Cass. Sez. III n. 28510 del 13 luglio 2009 (CC 9 giu. 2009)
Pres. Lupo Est. Petti Ric. Allia ed altri
Caccia. Nozione di esercizio della caccia

L’ampia nozione dì esercizio della caccia comprende, non solo l’effettiva cattura od uccisione della selvaggina, ma anche ogni attività prodromica o preliminare organizzazione dei mezzi, nonché ogni atto, desumibile dall’insieme delle circostanze di tempo e di luogo, che, comunque, appare diretto a tale fine. Tali sono ad esempio l’essere sorpreso armato in una zona di caccia,con mezzi idonei alla cattura di animali; il vagare o il soffermarsi con armi, arnesi o altri mezzi idonei alla cattura, in attitudine di ricerca o di attesa della selvaggina

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPO Ernesto - Presidente -

Dott. PETTI Ciro - Consigliere -

Dott. SENSINI Silvia - Consigliere -

Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere -

Dott. MARINI Luigi - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.G., nato a (OMISSIS);

L.S., nato a (OMISSIS);

I.G., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di Ragusa del 31

ottobre del 2008;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. PETTI Ciro;

sentito il sostituto procuratore generale Dott. IZZO Gioacchino, il

quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

Letti il ricorso e l'ordinanza denunciata osserva quanto segue.

 

IN FATTO

Con ordinanza del 31 ottobre del 2008, il tribunale di Ragusa respingeva la richiesta di riesame del decreto di convalida del sequestro probatorio di quattro furetti, pronunciato dal pubblico ministero a carico delle persone indicate in epigrafe, ipotizzando il reato di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30, lett. h).

Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nel provvedimento impugnato, i carabinieri della stazione di Acate, nel corso di un servizio perlustrativo, avevano notato un gruppo di persone in atteggiamento venatorio. Costoro, accortisi della presenza dei militari, si avvicinarono velocemente alle loro autovetture. In tale circostanza i carabinieri videro uscire da una tana un coniglio ed un furetto. Procedettero pertanto al sequestro dei fucili e di quattro furetti, tre dei quali rinvenuti nell'autovettura, ipotizzando il reato di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30, lett. h), posto che l'uso del furetto era vietato.

Gli indagati si erano giustificati asserendo che si trovavano nel territorio del Comune di (OMISSIS) dove l'uso del furetto era consentito.

Il pubblico ministero convalidava il sequestro disponendo però la restituzione dei fucili e delle cartucce, affidando la custodia degli animali alla Ripartizione Faunistica Venatoria di (OMISSIS).

Il tribunale osservava che in base all'art. 7 del calendario venatorio, nella zona ove erano stati sorpresi gli indagati, era vietata la caccia con il furetto, il cui impiego, peraltro con la museruola, non rinvenuta al momento della sorpresa ad opera dei carabinieri, era consentito solo nel vicino comune di (OMISSIS).

Precisava che le esigenze probatorie erano state indicate perchè "i furetti erano indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini".

Ricorrono per cassazione gli indagati per mezzo del comune difensore deducendo:

1) mancanza e manifesta illogicità della motivazione in quanto i carabinieri non hanno precisato in base a quali elementi avevano ritenuto gli indagati in atteggiamento venatorio;

2) mancanza di motivazione in merito all'individuazione del luogo dove gli indagati erano stati sorpresi, se rientrante cioè nel Comune di (OMISSIS);

3) mancanza di motivazione in ordine alle esigenze probatorie;

4) mancanza di motivazione in ordine alla necessità di sequestrare anche gli altri animali non utilizzati;

5) omesso esame dei risultati delle investigazioni difensive allegate agli atti, dalle quali emergeva che gli indagati erano convinti di trovarsi nel territorio del comune di (OMISSIS) dove l'uso del furetto era consentito;

6) inammissibilità della confisca dei furetti.

 

IN DIRITTO

Il ricorso è fondato solo con riferimento al terzo motivo, in esso assorbite le doglianze di cui ai motivi contrassegnati con i numeri quattro e sei.

Il primo motivo è inammissibile per la manifesta infondatezza della censura, avendo gli inquirenti legittimamente constatato che gli indagati si trovavano in atteggiamento di caccia per essere stati sorpresi in una zona di caccia con i fucili ed i furetti, il cui uso era peraltro vietato. Invero, l'ampia nozione di esercizio della caccia comprende, non solo, l'effettiva cattura od uccisione della selvaggina, ma anche ogni attività prodromica o preliminare organizzazione dei mezzi, nonchè ogni atto, desumibile dall'insieme delle circostanze di tempo e di luogo, che, comunque, appare diretto a tale fine. Tali sono ad esempio l'essere sorpreso armato in una zona di caccia, con mezzi idonei alla cattura di animali; il vagare o il soffermarsi con armi, arnesi o altri mezzi idonei alla cattura, in attitudine di ricerca o di attesa della selvaggina. D'altra parte gli stessi indagati non hanno negato di essere in atteggiamento di caccia, ma si sono giustificati affermando che si trovavano nel Comune di (OMISSIS) e non in quello di (OMISSIS),come ritenuto dagli investigatori.

Ugualmente inammissibili sono il secondo ed il quinto motivo,che vanno esaminati congiuntamente perchè strettamente connessi. In proposito si osserva che gli agenti hanno accertato che gli indagati si trovavano nel territorio del comune di (OMISSIS) dove la caccia con il furetto era vietata in modo assoluto e la loro affermazione non può essere neutralizzata in base a generiche negazioni. D'altra parte, nel Comune di (OMISSIS), dove gli indagati assumono di essere stati fermati, l'uso del furetto era ammesso solo se munito di museruola di cui tutti gli animali posseduti dagli indagati erano sprovvisti. Di conseguenza era comunque legittimo il sequestro degli animali e dei fucili anche se tre dei quattro furetti sequestrati al momento della sorpresa ad opera degli agenti non erano stati ancora utilizzati.

Fondato invece è il terzo motivo in esso assorbiti gli altri. Il sequestro probatorio detto anche istruttorio è un mezzo di ricerca della prova ed in nessun caso può essere utilizzato per soddisfare esigenze di carattere preventivo, per le quali è previsto il sequestro preventivo. Dalla natura probatoria del sequestro deriva che la cosa sequestrata deve essere necessaria per l'accertamento dei fatti e tale esigenza deve essere esplicitata dal pubblico ministero anche quando viene sequestrato il corpo del reato, secondo l'orientamento espresso dalla Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n 5876 del 2004, Ferrazzi. Qualora il pubblico ministero non abbia indicato, nel decreto di sequestro a fini di prova, le ragioni che, in funzione dell'accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l'applicazione della misura e abbia persistito nell'inerzia pure nel contraddittorio del procedimento di riesame, il giudice di quest'ultimo non è legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalità del sequestro, così integrando il provvedimento mediante un'arbitraria opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell'organo dell'accusa, siano state da questo radicalmente e illegittimamente pretermesse. In ipotesi del genere la corte di cassazione, adita a norma dell'art. 325 c.p.p., deve annullare senza rinvio il provvedimento impugnato ed il decreto di sequestro. Se invece le esigenze istruttorie vengono genericamente indicate ma non esplicitate in concreto, l'annullamento può essere disposto con rinvio (cfr Cass n 30328 del 2004).

Nella fattispecie le esigenze istruttorie sia pure in maniera estremamente generica sono state indicate. Pertanto il provvedimento impugnato va annullato con rinvio,potendo in sede di rinvio il pubblico ministero esplicitare le concrete finalità probatorie che con il sequestro dei furetti intendeva perseguire.

P.Q.M.

P.Q.M.

La Corte letto l'art. 620 c.p.p. annulla il provvedimento impugnato con rinvio al tribunale di Ragusa.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2009