TAR Emilia Romagna (PR), Sez. I, n. 357, del 2 dicembre 2013
Caccia e animali.Illegittimità detenzione cucciolo di “canis lupus italicus”, ibrido di lupo

Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con nota del 18 ottobre 2012, ha chiarito che è “assoggettabile alla disciplina relativa alle specie selvatiche la categoria dell’ibrido cane-lupo che è nato e vive in stato di libertà naturale”. Nei medesimi sensi si è espresso il Servizio CITIES-Roma affermando che ai sensi del Regolamento comunitario n. 338/1997 l’ibrido di lupo, sino alla 4^ generazione, è da considerarsi “specie piena” con possibilità di detenzione, anche temporanea, unicamente presso un CRAS autorizzato. Dunque, non può che trovare applicazione la disciplina normativa in materia di protezione della fauna selvatica dettata dalla L. n. 157/1992 che al 1°comma dell’art. 1 dispone che “la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale”. La riconducibilità della specie canis lupus alle specie di cui all’allegato A del Regolamento (CE) n. 338/97 e l’assimilazione dell’ibrido alla medesima categoria, determinando l’illegalità della detenzione dell’animale da parte di privati. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00357/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00429/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 429 del 2012, proposto da: 
Barbara Paoletti, rappresentata e difesa dall'Avv. Carlo Benini, con domicilio eletto presso l’Avv. Giuseppina Gatti, in Parma, borgo Tommasini, 20 (Studio Schettino);

contro

Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale è ex lege domiciliato, in Bologna, via Guido Reni 4;

per l'annullamento

del provvedimento emesso dal Comando Provinciale del Corpo Forestale di Benevento in data 26 novembre 2012, prot. n. 10105 pos. vi - 1 -18;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 novembre 2013 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

In data 13 settembre 2012, il Comando Provinciale del Corpo Forestale dello Stato di Benevento affidava in custodia alla ricorrente, che ne aveva fatto richiesta, un cucciolo di “canis lupus italicus” sul presupposto che “in ragione della incerta provenienza” dell’animale potesse trattarsi “di un ibrido e non di un lupo” (pag. 2, punto 3) del ricorso) e, pertanto, non soggetto alla normativa in materia di protezione della fauna selvatica.

Coerentemente all’illustrato presupposto, in sede di affidamento, veniva previsto che la ricorrente si facesse carico della applicazione all’animale delmicrochip necessario all’iscrizione all’anagrafe degli animali di affezione (impiantato in data 28 settembre 2012).

In data 31 ottobre 2012, l’Amministrazione acquisiva gli esiti delle analisi genetiche effettuate dall’ISPRA di Ozzano Emilia, precedentemente richieste con nota del 9 agosto 2012, dalle quali emergeva che l’esemplare in questione era da qualificarsi come un ibrido “cane x lupo” il cui mitocondriale evidenziava matrilinearità di lupo.

In data 6 novembre 2012, il Servizio CITIES – Roma rappresentava che, ai sensi del Regolamento CE 338/1997 “l’esemplare ibrido di lupo, fino alla 4^ generazione è da considerarsi specie piena e pertanto la sua unica possibile detenzione temporanea deve essere assicurata presso un CRAS adeguatamente attrezzato e autorizzato”.

Preso atto delle illustrate risultanze, l’Amministrazione, ritenuto che fossero venuti meno gli originari presupposti, procedeva ex art. 21 nonies della L. n. 241/1990 all’annullamento del precedente affido con provvedimento del 26 novembre 2012 che la ricorrente impugnava con il presente ricorso deducendo l’illegittimità della misura adottata per violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.

L’Amministrazione si costituiva in giudizio confutando le avverse doglianze chiedendo la reiezione del ricorso.

Con decreto n. 1/2013 del 2 gennaio 2013, veniva accolta l’istanza di misure cautelari monocratiche.

Nella camera di consiglio del 23 gennaio 2013, con ordinanza n. 20/2013, veniva accolta l’istanza di sospensione al solo scopo di “non sottoporre l’animale ad ulteriori stressanti mutamenti delle condizioni di vita in attesa della definizione del giudizio”.

All’esito della pubblica udienza del 6 novembre 2013, la causa veniva trattenuta in decisione.

La ricorrente censura il provvedimento del Corpo Forestale dello Stato deducendo preliminarmente l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento e la mancata indicazione, in calce al provvedimento, dell’autorità innanzi alla quale ricorrere e dei relativi termini.

Nel merito della scelta amministrativa operata, rileva che con l’affido originariamente disposto, e con la contestuale prescrizione riferita all’impianto del microchip, l’Amministrazione l’avrebbe resa a tutti gli effetti proprietaria dell’animale.

Il ricorso allo strumento di cui all’art. 21 nonies della L. n. 241/1990 sarebbe, inoltre, illegittimo in quanto l’istituto dell’annullamento di ufficio é previsto unicamente in presenza di originari vizi di legittimità del provvedimento inciso e non, come nel caso di specie, per non meglio specificate ragioni di pubblico interesse.

In ogni caso, la norma in questione, non potrebbe trovare applicazione in presenza di consolidate posizioni di affidamento da parte del destinatario del provvedimento.

La ricorrente contesta ulteriormente la validità dei presupposti di fatto dell’atto impugnato in quanto le risultanze acquisite dall’ISPRA smentirebbero la riconducibilità dell’animale alla specie del canis lupus italicus e manterrebbero inalterato il quadro conoscitivo sulla base del quale l’Amministrazione, in precedenza, aveva ritenuto di poterlo affidare a privati.

Il provvedimento adottato risulterebbe, pertanto, viziato da intrinseca contraddittorietà e non sorretto da adeguata motivazione oltre che non preceduto da una compiuta ed esaustiva istruttoria.

Il ricorso è infondato.

Preliminarmente deve rilevarsi l’infondatezza degli eccepiti profili di illegittimità procedimentali (comunicazione ex art. 7 e omessa specificazione dell’autorità cui ricorrere) atteso che, per le ragioni che saranno esposte, l’esito provvedimentale in questa sede contestato non poteva essere diverso.

La circostanza determina l’applicabilità dell’art. 21 octies della L. n. 241/1990 a norma del quale “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Quanto al merito dell’odierna controversia, in primis deve evidenziarsi che è fuori discussione la natura temporanea dell’originario affidamento dell’animale poiché richiesto come tale dalla stessa ricorrente “in ragione del fatto si trattasse di un lupo autentico” (pag. 2, punto 2, del ricorso)

Ciò posto, l’ISPRA (v. nota del 31 ottobre 2012) ha sottoposto l’esemplare ad analisi “utilizzando marcatori molecolari specifici per la specie Canis lupus” definendolo all’esito delle stesse quale “ibrido”.

Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con nota del 18 ottobre 2012, ha chiarito che è “assoggettabile alla disciplina relativa alle specie selvatiche la categoria dell’ibrido cane-lupo che è nato e vive in stato di libertà naturale”.

Nei medesimi sensi si è espresso il Servizio CITIES-Roma affermando che ai sensi del Regolamento comunitario n. 338/1997 l’ibrido di lupo, sino alla 4^ generazione, è da considerarsi “specie piena” con possibilità di detenzione, anche temporanea, unicamente presso un CRAS autorizzato.

Le suesposte risultanze, acquisite dall’Amministrazione procedente e poste a base della determinazione impugnata, privano di pregio il dedotto difetto di istruttoria.

Chiarita nei descritti termini la natura dell’esemplare oggetto della presente controversia, non può che trovare applicazione la disciplina normativa in materia di protezione della fauna selvatica dettata dalla L. n. 157/1992 che al 1°comma dell’art. 1 dispone che “la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale”.

L’art. 1 della L. n. 150/1992 stabilisce, inoltre, che “salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda da lire quindici milioni a lire centocinquanta milioni chiunque, in violazione di quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, per gli esemplari appartenenti alle specie elencate nell'allegato A del Regolamento medesimo e successive modificazioni: …f) detiene, utilizza per scopi di lucro, acquista, vende, espone o detiene per la vendita o per fini commerciali, offre in vendita o comunque cede esemplari senza la prescritta documentazione”.

La riconducibilità della specie canis lupus alle specie di cui al citato allegato A e l’assimilazione dell’ibrido, ai presenti fini, alla medesima categoria, determinando l’illegalità della detenzione dell’animale da parte di privati, ha vincolato l’azione dell’Amministrazione che ha dovuto necessariamente procedere all’annullamento dell’affido provvisorio precedentemente disposto.

La doverosità dell’agire amministrativo derivante dal descritto quadro normativo, peraltro richiamato nel provvedimento impugnato, neutralizza il dedotto difetto di motivazione.

Nessun rilievo, infine, riveste l’impianto nell’animale del microchip di cui alla L. n. 28181991 che è adempimento imposto ai soli fini di completezza degli archivi dell’anagrafe canina e non produce alcun effetto in ordine all’invocato perfezionamento di una fattispecie acquisitiva della proprietà dell’esemplare.

Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.

In ragione della specificità delle questioni trattate le spese di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente

Laura Marzano, Primo Referendario

Marco Poppi, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/12/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)