TAR Campania (SA), Sez. II, n. 1744, del 5 agosto 2013
Elettrosmog.Illegittimità diniego SCIA per installazione SRB in carenza parere ARPA

E’ illegittimo il provvedimento di diniego della segnalazione certificata di inizio attività, con cui il Comune relativamente all’istanza di autorizzazione per lavori d’installazione di due parabole su di una Stazione Radio Base già esistente, in carenza del parere ARPAC. Secondo giurisprudenza consolidata il nulla osta dell'ARPAC non condiziona il perfezionamento del titolo abilitativo, dovendo la sua acquisizione soltanto precedere l'attivazione dell'impianto. Invero, la previsione di cui all'art. 87 del d.lg. n. 259 del 2003 postula che il parere dell'ARPAC sia richiesto solo ed esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell'impianto, non sussistendo un onere per il richiedente di allegare il parere in questione in sede di presentazione dell'istanza (ovvero della D.I.A.), né un puntuale obbligo di far pervenire il parere medesimo all'Ente procedente entro il termine di novanta giorni di cui al comma 9 dell'art. 87 citato. Ne discende, quindi, che l'accertamento, da parte dell'organismo competente ad effettuare i controlli di cui all'art. 14, l. n. 36 del 2001 circa la compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della citata legge, deve seguire, e non già precedere, la produzione dell'istanza.  (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

 

 

N. 01744/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01706/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1706 del 2012, proposto da: 
Società TowerCo S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, come da mandato a margine del ricorso, dall'avv. Antonio Grieco, elettivamente domiciliata in Salerno, alla Via Raffaele Ricci, n. 46, presso lo studio dell’avv. M. Troisi;

contro

Comune di Trevico, in persona del Sindaco pro tempore - Ufficio Tecnico del Comune di Trevico, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- del provvedimento di diniego della segnalazione certificata di inizio attività prot. n. 1231 del 6 settembre 2012, ricevuto a mezzo posta il 10 settembre 2012, con cui il Comune di Trevico – Ufficio Tecnico Comunale, in persona del Responsabile Ing. Franco Tarchini, relativamente all’istanza di autorizzazione presentata dalla TowerCo di dar corso ai lavori per l’installazione di due parabole su di una Stazione Radio Base già esistente nel territorio del Comune di Trevico (AV), ubicata alla località Bassomanno, denominata “Trevico AV011TC” per le ragioni indicate nello stesso provvedimento; nonché di tutti gli atti e/o provvedimenti presupposti, connessi e conseguenziali;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2013 il dott. Giovanni Sabbato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 9 novembre 2012 e ritualmente depositato il 3 dicembre successivo, la Società TowerCo S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, impugna gli atti di cui in epigrafe, invocandone l’annullamento. Premette che è conferitaria della Autostrade per l’Italia S.p.A., gruppo societario al quale appartiene, del compendio aziendale composto dal complesso dei beni afferenti alla gestione dei cosiddetti servizi di “Tower Management” e, in virtù di Accordo Quadro stipulato con la stessa azienda, può legittimamente affittare le aree in disponibilità di questa per realizzarvi infrastrutture multi servizi e multi operatore al fine di migliorare la sicurezza e la qualità dei servizi lungo l’asse autostradale. La TowerCo, pertanto, inoltrava al Comune di Trevico, istanza prot. n. 1190 del 31 agosto 2012, per la segnalazione certificata di inizio attività, ai sensi dell’art. 87bis del D.Lgs. 259/2003 al fine di vedersi autorizzata all’apposizione di due parabole sulla già esistente Stazione Radio Base ubicata in località Bassomanno e denominata “Trevico AV011TC”. Ebbene, l’Amministrazione, con la nota di cui in epigrafe prot. n. 1231 del 6 settembre 2012, respingeva l’istanza della ricorrente comunicando che “l’Amministrazione Comunale ha in corso la redazione del piano Urbanistico Comunale ed ha avviato la Conferenza di Servizi per la delocalizzazione degli attuali impianti di trasmissione, individuando altre zone del territorio comunale da destinare ad aree per la trasmissione dei segnali audio, televisivi e telefonici”. L’Amministrazione evidenziava, altresì, la carenza del parere ARPAC.

Tale atto si impugna sollevando, sotto distinti e concorrenti profili, i vizi della violazione di legge e dell’eccesso di potere, in quanto, come da costante orientamento giurisprudenziale, l’installazione di impianti di telecomunicazione sarebbe consentita sull’intero territorio comunale ed il parere ARPAC, peraltro a suo tempo prodotto ai fini dell’ottenimento dell’originario nulla osta, non sarebbe necessario trattandosi di adeguamento di una struttura già esistente; inoltre sarebbe stato omesso il preavviso di diniego.

La ricorrente conclude per l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensione della loro efficacia, e per il risarcimento del danno.

Il Comune di Trevico non si costituisce, ancorché ritualmente intimato.

Alla Camera di Consiglio del 19 dicembre 2012, la domanda cautelare è accolta.

In prossimità dell’udienza di merito del ricorso, parte ricorrente deposita memoria e documentazione, insistendo per l’accoglimento del gravame anche in ordine alla domanda risarcitoria che ulteriormente si documenta.

Alla pubblica udienza dell’11 luglio 2013, sulle conclusioni delle parti costituite, il ricorso è trattenuto in decisione.

Il ricorso è fondato per la parte in cui si invoca l’annullamento dell’atto impugnato.

Giova, in primo luogo, evidenziare che il provvedimento odiernamente impugnato presenta un duplice versante motivazionale, dei quali il primo connesso al redigendo P.U.C. per la individuazione di aree specifiche da destinare all’allocazione di impianti per radio telecomunicazione, mentre il secondo alla pretesa carenza del parere ARPAC. Entrambi risultano compromessi dalle articolate censure, in quanto, per il primo aspetto, si registra un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale “Gli articoli 86 e 90, d.lg. n. 259 del 2003, nello stabilire che le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria e che gli impianti in questione e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità hanno "carattere di pubblica utilità", postulano la possibilità che gli stessi siano ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche (residenziale, verde, agricola, ecc.), onde le discipline locali di individuazione di specifiche aree ritenute idonee per l'insediamento delle strutture in argomento devono essere coerenti con le finalità e con gli obiettivi della legge statale, e non devono essere tali da ostacolare l'insediamento e il funzionamento delle infrastrutture stesse. In particolare, il Comune non può, mediante il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adottare misure, le quali nella sostanza costituiscano una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto generalizzato di installare stazioni radio-base per telefonia cellulare in intere zone territoriali omogenee, ovvero la introduzione di distanze fisse da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino, poiché tali disposizioni sono funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l'art. 4, l. n. 36 del 2000 riserva allo Stato” (cfr. Tar Catania, sez. I, 27 giugno 2013, n. 1855).

Non va peraltro trascurato, come dedotto in ricorso, che il provvedimento impugnato fa leva su una pianificazione ancora in corso di redazione, assumendo così tale determinazione il valore implicito di una sospensione a tempo indeterminato della definizione del procedimento innescato dall’istanza del privato. Invero, valorizzare tale aspetto della motivazione comporta la emersione dell’ulteriore profilo di censura lamentato, in quanto, come condivisibilmente affermato in giurisprudenza, “la sospensione della procedura per l'esame della concessione edilizia, in attesa di un futuro piano di localizzazione degli impianti di telefonia mobile, finisce per risolversi in un illegittimo arresto sine die, in contrasto con le esigenze di speditezza proprie di tale settore, che oggi hanno trovato testuale riscontro nell'art. 87, d.lg. n. 259 del 2003, a partire dal quale è ormai generalmente affermata, in sede giurisprudenziale, l'illegittimità dei provvedimenti comunali di sospensione dell'esame delle domande di autorizzazione all'installazione di stazioni radio base in attesa dell'approvazione di un apposito regolamento. Né può giustificarsi la sospensione del rilascio delle predette concessioni con le dedotte esigenze di tutela della salute, atteso che, ai sensi dell'art. 4 l. 22 febbraio 2001 n. 46, la materia della salute pubblica inerente all'esposizione ai campi elettromagnetici è riservata alla competenza dello Stato e non del Comune” (cfr. T.A.R.  Catanzaro  Calabria  sez. II, 07 aprile 2010, n. 407).

Risultano quindi fondate le deduzioni di cui al primo e secondo motivo di ricorso.

In ordine, invece, al secondo profilo motivazionale, è sufficiente osservare, al fine di denotarne la infondatezza, che, secondo giurisprudenza consolidata (cfr. T.A.R. Basilicata n° 633 del 26.9.2008; T.A.R. Campania-Salerno n° 1942 del 16.6.2008; T.A.R. Sicilia-Catania n° 256 del 14.2.2008; T.A.R. Campania-Napoli n° 1888 del 12.3.2008; T.A.R. Veneto n° 1283 del 23.4.2007; T.A.R. Campania-Napoli n° 10647 del 20.12.2006) il nulla osta dell'ARPAC non condiziona il perfezionamento del titolo abilitativo, dovendo la sua acquisizione soltanto precedere l'attivazione dell'impianto. Invero, la previsione di cui all'art. 87 del d.lg. n. 259 del 2003 postula che il parere dell'ARPAC sia richiesto solo ed esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell'impianto, non sussistendo un onere per il richiedente di allegare il parere in questione in sede di presentazione dell'istanza (ovvero della D.I.A.), né un puntuale obbligo di far pervenire il parere medesimo all'Ente procedente entro il termine di novanta giorni di cui al comma 9 dell'art. 87 citato. Ne discende, quindi, che l'accertamento, da parte dell'organismo competente ad effettuare i controlli di cui all'art. 14, l. n. 36 del 2001 circa la compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della citata legge, deve seguire, e non già precedere, la produzione dell'istanza. Ne consegue che, come articolato al primo motivo di ricorso, in disparte ogni altra considerazione circa l’effettiva necessità di tale contributo consultivo, la sua rilevata carenza non può sorreggere il provvedimento impugnato.

In definitiva, alla luce di tutti gli esposti rilievi, ritenuta assorbita ogni altra censura, il ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

La domanda risarcitoria, suffragata da documentazione attestante i danni asseritamente subiti (v. memoria del 30 maggio 2013), va invece disattesa, avuto riguardo al consolidato principio, immanente al settore degli interessi pretensivi, secondo cui “una volta che sia stato annullato in sede giurisdizionale l'illegittimo diniego opposto all'interesse pretensivo azionato dal privato, non è ammissibile la domanda di risarcimento del danno contestualmente avanzata dal ricorrente, nel caso in cui residui in capo all'amministrazione il potere di riesaminare l'istanza per il rilascio dell'atto di assenso e non vi sia certezza che il provvedimento autorizzatorio debba essere successivamente rilasciato in favore dell'istante” (cfr. T.A.R.  Liguria  sez. I., 12 ottobre 2005, n. 1347). In ogni caso, va evidenziato che il provvedimento impugnato è stato prontamente sospeso da questa Sezione con l’ordinanza cautelare del 19 dicembre 2012, in maniera da salvaguardare adeguatamente la posizione giuridica azionata, in quanto anche quando il provvedimento cautelare si esprime secondo lo stilema classico della sospensione degli effetti dell’atto impugnato, l’amministrazione ha l’obbligo di riattivare il procedimento innescato dall’istanza di parte, tenendo conto del principio di diritto affermato in sede giurisdizionale. E’ bene rammentare, infatti, che essendo in gioco l’esercizio di una pubblica potestà, dall’intrinseco contenuto doveroso, l’interesse sotteso all’intrapresa giurisdizionale non può essere frustrato dal decorso del tempo necessario per giungere ad una pronuncia nel merito del ricorso, una volta che il giudice, sia pure in sede di delibazione della domanda cautelare, abbia ritenuto illegittimo l’operato dell’amministrazione. Anche il provvedimento di sospensione cautelare si traduce dunque in un dovere di riesame dell’atto impugnato, più o meno vincolato a seconda del tenore motivazionale della concessa cautela. In tal senso si esprime condivisibile giurisprudenza (T.A.R Abruzzo Pescara, sez. I, 31 marzo 2011, n. 210), secondo cui “L'Amministrazione, quando l'impugnato diniego di permesso di costruire sia stato sospeso (cioè sia stato annullato, sia pur in via non definitiva) in sede cautelare, deve emanare un nuovo atto. L'esigenza di effettività della tutela giurisdizionale impone al riguardo di individuare un punto di equilibrio tra il diritto del cittadino alla rapida definizione della vicenda dopo la proposizione di un primo ricorso e la giustificata aspettativa del potere pubblico di esaminare aspetti del rapporto controverso prima non presi in considerazione, per cui in sede di riesame l'autorità amministrativa deve rivalutare la vicenda con un'attenzione particolare, individuando eventualmente ogni possibile ulteriore motivo di diniego, ma evitando di esporre i privati alla prospettiva di una pluralità di altri giudizi ulteriori”. Il ricorrente, conseguito il provvedimento cautelare favorevole, avrebbe quindi potuto invocare l’intervento della Sezione a norma dell’art. 59 c.p.a., al fine di adottare le opportune misure attuative. La scelta di non avvalersi di tale tutela in executivis integra violazione del canone di buona fede e dell'obbligo di cooperazione in grado di spezzare il nesso causale fra provvedimento e pregiudizio e, per l'effetto, in forza del principio di auto-responsabilità codificato dall'art. 30 comma 3 c.p.a.

La domanda risarcitoria va, per tali ragioni, respinta

Le spese, attesa la soccombenza parziale e reciproca, sono da dichiarare irripetibili, ponendosi definitivamente a carico di parte ricorrente che le ha sostenute, fatto salvo il diritto di refusione del contributo unificato. L'art. 13, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, recante “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia”, prescrive infatti che il contributo unificato é dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche in caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si é costituita in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1706/2012, come in epigrafe proposto da Towerco Spa, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato. Respinge la domanda risarcitoria.

Dichiara le spese irripetibili, fatto salvo il rimborso del contributo unificato a carico del Comune intimato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Antonio Esposito, Presidente

Nicola Durante, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/08/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)