo, né l’alternativa progettuale suggerita dalla Soprintendenza nel provvedimento – il montascale – aggiunge un elemento invalidante. La Pubblica Amministrazione ha valutato il singolo intervento nella sua specificità, rispetto all’ambito in cui questo si inseriva ed ha analizzato la fruizione e la valorizzazione del bene, condizione necessaria al fine di conservare il bene vincolato. Orbene, nel caso specifico è stata valutata la soluzione del servoscala come soluzione totalmente reversibile e meno impattante, che consente la visuale a tutte le finestre che danno nel cortile in maniera continuativa, ed avrebbe creato un ingombro temporaneo e solo al momento dell’utilizzo.

18. Anche la quarta e quinta censura, che per la loro stretta connessione possono essere esaminate congiuntamente, non sono idonee a confutare la legittimità del parere negativo. Rileva il Collegio che l’art. 2 della legge n. 13/1989 prevede che i condomini interessati all’adozione di strumenti di superamento delle cd. barriere architettoniche sono legittimati esclusivamente ad «installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili» o «modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages». Il montascale rientra a pieno titolo in tale elencazione costituendo un dispositivo, sì diverso rispetto al servoscala, ma comunque classificabile come «struttura mobile facilmente rimovibile». Dunque, il TAR ha correttamente indicato la soluzione alterativa del montascale, prospettata dalla Soprintendenza, in quanto la stessa appare evidentemente la più ottimale per la tutela del patrimonio culturale, non alterando eccessivamente la conformazione del palazzo storico, e la tutela degli interessi personali dell’odierna appellante.

19. L’articolo 78 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia») sotto la rubrica «Deliberazioni sull'eliminazione delle barriere architettoniche (legge 9 gennaio 1989, n. 13, art. 2)» recita testualmente: «1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all'interno degli edifici privati, sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall'articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile. 2. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe delle autorimesse. 3. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile». L’articolo 2 della legge 9 gennaio 1989 n. 13 («Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati») nel testo risultante dal citato “decreto semplificazioni” (d.l. 16 luglio 2020, n. 76) così recita: «2.1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all'articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all'interno degli edifici privati, sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell'articolo 1120 del codice civile. Le innovazioni di cui al presente comma non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell'articolo 1121, primo comma, del codice civile. Per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell'articolo 1120 del codice civile. 2. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages. 3. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile».

20. Da tale quadro normativo si evince chiaramente come l’ordinamento richieda (ancora), ai fini dell’istallazione di un ascensore la deliberazione del condominio, anche nel caso in cui questo sia finalizzato ad eliminare le barriere architettoniche per le persone con disabilità (o altri soggetti fragili), ancorché realizzato a proprie spese. Tale soluzione è il frutto della necessità di trovare il punto di equilibrio tra i diversi interessi contrapposti quelli domenicali, quelli sottesi alla tutela dei beni storici, quelli delle persone con disabilità (Cfr. Cons. di Stato, Sez VI, n. 9503 del 3 novembre 2023). Quindi, il giudice di primo grado ha correttamente ritenuto che l’installazione di un ascensore all’interno di un cortile condominiale sia qualificabile come “innovazione” (art. 1120 c.c.), ragion per cui la decisione sulla sua realizzazione avrebbe dovuto essere assunta, necessariamente, dal condominio. Non coglie nel segno nemmeno il richiamo alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale, in alcune pronunce, ha affermato la tutelabilità dell’interesse del singolo ad installare l’ascensore in parti comuni dell’edificio anche in presenza del dissenso di altri condomini (cfr. Cass. Civile, sez. II, 14/06/2022, n.19087), ovvero la tutelabilità dell’interesse del singolo ad installare l’ascensore al fine di rimuovere barriere architettoniche anche in violazione delle norme sulle distanze (Cass. Civile, sez. II, 26/11/2019, n. 30838), o, ancora, che la legge 9 gennaio 1989 n. 13, in materia di eliminazione di barriere architettoniche, costituisce espressione di un principio di solidarietà sociale (principio affermato proprio in relazione alla realizzazione di un ascensore: Cass. civile, sez. II, 28/03/2017, n.7938). Tuttavia si tratta di pronunce intervenute per disciplinare il conflitto privatistico tra condomini, ovvero di pronunce che, al termine di un giudizio di cognizione piena, hanno definito con efficacia di giudicato determinati assetti proprietari. Questo Consiglio, invece, come più volte ricordato, ha affrontato il diverso problema della legittimazione a chiedere l’Autorizzazione della Soprintendenza alla realizzazione dell’ascensore in un immobile vincolato e la sussistenza di tale legittimazione non può che essere valutata alla luce della normativa prima scandagliata nella motivazione (ovvero: l. 9 gennaio 1989, n. 13; D.P.R. 380/2001, artt. 77-82; d.lgs. n. 42/2004, art. 21).

21. Per quanto precede l’appello deve essere respinto.

22. Nulla si deve decidere sulle spese di lite in base alla mancata costituzione della controparte.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere

Thomas Mathà, Consigliere, Estensore