 Cass. Sez. III n. 11407 del 11 marzo 2013 (Ud. 14 feb. 2013)
Cass. Sez. III n. 11407 del 11 marzo 2013 (Ud. 14 feb. 2013)
Pres. Squassoni Est. Ramacci Ric. Zucal
Caccia e animali. Confisca armi detenute e portate legittimamente
L’unica disposizione operante in materia di confisca di armi detenute e portate legittimamente ma utilizzate per commettere reati venatori è quella di cui all'art. 28, secondo comma Legge 157\92, che ne impone l’applicazione solo in caso di condanna per le contravvenzioni espressamente indicate.
  Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:         Udienza pubblica SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE    
 SEZIONE TERZA 
 Dott. SQUASSONI Claudia           - Presidente  - del 14/02/2013
 Dott. GENTILE   Mario             - Consigliere - SENTENZA
 Dott. MULLIRI   Guicla            - Consigliere - N. 453
 Dott. RAMACCI   Luca         - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. GRAZIOSI  Chiara            - Consigliere - N. 25562/2012
 ha pronunciato la seguente: 
 sul ricorso proposto da:
 ZUCAL MAURIZIO N. IL 04/05/1989;
 avverso la sentenza n. 17/2011 TRIB.SEZ.DIST. di CLES, del  19/09/2011;
 visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
 udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/02/2013 la relazione fatta dal  Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
 Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. M. Fraticelli, che  ha concluso per il rigetto del ricorso.
 RITENUTO IN FATTO
 1. Il Tribunale di Trento - Sezione Distaccata di Cles, con sentenza  del 19.9.2011 ha riconosciuto la responsabilità penale di ZUCAL  Maurizio, che ha condannato alla pena dell'ammenda, per il reato di  cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30, lett. h), in quanto,  esercitando l'attività venatoria, abbatteva un capo di capriolo  maschio il cui prelievo era vietato perché in esubero al piano di  abbattimento assegnato alla riserva comunale di caccia di Cles, in  quanto detto piano era stato già completato il giorno 17.10.2009.  Avverso tale pronuncia il predetto ha proposto appello, qualificato  come ricorso per cassazione dalla Corte di appello di Trento con  ordinanza in data 8.6.2012, con la quale veniva disposta la  trasmissione degli atti a questa Corte.
 2. Con un primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la  mancanza o manifesta illogicità della motivazione, assumendo che il  giudice avrebbe valorizzato esclusivamente la tesi accusatoria, senza  tener conto della diversa prospettazione dell'accaduto formulata  dalla difesa, che illustra.
 3. Con un secondo motivo deduce la violazione di legge, rilevando che  l'ipotesi contravvenzionale di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30,  lett. h), sarebbe applicabile soltanto nel caso di abbattimento o  cattura di singoli capi di fauna selvatica mediante l'impiego di  mezzi non consentiti.
 4. Con un terzo motivo lamenta l'eccessività della pena e contesta  la confisca dell'arma, rispetto alla quale il giudice del merito non  avrebbe fornito adeguata giustificazione.
 Insiste, pertanto, per l'accoglimento dell'impugnazione.  CONSIDERATO IN DIRITTO
 5. Il ricorso è solo in parte fondato.
 Occorre preliminarmente osservare che la Corte di appello di Trento  ha correttamente dato concreta applicazione alla giurisprudenza  consolidata di questa Corte, che il Collegio condivide, la quale ha  chiaramente precisato che, qualora un provvedimento giurisdizionale  sia impugnato con un mezzo di gravame diverso da quello  legislativamente stabilito, il giudice che riceve l'atto di gravame  deve limitarsi, secondo quanto stabilito dall'art. 568 c.p.p., comma  5, alla verifica dell'oggettiva impugnabilità del provvedimento e  dell'esistenza della volontà di impugnare, intesa come proposito di  sottoporre l'atto impugnato a sindacato giurisdizionale e,  conseguentemente, trasmettere gli atti al giudice competente  astenendosi dall'esame dei motivi al fine di verificare, in concreto,  la possibilità della conversione (Sez. 5^ n. 21581, 25 maggio 2009;
 Sez. 3^ n. 19980, 12 maggio 2009; Sez. 3^ n.2469, 17 gennaio 2008;
 Sez. 4^ n. 5291, 10 febbraio 2004; Sez. 5^ n. 27644, 26 giugno 2003;
 Sez. 4^ n.17374, 14 aprile 2003; Sez. 2^ n. 14826, 28 marzo 2003;
 Sez. 2^ n. 12828, 19 marzo 2003; Sez. 3^ n. 17474, 9 maggio 2002 SS.  UU. n. 45371, 20 dicembre 2001).
 Va però ricordato come si sia anche precisato che l'istituto della  conversione della impugnazione previsto dall'art. 568 c.p.p., comma  5, ispirato al principio di conservazione degli atti, determina  unicamente l'automatico trasferimento del procedimento dinanzi al  giudice competente in ordine alla impugnazione secondo le norme  processuali e non comporta una deroga alle regole proprie del  giudizio di impugnazione correttamente qualificato. Pertanto, l'atto  convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai  fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta. (Sez. 1^  n. 2846, 9 luglio 1999 ed altre succ. conf.).
 6. Ciò premesso, deve rilevarsi che il primo motivo di ricorso non  rispetta i suddetti requisiti, essendo articolato esclusivamente in  fatto mediante la proposizione di una lettura alternativa della  vicenda che non può trovare ingresso in questa sede e mediante il  richiamo a documenti ed atti del processo il cui esame è precluso al  giudice di legittimità.
 7. Anche il secondo motivo di ricorso risulta infondato. La L. n. 157  del 1992, art. 30, lett. h), sanziona con la pena dell'ammenda chi  abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui  confronti la caccia non è consentita o fringillidi in numero  superiore a cinque o chi esercita la caccia con mezzi vietati. La  stessa pena si applica a chi esercita la caccia con l'ausilio di  richiami vietati di cui all'art. 21, comma 1, lett. r).  Nel provvedimento impugnato il giudice ha ritenuto dimostrato che, al  momento del fatto, la caccia al capriolo maschio risultava chiusa per  raggiungimento del numero massimo di capi da abbattere assegnato alla  riserva e che di tale circostanza era stato dato avviso con  comunicato affisso sulla bacheca della locale sezione cacciatori  dove, il giorno seguente, l'imputato aveva inserito la propria  "denuncia di uscita". La contestazione della violazione era stata  effettuata dai guardiacaccia, poi escussi quali testimoni unitamente  al Rettore della riserva, i quali avevano assistito all'intera  vicenda e provveduto all'esame dei documenti esibiti dall'imputato ed  al sequestro dell'arma utilizzata per l'abbattimento.  Il fatto accertato risulta pertanto correttamente inquadrato nella  fattispecie astratta di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30, lett.  h), trattandosi di abbattimento di un capo rispetto al quale  l'attività venatoria risultava inibita.
 8. Per quanto riguarda, inoltre, la quantificazione della pena, di  cui tratta il terzo motivo di ricorso, deve osservarsi che la  determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo  edittale rientra nell'ampio potere discrezionale attribuito al  giudice di merito, che risulta legittimamente esercitato anche  attraverso la globale considerazione degli elementi indicati nella  richiamata disposizione (Sez. 4^ n. 41702, 26 ottobre 2004).  Il corretto esercizio di tale potere discrezionale non richiede, da  parte del giudice, l'analitica valutazione di ogni singolo elemento  esaminato, ben potendo questi assolvere adeguatamente all'obbligo di  motivazione limitandosi anche ad indicarne solo alcuni o quello  ritenuto prevalente (v. Sez. 2^ n. 12749, 26 marzo 2008).  Nella fattispecie, il giudice del merito ha espressamente richiamato  il disposto dell'art. 133 c.p., ed ha evidenziato la non particolare  gravità del fatto in perfetta aderenza ai principi dianzi  richiamati, cosicché la sentenza impugnata si presenta, anche sul  punto, del tutto immune da censure.
 9. A conclusioni diametralmente opposte deve invece pervenirsi per  quanto attiene la confisca dell'arma.
 La L. 11 febbraio 1992, n. 157, art. 28, comma 2, dispone che, in  caso di condanna per le ipotesi di reato di cui all'art. 30, comma 1,  lettere a), b), c), d) ed e), le armi ed i mezzi di caccia siano in  ogni caso confiscati.
 Si tratta, come chiaramente emerge dal tenore della disposizione, di  confisca obbligatoria.
 Il successivo art. 30 stabilisce poi, al terzo comma, che "salvo  quanto espressamente previsto dalla presente legge, continuano ad  applicarsi le disposizioni di legge e di regolamento in materia di  armi".
 Delle due disposizioni richiamate questa Corte ha fornito, nel tempo,  una uniforme interpretazione, rilevando come la norma preveda  espressamente la confisca solo in caso di condanna e per le ipotesi  di reato esplicitamente indicate.
 Con un prima decisione (Sez. 3^ n. 15166, 1 aprile 2003), infatti,  veniva chiarito che il richiamo operato dal legislatore alla  disciplina delle armi non ha natura di rinvio in senso tecnico, tale  da determinare un collegamento sanzionatorio tra la normativa sulla  caccia e quella in materia di armi trattandosi, al contrario, di una  mera precisazione finalizzata ad eliminare ogni dubbio in merito alla  possibilità di concorso tra i reati previsti dalle diverse  disposizioni, facendo salvo il solo principio di specialità. E  proprio sulla base del rapporto di specialità intercorrente tra la  disciplina venatoria e quella sulle armi veniva esclusa la  possibilità di applicare il combinato disposto dell'art. 240 cpv.  c.p., e L. 22 maggio 1975, n. 152, art. 6, in forza del quale può  disporsi la confisca anche in assenza di una pronuncia di condanna  quando trattasi di reati concernenti le armi.
 Successivamente si è specificato che, in caso di condanna per il  reato d'abbattimento, cattura o detenzione di specie nei cui  confronti la caccia non è consentita, non è possibile procedere  alla confisca delle armi in applicazione della L. n. 157 del 1992,  art. 28, comma 2, in quanto tale disposizione è riferita ad altre,  diverse, ipotesi di reato (Sez. 3^ n. 27265, 14 luglio 2010; Sez. 3^  n. 6228, 13 febbraio 2009; Sez. 3^ n. 43821, 25 novembre 2008).  Inoltre, deve osservarsi che la detenzione di un fucile da caccia non  è vietata in modo assoluto, essendo la stessa possibile previa  autorizzazione, ne' detta arma costituisce una cosa intrinsecamente  pericolosa.
 10. Deve quindi essere ancora un volta affermato che l'unica  disposizione operante in materia di confisca di armi detenute e  portate legittimamente ma utilizzate per commettere reati venatori è  quella di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 28, comma 2, che ne  impone l'applicazione solo in caso di condanna per le contravvenzioni  espressamente indicate.
 11. La sentenza va, pertanto, annullata senza rinvio limitatamente  alla confisca, che va eliminata, con restituzione dell'arma in  sequestro all'avente diritto.
 Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla  			confisca dell'arma, che elimina, con restituzione della stessa  			all'avente diritto. Rigetta nel resto il ricorso.
 Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2013.
 Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2013
 
                    




